L’indomani dell’articolo di Giuseppe D’Avanzo sui fatti di Genova, che abbiamo riportato a questo link, il Ministro dell’Interno Amato ha rilasciato una intervista che si può leggere a quest’altro link. Con riferimento a quanto dichiarato da Amato, riportiamo un articolo del collega Emilio Sirianni, pubblicato su “Calabria Ora” il 23 marzo scorso.
di Emilio Sirianni
(Giudice del Tribunale di Cosenza)
L’intervista del Ministro Amato, rilasciata all’ottimo D’Avanzo sulla Repubblica di ieri è un limpido esempio della consolidata pratica del “mollare la patata bollente”.
O, se si preferisce, della fuga dalle responsabilità, che, quando esercitata, meglio, pubblicamente declinata dal Ministro degli Interni, da bene l’idea di come sia di pratica largamente condivisa nel paese.
Certo, il colto Ministro dell’Interno è altra cosa dall’ingegnere acustico singolarmente assiso alla poltrona di Guardasigilli, appena stupito nel vedere quei ragazzi costretti alla “posizione del cigno” per venti ore nel mattatoio di Bolzaneto. Pronto, ancor oggi, a bersi la spiegazione che era una cautela necessaria per evitare inopportune promiscuità fra i fermati ed a sciorinare boutade di sapore sudamericano.
Ma proprio per questo le sue affermazioni fanno molta più rabbia.
Secondo il Ministro non era possibile sospendere i poliziotti e funzionari pubblici sotto processo per le torture di quei giorni, perché la sospensione disciplinare dal servizio sarebbe possibile solo se vi sono accuse di gravi reati, “come la collusione con associazione mafiosa”.
E qui incorre in un clamoroso infortunio, posto che i contratti collettivi del pubblico impiego prevedono, almeno dal 1995, che l’Amministrazione possa sospendere dal servizio il dipendente sotto processo penale, nel caso in cui i fatti per cui il dipendente è rinviato a giudizio consistano in “minacce, ingiurie gravi, calunnie o diffamazioni verso il pubblico”; “alterchi con vie di fatto negli ambienti di lavoro, anche con utenti”; “atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, che siano lesivi della dignità della persona”; “qualsiasi comportamento da cui sia derivato grave danno all’Amministrazione o a terzi”.
Probabilmente Amato, giurista di chiara fama, non è molto addentro alle pieghe della contrattazione pubblica, bassa materia da addetti ai lavori, ma ci si sarebbe aspettata una maggiore cura da parte dei funzionari che certamente avrà incaricato di approfondire la questione.
Dunque, ben poteva l’Amministrazione sospendere quei funzionari in attesa dell’esito processuale, anzi, potrebbe dirsi che era il minimo da fare in presenza di fatti di tale gravità, d’aver fatto il giro del mondo, determinato reprimende dell’Unione Europea e dell’O.N.U. e infangato la nostra democrazia, ma, come dicevo, lo sport è sempre quello dello scaricabarile.
Il Ministro lo conferma quando piamente confida che l’unica cosa possibile era un gesto di sensibilità personale da parte dei diretti interessati, che avrebbero potuto “farsi da parte” spontaneamente, “nell’interesse dell’istituzione” e, ancor di più, quando, pur svicolando, esclude che vi fosse ragione alcuna per “mettere al rogo” il (rectius sollecitare le dimissioni del) capo della polizia.
Mostrando d’ignorare quel principio di responsabilità oggettiva dei vertici politici e degli alti funzionari di Stato, proprio delle democrazie mature.
Principio desueto, anche questo, alle nostre latitudini e che vuol semplicemente dire che di fronte a vicende eclatanti e di gravità assoluta il capo dell’istituzione responsabile si fa da parte, anche se non ha nulla da rimproverarsi personalmente, perché è l’istituzione stessa ad aver fallito.
L’ultimo esempio di esplicazione del quale risale probabilmente alle dimissioni di Cossiga, quando, precedendo Amato su quella stessa poltrona, si trovò di fronte al cadavere di Aldo Moro.
La conclusione è, secondo collaudata prassi politica nostrana, che sono fatti della magistratura (in tali spinose situazioni sempre molto lodata ed oggetto di grandi attestati di fiducia), se la sbrighi lei, noi intanto stiamo a vedere che succede e al resto penserà il buon dio.
Se persino il socialista Amato, il fine giurista Amato, l’autore di corposi tomi sulla nostra Costituzione e sui diritti in essa enunciati, opta per una serena lavata di mani, pur rivestendo la carica di responsabile primo dei comportamenti delle forze di polizia in attività d’ordine pubblico, allora è drammaticamente urgente interrogarsi sullo stato di quei diritti e della nostra democrazia e girare i quesiti alle forze politiche impegnate nella campagna elettorale.
Ex Presidenti della Corte Costituzionale ed un ex Presidente del Tribunale Internazionale per i crimini di guerra hanno levato la loro voce drammaticamente preoccupata per l’inerzia della politica a fronte di quei giorni di “sospensione della democrazia”, quei giorni da “mattatoio cileno”, per usare le parole di un alto funzionario di polizia che di quei fatti fu testimone diretto.
La politica risponde con la volgarità dell’ing. Castelli e le astuzie di Amato, tanto Pasqua è alle porte e ... ... lassù in croce penserà lui ai nostri peccati.
Per il resto ci sono prescrizione e indulto.
3 commenti:
non ho letto l'intervista ad Amato, ma per uno come lui, capace di aver attraversato tutta "tangentopoli" senza essere nemmeno sfiorato da un mormorio, nonostante fosse il numero 2 del socialista corpulento, e dopo di ciò aver condotto una brillante carriera sempre ai vertici, e sempre da numero 2 di qualche pezzo da novanta.... ebbene, per una persona di tale levatura sono sicuro che svicolare sui fatti di Genova con una lavata di mani nemmeno troppo simulata è un semplice esercizio di riscaldamento.
complimenti all'amato ministro, e ancor più a chi lo votò e continua a farlo.
baron litron
L’ultimo periodo, con la frase :
“tanto Pasqua è alle porte e ... ... lassù in croce penserà lui ai nostri peccati”
è stata una sferzata improvvisa e dolorosa.
Certo, per chi non ci crede appare come una affermazione senza senso.
Per un credente appare come una bestemmia.
Ma riflettendo sul contenuto morale dell’analisi, ritengo che sia proprio la sintesi del pensiero dominante di quei “credenti” che gestiscono il potere o che lo esercitano, senza provare il minimo ribrezzo per le loro opere ed omissioni.
L’articolo, ritengo non potesse essere chiuso in modo più efficace e shoccante.
Stefano
Caro Stefano.
noi avevamo intepretato quella espressione non già come una bestemmia, ma come una accusa ad altri di essere sostanzialmente dei bestemmiatori.
La Sua opportuna osservazione, però, ci ha fatto riflettere sul rischio che quella espressione potesse essere fraintesa e risultare offensiva del sentimento religioso di tanti di noi e, dunque, ci siamo permessi di introdurre un omissis con dei puntini di sospensione, sia nell'articolo che nella parte del Suo commento che lo riportava.
Speriamo di avere fatto la cosa giusta.
Grazie per la segnalazione.
Un caro saluto.
La Redazione
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