giovedì 6 marzo 2008

Il ritornello della separazione delle carriere


di Nello Rossi
(Procuratore della Repubblica Aggiunto di Roma)

da Il Riformista del 27 febbraio 2008

“Le stesse cose ritornano”. Così, a significare la sfibrante circolarità della esperienza umana, Robert Musil intitolava un capitolo del suo capolavoro, “L’uomo senza qualità”.

Anche nella nostra giustizia “senza qualità” l’estenuante girotondo intorno agli stessi temi si ripete all’infinito, mettendo a nudo la sterilità e l’impotenza della politica a porre seriamente mano alla questione giustizia. E la proposta di separare le carriere di giudici e pubblici ministeri è forse il simbolo estremo di questa tendenza all’eterno ritorno.

Oggi i cittadini italiani sono tormentati e danneggiati dalla esasperante lentezza dei processi civili e penali, che non accenna a diminuire nonostante il notevole incremento della produttività dei magistrati di cui ha dato pienamente atto il libro verde sulla spesa pubblica.

Le forze politiche che si candidano alla guida del paese dovrebbero perciò concentrare l’attenzione su misure capaci di semplificare ed accelerare il processo penale e di sfrondare la giungla di riti dell’attuale processo civile. E dovrebbero puntare su di una più razionale distribuzione degli uffici giudiziari sul territorio, sull’innovazione organizzativa, sulle tecnologie informatiche, sulla riqualificazione del personale amministrativo e sulla copertura degli organici di cancellerie e di segreterie che, per effetto dell’annoso blocco del turn-over, sono ormai ridotti al lumicino.

In altri termini servirebbe una “politica della ragionevole durata del processo”.

Invece ci si ritorna a dividere sul tema tutto “ideologico” della separazione delle carriere, nonostante che l’ordinamento giudiziario vigente abbia ormai introdotto regole severissime sui passaggi di funzioni, imponendo che essi siano di regola accompagnati dal trasferimento del magistrato in un’altra regione.

Comunque , a quanti continuano a ritenere che la separazione delle carriere abbia un rilievo cruciale per le sorti della giustizia italiana, si deve almeno chiedere un confronto sui dati e sui fatti, senza proclami e vuote astrazioni.

In quest’ottica è assai difficile sostenere che la separazione delle carriere produrrebbe giudici e pubblici ministeri più preparati.

Nel giudiziario svolgere ruoli diversi è una esperienza straordinariamente positiva e formativa.

E in altri paesi – specialmente in quelli di cultura anglosassone – la pluralità dei ruoli svolti è ritenuta un fatto estremamente positivo.

L’argomento “professionale” è dunque sicuramente il più debole e fallace tra quelli invocati a favore della separazione delle carriere.

Né il definitivo distacco tra magistrati requirenti e giudicanti garantirebbe meglio la parità tra l’accusa e la difesa.

L’idea che un pubblico ministero “collega” del giudice fruisca di un pregiudizio favorevole e sia avvantaggiato rispetto al difensore è quotidianamente smentita dalla realtà ed in particolare dall’elevato numero di assoluzioni, che certo non è inferiore a quello di altri paesi in cui le carriere dei giudici e dei rappresentanti della pubblica accusa sono separate.

Stiamo ai fatti: il giudice opera sotto lo sguardo dei diversi attori del processo; ha una sua giurisprudenza cui ha il dovere di essere coerente; sa che normalmente il suo provvedimento sarà sottoposto al controllo di un giudice superiore e potrà essere criticato dai destinatari e dagli studiosi.

Come si può pensare che su tutto questo possa prevalere, all’atto della decisione, la generica colleganza o anche l’amicizia con il pubblico ministero?

E se si adotta questa logica, perché non si dovrebbero guardare con sospetto anche tutte le frequentazioni tra magistrati ed avvocati o i rapporti di colleganza tra i giudici di diverso grado?

In realtà la vera posta in gioco nella lunga querelle sulla separazione delle carriere non è la “professionalità” dei magistrati o l’equilibrio tra le parti del processo.

E’ piuttosto l’indipendenza del pubblico ministero, che resta saldamente garantita sino a che egli è collocato, sia pure con un ruolo distinto, nella sfera della giurisdizione ed è messa a repentaglio se da questa sfera lo si separa.

Più che un traguardo, la separazione delle carriere sembra la tappa intermedia di una lunga marcia destinata a concludersi con la trasformazione del pubblico ministero in “avvocato della polizia”.

Un “avvocato” destinato a mettere le sue competenze tecniche al servizio di una accusa preconfezionata in uffici di polizia operanti alle dipendenze dell’esecutivo.

Sarebbe una soluzione gradita a larga parte del mondo politico; ed infatti l’on. Berlusconi non ha mai fatto mistero di perseguirla. Ma sarebbe anche la soluzione migliore per il semplice cittadino? Credo proprio di no.

15 commenti:

Anonimo ha detto...

La separazione delle carriere dei magistrati, tra giudicanti e accusatori, non è degna di uno Stato che abbia raggiunto il miglior sistema democratico di governo, essa, infatti, è una garanzia in meno per l'imputato innocente; una opportunità in più per quello colpevole.
bartolo iamonte

Anonimo ha detto...

Non sono d'accordo: guarda l'organizzazione della giustizia nella maggioranza dei paesi europei, assai più civili del nostro.

E sarebbe anche ora di finirla con il giudice "onnisciente", che finisce per dover sapere un poco di tutto, e quindi, nella migliore delle ipotesi, tutto in modo approssimativo ...

Andrebbe, infine, eliminata l'oscenità, permettetemi la parola, del processo penale riformato: guardate in Francia, ad esempio. Là è sostanzialmente in vigore un processo penale analogo al nostro "vecchio rito", eppure funziona !

Invece da noi si è preso il peggio del processo di common law - state law americano, lo si è mescolato a princìpi di diritto continentale e si è ottenuto quell'aborto che è il processo penale italiano attualmente in vigore, dove il PM gioca a fare il "public attorney" e l'avvocato il "Perry Mason" di turno !

Con la differenza che il public attorney di solito non va a prendere il caffé con il giudicante, chiacchierando con lui mentre l'avvocato si tiene a debita distanza, non gli dà amabilmente del "tu", né condivide con lui scioperi, astensioni o partecipazioni alle stesse, identiche, associazioni di categoria ovvero ad organi di controllo disciplinare, ecc. ecc. ...

Naturalmente è solo una mia opinione.

Anonimo ha detto...

L'erba del vicino e' sempre piu' verde!Non condivido l'idea di dover guardare altrove per cercare la soluzione ai nostri problemi. Non vedo come una separazione di carriere possa risolvere i delicati problemi della giustizia e sono d' accordo col Procuratore Rossi quando sostiene che la separazione in parola non produrrebbe persone piu' preparate( gli ignoranti ci sono e continuerebbero ad esserci, scusate la frase) anzi darebbe luogo ad una cristallizzazione della propria forma mentis a discapito di quell' esperienza formativa cui faceva cenno il Procuratore.

Anonimo ha detto...

Beh, nel nostro caso, visto che siamo ULTIMI in Europa, che l'erba del vicino sia più "verde" non sembra proprio un'illusione ... provate a dire al cittadino che aspetta da quindici anni una sentenza civile di primo grado che è meglio evitare una "cristallizzazione della forma mentis". Mi raccomando: ditelo da un'opportuna distanza !

Anonimo ha detto...

Per Paolo Emilio.

Lei dice:
Beh, nel nostro caso, visto che siamo ULTIMI in Europa, che l'erba del vicino sia più "verde" non sembra proprio un'illusione ... provate a dire al cittadino che aspetta da quindici anni una sentenza civile di primo grado che è meglio evitare una "cristallizzazione della forma mentis". Mi raccomando: ditelo da un'opportuna distanza !"

Ma la mia domanda eternamente senza risposta sulla separazione delle carriere è: per favore qualcuno mi potrebbe spiegare come, per quale via, secondo quale percorso logico, la separazione delle carriere renderà "migliore" sotto qualunque profilo la giustizia?

E, con riferimento a ciò che dice Lei, Paolo Emilio: la separazione delle carriere accorcerà anche di un solo giorno la durata dei processi civili?

Dopo di che, un'altra domanda mi assilla: ma come è possibile che tutti i politici spendono enormi quantità di tempo e grande fatica a proporre riforme della giustizia che non servono a renderla più efficiente e non fanno PROPRIO NULLA di quelle quattro cose che la renderebbero efficiente?

In altre parole: ma è mai possibile che, mentre i processi civili durano quindici anni, tutti sono preoccupati delle intercettazioni telefoniche?

Un caro saluto.

Felice Lima

Anonimo ha detto...

Il dott. Rossi, nel suo articolo, non può negare che i cittadini italiani sono tormentati e danneggiati dalla esasperante lentezza dei processi civili e penali, però allo stesso tempo “assolve” i magistrati da ogni responsabilità evidenziando l'incremento notevole della loro produttività. Quali sarebbero, in concreto, le misure capaci di risolvere i problemi che affliggono la Giustizia? Non lo dice, si limita a criticare il tema della separazione delle carriere, concludendo l'intervento con l'immancabile citazione negativa riferita all'on. Berlusconi. La verità è che a causa dell'opposizione feroce dei magistrati, ogni e qualsiasi tentativo riformatore, più o meno incisivo, è stato stroncato, con il risultato non solo di lasciare le cose come stanno, ma di peggiorarle di giorno in giorno.
Un saluto ai moderatori e a tutti coloro che intervengono del blog, che leggo sempre volentieri.
Piero

Anonimo ha detto...

Caro Dottor Lima,

Sicuramente no ! Da sola, la separazione delle carriere sarebbe addirittura "funesta" come riforma.

Avevo soltanto colto un'occasione per ribadire la necessità di un singolo intervento da inserire in un programma più ampio, del quale la separazione delle carriere era solo un'appendice.

Lei, invece, ha colto un'altra volta nel segno quando lamenta l'eccessivo clamore mediatico attorno al processo penale, mentre quasi nessuno pone in risalto lo stato "pietoso" della giustizia civile.

Certo, però, che se le intercettazioni fossero disposte con maggior parsimonia e oculatezza si risparmierebbero tanti bei milioncini che potrebbero essere meglio adoperati, magari per aumentare il personale addetto alle cancellerie, quasi lo stesso di venti anni fa, e per tanti altri piccoli, immediati interventi.

In ogni caso, sarebbe tempo che le cause del valore di 3.000 euro non ingombrassero più le cancellerie dei Tribunali e fossero definitivamente assegnate ai giudici di pace.

Provvedimenti di stabilizzazione potrebbero poi essere adottati nei confronti dei più meritevoli giudici onorari di tribunale e vice procuratori, magari a seguito di un rapido concorso per titoli, in modo da sfruttare subito e appieno la notevole esperienza di alcuni di loro.

Insomma, tante cose potrebbero esser fatte già sin d'ora, senza troppe spese.

Evidentemente c'è però un interesse, forse anche interno ad alcuni settori della magistratura, a che la situazione rimanga quella attuale. Di questo mi sono reso conto sol considerando ... che lo stipendio rimane lo stesso, sia che si lavori tanto (ben più di 200 sentenze civili di merito ogni anno), sia, purtroppo, che si lavori assai meno, come nel caso di chi ammette "hinc et inde" tutte le prove dedotte senza vagliarle preventivamente, rendendo così pesantissima la lettura del fascicolo e la redazione della sentenza, magari ben sapendo che non sarà lui a decidere !

D'altra parte, premiare i migliori non sembra esser proprio una caratteristica della pubblica amministrazione italiana, giustizia compresa ...

Cordiali saluti.

Anonimo ha detto...

..........e ormai la giustizia civile è diventata un peso, un fastidio, una seccatura, per la politica, perchè necessita di molti fondi, per i magistrati perchè,perchè, perchè,.......
e non se ne vuol fare carico nessuno.
Chi ha avuto, chi ha dato, scordiamoci il passato....e la sentenza.
Alessanda

Anonimo ha detto...

Ho sempre premesso nei miei interventi di non essere un "addetto ai lavori"ma come sempre provo a dir la mia sinteticamente. Avevo gia' scritto che la separazione delle carriere non e' ingrediente necessario per una succulenta ricetta di riforma della giustizia.. non lo e' perche' a mio modo di vedere incide sull' operatore di diritto non sul processo e dunque non vedo come in pratica l'utente finale( cittadino) possa beneficiarne.Sono d' accordo in linea di massima con Paolo Emilio su una "rivisitazione" della distribuzione verticale della competenza ma rimane un dubbio:se un trasferimento di cause( anzi sarebbe forse piu' corretto parlare di innalzamento della soglia minima di valore a parita' di materia)renderebbe piu' facile la vita del tribunale, non si rischia per contro di ingolfare gli uffici del giudice di pace?Secondo me ci vogliono piu' giudici( tra l'altro non ho mai capito perche' sia stato soppresso l'ufficio del pretore).Ad ogni modo un intervento di riforma come quello prospettato da P.emilio potrebbe anche farsi.Diverso discorso invece va fatto Sul problema dell'istruzione in senso stretto( se e' quello l'argomento). non ci sono regole da coniare ma fare un appello al buon senso dell' istruttore e soprattutto ricordare che, per quanto distratto sia, il lgs ha fornito indicazioni abbastanza precise(ci sono prove che vanno preferite rispetto ad altre..se ho un documento e' inutile ammettere una testimonianza)che, se seguite, possono evitare un appesantimento dei fascicoli [ non sono d'accordo sul fatto che il giudice carichera' il fascicolo dei documenti piu' improponibili solo quando non sara'lui a giudicare.. se non ricordo male nelle cause trattate dal collegio, egli entrera' a farvi parte come relatore quindi le carte se le ritrova in mezzo ai piedi!!]Mi dispiace un po' il commento di Piero che poco velatamente accusa i magistrati di fare una sorta di ostruzionismo agli interventi di riforma.Sono dell'opinione che se i magistrati si oppongano ad innovazioni del settore giustizia lo facciano a ragion veduta.. in fondo chi meglio di loro puo' conoscere il "mestiere" oggetto di interventi piu' o meno leciti. cordiali saluti (dall' "anonimo delle 20:58 in altro post e da quello della cristallizzazione della forma mentis in questo.. devo decidermi ad adottare un nick:-)

Anonimo ha detto...

Sull'argomento interviene, come sempre a proposito e con garbo, oltre che con argomenti inappuntabili ( che ottimo PM sarebbe..!) Marco Travaglio sulla rubrica "Signorno'" de l'Espresso di questa settimana.

Il guaio vero della giustizia e' che nessuno sembra davvero preoccuparsi della sua efficienza.

Siamo arrivati ad una rassegnata idea che i tempi debbono essere per forza lunghissimi - con buona pace del diritto ai diritti -, tanto che si riscuotono risposte stizzite tutte le volte in cui, a togati e non, l'avvocato invoca un differimento piu' breve, una previa calendarizzazione delle attivita' processuali, insomma una organizzazione del lavoro che riduca drasticamente la possibilita' di chi non ha interesse a pervenire alla sentenza di giocare sull'espediente della dilazione.

Ci sono Tribunali nei quali sono persino scoraggiate le procedure di urgenza, i cautelari ed i reclami (lascio a voi immaginare come.....) per non tenere udienze ravvicinate sulla stessa questione e per non doversi studiare le carte dell'intera vertenza in tempi brevi : eppure una diversa prassi avrebbe sicuro effetto deflattivo delle liti, incoraggiando de facto le parti alle transazioni e conciliazioni.

Sono tantissimi, (e tutti fra quelli che non hanno energie da profondere nelle lungaggini giudiziarie), a non poterne piu' del meccanismo infernale delle cause senza fine che accoglierebbero di buon grado una definizone anticipata del contenzioso, anche a costo di rinunciare a parte della domanda o delle eccezioni, o alla "soddisfazione" di celebrare un dibattimento.

Ma da quest'orecchio molti Giudici non sentono; e la responsabilita', ancora una volta, va ricercata nella poca voglia dei vertici degli uffici giudiziari di diramare direttive virtuose, magari suscettibili di progressivi aggiustamenti, tali da non far sentire l'istituzione giustizia completamente inutile (molti magistrati - non tutti, putroppo - avvertono la frustrazione dell'inanita' di propri sforzi) e da rendere effettivo il diritto ai diritti UGUALE PER TUTTI.

Lo dimostrano quegli uffici giudiziari (invero pochini) dove la dirigenza e' accorta, efficiente e persino stimata e benvoluta dai magistrati e dagli utenti pur senza discettare di massimi sistemi o riforme roboanti,come quella della separazione delle carriere, che non e' provato riduca di una sola briciola la paralisi odierna.

Non ho ricette magiche, ma la direzione verso la quale la giustizia si muove non e' sicuramente quella corretta, visti i risultati : niente durata ragionevole dei processi, niente effettivita' della pena, niente eseguibilita' del giudicato.

Ovvio che ci siano numerose lobby che in simile pantàno prosperano allegramente; ugualmente disperse in tutti gli schieramenti politici (infatti nessuno parla seriamente di riforma dei tempi del processo).

Chiunque abbia modo di trattare con il mondo-giustizia, sa che purtroppo e' cosi'.....

Anonimo ha detto...

Vedete,cari Magistrati, quante facili soluzione, di facile applicazione e a quanto pare condivise e diffuse su tutto il territorio vengono richieste e sollecitate, per esasperazione, dalle parti, dagli avvocati, che ormai non ottengono più, come una volta, dalla durata del processo l'aumento delle parcelle, ma solo l'esasperazione dei clienti che non comprendono, a fronte dei costi ormai pagati in anticipo, l'impossibilità di giungere ad una soluzione sentenza, positiva o negativa dei loro interessi.
La giustizia civile è un servizio e uno strumento che la Costituzione ha fornito ai cittadini. Insomma noi dobbiamo pagare sia il non servizio che la beffa.
Alessandra

il-giustiziere ha detto...

@ felice lima.

La cristallizzazione della propria forma mentis é endemica in chi occuppa, per tanto tempo, la funzione dell'accusa.
Il modo di vedere le prove sarà inevitabilmente accusatorio...

In un sistema come il nostro, ove la prova é superflua, ed il libero convincimento sovrano senza limiti, la forma mentis accusatoria del giudice (ex-pm) limita fortemente i diritti di difesa che, infatti, vengono spesso aggirati, facendoci guadagnare la maglia nera europea..

Anonimo ha detto...

Eccovi in questo mio intervento un altro sorprendente "paradosso" di questo blog : io sono favorevole alla separazione delle carriere, eppure sono d'accordo con lo scritto del Dott. Rossi.
Non è poi così strano quanto potrebbe sembrare : concordo sul fatto che prima di discutere di questo aspetto tecnico, dovremmo realizzare riforme in grado di restituire (recitus : assegnare per la prima volta nella sua storia) efficienza al sistema giudiziario italiano; concordo sul fatto che molto spesso una questione come quella della separazione delle carriere finisce per diventare uno slogan o, peggio ancora, una linea di divisione basata su presupposti "ideologici"; concordo sul fatto che le battaglie di principio, le guerre ideologiche, sono come le guerre di religione, lasciano tanti morti sul campo e non portano a nulla; concordo sul fatto che un legislatore serio dovrebbe prima di ogni altra questione occuparsi di "sfrondare la giungla" dei riti civili del nostro processo civile, assumere più cancellieri, raddoppiare (anzi meglio triplicare) le risorse economiche per la giustizia nonchè avviare una seria ed effettiva "infomatizzazione" dell'intero sistema (se con una password invio tramite e mail la mia comparsa nella casella del giudice, ci risparmiamo carta, bolli e lavoro di cancellieri che possono così dedicarsi ad altre incombenze), quella stessa informatizzazione di cui la lista elettorale che ho sostenuto alle recenti elezioni all'Ordine degli Avvocati di Roma aveva già progettato e per la quale aveva anche ottenuto incontri e sostegno convinto dai vertici della magistratura romana.
Questa lista elettorale è stata sconfitta dal clientelismo, e non se ne farà nulla.
Non mi permetto di entrare nelle cose dei Colleghi magistrati, ma mi par di capire che anche lì le cose non siano molto diverse.
Siamo tutti molto soli Dott. Rossi, sia voi che noi.
Ecco perchè alla fine siamo d'accordo, perchè siamo troppo "navigati" per credere ancora che fare barricate su una singola questione, sia pure delicata e importante come la separazione delle carriere, sia un lusso per giovani coscienze.
Noi abbiamo altro da fare, abbiamo processi pendenti a milioni da definire insieme, e nessuno ci aiuta, nessun ministro e tantomeno colore che ci vorrebbero divisi su PM-avvocati o PM-magistrati.
Non smetterò mai di ringraziare abbastanza chi ha avuto l'idea, semplice ma geniale nel contempo, di aprire questo spazio di incontro chiamto "Toghe".
Un caro saluto

Andrea Falcetta

Anonimo ha detto...

Per rimpolpare i miei studi tesistici sto seguendo in questi ultimi periodi molte discussioni in merito sia alla separazione delle carriere, sia sulle effettive riforme per rendere più reattiva la gistizia italiana. qual'è il vostro punto di vista in merito? cosa ritenete vitale per dare di nuovo linfa al nostro sistema giudiziario?

Grazie anticipatamente a coloro che mi illumineranno

anonimo ha detto...

La separazione delle carriere tra Pm e magistratura giudicante non è attuabile non solo perché la Costituzione lo vieta (artt. 104 e 107), ma perché il nostro sistema giudiziario ha bisogno di assicurare una piattaforma culturale comune a tutti i magistrati (prof. Giuseppe Riccio, in Diritto e Giustizia, n. 4, novembre 2004, pp. 87-sgg.).

Con l’entrata in vigore del processo accusatorio nel 1989, che pone al centro del dibattimento il contraddittorio e la formazione della prova davanti al Giudice è necessario agganciare ancora più strettamente il Pm alla logica della prova come garanzia di libertà del cittadino, e come garanzia di efficienza e di effettività della giurisdizione. In questo senso ha significato la formula riassuntiva della "unica cultura della giurisdizione". La presunzione di innocenza significa tra l’altro che il Pm chieda il rinvio a giudizio non sulla base del sospetto, ma di prove che poi saranno verificate in contraddittorio davanti al Giudice terzo. Il sospetto è il motore delle indagini di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza, ma non del Pm. Il Pubblico Ministero può far fronte al suo compito solo se condivide con il Giudice "la cultura della prova". Il prof Riccio giustamente scrive che pensare a un Pm "investigatore" significa non cogliere la forza garantista dell’ articolo 112 della Costituzione e del nuovo 111.