martedì 18 marzo 2008

Le violenze impunite del lager di Bolzaneto




di Giuseppe D’Avanzo
(Giornalista)


da La Repubblica del 17 marzo 2008

C’era anche un carabiniere “buono”, quel giorno. Molti “prigionieri” lo ricordano.

“Giovanissimo”. Più o meno ventenne, forse “di leva”. Altri l’hanno in mente con qualche anno in più.

In tre giorni di “sospensione dei diritti umani”, ci sono stati dunque al più due uomini compassionevoli a Bolzaneto, tra decine e decine di poliziotti, carabinieri, guardie di custodia, poliziotti carcerari, generali, ufficiali, vicequestori, medici e infermieri dell’amministrazione penitenziaria.

Appena poteva, il carabiniere “buono” diceva ai “prigionieri” di abbassare le braccia, di levare la faccia dal muro, di sedersi. Distribuiva la bottiglia dell’acqua, se ne aveva una a disposizione.

Il ristoro durava qualche minuto. Il primo ufficiale di passaggio sgridava con durezza il carabiniere tontolone e di buon cuore, e la tortura dei prigionieri riprendeva.

Tortura. Non è una formula impropria o sovrattono. Due anni di processo a Genova hanno documentato – contro i 45 imputati – che cosa è accaduto a Bolzaneto, nella caserma Nino Bixio del reparto mobile della polizia di Stato nei giorni del G8, tra venerdì 20 e domenica 22 luglio 2001, a 55 “fermati” e 252 arrestati.

Uomini e donne. Vecchi e giovani. Ragazzi e ragazze. Un minorenne. Di ogni nazionalità e occupazione; spagnoli, greci, francesi, tedeschi, svizzeri, inglesi, neozelandesi, tre statunitensi, un lituano.

Studenti soprattutto e disoccupati, impiegati, operai, ma anche professionisti di ogni genere (un avvocato, un giornalista ...).

I pubblici ministeri Patrizia Petruzziello e Vittorio Ranieri Miniati hanno detto, nella loro requisitoria, che “soltanto un criterio prudenziale” impedisce di parlare di tortura. Certo, “alla tortura si è andato molto vicini”, ma l’accusa si è dovuta dichiarare impotente a tradurre in reato e pena le responsabilità che hanno documentato con la testimonianza delle 326 persone ascoltate in aula.

Il reato di tortura in Italia non c’è, non esiste. Il Parlamento non ha trovato mai il tempo – né avvertito il dovere in venti anni – di adeguare il nostro codice al diritto internazionale dei diritti umani, alla Convenzione dell’Onu contro la tortura, ratificata dal nostro Paese nel 1988. Esistono soltanto reatucci d’uso corrente da gettare in faccia agli imputati: l’abuso di ufficio, l’abuso di autorità contro arrestati o detenuti, la violenza privata.

Pene dai sei mesi ai tre anni che ricadono nell’indulto (nessuna detenzione, quindi) e colpe che, tra dieci mesi (gennaio 2009), saranno prescritte (i tempi della prescrizione sono determinati con la pena prevista dal reato).

Come una goccia sul vetro, penosamente, le violenze di Bolzaneto scivoleranno via con una sostanziale impunità e, quel che è peggio, possono non lasciare né un segno visibile nel discorso pubblico né, contro i colpevoli, alcun provvedimento delle amministrazioni coinvolte in quella vergogna.

Il vuoto legislativo consentirà a tutti di dimenticare che la tortura non è cosa “degli altri”, di quelli che pensiamo essere “peggio di noi”.

Quel “buco” ci permetterà di trascurare che la tortura ci può appartenere.

Che – per tre giorni – ci è già appartenuta.

Nella prima Magna Carta – 1225 – c’era scritto: “Nessun uomo libero sarà arrestato, imprigionato, spossessato della sua indipendenza, messo fuori legge, esiliato, molestato in qualsiasi modo e noi non metteremo mano su di lui se non in virtù di un giudizio dei suoi pari e secondo la legge del paese”.

Nella nostra Costituzione, 1947, all’articolo 13 si legge: “La libertà personale è inviolabile. È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizione di libertà”.
La caserma di Bolzaneto oggi non è più quella di ieri. Con un’accorta gestione, si sono voluti cancellare i “luoghi della vergogna”, modificarne anche gli spazi, aprire le porte alla città, alle autorità cittadine, civili, militari, religiose coltivando l’idea di farne un “Centro della Memoria” a ricordo delle vittime dei soprusi.

C’è un campo da gioco nel cortile dove, disposti su due file, i “carcerieri” accompagnavano l’arrivo dei detenuti con sputi, insulti, ceffoni, calci, filastrocche come “Chi è lo Stato? La polizia! Chi è il capo? Mussolini!”, cori di “Benvenuti ad Auschwitz”.

Dov’era il famigerato “ufficio matricole” c’è ora una cappella inaugurata dal cardinale Tarcisio Bertone e nei corridoi, dove nel 2001 risuonavano grida come “Morte agli ebrei!”, ha trovato posto una biblioteca intitolata a Giovanni Palatucci, ultimo questore di Fiume italiana, ucciso nel campo di concentramento di Dachau per aver salvato la vita a 5000 ebrei.

Quel giorno, era venerdì 20 luglio, l’ambiente è diverso e il clima di piombo. Dopo il cancello e l’ampio cortile, i prigionieri sono sospinti verso il corpo di fabbrica che ospita la palestra. Ci sono tre o quattro scalini e un corridoio centrale lungo cinquanta metri. È qui il garage Olimpo. Sul corridoio si aprono tre stanze, una sulla sinistra, due sulla destra, un solo bagno.

Si è identificati e fotografati. Si è costretti a firmare un prestampato che attesta di non aver voluto chiamare la famiglia, avvertire un avvocato. O il consolato, se stranieri (agli stranieri non si offre la traduzione del testo).

A una donna, che protesta e non vuole firmare, è mostrata la foto dei figli. Le viene detto: “Allora, non li vuoi vedere tanto presto ...”.

A un’altra che invoca i suoi diritti, le tagliano ciocche di capelli.

Anche H. T. chiede l’avvocato. Minacciano di “tagliarle la gola”.

M. D. si ritrova di fronte un agente della sua città. Le parla in dialetto. Le chiede dove abita. Le dice: “Vengo a trovarti, sai”.

Poi, si è accompagnati in infermeria dove i medici devono accertare se i detenuti hanno o meno bisogno di cure ospedaliere.

In un angolo si è, prima, perquisiti – gli oggetti strappati via a forza, gettati in terra – e denudati dopo.

Nudi, si è costretti a fare delle flessioni “per accertare la presenza di oggetti nelle cavità”.

Nessuno sa ancora dire quanti sono stati i “prigionieri” di quei tre giorni e i numeri che si raccolgono – 55 “fermati”, 252 “arrestati” – sono approssimativi.

Meno imprecisi i “tempi di permanenza nella struttura”.

Dodici ore in media per chi ha avuto la “fortuna” di entrarvi il venerdì.

Sabato la prigionia “media” – prima del trasferimento nelle carceri di Alessandria, Pavia, Vercelli, Voghera – è durata venti ore. Diventate trentatré la domenica quando nella notte tra 1.30 e le 3.00 arrivano quelli della Diaz, contrassegnati all’ingresso nel cortile con un segno di pennarello rosso (o verde) sulla guancia.

È saltato fuori durante il processo che la polizia penitenziaria ha un gergo per definire le “posizioni vessatorie di stazionamento o di attesa”.

La “posizione del cigno” – in piedi, gambe divaricate, braccia alzate, faccia al muro – è inflitta nel cortile per ore, nel caldo di quei giorni, nell’attesa di poter entrare “alla matricola”.

Superati gli scalini dell’atrio, bisogna ancora attendere nelle celle e nella palestra con varianti della “posizione” peggiori, se possibile.

In ginocchio contro il muro con i polsi ammanettati con laccetti dietro la schiena o nella “posizione della ballerina”, in punta di piedi.

Nelle celle, tutti sono picchiati. Manganellate ai fianchi. Schiaffi alla testa. La testa spinta contro il muro.

Tutti sono insultati: alle donne gridato “entro stasera vi scoperemo tutte”; agli uomini, “sei un gay o un comunista?”

Altri sono stati costretti a latrare come cani o ragliare come asini; a urlare: “viva il duce”, “viva la polizia penitenziaria”.

C’è chi viene picchiato con stracci bagnati; chi sui genitali con un salame, mentre steso sulla schiena è costretto a tenere le gambe aperte e in alto: G. ne ricaverà un “trauma testicolare”.

C’è chi subisce lo spruzzo del gas urticante-asfissiante. Chi patisce lo spappolamento della milza. A.

D. arriva nello stanzone con una frattura al piede. Non riesce a stare nella “posizione della ballerina”. Lo picchiano con manganello. Gli fratturano le costole. Sviene. Quando ritorna in sé e si lamenta, lo minacciano “di rompergli anche l’altro piede”. Poi, gli innaffiano il viso con gas urticante mentre gli gridano. “Comunista di merda”.

C’è chi ricorda un ragazzo poliomielitico che implora gli aguzzini di “non picchiarlo sulla gamba buona”.

I. M. T. lo arrestano alla Diaz. Gli viene messo in testa un berrettino con una falce e un pene al posto del martello. Ogni volta che prova a toglierselo, lo picchiano. B. B. è in piedi. Gli sbattono la testa contro la grata della finestra. Lo denudano. Gli ordinano di fare dieci flessioni e intanto, mentre lo picchiano ancora, un carabiniere gli grida: “Ti piace il manganello, vuoi provarne uno?”.

S. D. lo percuotono “con strizzate ai testicoli e colpi ai piedi”.

A. F. viene schiacciata contro un muro. Le gridano: “Troia, devi fare pompini a tutti”, “Ora vi portiamo nei furgoni e vi stupriamo tutte”.

S. P. viene condotto in un’altra stanza, deserta. Lo costringono a denudarsi. Lo mettono in posizione fetale e, da questa posizione, lo obbligano a fare una trentina di salti mentre due agenti della polizia penitenziaria lo schiaffeggiano.

J. H. viene picchiato e insultato con sgambetti e sputi nel corridoio. Alla perquisizione, è costretto a spogliarsi nudo e “a sollevare il pene mostrandolo agli agenti seduti alla scrivania”.

J. S., lo ustionano con un accendino.

Ogni trasferimento ha la sua “posizione vessatoria di transito”, con la testa schiacciata verso il basso, in alcuni casi con la pressione degli agenti sulla testa, o camminando curvi con le mani tese dietro la schiena.

Il passaggio nel corridoio è un supplizio, una forca caudina. C’è un doppia fila di divise grigio-verdi e blu. Si viene percossi, minacciati.

In infermeria non va meglio. È in infermeria che avvengono le doppie perquisizioni, una della polizia di Stato, l’altra della polizia penitenziaria. I detenuti sono spogliati. Le donne sono costrette a restare a lungo nude dinanzi a cinque, sei agenti della polizia penitenziaria. Dinanzi a loro, sghignazzanti, si svolgono tutte le operazioni. Umilianti.

Ricorda il pubblico ministero: “I piercing venivano rimossi in maniera brutale. Una ragazza è stata costretta a rimuovere il suo piercing vaginale con le mestruazioni dinanzi a quattro, cinque persone”.

Durante la visita si sprecano le battute offensive, le risate, gli scherni.

P. B., operaio di Brescia, lo minacciano di sodomizzazione. Durante la perquisizione gli trovano un preservativo. Gli dicono: “E che te ne fai, tanto i comunisti sono tutti froci”. Poi un’agente donna gli si avvicina e gli dice: “È carino però, me lo farei”.

Le donne, in infermeria, sono costrette a restare nude per un tempo superiore al necessario e obbligate a girare su se stesse per tre o quattro volte.

Il peggio avviene nell’unico bagno con cesso alla turca, trasformato in sala di tortura e terrore.

La porta del cubicolo è aperta e i prigionieri devono sbrigare i bisogni dinanzi all’accompagnatore. Che sono spesso più d’uno e ne approfittano per “divertirsi” un po’.

Umiliano i malcapitati, le malcapitate.

Alcune donne hanno bisogno di assorbenti. Per tutta risposta viene lanciata della carta da giornale appallottolata.

M., una donna avanti con gli anni, strappa una maglietta, “arrangiandosi così”.

A. K. ha una mascella rotta. L’accompagnano in bagno. Mentre è accovacciata, la spingono in terra.

E. P. viene percossa nel breve tragitto nel corridoio, dalla cella al bagno, dopo che le hanno chiesto “se è incinta”. Nel bagno, la insultano (“troia”, “puttana”), le schiacciano la testa nel cesso, le dicono: “Che bel culo che hai”, “Ti piace il manganello”.

Chi è nello stanzone osserva il ritorno di chi è stato in bagno. Tutti piangono, alcuni hanno ferite che prima non avevano. Molti rinunciano allora a chiedere di poter raggiungere il cesso. Se la fanno sotto, lì, nelle celle, nella palestra. Saranno però picchiati in infermeria perché “puzzano” dinanzi a medici che non muovono un’obiezione.

Anche il medico che dirige le operazioni il venerdì è stato “strattonato e spinto”.

Il giorno dopo, per farsi riconoscere, arriva con il pantalone della mimetica, la maglietta della polizia penitenziaria, la pistola nella cintura, gli anfibi ai piedi, guanti di pelle nera con cui farà poi il suo lavoro liquidando i prigionieri visitati con “questo è pronto per la gabbia”.

Nel suo lavoro, come gli altri, non indosserà mai il camice bianco. È il medico che organizza una personale collezione di “trofei” con gli oggetti strappati ai “prigionieri”: monili, anelli, orecchini, “indumenti particolari”.

È il medico che deve curare L. K.. A L. K. hanno spruzzato sul viso del gas urticante. Vomita sangue. Sviene. Rinviene sul lettino con la maschera ad ossigeno. Stanno preparando un’iniezione. Chiede: “Che cos’è?”. Il medico risponde: “Non ti fidi di me? E allora vai a morire in cella!”.

G. A. si stava facendo medicare al San Martino le ferite riportate in via Tolemaide quando lo trasferiscono a Bolzaneto. All’arrivo, lo picchiano contro un muretto. Gli agenti sono adrenalinici. Dicono che c’è un carabiniere morto. Un poliziotto gli prende allora la mano. Ne divarica le dita con due mani. Tira. Tira dai due lati. Gli spacca la mano in due “fino all’osso”. G. A. sviene. Rinviene in infermeria. Un medico gli ricuce la mano senza anestesia. G. A. ha molto dolore. Chiede “qualcosa”. Gli danno uno straccio da mordere. Il medico gli dice di non urlare.

Per i pubblici ministeri, “i medici erano consapevoli di quanto stava accadendo, erano in grado di valutare la gravità dei fatti e hanno omesso di intervenire pur potendolo fare, hanno permesso che quel trattamento inumano e degradante continuasse in infermeria”.

Non c’è ancora un esito per questo processo (arriverà alla vigilia dell’estate). La sentenza definirà le responsabilità personali e le pene per chi sarà condannato. I fatti ricostruiti dal dibattimento, però, non sono più controversi. Sono accertati, documentati, provati. E raccontano che, per tre giorni, la nostra democrazia ha superato quella sempre sottile ma indistruttibile linea di confine che protegge la dignità della persona e i suoi diritti.

È un’osservazione che già dovrebbe inquietare se non fosse che – ha ragione Marco Revelli a stupirsene – l’indifferenza dell’opinione pubblica, l’apatia del ceto politico, la noncuranza delle amministrazioni pubbliche che si sono macchiate di quei crimini appaiono, se possibile, ancora più minacciose delle torture di Bolzaneto.

Possono davvero dimenticare – le istituzioni dello Stato, chi le governa, chi ne è governato – che per settantadue ore, in una caserma diventata lager, il corpo e la “dimensione dell’umano” di 307 uomini e donne sono stati sequestrati, umiliati, violentati?

Possiamo davvero far finta di niente e tirare avanti senza un fiato, come se i nostri vizi non fossero ciclici e non si ripetessero sempre “con lo stesso cinismo, la medesima indifferenza per l’etica, con l’identica allergia alla coerenza”?


38 commenti:

salvatore d'urso ha detto...

Ma io ritengo che per dei reati del genere, che esista o meno una legge che preveda questo genere di reati, un giudice non dovrebbe dare come pena da scontare in carcere meno di 20 anni di galera... a maggior ragione per chi è servitore dello Stato, non per fare un distinzione di classe o di professione, ma perchè non punendo chi ha un potere del genere si rischia che poi se ne abusi sempre più fino ad attivare un vortice di violenza tale che rischia di portarci dritti indietro verso uno stato fascista.

Anonimo ha detto...

mi pare che il "vortice di violenza" non sia avvenuto, e nemmeno s'è assistito, dopo Bolzaneto, ad abusi crescenti delle FdO. gli episodi contestati, per quanto sgradevoli e criminali, sono stati circoscritti a quel particolare periodo e quel particolare luogo.
verranno giudicati, mi auguro in maniera equa e imparziale, e i responsabili verranno puniti, tanto quanto sono stati puniti (almeno in primo grado) gli autori degli altrettanto odiosi reati di vandalismo, aggressione, violenza privata, furto, rapina, saccheggio, resistenza all'arresto et cetera perpetrati nello stesso periodo a poche centinaia di metri dalla caserma ai danni delle FdO, dei cittadini genovesi e degli altri partecipanti alle manifestazioni.
con questo, sia chiaro, non ho nessuna intenzione di giustificare né i poliziotti né i manifestanti.
c'è stato un importante appuntamento internazionale, gestito in maniera approssimativa sotto il profilo dell'ordine pubblico, con ordini e organizzazione più o meno consapevolmente poco chiari e facili da eseguire. ci sono stati eccessi da entrambe le parti, oserei dire pochi nel numero e facilmente individuabili. per questi motivi ora (invero un po' tardi) si arriva al giudizio, che mi auguro sarà sereno e privo di colorazioni diverse dal rispetto dei codici.

baron litron

Anonimo ha detto...

Caro amico Baron Litron (mi permetta di chiamarLa così, visto che, pur nella diversità di opinioni, tante cose belle ci accomunano),

mi permetta con il rispetto e la stima che sa che Le porto di dissentire almeno in parte dalle Sue considerazioni.

I punti che io considero cruciali sono i seguenti.

Lei scrive:
"Ci sono stati eccessi da entrambe le parti".

Questo a me non sembra vero sotto molti profili.

A) I poliziotti hanno "pestato" (espressione assolutamente eufemistica) non la "controparte", ma delle bravissime persone inermi.

In sostanza, questi individui meschini e spregevoli, non hanno abusato in danno di chi avesse una qualche colpa. Si badi, ciò che hanno fatto non avrebbero dovuto farlo neppure in danno di colpevoli, ma è ancora più rivoltante che lo abbiano fatto in danno di innocenti che loro sapevano innocenti e a carico dei quali - vedi l'episodio delle bottiglie molotov messe lì dai funzionari di polizia (badi, "funzionari", non semplici "ragazzi che sbagliano") - costruivano in malafede prove false.

Lei Baron Litron è uomo che conosce l'onore. L'onore di chi in una disciplina sportiva che si pratica in combattimenti corretti, rispetta la sua anima e quella dei suoi avversari. L'onore dei tantissimi che, non per sport, ma per senso della giustizia e dello Stato, si spendono, mettendo in gioco la propria vita, nelle forze dell'ordine. Rispettando e onorando la divisa che indossano e rendendoci fieri di loro.

Lei non può dare alcuna copertura a questa gentaglia che occupa ancora posti importanti nell'amministrazione della pubblica sicurezza.

Nella vicenda di Bolzaneto (altra cosa è ciò che è successo nelle strade e per i manifestanti che hanno fatto violenza la magistratura ha giustamente chiesto le pene di legge), non ci sono stati "eccessi da entrambe le parti". Ci sono stati criminali in divisa che hanno inflitto a persone innocenti ferite fisiche e morali delle quali l'intero Paese deve vergognarsi e delle quali invece ancora si continua a parlare sottovoce e con questa linea del "si è trattato di qualche eccesso".

B) Anche se i poliziotti avessero "pestato" dei colpevoli (e, come ho detto, non si è trattato di questo), non si possono mettere sullo stesso piano poliziotti e delinquenti.

I poliziotti non possono agire come i delinquenti.

Così come non possono farlo i magistrati.

Se una delle parti di un processo che tratto abusa del processo, io non posso falsificare gli atti e scrivere una sentenza disonesta e poi dire: "Ci sono stati eccessi da entrambe le parti".

Io non sono "una parte". I poliziotti non sono "una parte". Sono lo Stato.

C)Quelli raccontati da D'Avanzo e provati nel processo non sono "eccessi", sono crimini infami.

E' diverso il caso di un poliziotto che nella foga di inseguire e catturare un pericoloso criminale eccede in qualcosa (deplorevole anche quello, ma quello si "eccesso") e un gruppo di criminali in divisa, che, con la forza del branco, infierisce su giovani e donne indifesi, in maniera abietta.

Non è vero, poi, che quello che è successo possa essere considerato un episodio circoscritto.

E ciò per un duplice ordine di considerazioni:

1. perchè altri fatti gravi sono successi e continuano a succedere (il G8 di Napoli, un ragazzo inerme assassinato in un'area di servizio, un latitante ucciso con un colpo in testa mentre era in pigiama e disarmato in provincia di Enna, l'uccisione di Federico Aldrovandi e tanto altro);

2. perchè il fatto che sia potuto accadere ciò che è accaduto a Genova e il fatto che si trattino quei fatti come "episodi marginali", fatti "minori" dà la misura dell'estrema gravità della situazione.

Caro amico Baron Litron, mi creda, più ancora dei fatti, mi impressiona enormemente la reazione ai fatti.

Ciò che Lei scrive mi risulterebbe accetabile se l'indomani della socperta dei fatti si fossero presi tutti i colpevoli e li si fosse buttati fuori immediatamente dalla polizia.

Allora sì, si sarebbe potuto dire: "E' stato un episodio orribile, ma un episodio".

Con alcune di quelle persone in posti di responsabilità della polizia, quello non può considerarsi un episodio.

Abbiamo il dovere di "non coprire", perchè "coprire" significa "essere complici".

Per darLe prova che questa cosa che penso in questo blog la applichiamo anche ai magistrati, Le segnalo il post: “Il volto mafioso delle istituzioni”.

Un Paese nel quale possono succedere sostanzialmente senza conseguenze (perchè nell'articolo di D'Avanzo si spiegano le ragioni per le quali il processo sarà sostanzialmente senza conseguenze concrete) fatti come quelli di Genova NON E' un Paese civile.

C'è, infine, un'altra delle Sue considerazioni che non condivido.

Lei scrive:
"c'è stato un importante appuntamento internazionale, gestito in maniera approssimativa sotto il profilo dell'ordine pubblico, con ordini e organizzazione più o meno consapevolmente poco chiari e facili da eseguire".

Io temo che il problema non fu un "difetto di chiarezza", ma una vera e propria istigazione alle forze dell'ordine a "usare il pugno di ferro".

Si fece troppo sfoggio di muscoli e si promise troppa durezza perchè chi lo faceva non fosse consapevole che sarebbe stato accontentato e la violenza ci sarebbe stata.

Io Le chiedo scusa se esprimo con tanta convinzione idee che so diverse dalle Sue, ma:

1. La prego di credere che lo faccio solo perchè davvero i fatti di Genova costituiscono per me una grave ferita al mio senso dello Stato e mi danno la misura di uno stato di cose che mi preoccupa davvero moltissimo (pensi se ciò che è accaduta a quelle persone accedsse a una sua figlia);

2. La prego di considerare queste mie come delle opinioni del tutto discutibili e controvertibili e del tutto soggette al più libero confronto qui. In sostanza, non si faccia alcuno scrupolo di cortesia a contraddirmi del tutto liberamente, esprimendo con altrettanta passione il Suo pensiero eventualmente diverso dal mio.

Concludo dicendo che sono convinto che il nostro Paese abbia un urgente bisogno di radicali cambiamenti di atteggiamento da parte degli uomini di tutte le istituzioni e che le istituzioni non traggono vantaggio dalla "copertura" corporativa di chi le disonora, ma proprio al contrario dalla denuncia franca e senza tentennamenti di quelli da parte di chi le onora.

Se la polizia è diversa da quei poliziotti, li isoli e li espella. Se li difende, se li tiene e li promuove, non è diversa da loro!

Un grazie di cuore a Lei e a tutti e un caro saluto.

Felice Lima

Anonimo ha detto...

Mi pare di ricordare che tutti coloro i quali, si apprestano ad entrare a far parte delle forze armate o corpi militarizzati equivalenti, siano sottoposti al vincolo del giuramento di fedeltà allo Stato.
Penso che quegli individui (non posso considerarle persone e men che meno servitori dello Stato), ovunque si trovino oggi, nulla abbiano a spartire con i giovani schierati la mattina del 22/02/2008 in Via Carlo Alberto Dalla Chiesa, sede storica della Scuola Allievi Carabinieri di Roma, alla presenza del Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri Gianfrancesco Siazzu.
In occasione del Giuramento Solenne degli Allievi Carabinieri del 122° Corso "Car. M.O.V.M. alla memoria Francesco Calì" e celebrazione della "Giornata delle Medaglie d'Oro al Valor Militare"

http://www.carabinieri.it/Internet/Cittadino/Informazioni/Eventi/2008/Febbraio/20080222.htm
…dal sito sopra indicato riporto quanto segue………………………………

E' seguito l'intervento del Comandante Generale Gianfrancesco Siazzu che, nella sua prolusione, nel rendere gli onori alla Bandiera ed al Generale ROCCA, Medaglia d'Oro al Valor Militare, presente alla cerimonia, ha evidenziato che: "con il Giuramento appena prestato, Vi siete assunti una grande responsabilità. Avete promesso fedeltà alla Patria, alle libere Istituzioni ed ai cittadini, impegnandoVi a difenderli in ogni circostanza. Un impegno ed una scelta che Vi accompagneranno per tutta la vita e che certamente trovano origine nella sana educazione impartitaVi in famiglia dai Vostri genitori, ai quali rivolgo un cordiale saluto.[…] Non vi attende un compito facile. I cittadini si aspettano molto da Voi. L'uniforme che indossate è guardata dalla gente con fiducia e, spesso, sarete l'unico punto di riferimento, un simbolo dello Stato che può essere rassicurante e vicino o distante e negletto solo in ragione del Vostro modo di proporVi.[…] Non smarrite mai i principi di umanità e di rispetto della dignità delle persone, soprattutto di quelle più deboli. Una regola deve far premio su tutte: porsi sempre al servizio dei cittadini, perché questa disponibilità è la nostra ragion d'essere."
Credo mi sia lecito pensare che non mantenere la promessa: “ non smarrite mai i principi di umanità e di rispetto della dignità delle persone, soprattutto di quelle più deboli”, implicita anche nelle formule di giuramento generalizzate, equivalga al tradimento del giuramento di fedeltà alla Patria.
In questo contesto, la catena di comando appare gravemente compromessa e gravata di responsabilità morale totale e indifendibile. (oserei dire: ABNORME, MOSTRUOSA).

Con stima
Stefano

Anonimo ha detto...

Un ulteriore grazie a Baron Litron.
Con i suoi interventi consente a Felice Lima di ricordare, con esemplari lezioni, come deve comportarsi il cittadino, da quello comune a quello che ricopre delicati incarichi.
bartolo iamonte

Anonimo ha detto...

Gentilissimo dottor Lima, nel dire che "ci furono eccessi da entrambe le parti" non mi riferivo certo alla sola vicenda di Bolzaneto. lì gli eccessi (abusi, violenze, sopraffazioni, le chiami come meglio crede) furono compiuti soltanto dalle FdO e, se e quando accertati, verranno puniti, mi auguro anche col maggior rigore che richiede il fatto che a commetterli siano state presone (non comunque" individui") che devono per scelta di vita ispirare fiducia e garantire protezione, e invece la fiducia l'hanno tradita, e la protezione l'hanno buttata in una fogna.
come in una fogna hanno gettato le decine se non centinaia di manifestanti i quali, abusando della libertà di manifestazione ed espressione garantita loro dalle leggi, hanno imperversato in città per tre giorni, dandosi a violenze e crimini di ogni tipo sia ai danni dei cittadini e delle loro proprietà, sia ai danni degli altri manifestanti, giunti a Genova con tutt'altro animo, sia ai danni delle FdO, che lì stavano per cercare di proteggere i più, e di garantire per quanto possibile l'ordine pubblico.
che la cosa non sia riuscita è sotto gli occhi di tutti.
ripeto, io non voglio dire che "ah, i poliziotti hanno fatto bene, perché gli altri avevano esagerato", ma invece condannare sia il celerino che abusa della sua posizione di potere per infierire su cittadini indifesi, sia il manifestante che abusa della sua libertà di movimento, e dell'anonimato, per usare violenza gratuita a persone e cose, lasciate le une alla pubblica fede, le altre semplicemente passanti casuali, o compagni di marcia, o servitori dello stato in divisa.
quanto all'altra considerazione in cui non mi trova d'accordo, quella sulla mancata o carente organizzazione dell'ordine pubblico, non posso dire di più di quanto già ho scritto. basti sapere però (io lo so per testimonianza diretta) che alle FdO fu impedito con vari mezzi più e meno palesi di preparare al meglio la cosa, e questo per squallidissimi motivi di meschino rancore, interessi di bottega (politica), e con la segreta speranza che accadesse qualcosa di "grosso" che potesse mettere in difficoltà alcune persone.
va dato atto alle FdO del loro impegno (e personalmente considero Bolzaneto - per quanto ne so - un caso isolato), visto che tutto sommato le cose sarebbero potute andare anche molto peggio.
attendiamo ora l'esito del processo, confidando nella freddezza di chi dovrà decidere del destino di tutti i partecipanti.
condivido pienamente quanto dice sulla correttezza e sull'onore, e so già che il discorso del comportamento delle FdO è tema per lei particolarmente sensibile, come già avevo avuto modo di capire in discussioni avvenute in passato su temi simili.
nessuno è perfetto, ma chi ha riportato le parole del generale Siazzu dovrebbe sapere che almeno i Carabinieri sono soliti pagare duramente gli strappi alla parola data.
quanto al commento di monsù Iamonte, le ricordo che il cittadino normalmente sa come deve comportarsi, e lo sa meglio ancora chi ricopre certi incarichi (con le dovute e notissime eccezioni, costituite da chi sa che infrangere le regole è cosa poco rischiosa).
se quindi non rispetta le regole, lo fa sempre a suo rischio e pericolo. il che non impedisce certo a monsù Lima di ricordarci il valore di certi principi.

baron litron

Anonimo ha detto...

Non lo possono fare i poliziotti...
non lo possono fare i magistrati...
non lo possono fare i medici...
non lo possono fare i ministri...
non lo possono fare i politici...
non lo possono fare tutti gli amministratori...
non lo possono fare i commissari..
etc.etc.
Ma tutti coprono tutti.
Stamani ho sentito che non saranno sequestrati i beni degli indagati sui rifiuti a Napoli.
Intanto lo Stato (noi) pagheremo i viaggi in Germania.
Pagheremo le multe all'Europa.
Rifinanzieremo il problema dei rifiuti non risolti.
E come Stato pagheremo anche i danni delle condanne di queste forze dell'ordine che si sono così "onorevolmente" distinte.
Alessandra

Anonimo ha detto...

Gentilissimo monsignore Baron Litron,
dice Lei "il cittadino normalmente sa come deve comportarsi, e lo sa meglio ancora chi ricopre certi incarichi (con le dovute e notissime eccezioni, costituite da chi sa che infrangere le regole è cosa poco rischiosa)". Consenta anche a me di dire, visto come i miei governanti hanno ridotto il mio Paese, che molti rappresentanti delle Istituzioni hanno proprio dimenticato come si devono moralmente comportare.
bartolo iamonte

Anonimo ha detto...

Vi ammiro, perchè riuscite ad esprimere pareri razionali e che reputo assolutamente validi, dopo una lettura che a me ispira soltanto desideri omicidi.

grazie sempre per il vostro impegno, sappiate che anche se poco presente nei commenti, vi leggo con passione.

salvatore d'urso ha detto...

C'è da dire che esistono nelle istituzioni persone per bene e che mettono la loro vita a rischio per servire lo stato e i suoi cittadini, abbiamo moltissimi esempi e casi di poliziotti e magistrati onesti che tutt'oggi sono al servizio del paese e ancora poliziotti e magistrati divenuti eroi dopo essere stati ammazzati per servire il paese.

Il punto è proprio qui...

Cosa è lo Stato? Chi è lo Stato?

Ricordiamo i funerali di Borsellino, quella gente manifestava la sua collera perchè non voleva la presenza dello Stato o ne contestava la sua pochezza?

Se nella strage di Via D'amelio e in quella di Capaci c'erano di mezzo, oltre alla mafia, anche pezzi importanti delle istituzioni e della politica quei servitori dello Stato da chi sono stati uccisi o mandati a morire?

E ammesso che durante le manifestazioni del G8 le persone arrestate erano realmente dei delinquenti, una volta che queste siano state assicurate alle forze dell'ordine e quindi non rappresentano più un perciolo per la società perchè le stesse forze dell'ordine si sono arrogate il diritto di poter pestare a sangue e torturare quelle persone che comunque, anche se sotto arresto, hanno ancora dei diritti... e invece lo stesso Stato di diritto è venuto a mancare per mano dello stesso Stato. Ma non bastava, fosse solo opera di pochi esponenti delle forze dell'Ordine usciti di senno, allora il problema era più che altro penale e disciplinare, ma viste le indiscutibili coperture politiche e manipolazioni degli eventi, la cosa a mio parere diventa più grave, e ci riguarda un pò tutti se lo Stato siamo noi... Lo Stato siamo noi? O i cittadini sono semplici sudditi e lo Stato è identificato in un qualcos'altro?

Così difatti l'epropriazione del diritto di scegliere i candidati che dovranno andare in Parlamento...

Oppure il diritto ad essere informati correttamente con un'informazione decente e non veicolata.

O ancora l'inefficienza dell'intero sistema giudiziario quando si tratta di giudicare un potente. (La legge in Italia non è Uguale per Tutti.)

Oggi sentivo su Radio 3 della sfiducia dei cittadini nelle istituzioni... non si riuscivano a spiegare il perchè i cittadini erano sfiduciati... buttavano a caso delle ipotesi... come fossero degli archeologi che provano a capire il perchè dell'estinzione di una civiltà vissuta 3.000 anni fa, non si spiegavano l'8 settembre di Grillo e lo contestavano senza fare autocritica, senza mai parlare delle responsabilità della politica in 60 anni di Repubblica, o di parlare dei rischi che corre una democrazia ad avere delle persone infiltrate nelle istituzioni che non servono lo Stato, la Costituzione e la democrazia ma altri fini e personaggi loschi.

La redazione ha delle risposte in merito? Qual è l'opinione anche del resto dei lettori del blog?

Anonimo ha detto...

gentilissimo monsù Iamonte, sono perfettamente d'accordo con lei. è per questo che ho messo l'eccezione tra parentesi. io parlavo di cittadini normali, in divisa e no. quelli, per intenderci, che pagano i propri errori. quelli che si sentono presi in giro di continuo da chi non lo fa. quelli che sperano disperati, ma che comunque non cedono alla facile melma della rinuncia alla propria dignità, che sarà magari stupida, agli occhi degli "altri", degli "eccezionali". e che non porta a niente, se non a poter dormire in pace con sé stessi.
ma non ha prezzo davanti alla coscienza.

p.s., non sono ancora monsignore, ma se le dà fastidio essere chiamato "signore" non ha che da dirmelo, e provvedo a cambiare appellativo.

con simpatia, baron litron

Anonimo ha detto...

San Francesco d’Assisi, è stato un cristiano talmente inimitabile che il i suoi contemporanei non potendo aspirare a tanto lo hanno fatto santo e si sono tolti il pensiero.

Salvo D’Acquisto è stato un servitore talmente inimitabile che i suoi posteri, non potendo aspirare a tanto, hanno proposto la sua beatificazione e si sono tolti il pensiero.

Dal sito : http://www.geocities.com/luoghistorici/Testi/Baronlitron_canto.html


Baron Litron

A Torino ci sono conti, ci sono conti e dame,
conti dame e baroni piangono la morte di Baron Litron.

Sua maestà il Re, saputo che Baron Litron era ammalato,
ordina che si apprestino carrozze e cocchieri per andare a trovare Baron Litron.

Appena giunto a Madonna dell'Olmo, prima di entrare nella città di Cuneo,
suonano le trombe, sparano i cannoni, per rallegrare Baron Litron.

Sua maestà il Re, quando fu là - Baron Litron, come và?
Questa malattia mi farà morire, non ho più speranza di guarire.

Sua maestà il Re gli ha detto - Baron Litron fatti coraggio:
io ti darò dell'oro e del danaro, ti nominerò Primo Generale.

Né oro né danaro possono essere di scusa per la morte,
né la morte ha mai avuto riguardo per re o generali.

Baron Litron, se devi morire, non vuoi essere battezzato?
Farei venire il vescovo di Torino, io ti farei da padrino.

Baron Litron gli ha ben detto - Sia ringraziata la vostra maestà,
ma io non posso arrivare a tanto: o buon protestante o buon cattolico.
-
Dimmi un po', Baron Litron, dove vuoi essere sepolto?
Ti farò fare una bara d'oro, ti farò tributare un grande onore.
-
Ho lasciato per testamento che mi seppelliscano in val Luserna;
mi sotterreranno in val Luserna, e là il mio cuore troverà riposo.

Baron Litron è spirato, piangete baroni, piangete voi dame,
suonate le campane, fate sparare i cannoni, è spirato Baron Litron!


Il nostro bel paese, popolo di santi, poeti, eroi, navigatori e ,,,,,,,,
fermiamoci qui

Cordiali saluti
Stefano

Anonimo ha detto...

Per Salvatore
Loro sanno che noi sappiamo.
La risposta è semplice: basta togliere il punto interrogativo a tutte le domande che ci facciamo.
Quanto può durare questo? (altro punto interrogativo).
Alessandra

Anonimo ha detto...

Per Baron Litron.
Nessun fastidio!!!
Mi appelli pure come più le aggrada.
Simpatia ricambiata.
bartolo iamonte

Anonimo ha detto...

grazie a Stefano per aver pubblicato il testo della bella canzone dedicata a Baron Litron (quello vero).
purtroppo la citazione è monca (mancano parecchi versi), e soprattutto è oscuro il motivo della citazione stessa, così come la chiusa del commento, almeno per me.
sarò rimbecillito, ma non capisco proprio.

baron litron

salvatore d'urso ha detto...

Per Alessandra,

è ovvio che sanno e difatti in tv fino ad oggi non hanno mai intervistato qualcuno realmente sfiduciato del sistema permettendogli di denunciare tutti i suoi perchè...

La televisione ha il compito di non allarmare troppo i cittadini su questo tema, meglio che i suoi dubbi siano sostituiti da un reality, una fiction o un'intervista ad un politico che rassicura la cittadinanza o parli comunque di qualcos'altro e non di democrazia. E quando avviene, cioè quando si parla di democrazia e di fiducia nelle istituzioni il messaggio che traspare e rimane è quello che lo democrazia funziona anche se con qualche acciacco e che bisogna comunque avere fiducia delle istituzioni...

Ma se parlo con mio suocero, con mio padre, con un mio amico, con un mio cliente, con una persona qualsiasi, perchè quando tocchiamo il tasto della politica o della fiducia nelle istituzioni sono tutti concordi con l'affermare che "la politica fa schifo e stanno li per fare solo i fatti loro" o che "i magistrati sono corrotti" o ancora "che la polizia e i carabinieri non assolvono realmente al loro dovere andando a toccare chi davvero fa del male al nostro paese o alla piccola realtà locale in cui si vive". E' vero, la maggior parte delle persone con cui parlo di tali cose affermano queste cose, eppure dalle mie parti di criminalità organizzata non ce n'è, a circa 15 km di distanza forse, ma posso affermare che dove vivo è un'oasi felice considerando il deserto che si estende tutt'intorno. Vivo in Costiera Amalfitana... quindi lascio immaginare, e lascio immaginare anche nel deserto che si estende intorno alla zona dove vivo cosa pensino allora i cittadini di quei posti tanto martoriati da decenni e decenni...

E poi mi chiedo e vi chiedo se hanno tanto torto a pensarla in quel modo viste le esperienze vissute nel frattempo e che nessuna soluzione realmente proposta sia stata attuata radicalmente.

Si dice che il problema è culturale... si forse sarà anche li il problema, ma la cultura di un popolo chi la delinea? E' possibile che in tutt'Europa l'italiano sia il più indisciplinato? E le nostre origini? Non siamo stati noi esempio di cultura e civilizzazione per quasi due millenni in Europa? Non abbiamo noi civilizzato decine e decine di popoli barbari? E come mai adesso i barbari siamo diventati noi rispetto agli altri popoli a noi confinanti?

C'è chi potrebbe rispondere dicendo che forse l'italiano è stato sempre più intelligente e furbo degli altri... ed oggi forse è proprio per questo che ci ritroviamo in questa situazione... ma allora viceversa non siamo subacculturati... siamo solo vittime di noi stessi o di chi è più furbo...

Oppure c'è chi dice che è la conseguenza di chi ha perso il senso di appartenenza a questa nazione...

O ancora c'è chi dice che c'è qualcuno che gioca a fare Mussolini con tanto di scagnozzi attorno ed usa tutto ciò che è lecito o illecito per raggiungere una posizione di potere incontrastabile cercando di rimanere sempre esteriormente la parvenza di uno Stato Democratico.

C'è chi dice invece che la mafia stessa è al potere e si è infiltrata nelle istituzioni...

E magari ognuno di questi che sostiene tali affermazioni ha un pò di verità... portandoci alla conclusione che allora siamo in un paese dove il popolo è suddito e non sovrano e quindi che la Costituzione è oramai solo carta straccia. Diffati più volte la si viola e addirittura negli ultimi anni stiamo assistendo alla promulgazione di molte leggi che oltre ad essere incostituzionali tendono anche a limitare i diritti fondamentali dei cittadini.

Addirittura hanno provato e provano ancora a voler cambiare alcuni articoli della Costituzione così da legittimare il loro operato e magari continuare sulla strada di delegittimare anche parzialmente i fondamenti democratici stessi su cui si basa la repubblica italiana.

salvatore d'urso ha detto...

X Baron Litron

Penso che intendesse dire che il barone non ci teneva a fare le cose belle (secondo la cultura del re e del suo popolo) che gli proponeva il re prima e dopo che lo stesso barone morisse, e che nonostante le opinioni esposte dal barone il re e il popolo abbia agito di testa sua... secondo la loro cultura e tradizione... poichè ritenevano che un barone meritasse quel tipo di celebrazione.

Così per i santi... san francesco non aveva chiesto di essere santificato... o magari di aver compiuto azioni che non ha mai fatto... ecc...

Penso volesse dire questo.

salvatore d'urso ha detto...

Lo Stato Italiano... che amara realtà... se consideriamo che uno Stato è democratico se sussiste la reale divisione ed indipendenza dei tre poteri fondamentali che lo costituiscono, secondo quanto sosteneva Montesquieu, poi si è arrivati ad identificare altri poteri concorrenti a determinare la libertà e la democrazia in un paese, e cioè la stampa, la televisione ed oggi internet.

Riguardo ai primi due poteri dello stato... c'è da dire che il primo sembra sempre più succube del secondo... e cioè che le funzioni del Parlamento sono sempre più limitate, non per legge ma per usanza, e soggette al volere di pochi, diciamo che non sempre i parlamentari sono messi in condizione di far valere l'art. 67 della Costituzione.

Riguardo alle televisioni e alla stampa penso che la situazione sia abbastanza chiara e conosciuta da tutti. Non v'è mezzo di stampa o canale televisivo non assogettato a questo o quel partito politico.

Riguardo ad internet pare che fortunatamente ancora oggi questo non sia sotto il reale controllo di nessuno... ma c'è chi vorrebbe limitare internet con scuse varie... cina docet...

Riguardo invece al terzo potere, la giustizia, il più complicato da assogettare visto, secondo alcuni, l'errore fatto dai padri costituenti che decisero di regolare in quel modo l'indipenza di quel potere dai primi due.

E così il potere politico si è dovuto difendere in tutti i modi dall'attacco, secondo alcuni, scellerato della magistratura.

Il potere politico ha deciso di assumere varie linee di difesa, vediamole:

1) Delegittimando la magistratura con affermazioni del tipo "i giudici sono degli psicopatici", e per dar maggior credito a tali affermazioni si sono avvalsi del potere mediatico dove ultimamente il Corriere della Sera abbia apparentemente voluto far passare Clementina Forleo per pazza.

2) Utilizzando gli stessi strumenti che autoregolano e disciplinano la magistratura, difatti ci troviamo con un CSM indiscutibilmente politicizzato che ultimamente ha pesantemente sanzionato il PM Luigi De Magistris ed invece per casi molto più gravi si è limitato ad affibiare ridicole sanzioni che non hanno scoraggiato in nessun modo il giudice biricchino.

3) Con leggi ad personam quando illustri esponenti del mondo politico hanno corso il rischio di esser condannato per la violazione dei reati imputatigli.

4) Con l'assogettamento della magistratura al controllo del potere politico mediante la separazione dei poteri e la riforma dell'ordinamento giudiziario con il rischio di tornare al 1941... controllo totale del potere giudiziario da parte del regime fascista.

5) Addirittura non vogliono nemmeno più farsi giudicare dai cittadini temendo che parte dell'establishement rischia di non essere confermato dal popolo elettore, se il popolo elettore lo ritiene inidoneo e quindi con la legge porcata si è tornati ad un sistema leettorale simile a quello del 1923, periodo fascista, legge scelba (se ben ricordo).

Spero di non aver dimenticato nulla... e di aver reso invece ben chiara la situazione democratica del nostro paese... e i rischi che si continuano a correre.

Anonimo ha detto...

beh, se questo era il senso, allora della canzone non ha capito nulla....basti dire che in Cuneo rispetto e venerazione per il Baron (e per il suo re) sono ancora grandissimi, e proprio per le parole sue e del re, riportate poeticamente nella canzone.
ma lascio a lui l'onere di spiegarsi, se mai lo vorrà fare (e anche, se la cosa ha attinenza con il contenuto della discussione, chiaramente).


baron litron

Il cane di Jack ha detto...

Perdonatemi se vi faccio partecipi di un mio incubo. La scorsa notte ho sognato un paese (nel paese che ho sognato c'era sostanzialmente un solo corpo di polizia, come sarebbe normale e quindi non può essere l'Italia :-) dove la gendarmeria, a causa della sua inadeguatezza, per la scarsa preparazione tecnica, giuridica e investigativa oltre che per l'endemica carenza di mezzi, non riusciva a garantire la punizione/prevenzione dei reati e la sicurezza dei cittadini. I gendarmi inoltre abusavano abbastanza spesso del loro potere, a livello di piccola corruzione (facendosi fare gli sconti nei negozi di abbigliamento, andando a puttane senza pagare e varie altre cosette di questo genere), spesso agivano con violenza spropositata, picchiando duro nel chiuso delle loro caserme (non come i vecchi marescialli di paese che magari con una sberla raddrizzavano una giovane vita evitando di "macchiargli le carte"). A volte capitava persino che i gendarmi sparassero alle persone sbagliate, ma più spesso accadeva loro di mostrare un bieco servilismo con i potenti e un atteggiamento arrogante con i deboli.
Nel mio sogno i gendarmi cattivi non erano poi così tanti come immaginava la gente, anzi la maggior parte erano magari un po' sempliciotti ma sostanzialmente onesti, sebbene spesso si girassero dall'altra parte per non vedere. Ma la gente immaginava anche peggio di quello che era in realtà, perché, tra l'altro, i capi della gendarmeria non sapevano comunicare con il resto della società. Insomma i gendarmi dello stato che ho sognato erano malvisti da molta gente normale e odiati da certe fasce di popolazione un po' emarginate. Quasi nessuno poi nutriva grande fiducia nella capacità della gendarmeria di proteggere la società e le persone.
Questi uomini dello stato erano un po' come usciti da rapporti normali con gente normale per chiudersi in un loro spazio con le proprie regole e la loro ideologia, un po' sfasati rispetto a quelle di uno stato democratico di diritto.
E questa chiusura li portava, in un puro circolo vizioso, ad essere sempre più malvisti e sempre più convinti (chi è accerchiato mente spesso a sé stesso) di essere nel giusto e di essere un corpo bistrattato e malpagato. Molti gendarmi finivano per disinteressarsi di tutto e cercavano il posto sicuro dietro la scrivania, dove un civile avrebbe potuto fare di più e meglio. I più sfortunati restavano a fare le pattuglie e i turni di notte, senza motivazione e senza entusiasmo.
Vista tutta questa situazione mi stavo arrovellando il cervello a cercare soluzioni per tornare a fare scorrere linfa civile nelle vene di quei gendarmi. Nel sogno non sono stato capace di pensare a niente e mi sono svegliato.
Ho voluto raccontarvelo.
Buonanotte a tutti
I. Il cane di Jack

Anonimo ha detto...

Barone Guglielmo di Leutrum, che al servizio dei Savoja governò e difese Cuneo dall’assedio di oltre 20.000 uomini degli eserciti francese e spagnolo.
Soprannominato "Baron Litron", alla piemontese, era molto amato, ammirato e rispettato dalla gente per le sue capacità, per il suo coraggio e la sua fedeltà alla causa comune.

Questa ricerca estemporanea, stimolata dallo pseudonimo di “Anonimo 18 marzo 2008 12.50” mi ha consentito, forse, di rilevare un nesso comune tra il Barone Guglielmo di Leutrum, San Francesco D’Assisi e Salvatore D’Acquisto, un carabiniere italiano, (di soli 23 anni), insignito di Medaglia d'oro al valor militare, i quali, hanno sostenuto con fede religiosa diversa (cattolica e protestante) e con coraggio, la loro fedeltà alla causa comune.

Ho pensato di proporre questa mia riflessione, poiché nella mia città ho vissuto due esperienze che mi hanno emotivamente segnato: Genova: 30 giugno - 2 luglio 1960 e Genova, 19-20-21 luglio 2001.

Nell'arco dei 40 anni trascorsi, in questa città, c’è passata gran parte della nostra storia contemporanea. E nessuno mi toglie dalla testa che in occasione del G8 del luglio 2001 si è colta, anche in parte, l’occasione per castigare la città dei moti di piazza avvenuti quaranta anni prima. Moti,indotti da rigurgiti dell'atico regime che provocarono la reazione dei patrioti che avevano concluso, da pochi anni la, LOTTA DI LIBERAZIONE.

Penso di non essere fuori tema, poiché la “macelleria messicana” descritta dagli atti giudiziari, ha poche motivazioni.
A mio avviso, o si agisce così perché siamo in un regime poliziesco, o si sta svolgendo una azione punitiva, repressiva, analoga a quella operata dai Savoja contro i genovesi nel marzo del 1849.

Scusandomi per l'esigua chiarezza, colgo l’occasione per manifestare la mia stima a tutto lo staff ed hai partecipanti di questo inestimabile blog.

Stafano

Cinzia ha detto...

"Se la polizia è diversa da quei poliziotti, li isoli e li espella. Se li difende, se li tiene e li promuove, non è diversa da loro!"

Grazie per aver scritto questo post e soprattutto per aver espresso questo ultimo semplice e decisivo pensiero, dott. Lima.
Grazie per averlo espresso con la forza, la chiarezza e l'equilibrio che sempre La connotano. Sono certa che è un pensiero comune a molti di noi.
Non c'è molto altro da aggiungere...
Devo confessare di essermi sentita un po’ indignata dal post di baron litron, dal quel rigore un po' affrettato verso conclusioni troppo semplici; ma dopo aver letto il Suo, mi sono sentita sollevata e riscattata, non avrei mai saputo esprimere così a pieno e con tale dovizia di argomenti, il mio pensiero.
Io purtroppo credo che persone equilibrate in ambienti militari o polizieschi in genere, ce ne siano ben poche, e quelle poche probabilmente sono isolate da un corporativismo cieco che pretende un'omologazione senza possibilità di riserva.
Li fanno giurare su principi giusti e solenni e poi li addestrano ad obbedire senza pensare, com’è possibile farne persone responsabili ed equilibrate? Aggiungiamo l'effetto "branco", da cui non sembrano essersi affatto evoluti, l'effetto "divisa = potere" da cui non è facile rendersi immuni, e il cocktail diviene così esplosivo da dover essere maneggiato con cura.
Infatti, è proprio la cura con cui tutti i governi, dai più democratici alle peggiori dittature, lo maneggiano da sempre. Nella storia del mondo ogni qualsiasi forma di potere non ha fatto altro che, all'occorrenza (quella del caso), "agitarlo" per poi lasciarlo esplodere fra la gente!
Quello che io credo spaventi e disorienti ognuno di noi è l'assoluta disumanità con cui sono messi in atto certi comportamenti, niente affatto isolati, né tanto meno circoscritti... se ne possono citare a centinaia, più o meno gravi, che accadono quotidianamente in questo paese come nel resto del mondo. Ci fa orrore l'idea che nessun uomo o donna (perché è questo che sono) si fermi a riflettere sul peso e il senso delle proprie azioni; sulla mancanza totale di discernimento con cui rischia di seguire ciecamente una ottusa scia d’isterismo barbarico.
Purtroppo non credo neanche alla favola che racconta di una giustizia che li punirà, mi piacerebbe molto ricredermi, ma non è mai accaduto nella storia, lontana o recente, che la polizia abbia pagato atti perpetrati con il benestare dei governi... sarebbe un vero contro senso politico!
Dice benissimo Salvatore D'Urso
"...Lo Stato siamo noi? O i cittadini sono semplici sudditi e lo Stato è identificato in un qualcos'altro?..."
Ecco, un mio amico risponderebbe
"...la seconda che hai detto!"
La democrazia nella sua peggiore aberrazione ha partorito lo Stato che gli è congeniale:
un mostro senza testa, ma con un ottimo sistema di auto difesa!

un saluto a tutti

Anonimo ha detto...

A Cinzia.

E' necessario che io aggiunga qualcosa alle Sue affermazioni, per chiarire il mio pensiero.

Premesso, Cinzia, che Lei sa quanto siamo in sintonia su tante cose, Le devo dire che il mio pensiero non è "antagonista" rispetto a quello di Baron Litron.

Anzitutto, per quel conosco di Baron Litron (con il quale ho anche un prezioso scambio di mail private), lo ritengo una persona di grande rettitudine, animata come tanti qui da nobilissime intenzioni.

Poi, per quanto possa sembrare paradossale (data l'apparente divergenza di alcune nostre idee), condivido anche le preoccupazioni che lo inducono a difendere le forze dell'ordine.

Infine, condivido la sua affermazione che tanti nelle forze dell'ordine onorano davvero eroicamente la divisa che indossano.

E' questo, Cinzia, il punto che volevo precisare.

Lei scrive:
"Io purtroppo credo che persone equilibrate in ambienti militari o polizieschi in genere, ce ne siano ben poche, e quelle poche probabilmente sono isolate da un corporativismo cieco che pretende un'omologazione senza possibilità di riserva".

Mi permetta di dire che la mia esperienza è, invece, quella della presenza, anche negli ambienti militari di tantissime persone di grandissime qualità morali e professionali.

Ho fatto il pubblico ministero e sono stato a contatto per tanto tempo con poliziotti, carabinieri e finanzieri di ogni genere e ciò che ho condiviso con tanti di loro costituisce un bagaglio di ricordi fra i più nobili e importanti della mia vita.

Per dare una sorta di prova di ciò, posso dire che fra i testimoni del mio matrimonio ci sono un funzionario di polizia e un ufficiale dei carabinieri.

La mia fatica interiore sulle vicende delle quali stiamo parlando è proprio di esprimere il mio timore verso due tipi di semplificazioni del fenomeno. Quella per la quale le forze dell'ordine sono tendenzialmente buone e sante e bisogna difenderle per evitare di delegittimarle e quella per le quali le forze dell'ordine sono, al contrario, tendenzialmente criminali e bisogna avversarle.

La mia modesta opinione è che anche in questo caso bisogna fare la fatica di tanti complessi distignuo.

Che anche in questo caso, come nelle risse "destra/sinistra", "cattolici/non cattolici", "settentrionali/meridionali", bisogna evitare la semplificazione dell'appartenenza.

Aggiungo, per dirLe quanto comprendo anche le Sue di preoccupazioni che la mia modesta opinione è che in questo momento, nella grave deriva poco democratica che ha preso il nostro Paese, la condizione delle forze dell'ordine è estremamente preoccupante.

Vedo una recrudescenza di abusi gravissimi, che sono segno della perdiota di punti di riferimento e di controllo che ci deve preoccupare e moltissimo.

Vedo, dal mio punto di vista, una pericolosa messa in pericolo dei diritti civili e dei diritti in genere.

Ma, dinanzi a questo, credo che l'unica via "di salvezza" sia "distinguere".

Non "criminalizzare" in blocco e non "difendere" in blocco.

Aiutare chi dentro le forze dell'ordine - come dentro la magistratura, dentro la politica, dentro tutto - lotta per tenere fermi dei valori di civilità e democrazia che sono in pericolo a far valere le proprie ragioni.

Non dare alibi a nessuno.

Dare argomenti.

Discutere fatti.

Restare lucidi o almeno provare a restare lucidi.

Chiedere conto.

Denunciare.

Chiamare le cose con i loro nomi.

Concludo dicendo: le parole pesanti che ho usato contro chi si è macchiato degli orrendi crimini commessi a Genova non volevano essere un inutile "insulto" alla polizia e ai carabinieri, ma un modo per mettere in evidenza l'oggettiva gravità di quei fatti e provocare una "presa di distanze" da quelli e dai loro autori che ancora pretendono di essere difesi come un pezzo dello Stato, mentre lo Stato dovrebbe chiarire a loro e a tutti che lui (lo Stato) non è quella cosa lì.

Quello che volevo chiarire (e forse per questa idea ingenua continuo a fare il giudice) è che l'"ordine" di uno Stato democratico non è violenza e abuso su uomini e donne, ma "giustizia".

Penso anche che in tante situazioni il confine fra "fare giustizia", "lottare per il bene" e trasformarsi, poi, invece, in "giustizieri", diventare dei mafiosi coperti da un alibi "istituzionale" sia pericolosamente sottile. E che quel confine noi abbiamo il dovere di marcare bene. Di segnare con steccati che non vengano abbattuti o che, se abbuttiti, si veda bene che lo sono stati.

Grazie davvero a tutti per l'attenzione, la pazienza, l'amicizia, lo sforzo di esprimere le proprie idee nel rispetto di quelle degli altri. Perchè che solo questo percorso potrà aiutarci a capire cosa gli altri vedono che noi non riusciamo a vedere. Perchè nessuno vede sempre tutto e sempre con chiarezza.

Un abbraccio a Baron Litron.

Felice Lima

Anonimo ha detto...

un grazie sincero al giudice Lima, che ha saputo ben interpretare il mio pensiero, argomentandolo con precisione e sensibilità.
generalizzare è sempre sbagliato, e la mia difesa "d'ufficio" delle FdO nasce più che da un acritico plauso a qualsiasi loro azione, da una "presunzione d'innocenza" che reputo indispensabile nei confronti di chi, tenendo fede al giuramento e per pochi spiccioli, mette ogni giorno a rischio la propria vita per proteggere quella di tutti noi.
e anche dal desiderio di oppormi a quella particolare corrente di pensiero ormai molto in voga che vuole accomunare tutte le FdO in una generica "sbirraglia" indisciplinata, criminale, prepotente ed impunita.
che poi vi si annidino, come in tutte le organizzazioni umane, persone che approfittano della "divisa" o della "pistola" per fare i propri comodi è innegabile, e lo sforzo dei dirigenti delle forze di polizia è anche quello di individuare le mele marce ed eliminarle, per quanto possibile.

per rispondere invece a Stefano, ora che ho meglio capito il senso del suo intervento.
una cosa accomuna certamente San Francesco, Salvo D'Acquisto e il Baron Litron: la lealtà.
verso Nostro Signore e verso l'Uomo per il Santo, verso il Re e la Patria (nel senso più alto e vasto) il Carabiniere, verso il Re e il proprio dovere il Barone. e per tutti e tre la particolare fedeltà alle proprie idee che va sotto il nome di coerenza, che, nel caso particolare del Barone, ben si afferma in questi versi:

"... Ch'a costa pura qualonqoe dné,
baron Litron, mi 't veuj salvè"
"L'or e l'argent, chi veuli spendi,
'd nanss a la mòrt valo pa gnente"
"Ma disme 'n po’, baron Litron,
veusto pa meuri da bon cristian?
'T batesaria, 'l vesco 'd Turin
e mi vniria fe' da parin"
"Sia ringrassià Vòstra Corona,
diso 'na còsa, che Dio 'n perdona:
fede 'd barbet, costum d'alman,
peusso nen meuri da bon cristian!...."
fede protestante, costumi tedeschi per tutta la vita. ringrazio il Re per il gentile pensiero, e comprendo la sua sincera preoccupazione nel vedermi morire nel peccato (chiaramente ai suoi occhi), ma non posso, dopo aver vissuto da protestante "morire da buon cristiano"...
e il bello di tutta la storia è che la fede protestante del Barone non gli impedì né di governare Cuneo nel rispetto della popolazione, né di vedersi tributare gli onori meritati in servizio, né di essere seppellito "in terra di Luserna", in quelle valli valdesi che erano uscite dalla violenta repressione degli occupanti francesi nel secolo precedente.

nulla invece ho da dire sui motivi che Stefano adduce per il comportamento della polizia a Bolzaneto, anche se, a ben vedere, se lo "stato" avesse voluto punire Genova per i fatti di 41 anni prima, l'avrebbe fatto in maniera più vigliacca ed efficace evitando di mandarvi la polizia stessa. il poco che so io è che chi ha organizzato la gestione dell'ordine pubblico in quell'occasione, a tutti i livelli superiori, non furono le stesse persone che poi dovettero mettere in pratica quanto stabilito.
e chi decideva lo sapeva benissimo.
molto di quanto effettivamente accaduto è quindi da imputare anche alla necessità di dover improvvisare su due piedi soluzioni per risolvere problemi incredibilmente non previsti o male impostati in sede organizzativa, a cominciare dall'approccio stesso alla manifestazione in quanto tale.
in tutto questo sono sinceramente incapace di collocare modi e motivi dei fatti di Bolzaneto, mi dispiace veramente ma proprio per la mia ignoranza evito di fare ipotesi.
un grazie sincero a chi ci legge, anche per la pazienza nell'ascoltare tutti.

baron litron

Anonimo ha detto...

Allora.. Dott. Lima io sono d'accordo sui distinguo per carità.. però è difficile mantenere il distacco sufficiente per farlo codesto distinguo. Sono professioni di notevole delicatezza quelle di tutela dell'ordine istituzionale, i pericoli dai quali tenersi lontani sono tanti e per molti versi subdoli.. ok. Ma una dirittura morale vera da seguire c'è, la si conosce e quando si devia da essa lo si fa consapevolmente.Stop. Quando dei cosidetti poliziotti tra cui anche una donna si coalizzano nel coprirsi a vicenda per nascondere il pestaggio selvaggio ai danni di un ragazzo in evidente stato confusionale ,quando fanno visite a domicilio per intimidire potenziali testimoni, quando prendono in giro la famiglia del povero ragazzo.. quando filmano la scena dell'omicidio facendosi delle risate .. con un morto là per terra.. Lei capisce bene che in un paese normale e davvero democratico avremmo avuto il licenziamento in tronco di tutti i responsabili e se si voleva eccellere in giustizia anche l'arresto di questa gentaglia che veste impropriamente una divisa che non merita di guardare neanche da lontano. Un cosidetto poliziotto che prende la mira come se fosse al poligono di tiro e trucida un ragazzo non si chiama fatalità o errore. Di fronte ad episodi criminali di questo tipo il soggetto in questione decenza vuole che venga sospeso e senza stipendio invece che io sappia è stato messo a fare lavoro d'ufficio.. eh ma così non va mica bene sapete. Poi che abbia ottime referenze non cambia nulla, hai sbagliato e paghi, deve valere per tutti, indossare una divisa non significa avere garanzia di impunità in caso di commissione di reato.Giusto un paio di giorni dopo l'omicidio Sandri arriva una telefonata a casa mia ed un intervistatore doxa se non sbaglio, ma sono passati dei mesi e per la verità posso ricordare male, aveva il compito di consultare i cittiadini riguardo alla fiducia che essi riponevano nelle forze dell'ordine, diedi il mio consenso all'intervista ma mi fu chiesto di poter conferire con un uomo .. al mio perchè mi fu risposto che non rientravo nel range delle persone alle quali " dovevano " fare il questionario. Lo congedai cortesemente. Ho pensato che l' opinione delle donne magari verrà richiesta un'altra volta, quando a fare lo sceriffo da far west per strada ci sarà una donna. Ehhh ad ogni sesso le sue opinioni. :-/ Ho citato questi episodi ma ne potrei citare tanti altri, purtroppo. Il problema di fondo rimane sempre il medesimo, non si discute sulla legittimità che investe l'azione delle "forze dell'ordine", ma i cittadini esigono che da tale azione legittima non si devii, per nessuna ragione! Io voglio che i tutori dell'ordine siano integerrimi sempre e comunque,voglio che non abbiano macchie nel loro passato, voglio dei galantuomini a fare questo mestiere. Non mi interessa null'altro! Io voglio sentirmi protetta, non voglio dover temere oltre ai delinquenti anche alcuni dei tutori dell'ordine. A me cittadino non interessa comprendere le frustrazioni che possono intercorrere in un dato momento, se non sono in grado di tenerle a bada vadano a fare un altro lavoro, l'agricoltura langue! Delle torture alla Bolzaneto che dire? Che ad Anno Zero un poliziotto facente parte di un reparto addestrato impiegato durante il G8 ha sostenuto che le torture a bolzaneto non c'erano mai state. Ha mentito in diretta nazionale, uno al quale paghiamo lo stipendio, uno che difende i suoi colleghi che commettono reati.. Come si fa a fidarsi di persone così? Io cittadina come posso tenere a bada la mia indignazione? Il rischio di pensare che tutto il corpo sia marcio è vicino, perchè non parliamo di agenti al primo incarico che non sanno come comportarsi ( e anche nel caso di agenti al primo incarico non esisterebbero deroghe )parliamo di vice questori.. di sovraintendenti.. e via sconcertando.. poi vanno in tv a dire che non è successo niente. In Italia le cose vanno in questo modo, la gentaglia non è una minoranza, se avessimo una vera coscienza democratica non accetteremmo di pagare ancora lo stipendio a dei torturatori! Ci saremmo riversati per le strade a chiederne le dimissioni e invece.. ognuno per se. Devo pensare che non siamo una nazione,dov'è lo spirito nazionale? Io non lo so cos'è una nazione, ho sempre vissuto in Italia, ho assistito solo ai patriottismi di casta.Chiedo venia per l'intervento lungo e confuso penso. Buona giornata.

Anonimo ha detto...

A Simona Forlano.

Simona carissima,

La ringrazio di cuore per il Suo intervento, che considero bellissimo e per nulla confuso.

Per quello che può valere, lo condivido.

La necessità dei distinguo che ho fatto - e che confermo - nasce, dal mio punto di vista, proprio dall'esigenza di non rassegnarsi a questo stato di cose.

Condivido pienamente ciò che Lei dice e pretende dalle forze dell'ordine (e ciò che prescrive la Costituzione!). Credo che accettare una contrapposizione senza distinguo consegni però un bene tanto prezioso a chi evidentemente ha un'altra idea della pubblica sicurezza.

Condivido, in particolare, fra l'altro - ma l'ho già scritto - la preoccupazione per ciò che è accaduto dopo i fatti. Più ancora dei fatti allarma che l'istituzione non abbia preso chiaramente e senza mezzi termini la dovuta distanza da essi, stigmatizzandoli senza se e senza ma.

Chi nelle forze dell'ordine ha un'idea incostituzionale delle stesse dovrebbe sapere che non sarà "coperto" in alcun modo.

Questa certezza al momento non sembra esserci.

Con riformento ai "vizi" dell'organizzazione dell'ordine pubblico a Genova ai quali ha fatto riferimento Baron Litron, voglio sottolineare una delle ragioni per le quali i fatti di Bolzaneto sono gravissimi. Che essi, stando a ciò che se ne sa (non ho alcun accesso privilegiato agli atti e so solo ciò che è di dominio pubblico), non c'entravano nulla con l'ordine pubblico a Genova.

In sostanza, ciò che è accaduto non serviva proprio a nulla, se non a consentire a delle persone inqualificabili di sfogare i loro istinti peggiori compiendo dei crimini al riparo delle loro divise.

Non si è trattato di una utile operazione di servizio andata un po' fuori dai margini, ma di una "rappresaglia" del tutto priva di senso, compiuta nei confronti di persone innocenti e, ovviamente, del tutto criminale.

Benchè sia ovvio e chiaro, ci tengo a sottolineare che non ho la minima "comprensione", "simpatia" o altro sentimento positivo nei confronti dei criminali che hanno usato violenza nelle strade di Genova, trasformando una manifestazione che doveva essere civile in uno scempio. Anche nei loro confronti la magistratura genovese sta procedendo e ne sono contento come magistrato e come cittadino. Credo, però, che bisogna evitare in ogni modo che le due "cose" servano da alibi reciproco ai delinquenti.

Chi ha danneggiato e messo a ferro e fuoco la città non deve farsi alibi degli abusi della polizia e la polizia non deve farsi alibi dei crimini commessi da alcuni dimostranti.

Ognuno deve assumersi le sue responsabilità. Restando chiaro che, allo stato, ciò che si sa è che le persone vigliaccamente torturate a Bolzaneto non avevano alcuna responsabilità dei fatti accaduti per le strade.

Felice Lima

Anonimo ha detto...

un intervento flash magari ripetitivo.
L'eccesso ha una valenza negativa.. se si eccede vuol dire in buona sostanza che si e' andati oltre la giusta misura.Come tale l'eccesso non puo' trovare alcuna giustificazione ma, in isolati casi, puo', al limite, essere compreso.Se un agente si scontra con la solita "testa calda" e gli fa male, sono il primo a dire che dovra' pagare lo scotto del suo eccesso, ma nel contempo posso capire che, in un momento drammatico qual e' lo scontro fisico,fermo restando che la difesa deve essere proporzionata all'offesa..che le forze dell'ordine sono opportunamente addestrate ad affrontar simili evenienze(ho qualche riserva)e chi piu' ne ha piu' ne metta,e' innegabile che il rischio di eccedere e' dietro la porta.Quello che non riesco a capire e' il perche' di tanta violenza in quello che e' stato opportunamente definito "lager di Bolzaneto".In quel contesto non ci si e' lasciati andare ad eccessi ingiustificabili, ma si sono, come e' stato correttamente detto,perpetrati veri e propri crimini non solo ingiustificabili ma altresi' incomprensibili.Cosi' se per certi versi e con le doverose cautele riesco a comprendere( non giustificare) un eccesso delle forze dell' ordine per sedare una rivolta,non riesco invece a capire il comportamento di certa gente che va allo stadio armata di spranghe di ferro( mi viene difficile coniugare quello strumento all'idea di "tifo", amore per lo sport,sana competizione)non capisco chi a Genova ha distrutto qualsiasi cosa gli passasse sotto gli occhi(non vedo il nesso con la manifestazione)non riesco a trovare una valida ratio per quelle torture che mi porti NON a giustificarle ma a comprenderle.

Carmelo.

Anonimo ha detto...

Dott. Lima

Sono pienamente daccordo sul fatto che bisogna distinguere sempre caso per caso e non fare di tutta l'erba un fascio... questo penso che lo condividiamo tutti...

Il punto è che si rischia di perdere fiducia nelle istituzioni quando sono le istituzioni che si mostrano realmente nemiche di una parte dello Stato o del popolo quando magari questa parte dello Stato o del popolo non è nemica alle forze dell'ordine.

Quindi valutando caso per caso... lei dice che i magistrati di Genova stanno accertando la verità su tali violenze... ma se si dovesse arrivare alla prescrizione o ad una condanna mite secondo lei le vittime hanno ricevuto giustizia? E il resto dei cittadini che dovrebbero pensare? Vedere in giro con la divisa un elemento che ha compiuto atti del genere che emozioni possono stimolare nei cittadini? Cosa cominciano a pensare?

Sento spesso parlare in televisione che delle forze dell'ordine si deve avere rispetto perchè provvedono alla nostra sicurezza a rischio della loro stessa vita... e sempre non generalizzando ciò è vero nel 90% almeno dei casi... ma non sento mai in tv fare un appello alle forze dell'ordine che devono a loro volta contraccambiare il rispetto ricevuto dai cittadini con altrettanto rispetto...

Manifestare è un diritto costituzionale... ad Ariano Irpino tra i manifestanti c'erano donne ed anziani con le braccia alzate che prima di essere caricati e pestati dicevano: "fermatevi vogliamo solo parlare" 5 secondi dopo è cominciato il pestaggio... 1 mese dopo assistiamo alle immagini televisive di come viene fatto rispettare l'ordine in un paese che democratico ancora non è... e di diverso si nota davvero poco... ad Ariano Irpino si sono limitati al manganello per fortuna... ma domani chissà...

Così per il G8... Bolzaneto e la scuola Diaz... e tanti e tanti altri casi isolati e non...

Come ad esempio lo sfruttamento della prostituzione a Roma in mano ad Albanesi ed altri gruppi malavitosi... dove le ronde della polizia spesso servono non a liberare le ragazze dallo stato di schiavismo a cui sono sottoposte ma spesso e volentieri a dover prestare i loro servigi anche a chi dovrebbe essere dalla loro parte... e non mi sembra che qualcuno ancora ad oggi sia stato rimosso...

Come per il caso Aldrovandi... dove si è cercato di fare il possibile affinchè la verità non venisse a galla... così da coprire i responsabili di un omicidio commesso da esponenti delle forze dell'ordine. E ancora ad oggi chi ha coperto quei misfatti continua ancora ad indossare la divisa.

Di certo la maggior parte di chi indossa la divisa lo fa con diligenza, rispetto delle istituzioni e dei cittadini... non dobbiamo fare l'errore di dimenticare gli uomini delle scorte orrendamente assassinati dal volto criminale di questo paese... o anche tutti i poliziotti e carabienieri onesti che tutti i giorni continuano ad indossare la divisa a rischio della propria vita per assicurarci protezione...

Solo che non ho mai visto un solo esponente delle forze dell'ordine che abbia apertamente condannato e si sia battuto per far si che chi ha disonorato la divisa sia espulso dal corpo dell'arma...

Confindustria in Sicilia ha deciso di fare pulizia al suo interno per chi appoggia la mafia o gli paga il pizzo...

Perchè i vari corpi delle forze dell'ordine non fanno altrettanto? Dovrebbe essere un atto dovuto... o almeno l'espulsione di chi disonora l'arma dovrebbe avvenire automaticamente e senza indugi... la sospensione scattare subito...

Questo vale anche per la magistratura...

Come dovrebbe valere anche per la politica...

Sono daccordo nel dire che deve essere anche la società civile a muoversi e portare avanti tali battaglie... ma non facciamo però i vigliacchi a dire e buttare tutte le responsabilità addosso alla società civile...

Infine aggiungo che ai cittadini non interessa cosa preveda la legge nei casi di Bolzaneto... io penso che la società civile esiga giustizia davvero... e non solo figurativamente con sentenze da presa in giro e che non veda più quelle persone indossare la divisa.

Anonimo ha detto...

Grazie davvero alla redazione che ha dato a tutti l’occasione di affrontare questo argomento. Raramente si riesce a discutere con lucidità quando si tratta del G8 di Genova…. Forse perché è una ferita profonda per il paese, e purtroppo non verrà mai risanata.
Mi capita spesso nel mio lavoro di incontrare situazioni di gravissime violazioni di diritti umani, nei paesi che noi chiamiamo “in via di sviluppo” o paesi “non democratici”. E constatare che queste cose succedono tranquillamente in Italia, sotto i nostri occhi, è davvero preoccupante.
Vorrei dire due cose.

La prima riguarda l’impunità (argomento del quale noi in Italia siamo esperti). L’impunità è una costante nelle situazioni di violazione dei diritti umani. Certi crimini vengono commessi perché i colpevoli sanno che non pagheranno mai per essi. Ma mentre nelle cosiddette “dittature” l’impunità è non essere accusati, arrestati, processati, in Italia l’impunità è affrontare il processo, magari anche essere giudicati colpevoli, ma non scontare un solo giorno di pena, non subire sanzioni disciplinari, non dover dare alcun indennizzo alle vittime per i danni causati.

Secondo: non sono per niente d’accordo sul fatto che a Bolzaneto si sia trattato di teste calde, di casi isolati, di schegge impazzite, di un gruppetto di persone che hanno fatto di testa loro.
Ci sono precise responsabilità nella catena di comando, ordini impartiti, una precisa volontà politica di gestire la cosa “in un certo modo”. Insomma, “doveva” andare com’è andata.
Le forze dell’ordine sono “formate” a certe cose, altrimenti vi sembra che potrebbero improvvisare lager del genere?
Penso che i crimini commessi a Bolzaneto non siano affatto il frutto di una follia collettiva del momento. Hanno avuto un preciso senso, precise finalità. La tortura in tutto il mondo ha un preciso senso, c’è sempre una strategia. In particolare, nei casi di repressione di pubbliche manifestazioni, serve a fiaccare i movimenti, decimarli, quantomeno a screditarli e indebolirli. Serve a dare un messaggio del tipo: “guardate cosa succede a chi prova a criticare i "potenti", a scendere in piazza!”. Non credo che il nostro paese sia esente da questi meccanismi.
Le torture e le violenze fisiche (pestaggi, ecc.) sono uno strumento utilizzato in Italia dalle forze dell’ordine, in non pochi casi purtroppo. Forse dovremmo chiederci se si tratta di “eccessi” di singoli, oppure di “metodi di lavoro” collaudati.

Cinzia ha detto...

Voglio premettere anch’io che, leggo tra le righe le buone intenzioni di tutti, ognuno con le proprie opinioni interviene onestamente a questo dibattito e io ammiro e sostengo questo clima. Mi sembra certamente il modo migliore per confrontarsi.
A questo punto però voglio infilare il dito nella piaga e rilevare ciò che non mi sembra sia stato ancora detto e che risulta invece con chiarezza in vari documenti filmati.
A Bolzaneto la polizia ha solo raggiunto l’apice di una violenza inaccettabile, da dittatura sudamericana, dando decisamente il peggio di sé. Neanche nel ’77 avevo mai assistito ad un episodio tanto infimo. Tuttavia anche alla manifestazione si è distinta.
Sotto gli occhi di chiunque ha voglia di vedere ci sono filmati degli atti di violenza perpetrati nelle strade ai danni di giornalisti, avvocati, donne e uomini alcuni neanche troppo giovani, di varie nazionalità tutti rigorosamente disarmati e indifesi.
Nello stesso tempo squadre di delinquenti organizzati perfettamente hanno intenzionalmente e spesso sotto gli occhi (per me complici, ma è un parere del tutto personale) della polizia, messo in atto un vero e proprio piano di boicottaggio di un importantissimo momento d’opposizione agli scopi politici del G8 da parte di un movimento pacifico e organizzato su scala mondiale.
Perché ricordiamoci che questo è stato il fondamento della manifestazione, il motivo per il quale tanta gente, anche tanto diversa, si è ritrovata lì in quei giorni.
C’erano già stati altri incontri, in vari posti nel mondo e mai era accaduto ciò che invece è stato in Italia.
Poi, che il solito piccolo branco di “arrabbiati con il sistema” abbia organizzato delle rappresaglie con la polizia è tutt’altra storia, ben conosciuta dagli addetti ai lavori delle FdO, e invero il distinguo è stato fatto. Il branco è stato assaltato e picchiato insieme al resto della gente pacifica, uno di loro (badate bene pericolosamente armato di un estintore!) è stato anche freddato da uno di quei soliti colpi di rimbalzo che poi si svelano esser stati sparati con tanto di mira.
Nel frattempo, i "delinquenti organizzati" hanno impunemente insinuato focolai di disordine e violenza, alcuni di loro sono stati filmati durante la bagarre persino nell’atto di prendere contatti con alcuni funzionari, ovviamente non in divisa, ma in ogni modo riconoscibili. Nessuno di loro è stato fermato.
Se poi volessimo parlare anche dell’assalto alla scuola… della foga di distruzione, delle prove create e portate in loco, delle bastonate date a gente inerme e mezza addormentata (vista l’ora del blitz), delle false dichiarazioni d’aggressione ad arma bianca ai danni di un’agente che poi si scopre essersi ferito da solo e intenzionalmente, non ne verremmo più fuori. No, è una storia veramente troppo, troppo sporca e da dentro (polizia e carabinieri) non esce una, una sola parola di dissenso.
Solo Cammilleri è stato capace di mettere in bocca a Montalbano parole di biasimo sui fatti di Genova, ma è letteratura e non realtà.
Ora mi chiedo, ma all’appello non risultano un po’ troppe queste forze dell’ordine coinvolte per essere semplicemente definite “mele marce”? Molti di loro sono stati gettati in prima linea, senza esperienza e come fa notare giustamente Simona, che insegnamento possono aver tratto da un’esperienza del genere, vedendo i propri colleghi più anziani e i superiori comportarsi così.
Mentre tutti gli altri, quelli che hanno organizzato (o disorganizzato, come preferite) perché l’hanno fatto, quale mai potrebbe essere lo scopo, io non ravviso elementi d’interesse economico, ma sostanzialmente solo politico.
Il militarismo messo in mano alla politica è uno strumento essenziale e micidiale con straordinarie doti di fedeltà. Cova in sé l’impossibilità al dissenso perché fondato sull’ubbidienza e la subordinazione gerarchica. Nessuno in addestramento gli spiegherà mai che sopra ogni cosa, sopra al tenente, al comandante, al generale, al ministro, fosse anche il presidente in persona, può esserci solo e solamente la propria coscienza e…
in coscienza chi può picchiare una persona inerme?
L’ubbidienza senza riserve mette in pericolo l’umanità, ricordiamoci l’olocausto, sembra un’esagerazione, ma si comincia con poco per arrivare all’eccesso in cui un popolo, nella sua quasi totale interezza, arriva a credere, ubbidire e uccidere senza consultare la propria coscienza.
Perdonate la lunga dissertazione, ma il tema è difficile e bruciante per me.
Lascio a tutti voi l’eventuale riflessione.

Grazie per avermi ascoltato con pazienza

Anonimo ha detto...

Chiedo venia, ma anche a mio modesto avviso le responsabilità politiche sono il fulcro di tutta la tragedia di Genova G8.

La commissione parlamentare che poteva, o meglio, doveva essere istituita non è mai stata partorita da questa "abnorme" rappresentanza democratica.

Perdonatemi ancora, nei post precedenti c'era l'intenzione di presupporre che, per dare un senso alla nostra esistenza terrena, forse, non era indispensabile essere poeti, eroi, santi, ecc... O forse sì?

cari saluti
Stefano

"Uguale per tutti" ha detto...

Annalisa ha scritto:
"Grazie davvero alla redazione che ha dato a tutti l’occasione di affrontare questo argomento. Raramente si riesce a discutere con lucidità quando si tratta del G8 di Genova…. Forse perché è una ferita profonda per il paese, e purtroppo non verrà mai risanata"

Noi ci teniamo a dire che era un argomento davvero difficile e che il primo istinto è stato non parlarne.

Ci faceva paura e ce ne fa ancora ciò che questo tema può provocare.

Ma ci fa ancora più paura il fatto che davvero se ne parli poco e male.

E ci siamo vergognati di avere paura di parlare di qualcosa di tanto rilevante.

Dunque, alla fine, abbiamo riportato l'articolo di D'Avanzo, per provare a parlarne.

E ci sentiamo meglio ad averlo fatto. Perchè a nostro modesto parere serviva e serve parlarne e, ancora di più, è dannoso tacerne.

Oggi ci sono due articoli - uno su Repubblica e uno su L'Unità - che riportano stralci della memoria d'accusa dei pubblici ministeri e che probabilmente riporteremo per continuare l'analisi dei fatti.

Lasciateci dire un grazie sincero e forte a tutti coloro che stanno partecipando a questa discussione.

Perchè si vede che è una discussione che scatena passioni forti, ma, ci sembra, si vede anche che tutti si impegnano a non fare degenerare il dibattito.

E davvero Vi preghiamo accoratamente di continuare in questo sforzo e di farlo sempre meglio.

Insomma, questo tema ci sta ulteriormente allenando a discutere costruttivamente.

In ogni caso, ci sembra davvero che questa di Genova - come prima i fatti di Napoli - sia una ferita grave per la coscienza democratica del nostro Paese e che le forze dell'ordine difficilmente recupereranno quella parte di stima e fiducia dei cittadini che hanno perso se non avranno il coraggio di affrontare quei fatti senza reticenze e menzogne.

Ci sono mestieri che sono delicatissimi e importantissimi per la vita democratica. Fra gli altri, l'informazione e la polizia.

Nella crisi di valori importanti che il nostro Paese attraversa è indispensabile fare in modo che informazione e polizia siano come devono essere.

La Redazione

Anonimo ha detto...

Non solo Bolzaneto:

ARRESTATI OTTO POLIZIOTTI TORTURATORI E SEVIZIATORI DELLA CASERMA RANIERO
Le accuse: sequestro di persona, violenza privata, lesioni personali. Cento indagati. Berlusconi, il governo e il capo della polizia fanno quadrato attorno ai poliziotti e attaccano la magistratura. L'Ulivo si barcamena tra la polizia e la magistratura. Bassolino copre le azioni della polizia a Napoli e a Genova
L'ASSOCIAZIONE DEI MAGISTRATI: "DAL GOVERNO ATTACCHI INACCETTABILI''
Il 17 marzo 2001 a Napoli si svolsero le prove generali della mattanza che, a distanza di quattro mesi, si sarebbe compiuta a Genova.
Questo sembrano confermare i primi risultati dell'inchiesta che la procura di Napoli sta svolgendo su ciò che avvenne quel giorno nel capoluogo partenopeo durante e dopo la manifestazione contro il Global forum.
Una strategia repressiva che come un filo nero lega il governo di "centro-sinistra", che l'ha inaugurata a Napoli, a quello di "centro-destra" che l'ha portata alle sue estreme conseguenze a Genova.
Una strategia tesa a ridisegnare nei fatti, ancor prima che formalmente, ruoli, funzioni e operatività delle forze di polizia del regime e lanciare un messaggio intimidatorio e repressivo al movimento contro la globalizzazione e a qualsiasi opposizione.
Per ora, l'inchiesta è come una nave appena messa in mare che non si sa se giungerà a destinazione, o sarà costretta ad arenarsi o addirittura verrà affondata prima di arrivare in porto.
Comunque vada, gli atti di accusa dei sostituti procuratori Marco Del Gaudio e Francesco Cascini, coordinati e diretti dal procuratore aggiunto di Napoli, Paolo Mancuso, restano nero su bianco e sono pesantissimi tanto da spingere il gip Isabella Joselli ad accogliere le richieste dei Pm e a firmare il 26 aprile le ordinanze di arresto domiciliare a carico di due funzionari e sei tra ispettori e sovrintendenti della polizia in servizio quel 17 marzo alla caserma Raniero di Napoli.
I reati ipotizzati sono di concorso in sequestro di persona, abuso d'ufficio, violenza privata e lesioni personali compiuti ai danni di 87 giovani manifestanti e non che feriti, dopo la manifestazione contro il Global forum, si recarono all'ospedale per essere curati e lì furono identificati e condotti con la forza alla caserma Raniero, sede del reparto "volanti" della polizia di Stato.
Nella "stanza del benessere" della caserma, ribattezzata la "stanza delle torture", furono offesi, umiliati, denudati, pestati e seviziati.
Fra i poliziotti agli arresti domiciliari spiccano quelle del vicequestore Carlo Solimene (capo della narcotici) e del commissario capo Fabio Ciccimarra (figlio di un questore e dirigente della sezione antirapina). Seguono gli ispettori Luigi Petrone e Francesco Adesso e i sovrintendenti Pietro Bandiera, Paolo Chianese, Francesco Incalza e Michele Pellegrino.
Il commissario Fabio Ciccimarra compare tra gli indagati per concorso in lesioni anche nell'inchiesta della procura di Genova sui fatti del G8, quando la sera del 21 luglio comandò un gruppo di poliziotti che prese parte all'irruzione notturna nella caserma Diaz.
Per tutti, giovedì 9 maggio, è attesa la sentenza del tribunale del riesame che dovrà valutare e decidere le eventuali scarcerazioni.
Oltre agli arrestati, risultano indagati per gli stessi reati circa 100 poliziotti, fra cui altri cinque funzionari. Nei confronti di un agente, per il quale per ora è stato respinto l'arresto cautelativo, è stato ipotizzato anche il reato di violenza sessuale.
Pochi giorni dopo l'arresto dei poliziotti sono stati recapitati otto avvisi di garanzia ad altrettanti manifestanti. Non vorremmo che ciò fosse il tentativo di controbilanciare l'azione giudiziaria nei confronti della polizia e dividere le responsabilità fra manifestanti e "forze dell'ordine".
Torniamo indietro ai fatti di quel 17 marzo 2001.

LA "TONNARA" DI PIAZZA MUNICIPIO
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"La polizia del `centro-sinistra' aggredisce a manganellate e lacrimogeni la grande manifestazione dei 30mila contro il Global forum". Così titola "Il Bolscevico" in prima pagina il servizio della Redazione napoletana sulla manifestazione, invocando le dimissioni dell'allora ministro dell'Interno Enzo Bianco e del questore di Napoli Nicola Izzo, già segretario ed esponente del Sap, il sindacato di polizia più a destra.
Il 17 marzo 2001 trentamila manifestanti sfilano in corteo da piazza Mancini a piazza del Municipio per contestare il Global forum, la terza conferenza sull'e-government, l'uso della tecnologia nella pubblica amministrazione.
La conferenza che si è svolta a Napoli dal 16 al 18 marzo, è difesa da imponenti misure di sicurezza con tanto di "zona rossa" disposta dall'allora ministro Bianco. La testa del corteo, raggiunta verso le 12 piazza del Municipio, chiede che una delegazione possa attraversare la "zona rossa" ed essere ricevuta al forum.
Ma, mentre si tratta, partono repentine da tutte le direzioni cariche congiunte di carabinieri, poliziotti e finanzieri che in assetto di guerra avevano già circondato la piazza impedendo ai manifestanti ogni via di fuga. La piazza diventa così, come poi è stata definita, una "tonnara": lacrimogeni lanciati massicciamente e ad altezza d'uomo, caroselli impazziti di blindati e volanti che ad alta velocità si gettano contro la folla, manganelli e fucili impugnati al contrario e usati come mazze contro tutti coloro che si trovavano nella piazza, su manifestanti pacifici e a mani alzate, su ragazze e ragazzi di 14-15 anni, su semplici passanti, su fotografi e giornalisti.
Chi cerca di scappare e di allontanarsi, viene rincorso e percosso violentemente e ripetutamente da gruppi di poliziotti. La delegazione del PMLI presente in quel momento in piazza è testimone oculare di questa mattanza.
La repressione delle "forze dell'ordine" non si ferma nemmeno quando il corteo è ormai sfasciato e disperso. Inizia allora la caccia all'uomo nella piazza e nei vicoli adiacenti con l'aggressione a ragazze e ragazzi già sanguinanti e in fuga. Il risultato finale è di 200 feriti "ufficiali", ma molti per paura non si recano nei presidi ospedalieri, 2 gli arrestati.
Un'operazione con tutta evidenza orchestrata a tavolino e che probabilmente ha comportato anche l'uso di provocatori, i cosiddetti "facinorosi", contro cui, a dire dei responsabili, era rivolta l'azione repressiva. Si voleva reprimere, intimidire, dare una lezione a tutti i manifestanti. Altrimenti non si sarebbero chiuse le vie di fuga, né si sarebbero proseguite le cariche e i pestaggi a sangue dopo lo scioglimento del corteo.
Ciò è dimostrato anche da ciò che è avvenuto successivamente alla caserma Raniero, oggetto degli attuali provvedimenti giudiziari.

LA "STANZA DELLE TORTURE" ALLA RANIERO
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Fin dal giorno precedente, il 16 marzo, il Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica (di cui facevano parte il questore Izzo, il prefetto Carlo Ferrigno, l'allora sindaco diessino Riccardo Marone e i comandanti dei carabinieri e della guardia di finanza) aveva scelto la caserma Raniero quale sede dove condurre per l'identificazione, la verbalizzazione e la denuncia i fermati durante la manifestazione del giorno successivo.
Già si prevedeva, evidentemente, che ci sarebbero stati dei fermati ma anche la necessità di una sala ampia dove riunirli. In realtà la caserma non servì allo scopo formalmente deciso poiché non vi furono condotti i fermati durante gli scontri di piazza, bensì i manifestanti che si erano rivolti agli ospedali per curare le ferite subite, nonché i loro accompagnatori e persino due ragazzi estranei alla manifestazione caduti di motorino per un totale di 87 persone.
Nei locali le ragazze e i ragazzi vennero riuniti nella cosiddetta "sala del benessere", ribattezzata da un agente "stanza delle torture", e qui costretti a subire in ginocchio faccia al muro per ore e ore ogni sorta di oltraggio, umiliazione, perquisizioni e percosse, compresi denudamenti e flessioni.
Vere e proprie torture e sevizie fisiche e psicologiche, senza possibilità di avvisare i familiari e nemmeno i propri avvocati, come testimoniano i racconti di alcuni di loro che in queste pagine pubblichiamo e come ci hanno raccontato militanti e simpatizzanti del nostro Partito che furono fermati e condotti alla caserma Raniero.
Nell'ordinanza di arresto firmata dal gip Joselli, si legge che il fermo dei giovani agli ospedali è "fuori da qualsiasi previsione normativa". L'ulteriore identificazione dei manifestanti, già eseguita dagli agenti all'interno delle strutture ospedaliere, sarebbe stata del tutto "ingiustificata".
Il gip ha fatto così propria l'accusa dei pm Del Gaudio e Cascini secondo cui la polizia ha agito in "assoluta carenza oggettiva di potere". Il comportamento dei poliziotti, fra l'altro, ha dimostrato che essi hanno operato sapendo di non poter fare quello che hanno fatto. Infatti, si legge nella motivazione del loro arresto, "gli stessi ufficiali e agenti di polizia giudiziaria non hanno redatto alcun verbale di fermo e non hanno in alcun modo giustificato la loro condotta, posta in essere su un ordine palesemente illegittimo, non a caso dato oralmente non si sa ancora bene da chi".
"Non può negarsi - aggiunge il gip - che la volontà degli agenti sia stata quella di tenere in una situazione di soggezione e di vincolo, soggetti rei di aver partecipato alla manifestazione e pertanto meritevoli di una punizione, al di là di quanto consentito dalla legge e al di fuori di ogni possibile verifica dell'autorità giudiziaria".
Chi impartì l'ordine di piantonare gli ospedali e trasferire alla caserma Raniero tutti coloro che avevano chiesto soccorso medico? Dai verbali di interrogatorio di alcuni poliziotti che operavano sulle volanti, risulta che tale ordine fu impartito dai vertici della questura via radio.
Altri affermano che gli agenti in servizio nella caserma erano stati avvisati già alle 10 del mattino. Ma nessuno finora ha chiarito chi fu a dare tale ordine. Una "consegna del silenzio" dalla quale si deduce che evidentemente l'ordine arrivò dall'"alto".
Per i magistrati di Napoli ci fu un solo disegno dietro le cariche al corteo e le sevizie sui fermati in caserma. La polizia avrebbe infatti messo in atto un vero e proprio piano: prima, in piazza, chiudere ogni via di fuga ai manifestanti, poi, prelevare i feriti negli ospedali e segregarli, intimidirli, malmenarli e zittirli nella caserma Raniero. Il piano, scrivono i pm, va ricondotto "ai più alti livelli di responsabilità decisionale".
Napoli in quei giorni era sotto i riflettori d'Italia e del mondo intero. Non è pensabile che la "sicurezza" e l'"ordine" in città non fossero gestiti ai "massimi livelli".

IL GOVERNO FA QUADRATO
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Durante l'esecuzione degli arresti, un centinaio di poliziotti ha formato una catena umana di fronte alla questura di Napoli in segno di solidarietà nei confronti dei colleghi. La senza precedenti protesta è proseguita anche nei giorni successivi.
Più grave ancora è l'atteggiamento del governo e del capo della polizia Giovanni De Gennaro che hanno fatto immediatamente quadrato attorno ai poliziotti e attaccato i magistrati.
Hanno iniziato il vice presidente del Consiglio Gianfranco Fini (che tra l'altro ha avuto un oscuro colloquio telefonico con Cordova, procuratore capo di Napoli), alcuni ministri e poi tutte le seconde file che hanno espresso immediata solidarietà alle "forze dell'ordine" e messo in discussione la legittimità e l'onestà dell'operato dei magistrati. E alla fine, a distanza di alcuni giorni, è entrato in campo in prima persona Berlusconi, che parlando all'assemblea della Confartigianato, ha ringraziato gli uomini della sicurezza e della polizia.
"Dopo Napoli - ha detto -, a loro vanno il ringraziamento e la riconoscenza del governo e, sono sicuro, della maggioranza degli italiani".
Le forze governative, col sostegno dei sindacati di destra della polizia, colgono al balzo gli avvenimenti di Napoli non solo per esaltare le "forze dell'ordine", ma anche per invocarne la piena autonomia sia nello svolgimento delle indagini, sia nella gestione dei servizi di "ordine pubblico" senza "interferenze" da parte della magistratura.
Il vice direttore del quotidiano del presidente del consiglio, "Il Giornale", Paolo Guzzanti, nell'editoriale del 29 aprile, oltre a rivendicare la "legittima difesa" dei poliziotti e a negare di fatto il diritto di manifestazione ("è ovvio", "è inevitabile" che "la repressione investa anche manifestanti pacifici" è la sua conclusione), oltre ad annunciare, ossia minacciare, simili scenari anche per il prossimo Forum sociale europeo che si dovrebbe tenere a Firenze, invoca di fatto mano libera per i poliziotti che devono poter fare "Il loro mestiere senza farsi guidare e magari paralizzare da un magistrato".
Una polizia insomma completamente libera da ogni controllo giudiziario, con garanzie di impunità, direttamente al servizio e braccio armato dell'esecutivo. Insomma, una vera e propria polizia da regime fascista.

IL "CENTRO-SINISTRA" BALBETTA
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Il "centro-sinistra" da parte sua balbetta e cerca di barcamenarsi fra polizia e magistratura. Pesano certamente le proprie responsabilità politiche e operative sui fatti che sono avvenuti durante un proprio governo.
Ma anche una sostanziale condivisione della strategia repressiva attuata prima a Napoli e poi a Genova.
Per esempio da parte delle forze politiche del "centro-sinistra", dalla Margherita ai Ds, si tenta di distinguere fra le "legittime" cariche poliziesche in piazza del Municipio, dagli abusi commessi alla caserma Raniero.
Rutelli e Bianco, comunque, si domandano perplessi se era necessario arrivare proprio agli arresti degli agenti.
I dirigenti diessini Fassino, Violante e Angius in un comunicato congiunto ci tengono a far sapere che comprendono "lo stato d'animo della polizia alla quale va tutta la nostra fiducia".
Il governatore Antonio Bassolino che all'epoca era già presidente della regione Campania, da parte sua tenta di minimizzare e quindi coprire le azioni squadristiche di Napoli e Genova, dividendo equamente le responsabilità fra "forze dell'ordine" e manifestanti: "A Napoli come a Genova - dice in un'intervista a `la Repubblica' del 1· Maggio - è andata in scena la generale impreparazione di tutti: di chi organizza le manifestazioni e di chi è chiamato a proteggere l'ordine pubblico".

I MAGISTRATI DENUNCIANO
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Fatto sta che L'Associazione nazionale dei magistrati (Anm) è stata costretta a intervenire in prima persona contro la campagna governativa contro la magistratura e "le inaccettabili accuse di faziosità mosse" ai colleghi napoletani "da esponenti del governo e delle istituzioni".
Una campagna senza precedenti che segnala un improprio e gravissimo condizionamento da parte dell'esecutivo nei confronti della magistratura, sia quella che sta ancora indagando, sia quella che dovrà in seguito giudicare che nasconde anche l'obiettivo di piegare le resistenze della magistratura alla linea giudiziaria del governo.
In un comunicato la giunta distrettuale napoletana dell'Anm sostiene apertamente che qualcuno mira a "utilizzare strumentalmente questa vicenda come pretesto per attuare la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, con l'obiettivo di sottoporre questi ultimi al controllo dell'esecutivo".
In una lettera aperta agli organi di informazione (che pubblichiamo a parte), Magistratura democratica (Md) risponde a chi nei fatti invoca l'impunità della polizia e solleva obiezioni di legittimità all'operato dei magistrati: "C'è stata una norma che ha previsto un regime speciale per la polizia: l'art. 16 del codice di procedura penale del 1930 secondo cui `non si procede senza autorizzazione del ministro della giustizia contro gli ufficiali od agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria o contro i militari in servizio di pubblica sicurezza, per fatti compiuti in servizio e relativi all'uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica".
Ma - aggiunge Md - era il fascismo (e non a caso la norma è stata dichiarata illegittima con una delle prime sentenze della Corte costituzionale)". Md conclude che c'è un "piano eversivo" dietro gli attacchi ai magistrati che indagano sugli abusi della polizia a Napoli.
Enzo Albano, presidente dell'XI sezione penale del Tribunale di Napoli, è stato testimone oculare di quanto è avvenuto a Piazza Municipio e insieme a un altro giudice, Nicola Quatrano, ha denunciato ciò che ha visto nella "tonnara". Egli nega che ciò che è avvenuto sia frutto di eccessi individuali e afferma: "La domanda vera è questa: c'è stata una strategia? Bisogna chiederselo perché in tanti avevamo detto quel 17 marzo: si stanno preparando all'appuntamento di Genova. Eppure averlo previsto non consola affatto. Inquietante è la consonanza nella repressione tra il centro destra e il centro sinistra. In questo Paese non c'è nulla capace di mettere d'accordo tutti come l'ordine pubblico".

VOGLIAMO LA VERITA'
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Viste le premesse, c'è da giurarci che questa inchiesta non avrà vita facile. Ciononostante noi invochiamo verità. Vogliamo sapere se effettivamente, come i fatti sembrano dimostrare, c'è stata una strategia che mirava a fare di Napoli una sorta di prova generale per verificare la tenuta, l'operatività, la capacità repressiva delle "forze dell'ordine". Se in quella circostanza si volle imprimere un salto di qualità al ruolo, alle funzioni e alla libertà di azione degli apparati repressivi per poi portarlo alle estreme conseguenze a Genova.
Vogliamo che siano puniti chi si macchiò in prima persona di tanta ferocia, ma soprattutto vogliamo che siano individuati e puniti i mandanti politici, esterni e interni al governo, alle istituzioni e alle stesse "forze dell'ordine", di tale strategia.

Anonimo ha detto...

Qualcuno, là, nell'altra Italia, quella della campagna elettorale,tra le tante, solite parole di circostanza, qualcuno appunto ha detto: Si dovranno ricercare le responsabilità politiche per i fatti del G8.
Sicuramente verrà formata una Commissione parlamentare, verranno nominati all'uopo i componenti, il Presidente, le indagini, l'istruttoria.......
Ce ne sono state tante di Commissioni...
Stragi, terrorismo, attentati...ma di responsabilità politiche di destra di sinistra di centro, niente.
Andiamo avanti così facendoci del male.
Alessandra

Anonimo ha detto...

Dopo questa lunga lettura non c'è molto altro da aggiungere e c'è poco da sperare. A completare il quadro e uscirne ancor più disgustati c'è da leggere l'intervista a iena ridens Castelli stamani su Repubblica. E questa gente potrebbe ritornare .... altro che inserire una legge contro la tortura!
Pia Avolio de Martino

Anonimo ha detto...

Ho letto e riletto sia il post che i commenti... vi garantisco che non ho parole... sono terrorizzato, arrabbiato, deluso, irritato, disilluso, affranto e mi vergogno di appartenere ad uno stato con la s minuscola come il nostro.
Non si possono usare giri di parole, ma guardarsi dentro e pensare che uno di quelli di Bolzaneto potevano essere nostri fratelli, sorelle, figli/e.....

Anonimo ha detto...

Per Beppone
ognuno ha espresso un suo pensiero o giudizio o analisi, una condanna,
un'opinione, un "non tutti così" perchè nelle opinioni ci può essere tutto e il contrario di tutto.
Anch'io ho pensato che lì dentro ci poteva essere un nostro figlio o nipote o fratello o sorella, o amico o conoscente.
Anche sul treno di Bologna, anche nella Banca dell'Agricoltura, anche in tanti fatti oscuri che sono successi in Italia.
Si è sempre sentito parlare di una nebulosa "Strategia della tensione"
NON SI è MAI SAPUTO ORDITA DA CHI E PERCHE'. So solo che dopo certi fatti, la politica si è sentita autorizzata a cambiare certe regole, sempre per "tranquillizzare" la Nazione.
Anche in questi giorni, a fronte di tanta reazione dei cittadini, si risente parlare di "tranquillizzare" e questo a me invece mi fa allarmare perchè non so mai cosa ci si prepara.
E un'opinione che mi sono fatta,è che cambiando i tempi, forse anche le tecniche cambiano, visto la tiepida reazione a questi gravissimi fatti avuta da TUTTE le forze politiche.E' inspiegabile perchè dovrebbe coinvolgere tutti, perchè questi fatti non sono "esigenze" di ordine pubblico.E allora perchè? Noi non possiamo prendere provvedimenti, noi possiamo protestare, indignarsi, analizzare,e tutto quello che vuoi.Ma siamo in uno Stato e ai Governanti abbiamo dato la nostra delega ma noi non abbiamo POTERI.
Alessandra

Anonimo ha detto...

Alessandra
Hai ragione, ma rispetto a Bologna, Piazza della loggia, Ustica, ecc.ecc. c'è qualcosa di estremamente diverso.
Qui si parla di TUTORI dell'ordine che fanno cose innominabili, degne di criminali della peggior specie...
Mi terrorizzano due cose:
1. che siano i tutori dell'ordine a fare queste cose in Italia.
2. che, salvo pochissime eccezioni, la politica abbia sostenuto le forze dell'ordine in senso lato, senza alcuno spirito critico in questi 7 anni .....

Io un potere me lo sono accreditato.Il potere di non dare il beneplacito del mio voto a persone che non ritengo degne.

Pochissimo, ma sempre meglio di una scelta ipocrita.
Grazie delle tue parole.
ciao
Beppe