Uno dei problemi dei magistrati è certamente quello di non percepire adeguatamente se stessi (si veda la ricostruzione di uno dei tanti casi paradossali che lo dimostrano nel post che si può leggere a questo link).
La ragione di questo loro/nostro limite sta in parte nella misera natura umana – comune a ogni persona – e in parte nelle conseguenze dell’esercizio di funzioni nelle quali l’“avere l’ultima parola” sui propri interlocutori (le parti e i loro procuratori) tende inevitabilmente a far dimenticare che l’“ultima parola” non è per ciò solo né la più adeguata né la migliore.
Altra cosa che nuoce è l’ossequio – spesso eccessivo se non del tutto gratuito – che la maggior parte degli interlocutori dei magistrati tributano loro e che tanti magistrati a volte addirittura pretendono.
Basti pensare che ancora è prassi in tanti uffici giudiziari rivolgersi ai Procuratori Generali e ai Presidenti delle Corti di Appello con il titolo di “eccellenza”, abolito con una legge dei lontani anni ‘40.
Gioverebbe tanto ai magistrati abituarsi a distinguere sé stessi dalle funzioni che esercitano. Alte, nobilissime queste ultime; umani, normali, simili a tutti gli altri loro concittadini i primi.
E sarebbe davvero utilissimo che si abituassero a mettersi più spesso in discussione; a discutere “alla pari”; a confrontarsi con i loro collaboratori e con i loro interlocutori; a rendere conto ai cittadini del modo con cui esercitano le loro funzioni e realizzano in concreto il loro autogoverno; a rendere trasparenti le pareti dei loro uffici. A riconoscere i loro limiti e i loro difetti per trovare soluzioni al passo con i tempi per rendere più efficiente un servizio tanto importante quale quello affidato alle loro cure.
E ciò senza dire che anche le funzioni giudiziarie, pur importantissime e degne del massimo rispetto, non lo sono di più di altri lavori. Di quello che svolge chi in sala operatoria finisce con il “decidere” della vita e della morte dei suoi simili; di chi forma i giovani nelle scuole; di chi accudisce gli anziani e i malati; di chi difende la pubblica sicurezza; di chi verifica la genuinità dei cibi e la potabilità delle acque; ecc..
Sicché il modo migliore per crescere è non sentirsi superiori ai propri simili, ma condividere con loro, alla loro stessa "altezza", le difficoltà e la gioiosa fatica di vivere.
Non è facile essere giudici di sé stessi.
Un approccio ironico può sicuramente aiutare.
Vi segnaliamo, quindi, un interessantissimo blog nel quale un magistrato di grande esperienza (di quelli che, se non fossero sanamente autoironici, si farebbero chiamare “eccellenza”) inserisce “perle” di disattenzione, ma più spesso di sincera incompetenza tratte da sentenze e provvedimenti giudiziari.
Lo scopo, con evidenza, non è quello di denigrare o irridere gli autori dei nobili strafalcioni, ma di indurre tutti noi a riflettere su come la virtù e la pochezza spesso viaggino pericolosamente vicine fra loro e di quanto umiltà e vigilanza siano preziosissimi strumenti di lavoro del magistrato.
Peraltro, se è vero che questi strafalcioni dicono molto dello scarso zelo e, purtroppo, a volte, anche della scarsa preparazione di alcuni magistrati, non ci si può dimenticare che cose del genere accadono in tutte le categorie professionali. E a volte anche con conseguenze gravi sulla vita delle persone.
Si va dal medico che opera la gamba sbagliata (un caso del genere lo ha trattato di recente uno di noi), al poliziotto che spara uccidendo un innocente, al ponte che crolla perché i calcoli del cemento erano sbagliati, eccetera.
Dunque, ci sembra molto opportuno che dagli strafalcioni che si leggono nel blog che vi segnaliamo si traggano argomenti anche fortemente critici nei confronti di una categoria professionale (i magistrati) che tende a credersi, del tutto infondatamente, immune dai difetti comuni a ogni essere umano, ma ci sembra anche ovvio che non bisogna trarre da quei “documenti” (tutti rigorosamente autentici) argomenti per una forma di denigrazione indiscriminata della “categoria”.
Insomma: riflettere, sorridere, un po’ prendersi sul serio e un po’ accettare che tutti siamo fatti della stessa “pasta”, che infine ritornerà “polvere”.
Il blog si chiama “Temi nera” e per raggiungerlo è sufficiente cliccare sul nome.
Per consentire ai nostri lettori di trovarlo con facilità, lo abbiamo inserito fra il link ad amici, nella sidebar di destra del nostro blog.
Un grazie al curatore di “Temi nera”, che offre ai magistrati che ne vogliano approfittare, la possibilità di vedere e riconoscere ciò che i loro “clienti” vedono e sanno e che essi, invece, tendono troppo spesso a non voler vedere.
10 commenti:
Ho letto qualche post del blog segnalato e veramente vi si trovano cose esilaranti :-) (segnalo per tutte la concessione delle attenuanti generiche perché l'Africa è povera e l'imputato è africano...
E ho anche letto il post linkato
(sul magistrato di Bari in grave ritardo sul deposito delle sentenze). Devo dire che non condivido l'indignazione perchè ormai ho smesso di indignarmi... (no non è vero perché certi vizi come quello del fumo o del bere o dell'indignarsi non si perdono mai, piuttosto faccio -metodologicamente- finta di aver smesso).
Forse dovremmo pensare a una soluzione generale dei problemi della amministrazione pubblica (considerando inclusa nel concetto anche l'erogazione del servizio "giustizia"). Io penserei a una carta dei diritti (azionabili e dotati di strumenti di effettività) del cittadino utente.
I sistemi, a mio modesto avviso, non tendono a riformarsi dall'interno. Occorre che qualcuno o qualcosa, da fuori, li stimoli a cambiare e ad essere efficienti.
COSA? ho detto proprio questo? Mi sono già pentito... e se domani gli utenti mi prendessero a sberle? E poi che faccio? Mi metto a frignare e vado dalla mamma?
Notte
I. Il Cane di Jack
Ho letto alcuni degli "strafalcioni"per usare un eufemismo.
E quelli del civile? dove li mettiamo? Perchè non si tende a paralizzare la strategia del "tamburello" creata ad arte, dalla parte colpevole o soccombente, che fa a volte anche rinunciare per sfinimento la ricerca della verità e della ragione?
Nella giustizia e nella sanità, difronte a tanti casi di morti e di ingiustizie, non si dovrebbe, da parte dei controllori delle categorie richiedere un "tagliando" urgente e necessario delle reali capacità degli "esecutori"? visto che per certe professioni sappiamo ormai come si ottengono i posti nelle strutture pubbliche: vedi università parentati e raccomandazioni.
Per la giustizia visto che la punizione è il trasferimento e quindi l'avallo che si può andare a fare danno da un'altra parte?
Chi può e deve intervenire in tutto questo?
Alessandra
Vorrei rivolgere una domanda alla redazione ma ho il timore di dire una stupidaggine( ma tanto siamo in tema di strafalcioni.. uno piu' uno meno..).In materia di nullita' degli atti processuali, esiste un vizio che da luogo ad un fenomeno che viene considerato qualcosa di piu' della nullita' ossia la cd inesistenza.Questo fenomeno si verifica quando la sentenza manca della sottoscrizione del giudice.Per quanto ne so dottrina e giurisprudenza sono concordi nel ritenere che altri vizi, oltre a quello esplicitamente considerato dal lgs,possano dar luogo ad inesistenza.Senza dilungarmi riporto il solo esempio del dispositivo assurdo o impossibile.La domanda che mi (vi) faccio e' la seguente:considerando le motivazioni che si possono leggere nelle sentenze pubblicate su Temi Nera,e considerando il fatto che esse appaiono illogiche( assurde??)non si potrebbe parlare di inesistenza di quelle sentenze? non so se sono stato chiaro. grazie in anticipo. Carmelo
All'anonimo delle 13:40:
Credo di sì, anche se rimane il problema concreto della misura dell'incertezza o dell'impossibilità dell'oggetto della decisione, da risolvere caso per caso.
Cordiali saluti.
Vorrei segnalare (per la serie "gli strafalcioni dei guidici dei giudici") la lettera di Ferruccio Sansa, che Grillo pubblica sul suo blog.
Clementina Forleo a giudizio disciplinare ed i furbtti in Parlamento.......
Anche Marco Travaglio e' tornato sull'argomento : l'articolo puo' essere letto nella rassegna a lui dedicata dal sito Antimafiaduemila.
Per il resto, silenzio di tomba...
Per Carmelo.
Gentilissimo Carmelo,
anzitutto La preghiamo e preghiamo tutti di parlare con la più grande libertà (fermi restando gli altrettanto grandi - come in questo caso - cortesia e rispetto degli altri). Insomma, chiediamo ai nostri lettori di non "autocensurarsi" per timore di dire cose che potrebbero sembrare sbagliate o non condivise, perchè stiamo facendo di tutto perché questo sia un luogo di confronto costruttivo e sereno.
Sicché nessuno giudica nessuno e tutti espongono senza preoccupazioni i loro pensieri.
Ciò posto, il quesito che Lei pone non è affatto sciocco e il tema tecnico dell'inesistenza della sentenza è un tema complesso e controverso.
Fermo restando che il diritto NON è una scienza esatta e che, dunque, quella che stiamo per esporre è solo una opinione fra le tante, senza alcuna pretessa dogmatica, noi pensiamo le seguenti cose.
1. La regola generale è che tutti i vizi delle sentenze possono essere fatti valere solo nei modi e nei termini dei mezzi di impugnazione previsti dalla legge. Decorsi quei termini, la sentenza diventa definitiva.
L'art. 161 del c.p.c. sancisce questa cosa statuendo che "La nullità delle sentenze soggette ad appello o a ricorso per cassazione può essere fatta valere soltanto nei limiti e secondo le regole proprie di questi mezzi di impugnazione".
Il "giudicato", che "copre" i vizi non fatti valere con i previsti mezzi di impugnazione corrisponde a un'esigenza di certezza del diritto, che costituisce un valore giuridico importante. Quando una sentenza (anche sbagliata) viene emessa, accade o può accadere che taluno confidi nella sua efficacia ed è importante che a un certo punto si possa sapere con relativa certezza che la sentenza è valida ed efficace.
2. La dottrina e la giurisprudenza si sono posti il problema se il principio testé espresso debba "coprire" anche vizi della sentenza di particolare gravità.
Ed è nato così il concetto di "inesistenza" della sentenza.
Va detto, però, che nella lingua italiana è "inesistente" una cosa che non c'è, non anche una cosa errata, nulla o comunque viziata.
Dunque, non solo non è possibile sotto il profilo dei principi del diritto, ma neppure sotto quelli del normale lessico estendere eccessivamente il concetto di "sentenza inesistente".
3. Per avere un'idea di come debba intendersi l'"inesistenza" della sentenza, Le riportiamo una sentenza della Cassazione Civile e una della Cassazione Penale:
- "Oltre all'ipotesi espressamente prevista dall'art. 161, comma 2, c.p.c. (mancanza della sottoscrizione del giudice), è possibile configurare altri casi di inesistenza della sentenza, tutte le volte che la stessa manchi di quel minimo di elementi o di presupposti che sono necessari per produrre quell'effetto di certezza giuridica che è lo scopo del giudicato, come nell'ipotesi di pronuncia resa nei confronti di soggetto deceduto prima della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio. Tale inesistenza va rilevata d'ufficio e può essere fatta valere, anche al di fuori dell'impugnazione nello stesso processo, con una autonoma azione di accertamento, non soggetta a termini di prescrizione o di decadenza, ovvero con un'eccezione ed altresì in sede di opposizione all'esecuzione" (Cass. Civ. Sez. II, 05 ottobre 2001, n. 12292)
- "L’inesistenza giuridica di un provvedimento giurisdizionale si configura soltanto rispetto a quell’atto che sia privo dei requisiti minimi quali la provenienza da un organo titolare del potere giurisdizionale, la forma scritta, l’adozione nei confronti di una persona ancora in vita. In tal senso, anche se una sentenza sia stata emessa a carico di persona non individuabile, la sentenza medesima deve ritenersi esistente, e con riguardo ad essa neppure può procedersi a norma dell’art. 673 c.p.p. (revoca della sentenza per abolizione del reato) in quanto la citata previsione attiene esclusivamente all’ipotesi di abrogazione o dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice" (Cass. Pen. Sez. I, 19 marzo 1996, n. 1766).
Come si vede, si possono ritenere "inesistenti" solo sentenze radicalmente prive di uno dei loro elementi essenziali. Non anche quelle errate e neppure quelle caratterizzate da errori molto gravi.
Non abbiamo letto tutti i provvedimenti pubblicati su "Temi nera", ma quelli che abbiamo letto sembravano sbagliati, ma non "inesistenti".
Un caro saluto.
La Redazione
Gent.ma redazione,mi ritengo pienamente soddisfatto per cui non aggiungo altro se non un grazie di cuore, non solo per la perfetta spiegazione tecnica, ma anche per l'incoraggiamento ad esporre i propri dubbi con serenita'.Colgo l'occasione per ringraziare anche Paolo Emilio per aver fornito il suo personale contributo. Cordiali saluti
Carmelo.
Cari magistrati,
scusatemi se non conosco il linguaggio opportuno per
rapportarmi a voi, ma ho solo 18 anni e finirò il liceo quest’anno. E questo è
il punto: la fine della scuola! O di quel poco o nulla che è rimasto di una
scuola degna di questo nome.
Fine di quel mondo un po’ tanto fuori dal mondo
stesso.
Fine di una vita ovattata tra scuola e casa.
Fine dell’incosciente
adolescenza. E comincio a guardarmi attorno!
Ma che mondo vedo? Che mondo ci
state lasciando voi adulti?
Quegli adulti in cui avremmo dovuto, e avremmo
voluto tanto credere. Invece?
Mi ritrovo, mio malgrado, con un debito sulle
spalle di cui non so nulla. Unica vera eredità.
Mi ritrovo, affacciandomi
timidamente fuori dalle mura scolastiche, in un Paese in cui prepotenza,
arroganza, criminalità, disonestà e immoralità la fanno da padrone, persino in
ambito governativo e politico in genere, indipendentemente dal colore.
Mi
sembra d’essere precipitata nelle pagine di un libro di storia, in pieno
capitolo sulle tirannidi, nella sua accezione.
Tutte cose che credevo, da
ragazzina, impossibili, proprio perché sapevo dell’esistenza dei giudici.
E mi
dicevo: “Menomale che esistono! Loro mi proteggeranno sempre”.
Poi scopro
giudici corrotti, o che vanno a cena con gli imputati. Avvocati palesemente
correi; ministri a braccetto con delinquenti e mafiosi; gente d’ogni infima
risma che pretendono anche di essere osannati e si fanno sberleffi persino
della costituzione, sputandoci sopra e strappandola con le unghie e con i
denti, come bestie feroci impazzite. E voi?
Ma voi, non avete figli? La cosa
non vi preoccupa neanche un pochino?
Io ho sentito parlare di Falcone e
Borsellino. Oggi di Luigi De Magistris, Sonia Alfano e non solo loro. Ma tutti
gli altri? Che fanno? Che fate?
Leggi che vanno e vengono come meglio conviene.
Persone di governo che se le fanno su misura come un vestito o quasi come una
prescrizione medica.
Eppure, credevo che tutto ciò non si potesse fare. Che
nessuno si potesse costruire leggi per il proprio tornaconto. Diamine, è
anticostituzionale, mi dicevo. Credevo!
E io? Non ho alcun diritto? A me, chi
mi proteggerà, la mafia? La camorra? La ‘ndrangheta?
Una volta avevo anche
sentito parlare del reato di attentato alla Costituzione e alla sicurezza dello
Stato. Non esiste più? Abrogato anche quello? Evaporato con il caldo estivo?
Eppure, ce ne sarebbe d’avanzo per rispolverarlo nei confronti di chi sta
sistematicamente distruggendo tutto per i suoi unici interessi personali,
derubando un'intera nazione.
Vedo un mondo come mai avrei potuto credere di
trovare, perché crescendo, dentro di me ripetevo: “Menomale, ci sono i
giudici!”
II parte
Mio padre mi aveva spiegato che eravate “Super partes”. E io,
ingenua come ogni bambina, credevo che significasse: sopra a tutti. Sopra ad
ogni bassezza, ad ogni disonestà, ad ogni tentazione. Una sorta di angeli
protettori terreni. Persone delle quali fidarsi ciecamente.
Credevo che se un
povero, avendo ragione, avesse fatto ricorso alla giustizia anche contro un
potente o un ricco, avrebbe trovato voi a proteggerlo.
Poi, scopro il lodo
Mondadori! O peggio: la sentenza di Porto Marghera! E non solo queste! Persino
vere e proprie persecuzioni, da parte della stessa magistratura, nei confronti
di chi vorrebbe ancora pretendere di lavorare onestamente.
Ora, non mi fido
più neanche di voi. Non vi credo più!
Ma senza di voi, non ho più alcuna
speranza. Nessuno può più avere alcuna speranza.
E, credetemi, alla mia età,
affacciarsi al mondo senza nutrire più alcuna fiducia, senza più il
tranquillizzante riferimento di quelle persone che credevo eccezionali e
incorrompibili, “super partes”, come mitologici e moderni semi-dei, è
bruttissimo. Un incubo. Ma non è un sogno!
Significa dover morire prima ancora
di cominciare a vivere.
Significa non vedere più una reale possibilità futura,
poiché tutto, davanti agli occhi di tutti, è caduto nelle mani di volgari
delinquenti che stanno saccheggiando le risorse di tutti noi.
E voi? Ma a voi,
non credo più!
Altrimenti, se davvero foste stati come quei personaggi moderno-
mitologici che, molto stupidamente credevo che foste, tutto questo non sarebbe
mai stato possibile.
Ma, appunto, ero solo una bambina. Ero ingenua.
L’unica
cosa che ora so con certezza, è di essere sola e senza alcun diritto concreto.
Ormai, siamo i nuovi servi della gleba. Asserviti da personaggi ignoranti,
incolti, frustrati e psicopatici, come solo i criminali sanno e possono essere.
Altrimenti, non sarebbero ciò che sono!
In uno Stato, i governi vanno e
vengono e i partiti pure. Ma se uccidi la scuola e la magistratura, è la fine.
Il ciclo s’interrompe definitivamente, senza possibilità di poterlo ricreare.
Ci distruggeremo gli uni con gli altri, precipitando in un baratro senza fine.
Ora non mi resta che assistere impotente al funerale della democrazia. Al mio
funerale e a quello di ogni cittadino onesto.
Eppure, anche voi avete figli!
Eppure, vorrei tanto poter sperare ancora.
E forse, non tutti quei semi-dei in
cui credevo, sono morti o sono corrotti. Forse, forse …
Che almeno quest’
ultimo diritto mi sia ancora concesso: sfogarmi!
Sfogarmi in virtù del fatto
di aver creduto in voi, sperando, un giorno, di riuscire a crederci ancora.
Poi, anche io dovrò abbassare la testa e, per sopravvivere, delinquere. Ma
vorrei ancora, grazie a voi, sperare di no!
Mi firmo poiché odio il vile
anonimato e perché, per ora, ancora conservo coscienza di quel che penso.
Marinella Andrizzi
Via di S. Erasmo 24, Roma
AVETE OFFERTO UN CONTRIBUTO SIGNIFICATIVO ALLA LOTTA CONTRO OGNI FORMA STRISCIANTE DI IPOCRISIA. DI CHI FA FINTA DI CREDERE IN QUELLO CHE AVETE SCRITTO MA POI ALLA FINE SI COMPORTA SEMPRE ALLO STESSO MODO. CONSIGLIEREI AL CSM DI ORGANIZZARE MENSILMENTE DEI CORSI DEDICATI SOLO ED ESCLUSIVAMENTE ALL'INSEGNAMENTO DELLE QUALITA' CHE IL MAGISTRATO DEVE AVERE O DEVE IMPARARE AD AVERE E CHE SONO SINTETIZZATE BENISSIMO NELL'ARTICOLO IN COMMENTO. AVREMMO SICURAMENTE MAGISTRATI SEMPRE PIU' PREPARATI ED UNA GIUSTIZIA CERTAMENTE PIU' GIUSTA. GRAZIE E BUON ANNO GIANLUCA
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