Versione stampabile
di Enzo Bianchi
(Priore della
Comunità monastica di Bose)
da La Stampa dell’1 giugno 2008
Le preoccupazioni che anche recentemente ho avuto modo di esprimere sul clima di intolleranza nei confronti degli stranieri non fanno che crescere in queste ultime settimane.
Le poche voci che si levano a chiedere maggior prudenza e discernimento nel parlare e agire in una questione così complessa e delicata finiscono con l’essere sommerse dall’onda di una emotività che, se non creata ad arte, è quantomeno alimentata per ragioni non sempre trasparenti.
Parimenti sono trattati come irrilevanti, inappropriati o intempestivi gli appelli alla salvaguardia della giustizia e dei diritti umani o all’accertamento delle responsabilità individuali.
Principi fondamentali del diritto nazionale, comunitario e internazionale, come la non discriminazione in base all’appartenenza etnica o religiosa, vengono declassati a secondari di fronte alla percezione di una «emergenza» che, anche se fosse tale, non dovrebbe però mai sospendere le garanzie essenziali della convivenza civile.
Tutto questo, si dice, è per rispondere in modo tempestivo e credibile alla pressante richiesta di «sicurezza» che viene dalla maggioranza della popolazione.
Ma essere attenti a sentimenti diffusi nella società, ascoltare le paure che emergono, cogliere i bisogni e le richieste avanzate in modi propri e impropri non significa cessare di interrogarsi su cosa e chi le genera, non comporta l’abdicare ai principi fondanti il vivere insieme, non richiede l’abdicazione della ragione e dell’umanità di fronte alla passione emotiva.
È proprio di fronte alle «emergenze», vere o artefatte che siano, che vengono alla luce le radici autentiche di un tessuto sociale e la solidità di convincimenti etici e religiosi: un orientamento etico e un impianto giuridico non possono essere considerati validi solo in situazioni di ordinaria amministrazione e poi essere accantonati o stravolti all’insorgere di problematiche inedite.
È proprio la capacità di elaborare risposte coerenti a una serie di convincimenti fondamentali e condivisi che conferisce identità e solidità a una comunità nazionale nel mutare degli eventi storici.
Saldezza di principi e identità culturale non sono affatto realtà statiche, immutabili: sono il frutto di secoli di maturazione del pensiero e dell’azione di singoli individui e di gruppi sociali a volte anche molto distanti tra loro nell’opzione ideologica di fondo.
Dialogando si può e si deve ricercare, inventare, concordare non un «minimo comune multiplo» ma un ideale abbastanza alto per stimolare la dinamica della vita sociale, aprire nuovi orizzonti, offrire speranze alle generazioni future e, nel contempo, sufficientemente realista da poter essere calato con efficacia nel vissuto quotidiano.
In questo senso la presenza di stranieri nel nostro paese e, in particolare quella di gruppi etnici o religiosi marcatamente «altri» rispetto alla maggioranza, non è tanto una minaccia alla situazione esistente quanto un’occasione preziosa per verificare cosa davvero conta per noi nelle nostre vite e quale prezzo siamo disposti a pagare per ciò in cui crediamo.
Del resto ci sono nodi che è inutile fingere di ignorare, quasi che rimuovendo il problema lo si risolva: come dimenticare, per esempio, che solo qualche anno fa vi era chi auspicava di favorire l’immigrazione da paesi di tradizione cristiana piuttosto che musulmana pensando così di facilitare ipso facto l’integrazione dei nuovi arrivati?
I gravissimi episodi di intolleranza e xenofobia nei confronti di zingari e romeni – in maggioranza di religione cristiana – dimostrano purtroppo la miopia di tale auspicio: i problemi erano e sono di altro tipo.
Anche per quanti si richiamano al cristianesimo la situazione di queste settimane dovrebbe costituire un campanello di allarme: che cultura, che etica della vita si vuole comunicare?
Che ne è dell’attenzione al povero, allo straniero, alla vedova e all’orfano – cioè alle categorie che non avevano diritti ed erano indifese alla mercé dei più forti?
Che ne è dell’esempio delle prime comunità cristiane in cui si tendeva a che non ci fosse «nessun bisognoso» grazie alla condivisione, né si ammettevano discriminazioni nell’appartenenza tra giudeo o greco, uomo o donna, schiavo o libero?
Che ne è delle parole di Gesù sull’amore per i nemici, sul perdono, sulla misericordia; o delle esortazioni dell’apostolo Paolo a «non rendere a nessuno male per male», a «vincere il male con il bene», a «cercare sempre il bene tra voi e con tutti»?
E, per calarci direttamente nelle problematiche odierne, che ne è delle parole che Paolo VI pronunciò nel 1965 a rom e sinti: «Voi siete nel cuore della Chiesa»?
A quale conversione hanno spronato le richieste di perdono fortemente volute da Giovanni Paolo II come momento penitenziale del Giubileo del 2000?
Utopie irrealizzabili, verrebbe da dire di fronte alla vastità dei problemi che il fenomeno mondiale delle migrazioni pone alle nostre società occidentali più ricche, ma la differenza cristiana che queste istanze evangeliche pongono come ineludibile si misura anche e soprattutto nelle circostanze più difficili.
E non può non interrogare tutti – credenti e non credenti – il malcelato scherno con cui da più parti si stronca ogni richiamo verso una maggior giustizia ed equità sociale, verso una solidarietà fattiva, additandolo come «buonismo» pericoloso, denigrando le «anime belle» che credono nella forza della persuasione, del convincimento, del dialogo, della pace.
Siamo davvero convinti di difendere la nostra identità di popolo e nazione civile fomentando il ritorno alla barbarie dell’homo homini lupus?
Che «sicurezza» sarebbe mai quella imposta con la violenza, il sopruso, la vendetta, la violazione dei principi costituzionali?
Se quella in cui siamo scivolati è un’emergenza, essa non ha il nome di un’etnia ma quello della nostra civiltà.
____________
Segnaliamo anche, sul nostro blog, i seguenti due articoli:
Carlo Maria Martini, “Ma siamo divenuti un popolo di razzisti?”
Redazione, “Clandestini. Il Vaticano: “No all’arresto per un’infrazione””
Inoltre, a questo link tutti gli articoli del nostro blog su “Immigrazione e xenofobia”.
di Enzo Bianchi
(Priore della
Comunità monastica di Bose)
da La Stampa dell’1 giugno 2008
Le preoccupazioni che anche recentemente ho avuto modo di esprimere sul clima di intolleranza nei confronti degli stranieri non fanno che crescere in queste ultime settimane.
Le poche voci che si levano a chiedere maggior prudenza e discernimento nel parlare e agire in una questione così complessa e delicata finiscono con l’essere sommerse dall’onda di una emotività che, se non creata ad arte, è quantomeno alimentata per ragioni non sempre trasparenti.
Parimenti sono trattati come irrilevanti, inappropriati o intempestivi gli appelli alla salvaguardia della giustizia e dei diritti umani o all’accertamento delle responsabilità individuali.
Principi fondamentali del diritto nazionale, comunitario e internazionale, come la non discriminazione in base all’appartenenza etnica o religiosa, vengono declassati a secondari di fronte alla percezione di una «emergenza» che, anche se fosse tale, non dovrebbe però mai sospendere le garanzie essenziali della convivenza civile.
Tutto questo, si dice, è per rispondere in modo tempestivo e credibile alla pressante richiesta di «sicurezza» che viene dalla maggioranza della popolazione.
Ma essere attenti a sentimenti diffusi nella società, ascoltare le paure che emergono, cogliere i bisogni e le richieste avanzate in modi propri e impropri non significa cessare di interrogarsi su cosa e chi le genera, non comporta l’abdicare ai principi fondanti il vivere insieme, non richiede l’abdicazione della ragione e dell’umanità di fronte alla passione emotiva.
È proprio di fronte alle «emergenze», vere o artefatte che siano, che vengono alla luce le radici autentiche di un tessuto sociale e la solidità di convincimenti etici e religiosi: un orientamento etico e un impianto giuridico non possono essere considerati validi solo in situazioni di ordinaria amministrazione e poi essere accantonati o stravolti all’insorgere di problematiche inedite.
È proprio la capacità di elaborare risposte coerenti a una serie di convincimenti fondamentali e condivisi che conferisce identità e solidità a una comunità nazionale nel mutare degli eventi storici.
Saldezza di principi e identità culturale non sono affatto realtà statiche, immutabili: sono il frutto di secoli di maturazione del pensiero e dell’azione di singoli individui e di gruppi sociali a volte anche molto distanti tra loro nell’opzione ideologica di fondo.
Dialogando si può e si deve ricercare, inventare, concordare non un «minimo comune multiplo» ma un ideale abbastanza alto per stimolare la dinamica della vita sociale, aprire nuovi orizzonti, offrire speranze alle generazioni future e, nel contempo, sufficientemente realista da poter essere calato con efficacia nel vissuto quotidiano.
In questo senso la presenza di stranieri nel nostro paese e, in particolare quella di gruppi etnici o religiosi marcatamente «altri» rispetto alla maggioranza, non è tanto una minaccia alla situazione esistente quanto un’occasione preziosa per verificare cosa davvero conta per noi nelle nostre vite e quale prezzo siamo disposti a pagare per ciò in cui crediamo.
Del resto ci sono nodi che è inutile fingere di ignorare, quasi che rimuovendo il problema lo si risolva: come dimenticare, per esempio, che solo qualche anno fa vi era chi auspicava di favorire l’immigrazione da paesi di tradizione cristiana piuttosto che musulmana pensando così di facilitare ipso facto l’integrazione dei nuovi arrivati?
I gravissimi episodi di intolleranza e xenofobia nei confronti di zingari e romeni – in maggioranza di religione cristiana – dimostrano purtroppo la miopia di tale auspicio: i problemi erano e sono di altro tipo.
Anche per quanti si richiamano al cristianesimo la situazione di queste settimane dovrebbe costituire un campanello di allarme: che cultura, che etica della vita si vuole comunicare?
Che ne è dell’attenzione al povero, allo straniero, alla vedova e all’orfano – cioè alle categorie che non avevano diritti ed erano indifese alla mercé dei più forti?
Che ne è dell’esempio delle prime comunità cristiane in cui si tendeva a che non ci fosse «nessun bisognoso» grazie alla condivisione, né si ammettevano discriminazioni nell’appartenenza tra giudeo o greco, uomo o donna, schiavo o libero?
Che ne è delle parole di Gesù sull’amore per i nemici, sul perdono, sulla misericordia; o delle esortazioni dell’apostolo Paolo a «non rendere a nessuno male per male», a «vincere il male con il bene», a «cercare sempre il bene tra voi e con tutti»?
E, per calarci direttamente nelle problematiche odierne, che ne è delle parole che Paolo VI pronunciò nel 1965 a rom e sinti: «Voi siete nel cuore della Chiesa»?
A quale conversione hanno spronato le richieste di perdono fortemente volute da Giovanni Paolo II come momento penitenziale del Giubileo del 2000?
Utopie irrealizzabili, verrebbe da dire di fronte alla vastità dei problemi che il fenomeno mondiale delle migrazioni pone alle nostre società occidentali più ricche, ma la differenza cristiana che queste istanze evangeliche pongono come ineludibile si misura anche e soprattutto nelle circostanze più difficili.
E non può non interrogare tutti – credenti e non credenti – il malcelato scherno con cui da più parti si stronca ogni richiamo verso una maggior giustizia ed equità sociale, verso una solidarietà fattiva, additandolo come «buonismo» pericoloso, denigrando le «anime belle» che credono nella forza della persuasione, del convincimento, del dialogo, della pace.
Siamo davvero convinti di difendere la nostra identità di popolo e nazione civile fomentando il ritorno alla barbarie dell’homo homini lupus?
Che «sicurezza» sarebbe mai quella imposta con la violenza, il sopruso, la vendetta, la violazione dei principi costituzionali?
Se quella in cui siamo scivolati è un’emergenza, essa non ha il nome di un’etnia ma quello della nostra civiltà.
____________
Segnaliamo anche, sul nostro blog, i seguenti due articoli:
Carlo Maria Martini, “Ma siamo divenuti un popolo di razzisti?”
Redazione, “Clandestini. Il Vaticano: “No all’arresto per un’infrazione””
Inoltre, a questo link tutti gli articoli del nostro blog su “Immigrazione e xenofobia”.
29 commenti:
La Chiesa ha tante voci. Si sentono molto più forti quelle che gridano contro l'aborto e la ricerca scientifica. Meno forti ma presenti quelle che parlano di integrazione, fraternità, pace e dialogo, come questa di Enzo Bianchi. Non so se questo avvenga a causa dell'attuale orientamento dei vertici cattolici o perché i media amano fungere da ripetitore a quel tipo di voci.
Sono comunque contento che la redazione abbia pensato anche a cercare di riequilibrare questo aspetto, ospitando l'articolo.
Un saluto a tutti
I.
La Chiesa come Istituzione in materia religiosa ha una voce sola: quella del Papa.
La Chiesa è poi composta da persone diversissime, ognuna delle quali ha una sua voce, che non necessariamente è quella della Chiesa, ma è soltanto quella di singole persone. E come voci di singole persone vanno viste e interpretate.
Nel merito, condivido il pensiero del priore laico della comunità di Bose, ove richiama tutti noi alla Carità nei confronti di chi:
1) Non ha diritti;
2) E’ povero.
Sicuramente queste non sono le caratteristiche della maggior parte dei clandestini delinquenti, che di fatto hanno assai più diritti dei poveri cittadini italiani, sempre più calpestati dalla delinquenza e non tutelati dallo stato, specie i più poveri, comprendendo in essi anche gli immigrati che lavorano e che non delinquono.
Per questo sono sicuro che egli si riferisse in primo luogo a quei cittadini italiani e a quegli immigrati onesti costretti a subire senza giustizia ogni sorta di angherie da parte dei delinquenti clandestini e, nel contempo, a non arrivare alla fine del mese.
A quei cittadini italiani e agli immigrati onesti costretti a subire il "coprifuoco" in certi quartieri, mentre i clandestini rubano, rapinano, stuprano, sfruttano la prostituzione, spacciano droga e si arricchiscono.
Agli immigrati onesti e ai poveri cittadini italiani.
Perché sono LORO ad esser poveri e a non avere, di fatto, diritti !
All’illustre priore laico, erede morale di Dossetti e amico di tanti importanti personaggi, nella Chiesa e fuori da essa, vorrei poi dire, senza acrimonia:
Lei, caro priore laico, ha difeso sulla "Stampa" il sentimento della comunità musulmana quando sono apparse le famose vignette su Maometto. Nobile gesto. Ma dov'era Lei, caro priore laico, quando "Il Male" pubblicava ogni sorta di oscenità riguardo Giovanni Paolo II, raffigurato in modi orripilanti, e accompagnato da esplicite e reiterate bestemmie ? Dov'era Lei, caro priore laico, quando Gesù Cristo, il Suo Signore, veniva sbeffeggiato in ogni modo possibile ? Dov'era Lei, caro priore laico, quando venivano offesi i sentimenti più profondi del popolo cristiano, come sempre vengono offesi alle “parate” di certi omosessuali (non tutti, grazie a Dio) o in mille altri modi ?
Non l'ho sentita, allora. Per questo, senza rancore, preferisco non sentirla adesso. E siccome Lei non è un Sacerdote, non ha ricevuto il Sacramento dell’Ordine e non è titolato per predicare più di quanto lo sia io, tenga pure la mia "predica" allo stesso modo di come io tengo le Sue.
Cordiali saluti.
1. Paolo Emilio afferma: "Sicuramente queste non sono le caratteristiche della maggior parte dei clandestini delinquenti, che di fatto hanno assai più diritti dei poveri cittadini italiani, sempre più calpestati dalla delinquenza e non tutelati dallo stato, specie i più poveri, comprendendo in essi anche gli immigrati che lavorano e che non delinquono".
La Redazione ci tiene a precisare che ritiene assolutamente falso che i cittadini italiani abbiano in alcun caso e sotto alcun profilo in Italia meno diritti dei clandestini e/o dei clandestini delinquenti.
Sotto qualunque profilo si consideri la cosa - giuridico (alcuni diritti la Costituzione e le leggi li riservano solo ai cittadini) o fattuale - i cittadini italiani hanno sempre e comunque più diritti in Italia degli stranieri e molti molti di più dei clandestini.
Sul punto, basterà considerare che chi è clandestino non può adire i Tribunali neppure per cose elementari come ottenere il rispetto dell'equo canone e di solito non ricorre neppure avendone bisogno agli ospedali, perchè, benché il diritto alla salute sia formalmente riconosciuto anche agli stranieri e anche ai clandestini, sarebbe altamente probabile che in un modo o nell'altro venisse identificato ed espulso.
Dunque, La Redazione ci tiene a dire che la tesi che i clandestini abbiano più diritti degli italiani è affermazione falsa che, in definitiva, alimenta il razzismo che sta montando nel nostro Paese.
Molti di noi si occupano per lavoro di vicende relative agli stranieri clandestini e la realtà è che essi patiscono in Italia gravissime violazioni di diritti fondamentali. Ciò è noto a chiunque si occupi di questo per lavoro ed è comunque attestato in numerosi atti provenienti da autorità nazionali e internazionali.
A mero titolo di esempio, anche su questo blog abbiamo riportato la ferma condanna dell'Italia da parte del Parlamento Europeo per i gravissimi fatti di Lampedusa di alcuni anni fa.
2. Paolo Emilio afferma: "A quei cittadini italiani e agli immigrati onesti costretti a subire il "coprifuoco" in certi quartieri, mentre i clandestini rubano, rapinano, stuprano, sfruttano la prostituzione, spacciano droga e si arricchiscono".
La Redazione ci tiene ad affermare che anche questa frase è sostanzialmente razzista, perchè in Italia i furti, le rapine, gli stupri, lo sfruttamento della prostituzione e lo spaccio della droga sono praticati, purtroppo, sia da stranieri che da italiani. Sotto il profilo della quantità gli autori italiani di questi reati sono in netta prevalenza. Con riferimento ad alcuni reati - per esempio gli stupri - gli italiani sono autori del 97% dei reati, commessi (nel caso degli stupri) solo per il 3% da stranieri.
Il ricorso a circolocuzioni non cambia la sostanza e il senso complessivamente razzista delle affermazioni di Paolo Emilio.
3. Paolo Emilio si chiede dove fosse Enzo Bianchi quando venivano offese persone importanti e lo stesso Gesù Cristo. Per quello che ne sappiamo noi, era a compiere i suoi doveri di priore.
Imitando anche in questo Gesù Cristo, i cui Vangeli ci tramandano che interveniva con forza in difesa degli indifesi.
Dunque, nel Vangelo si racconta di Gesù che difende prostitute, pubblicani, ladri e simili. Ma non viene tramandato alcun intervento di Gesù in difesa dei sommi sacerdoti o di alcun altro potente.
Di certo non perché Gesù non avesse rispetto per l'autorità, ma perchè l'autorità si difende già benissimo da sé.
4. Paolo Emilio scrive: "Non l'ho sentita, allora. Per questo, senza rancore, preferisco non sentirla adesso". Sembra ovvio che frequentare questo blog e sentire le prediche di Enzo Bianchi non è obbligatorio per nessuno. Dunque Paolo Emilio potrà andare altrove quando non vuole sentire ciò che scriviamo qui.
Pubblichiamo comunque la "predica" (la definizione è sua) di Paolo Emilio, ma informiamo che non pubblicheremo più in futuro nulla che sia, nella forma e/o nella sostanza, razzista.
La Redazione
Non per fare polemica con Paolo Emilio, ma che la Chiesa abbia la sola voce del Papa mi pare una forzatura, non fondata né di fatto né dal punto di vista teologico (per quanto io non sia un esperto, purtroppo o per fortuna). Mi sembra che su questo punto Paolo Emilio sia stato più cattolico del Papa.
Io poi davanti a tutto il resto della discussione, torno a dire che non so se Paolo Emilio sia in buona fede o no, se sia razzista più di quanto lo possa essere io in certi momenti e con certi comportamenti. Sommessamente vorrei dire che se lui ci tiene a difendere bene i suoi valori e i suoi principi, un po' più di carità non guasterebbe! Ed è un consiglio che do anche a me stesso tanto per non sbagliare....
Un saluto
I.
Bene, mi avete dato pubblicamente del "razzista" !
Non ho molte parole da dirvi, a questo punto.
Spero soltanto che si firma "Uguale per Tutti", ovvero "La Redazione", non amministri la giustizia allo stesso modo con il quale trancia giudizi sul sottoscritto.
Cordiali saluti a tutti.
Nel condividere le opportune considerazioni de "Il Cane di Jack", precisiamo che in Italia, per il momento, l'uguaglianza di tutti - cittadini o stranieri, cristiani o musulmani, uomini o donne, eccetera - è principio di diritto e di giustizia (il nostro blog si ispira all'art. 3 della Costituzione).
Dunque, prima ancora che la carità è la giustizia - intesa qui, visto il tema, come virtù morale e cardinale - che impone di non fare alcun tipo di distinzione fra cittadino e straniero.
E, con riferimento alla condizione di "clandestino", di non fare alcuna distinzione che non sia quella specifica propria della clandestinità.
Dunque, si può dire dei clandestini in genere che non rispettano le norme sull'immigrazione. Non si può dire, invece, che sono "stupratori" o delinquenti, perchè l'essere "stupratori" o delinquenti non è una caratteristica dei "clandestini" (nel senso che stupratori e delinquenti sono sia i clandestini che i non clandestini).
Avvicinare suggestivamente le espressioni "clandestino" e "stupratore" o "delinquente" è grave violazione della giustizia (sia come principio etico laico che come virtù cristiana) e costituisce una forma più o meno consapevole di istigazione alla discriminazione.
Ugualmente a come se si dicesse "ricchi/ladri", o "avvocati/disonesti", "donne/perfide", o "magistrati/venduti".
La Redazione
Per Paolo Emilio, con riferimento al Suo commento delle 17.34.
Gentile Paolo Emilio,
nel confermare tutto ciò che abbiamo scritto con riferimento al Suo commento, Le segnaliamo che, proprio perchè abituati per lavoro ad analizzare e giudicare i fatti (non le persone), conosciamo la distinzione formale e sostanziale che c'è fra dare del razzista a Tizio e dire che ciò che Tizio ha detto ha un contenuto sostanzialmente razzista.
Noi non le abbiamo dato del razzista.
Lei ha dato genericamente dei delinquenti e stupratori agli immigrati o a una parte di loro indistintamente considerata e noi abbiamo chiarito che fare questo è, per i motivi che abbiamo ampiamente illustrato, istigare alla discriminazione.
Questo e quanto.
Il resto è inutile polemica.
Per Lei e per tutti i lettori valgono le regole enne volte affermate e ribadite in questo blog:
1. sono non solo bene accette, ma sinceramente gradite le opinioni di tutti, anche le più decisamente critiche;
2. c'è una enorme differenza sostanziale fra dissenso deciso e irriducibile e mancanza di rispetto verso gli altri;
3. libertà di parola non significa libertà di commettere ingiustizia;
4. la violazione, comunque, perpetrata del diritto di ogni persona a non essere discriminata è "ingiustizia" e non è consentita qui;
5. poichè ci ripugna "censurare", abbiamo comunque pubblicato tutto ciò che non ci esponesse ad azioni giudiziarie, ma abbiamo - com'era nel nostro diritto legale e nel nostro dovere etico - inserito le precisazioni necessarie a non essere complici di alcuna forma - palese o strisciante - di razzismo e/o discriminazione;
6. le regole testé esposte sono vincolanti. Non è vincolante, ma auspicabile la buona educazione. E' possibile dire che non si è per niente d'accordo con ciò che ha scritto Enzo Bianchi senza bisogno di dire che non ci va di ascoltare le sue prediche. Abbiamo pubblicato l'articolo di Enzo Bianchi. Come detto, accettiamo e gradiamo anche dissensi decisi sui suoi contenuti. Troviamo sgradevole e inutilmente maleducato insolentire contro ciò che è stato pubblicato. Sembra ovvio che se una persona si fa ospitare in casa d'altri non è minimamente tenuta a dirsi d'accordo con le idee dei padroni di casa, ma risulta certamente utile a una costruttiva convivenza che il dissenso sia manifestato in maniera cortese e rispettosa dell'ospitalità offerta.
Chi non capisce queste cose finirà inevitabilmente con non avere, come dice Paolo Emilio, "molte parole da dire".
Esiste, per chi sia abituato a coltivare il dialogo milioni di parole che esprimono milioni di idee senza offendere nessuno e senza essere inutilmente ostili con chi ha la cortesia di ospitare quelle parole.
La Redazione
A dir il vero sono veramente stanco di esser sempre costretto a correggere le false interpretazioni del mio pensiero.
Se io dico che "in certi quartieri" i clandestini delinquenti (non "tutti", ma quelli del quartiere, e neppure tutti i clandestini del quartiere, ma i clandestini che delinquono) la fanno da padrone, impuniti, dico forse il falso ?
Smentitemi, vi prego.
Se necessario, vi inviterei a passeggiare, senza scorta, la sera sotto casa mia, così potreste constatare "de visu" se abbia ragione o se sia invece un miserabile razzista !
Cordiali saluti.
Al di là degli sterili cavilli "giuridici", saprete pur bene che dopo un certo tempo di pratica del diritto un Giudice impara a vedere al di là della forma, interpretando talvolta le norme in termini estesi oppure restrittivi per salvaguardare le ragioni sostanziali di un soggetto.
I miei interventi sono sempre stati rispettosi. Potrei aggiungere: anche troppo, visti i toni di tanti altri interventori.
Se non li gradite, rimarrete soli, con i vostri "fans".
Ad ogni modo, sono ora costretto a salutarvi, perché, anche se è festa, devo terminare la redazione di una sentenza assai complessa.
A risentirci.
Paolo Emilio.
L'intervento del pastore di Dio, ha agìto il mio immaginario "biblico" legando le vicende in un'unica parola:persecuzione.
Come chiamare questa caccia al diverso? Perché ormai di caccia si tratta.
Qualche giorno fa sono stati fatti controlli (meglio raid)sui mezzi pubblici della città di Milano, a caccia di immigrati irregolari.
"I viaggiatori raccontano di aver visto persone controllate e portate via a bordo di cellulari o autobus con grate alle finestre, simili a quelli utilizzati per gli ultrà" (repubblica).
A Roma per la terza volta una donna
passaporto delle Isole Mauritius ma cittadina italiana, sposata da venticinque anni con un calabrese, due figlie, è stata aggredita da un uomo che con fare minaccioso le ha gridato:«Sporca negra, che c… vuoi?», «C’avete rotto, tornatevene al vostro Paese».
Joana Hotea, giovane donna rumena, mediatrice culturale, sposata con un italiano e mamma di un bimbo di 15 mesi, che teneva in braccio mercoledi scorso, e’ stata insultata e aggredita alla fermata di un autobus romano, la linea H, perche’ “scambiata” per Rom.
Nella notte tra venerdì e sabato 25 maggio, dentro il centro di detenzione di C.so Brunelleschi, a Torino, muore Fathji, Hassan,tunisino ( e non marocchino come riportato dai giornali)per una polmonite non curata nonostante che i compagni (di cella, visto che i Cpt sono delle prigioni) avessero più volte chiesto l'intervento della guardia medica.E'di ieri la notizia che la Croce Rossa Italiana
ha sospeso ogni intervento sanitario fino a quando le proteste e lo sciopero della fame intrapresi dai trattenuti (per protestare contro la morte di Fathji) non finiranno. Con buona pace degli obiettivi umanitari di questo organismo.
In più l'Ue ha presentato delle proposte che modificano (in peggio)alcune norme vigenti in materia di asilo e immigrazione.
Per non parlare poi, del pacchetto di (in)sicurezza e del reato di clandestinità.
Ma chi è il clandestino? Arrivano i barconi stracarichi di uomini e donne (se non muoiono prima in mare)e li liquidiamo come "clandestini"senza sapere che tutti gli esodanti del mare sono LEGITTIMI BENEFICIARI di protezione internazionale, profugo, o perseguitato.
Coninuiamo a s-parlare di clandestini (o immigrati irregolari)quando pur lavorando non hanno un permesso di soggiorno (e forse mai l'otterranno)perché bisogna attendere il "decreto flussi”.
l decreto flussi infatti è destinato alla richiesta di assunzione di stranieri residenti all’estero(quale datore di lavoro sarebbe mai disposto ad assumere senza neppure un periodo di prova?).
n realtà, è risaputo, le quote del decreto flussi vengono per la quasi totalità destinate a richieste di datori di lavoro che, fingendo la chiamata di un cittadino extracomunitario dal paese d’origine, cercano di aggirare il problema e provano a regolarizzare lo straniero "clandestino" già impiegato irregolarmente.
Quindi, clandestini per obbligo non per scelta.
Allora prima di liquidare (razzisticamente)tutte puttane le donne rumene, delinquenti i clandestini, ladri(di bambini) i room,sarebbe bene sapere prima, di cosa stiamo parlando.
Un saluto
LiaG.
A Paolo Emilio, con riferimento ai Suoi commenti delle 18.01 e delle 18.16.
Lei scrive:
"A dir il vero sono veramente stanco di esser sempre costretto a correggere le false interpretazioni del mio pensiero".
E noi siamo veramente stanchi di dovere essere costretti a interpretare il Suo pensiero e di dovere fronteggiare la Sua inutile polemica e la Sua scortese ostilità nei confronti di chi non la pensa come Lei.
Lei scrive:
"Se necessario, vi inviterei a passeggiare, senza scorta, la sera sotto casa mia, così potreste constatare "de visu" se abbia ragione o se sia invece un miserabile razzista !"
E' proprio questo Suo ragionamento che è razzista.
Nei giorni scorsi a Napoli è stato incendiato dolosamente da una folla inferocita un campo dove viveva un certo numero di rom.
La cosa ha integrato gravi reati e gravissima ingiustizia in danno di persone innocenti (e ciò senza dire che neppure se fossero state colpevoli sarebbe in alcun modo legittimo e tollerabile un rogo).
In mancanza di prova del contrario si deve presumere che la maggior parte di loro (o anche uno solo di loro) fossero/fosse persone per bene.
Bruciare un campo di rom perchè uno, due o mille rom hanno commesso dei reati è come se dei milanesi bruciassero un condominio dove abitano dei calabresi perchè uno, due o mille calabresi fanno rapine a Milano, o come se dei tedeschi bruciassero un quartiere dove abitano degli ebrei perchè uno, due o mille ebrei fanno affari che non sono graditi al III Reich.
Lei continua a dire inaccettabili cose razziste.
La legge deve perseguire i singoli autori di eventuali reati. Né la legge, né la folla può perseguire, odiare, additare al pubblico disprezzo "categorie" di persone.
Il razzismo è nient'altro che questo.
Tutti coloro che praticano il razzismo si convincono di non essere razzisti.
"Non siamo noi che disgriminiamo i neri, sono loro che sono obiettivamente diversi dai bianchi", "Non siamo noi che discriminiamo i musulmani, è che la religione musulmana è oggettivamente deplorevole".
Lei scrive:
"I miei interventi sono sempre stati rispettosi. Potrei aggiungere: anche troppo, visti i toni di tanti altri interventori".
La nostra opinone è, come già detto, che i Suoi interventi sono spesso sgarbati, inutilmente polemici, tesi non a condividere le Sue opinioni ma a farle "prevalere" con espedienti retorici che contengono costantemente argomenti cc.dd ad hominem. Lei non dice a "Chiazzese" "non sono d'accordo", ma "ragazzino, studia e leggi buoni libri invece di pasticciare con un pessimo inglese"; lei, a Enzo Bianchi che dice "un cristiano dovrebbe fare così" non risponde dicendo "secondo me no, secondo me un cristiano dovrebbe fare cosà", ma "lei non ha titolo, dov'era quando ...".
Lei minaccia ingenuamente:
"Se non li gradite, rimarrete soli, con i vostri "fans"".
Come Le abbiamo spiegato invano enne volte l'audience non è fra i nostri valori di riferimento e non temiamo la solitudine.
Lei scrive:
"Ad ogni modo, sono ora costretto a salutarvi, perché, anche se è festa, devo terminare la redazione di una sentenza assai complessa".
Nessuno La trattiene né siamo stati noi a "costringerLa" a dedicarci il Suo prezioso tempo, costringendoci a spenderne il doppio del nostro in faticose precisazioni. Dunque, non si comprende perchè ci informi di quanto sia impegnato nel lavoro, posto che tutti noi, purtroppo, anche se è festa siamo davanti a un computer.
Lei scrive:
"A risentirci".
Solo se imparerà a essere cortese e a rispettare i Suoi interlocutori.
Non pubblicheremo altri scritti inutilmente offensivi: degli stranieri, dei comunisti, dei ragazzini, di quelli che non parlano l'inglese, di quelli che (Lei crede) hanno letto meno libri di Lei, di quelli che non hanno capito bene come Lei qual'è la verità su tutto e quali le soluzioni da adottare per salvare il mondo, eccetera.
Quando avrà finito di scrivere la Sua "sentenza assai complessa", si alleni a esporre le Sue opinioni senza attaccare i Suoi interlocutori. Si abitui a proporre argomenti e non a screditare chi argomenta in maniera che non Le piace.
Si alleni a scrivere ciò che pensa nel merito senza denigrare i Suoi interlocutori.
Quando Le sembrerà di esserci riuscito, torni a trovarci. Saremo qui da soli :-) ad aspettarla.
La Redazione
Bene, vi siete sfogati.
Legittimo.
Mi spiace soltanto per alcuni validissimi interlocutori che avevo trovato in questo sito, ma sono ora costretto a porgere definitivamente, a tutti, i miei più cordiali saluti.
Paolo Emilio.
Io la vedo da un'angolazione diversa. Sono il primo a voler aiutare chi è in difficoltà. Nascere in Africa non è una colpa, ma una sfortuna.
Il problema è uno soltanto e sempre quello. La certezza della pena. Si può essere gialli, verdi, rossi, bianchi...ma quando si sbaglia si deve pagare. Questo, a mio giudizio, vale per tutti.
Poi accade che, avendo pagato tasse da sempre e vedendomi scavalcato nell'assegnazione delle case popolari o nella graduatoria dell'asilo nido da Clandestini, mi indigni.
E questo vale ancora di più quando chi commette un reato è clandestino, viene espulso formalmente, perchè rimane, e contunua a delinquere.
Naturalmente non si deve generalizzare, ma chi sbaglia, a prescindere dal colore della pelle, deve pagare.
Per Filippo (con riferimento al Suo commento dlle 20.24).
Gentile Filippo,
siamo sostanzialmente d'accordo con la prima parte della Sua analisi, pur con qualche precisazione.
A nostro modesto parere, il problema è quello di una maggiore difesa della legalità.
Nei confronti di tutti.
Insomma:
1. più giustizia;
2. uguale per tutti.
Purtroppo, a questo si oppongono in Italia centinaia di leggi fatte per "coprire" questi e quelli. Sanatorie, sconti di pena, indulti, norme falsamente garantistiche e in realtà distruttive del sistema.
Adesso ci si accorge (con qualche anno di ritardo) di quali sono le conseguenze di tutto questo.
Si spererebbe che vi si ponesse rimedio.
Per davvero. Senza imbrogliare i cittadini, facendo finta di fare il pugno di ferro contro una sola categoria di persone (per di più ingiustamente).
Quanto a ciò che Lei scrive quando afferma "Poi accade che, avendo pagato tasse da sempre e vedendomi scavalcato nell'assegnazione delle case popolari o nella graduatoria dell'asilo nido da Clandestini, mi indigni", ci permetta di dirLe che si sbaglia e molto.
Infatti:
1. In Italia nessun Comune assegna case popolari a clandestini. Dunque la frase "Poi accade che, avendo pagato tasse da sempre e vedendomi scavalcato nell'assegnazione delle case popolari" è un involontaria (da parte Sua) conseguenza della "propaganda" razzista di questi tempi. In sostanza, Lei è incorso in un luogo comune razzista: che i cittadini siano scavalcati in loro diritti da stranieri "cattivi".
2. Se Lei venisse superato in una graduatoria di case popolari da qualcuno, vorrebbe dire che costui non è clandestino e ha più diritto di Lei di avere quella casa popolare. Ovviamente l'idea che l'essere "italiano" dovrebbe costituire titolo preferenziale in danno di chi abbia, in ipotesi, più titoli ma sia straniero è semplicemente "razzismo".
3. In alcuni Comuni si ammettono negli asili anche i figli dei clandestini. La cosa è altamente giusta e altamente civile. Perchè siamo certi che Lei non vorrà discriminare i bambini sulla base della condizione di regolarità o no dei loro genitori. I bambini hanno per definizione (morale e giuridica) tutti gli stessi diritti. Anche in questo caso distinguerli in figli di italiani e figli di stranieri sarebbe semplicemente "razzismo" (vede come il razzismo si fa strada senza che ci se ne accorga?).
Per tutti, sarebbe utile che si riflettesse sul fatto che ancora oggi l'immigrazione clandestina NON E' REATO, ma solo una contravvenzione. In pratica, come posteggiare in divieto di sosta. Notate che ci sia tanto odio e tanta discriminazione nei confronti di chi posteggia in divieto di sosta (e sono tanti)?
Infine, ovviamente pienamente d'accordo con Lei sul fatto che "chi sbaglia, a prescindere dal colore della pelle, deve pagare".
Il problema, come dicevamo, è che, se si insultano i giudici, si rende inefficiente la giustizia così che amici e amici degli amici possano farla franca, è inevitabile che la facciano franca anche i ladri e gli scippatori.
Lei e noi auspichiamo che la giustizia sia uguale per tutti nel senso che si perseguano tutti i delinquenti.
Attualmente la giustizia tende a essere uguale per tutti nel senso che non si persegue nessuno.
Ciò che pare inaccettabile è un diritto penale a doppio binario: senatori corruttori e bancarottieri a piede libero e ladri di polli all'ergastolo.
Questo viola l'art. 3 della Costituzione.
Grazie per la Sua attenzione e partecipazione.
La Redazione
Sinceramente non comprendo quante inutili polemiche e quanti gratuiti commenti sono stati espressi da paolo emilio. Il problema dei clandestini esiste e lo sa chiunque usi il bene + raro: la capacità di intelligere.
Esiste anche il problema della delinquenza tutta italiana, della superficialità, dell'esasperazione.
Però devo esprimere ciò che mi ha dato più fastidio nel leggere le frasi di paolo emilio:
"Ad ogni modo, sono ora costretto a salutarvi, perchè, anche se è festa, devo terminare la redazione di una sentenza assai complessa."
Cosa vuole farci intendere: che è un giudice stakanovista che lavora anche nei giorni di festa: magari come quel giudice che lavorava il giorno di natale mentre i "suoi " colleghi banchettavano?
Mi chiedo quale produttività può avere chi fomenta inutili polemiche e cerca di allontanare l'attenzione dal vero argomento di discorso.
In questo blog bisogna essere attenti....e non .....permalosi?
Qui non si esalta il Super Uomo.....si ricerca l'uomo in tutte le sue espressioni.....e la redazione del blog è sempre stata misurata ed equilibrata nell'esprimere il proprio pensiero.....anche permettendo la pubblicazione di tutti i commenti....compreso il suo Illustre Paolo Emilio.
Non si senta attaccato da me....pensi piuttosto a quanti attacchi ha espresso lei.....magari se si guardasse di + intorno potrebbe anche avere altri argomenti da proporre che verrebbero senz'altro letti con tutta l'attenzione necessaria.
Mathilda
"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali."
parole sacrosante, ma la realtà purtroppo è ben diversa, in questo malatissimo paese. :(
La Redazione dice:
"Attualmente la giustizia tende a essere uguale per tutti nel senso che non si persegue nessuno".
Mi permetto di contestare questa cosa: la giustizia non è uguale per tutti nemmeno in quel senso. La giustizia, in questo momento e in questo luogo, si è trasmutata nel binomio sfortuna/fortuna. Ovviamente poi in questa roulette alcuni hanno il potere di barare.
E poi volevo dire che da famoso balcone di Paolo Emilio si vede una realtà parziale, che consiste nel disagio di dover stare troppo stretti con altri esseri umani in luoghi troppo poveri. Da una persona intelligente e colta come lui mi sarei aspettato una visione più ampia, magari provocatoria (non mi aspetto che tutti abbiano un buon carattere), ma razionale.
E per finire: a chi vorrebbe spacciare la difesa di principi di legalità e umanità per lassismo, vorrei dire che si sbaglia. Vi è moltissimo rigore nel difendere il principio di legalità e . nessun rigore è possibile senza umanità (o se qualcuno preferisce il termine, senza carità).
Buonanotte a tutti
I.
Gentile Redazione,
ho letto i commenti fino a questa frase
"... ma sono ora costretto a porgere definitivamente, a tutti, i miei più cordiali saluti.
Paolo Emilio."
Adesso, preso dal "panico", vi "imploro": non fate scappare Paolo Emilio!!!
E, per Lui, se mi legge:
Caro Paolo Emilio,
mi considero un immigrato musulmano a tutti gli effetti, sia nella discriminazione che subisco oramai da 20 anni, sia nella mancata garanzia dei miei diritti di cittadino italiano. Credi, la generalizzazione degli stereotipi negativi, rappresenta qualcosa di terrificante per tutti coloro che vengono additati loro malgrado. Mi auguro che questa Redazione, allo stesso modo come cerca di convincere Lei di abbandonare i suoi pregiudizi nei confronti degli immigrati, faccia altrettanta autocritica verso se stessa, con i propri, nei confronti di tutti gli accusati di aver violato l'art. 416 bis c.p., I veri mafiosi sono impunemente al potere; i colpevoli, accertati, soltanto dei paralitici-disadattati-cialtroni; la maggioranza degli accusati ingiustamente, invece, solo dei poveri cristi!
Con la solita stima, bartolo iamonte.
Per Paolo Emilio:
Fonte www.corriere.it
Il Vaticano: «No al carcere
per il reato di clandestinità»
Il Segretario del Pontificio consiglio per i migranti, monsignor Agostino Marchetto: «Non si può privare della libertà un cittadino comunitario per un'infrazione amministrativa>>
Con riferimento al commento di Anonimo delle 16.50, la notizia si trova, con ulteriori approfondimenti, sul nostro blog a questo link.
La Redazione
Segnaliamo anche, sempre sul nostro blog, un articolo del card. Carlo Maria Martini: ”Ma siamo divenuti un popolo di razzisti?”.
La Redazione
gentile redazione
viviamo in tempi grigi in cui si foraggiano estremismi, razzismi e umori popolari.
Sento sempre più persone - amici e colleghi - parlare dell'immigrazione con sommo ribrezzo, come ad un male da abbattere; un male da cui derivano tutte le ingiustizie del nostro Paese.
Io sono pessimista perchè stiamo toccando il peggio del peggio.
Ho conversato con un mio amico tempo fa- parlavamo dell'immigrazione e lui - uomo laureato, lavoratore e militante di partito di maggioranza - mi ha detto come a suo dire si può risolvere il problema.
cito in breve il suo pensiero: a suo dire in Italia mancano leggi vigorose che vanno cercate con forza in quelle legge approvate in Germania dopo il 1933; a suo dire non c'è posto in Italia per gli immigrati e in verità non c'è posto sulla Terra, a suo dire i rom e altri sono geneticamente inferiori a noi razza eletta (usa proprio questo termine "razza eletta") e come tali non meritano di vivere.
queste frasi, queste parole, questi pensieri li ho sentiti non solo da lui ma da altre persone, da tante persone.
Per cui ho un po' di vergogna e ribrezzo nel vivere in un Paese in cui la rievocazione del terzo reich viene vissuta come un normale antidoto all'immigrazione e in cui sempre più sento parlare di soluzione finale.
scusate lo sfogo
alberto
Il rispetto dei diritti dei clandestini è sacrosanto, non c'è dubbio, ed è giusto che la Chiesa richiami al dovere di accogliere fraternamente persone provenienti da altri paesi. A mio avviso però, in Italia, allorquando si vuole parlare della necessità di regolamentare il fenomeno dell'immigrazione, in modo da non doverlo più subìre passivamente ma da gestirlo con senso di responsabilità nei confronti di tutti, sia degli italiani che degli stessi immigrati (come avviene in tutti gli altri paesi europei), può capitare di essere fraintesi e si finisce per non affrontare nemmeno la discussione. Mi sono recata spesso all'estero e non mi è mai capitato di assistere allo sfacelo di certe nostre città, dove ai margini dell'area metropolitana (ma anche nei centri storici) si stanno formando veri e propri ghetti extra legem, dove gli immigrati vivono in condizioni indegne di un paese civile. Il punto è, a mio avviso, se possiamo o meno garantire un lavoro e una vita decorosa a tutte le persone che accogliamo e se possiamo permetterci, al di là della strumentalizzazione fatta ultimamente del problema sicurezza, di perdere il controllo di legalità di intere aree metropolitane, dove di fatto lo Stato, dispiace dirlo, è assente. Nelle attuali, disastrose condizioni in cui versa il nostro paese, in cui sempre più ampia parte della popolazione vive alle soglie della povertà e i giovani difficilmente trovano lavoro, credo che non sia più possibile accogliere indiscriminatamente tutti (si tratta, naturalmente, di una mia discutibilissima opinione). In altri paesi europei vi è almeno un sereno dibattito sull'argomento, e se non erro il Governo Inglese ha promosso uno studio serio sul fenomeno dell'immigrazione. Mi piacerebbe che anche qui in Italia, a livello politico, si avviasse un serio dibattito sull'argomento, senza odiose strumentalizzazioni e senza dover più sentire luoghi comuni, ciò che a mio avviso non è ancora stato fatto.
Ringrazio per l'attenzione e porgo cordiali saluti.
Paola Risi
Per arricchire il dibattito, sperando di fare cosa gradita, mi permetto di segnalare il link di un articolo del quotidiano La Stampa, in cui si illustrano i risultati dello studio della Commissione formata da alcuni autorevoli membri della Camera dei Lords sull'immigrazione in Gran Bretagna:
"dopo un’indagine durata otto mesi e ascoltato il parere di decine di esperti, professori universitari, uomini d’affari, esponenti politici alla guida di diverse comunità, il comitato presieduto dall’ex ministro dell’energia Lord Wakeham è arrivato alla conclusione che occorre limitare l’accesso degli immigrati perché tutte le statistiche presentate dal governo per sostenere la tesi contraria sono sbagliate"...
Il testo integrale dell'articolo si può leggere al seguente link:
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/200804articoli/31538girata.asp
Cordiali saluti,
Paola Risi
ERRATA CORRIGE: perdonate, ecco il link esatto dell'articolo del La Stampa cui prima ho fatto riferimento:
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/200804articoli/31538girata.asp
Paola Risi
Per una ragione che non comprendo, non riesco a pubblicare il link completo dell'articolo. Mi scuso e ringrazio per la pazienza.
Paola Risi
Gentile Paola,
La aiutiamo noi.
Per leggere l'articolo segnalato da Lei sarà sufficiente cliccare qui. :-)
Un caro saluto.
La Redazione
Per Yup.
Lei ha postato per la seconda volta un commento che non abbiamo pubblicato allora e non pubblichiamo adesso.
La razione della mancata pubblicazione consiste nel fatto che le regole del blog vietano la pubblicazione di post che costituiscano reato.
Le cose che lei ha scritto sono razziste e violano l'art. 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, con la quale l'Italia ha ratificato la Convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966.
La norma che le abbiamo testè citato dispone che:
"Salvo che il fatto costituisca più grave reato, anche ai fini dell'attuazione della disposizione dell'articolo 4 della convenzione, è punito:
a) con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi".
Siamo consapevoli che in questo momento questo reato lo stanno commettendo anche parlamentari e ministri, ma ciò non toglie che resta un reato e che non lo si commetterà qui.
La smetta di essere razzista.
La Redazione
Due rumeni, hanno assalito, bastonato senza pieta (fratture multiple, perdita di tutti i denti per la donna etc.) due turisti olandesi che avevano messo la loro tenda in un campo d'erba (dopo avere chiesto il permesso) la donna poi é stata ripetutamente violentata, e per coronare la loro serata i rumeni li hanno derubati.
i due coniugi stavano raccogliendo denaro per una fondazione a favore di meno-validi
del nostro paese ( NL ).
entrambi avevano passato i 50 anni, il marito era anche (sia pur leggermente handicapt) i due coraggiosi rumeni armati di randelli hano fra l'altro dichiarato che hanno usato una violenza estrema poiche la donna rifiutava di farsi violentare da loro ( cosa che ritenevano normale).
Un fatto di cronaca, uno dei tanti; che fossero rumeni era statisticamente probabile, da noi l'82% dei delinquenti processati e condannati da tribunali regolari é straniero, spessissimo marocchini, turchi,bulgari, rumeni etc.
fare cronaca di codesti fatti lo chiamate razzismo, implicitamente quindi dichiarate i nostri giudici razzisti; evidentemente vi considerati gli unici illumunati del mondo e tutti gli altri hanno torto compresi i nostri giudici.
Purtroppo io non sono illuminato come voi, e spero che non vi capiti mai quello che i nostri due turisti hanno dovuto subire a causa dei due rumeni , la da voi in Italia.
Bel paese, gente simpatica, ma prtroppo la sicurezza é scesa a livelli inacettabili.
personalmente io sono stato derubato in strada due volte, guarda caso da rumeni.
Per fortuna so parlare un po di italiano e sono riuscito a fare denuncia dai carabinieri.
se razzista vuol dire denunciare fatti del genere... be allora dovremmo ridefinire il termine razzista.
cordialmente Yup.
Posta un commento