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Intervista di Peter Gomez a Bruno Tinti
da L’Espresso del 19 giugno 2008
Argomenti pretestuosi. Dati falsi o infondati. Così la politica dà l’assalto alle intercettazioni. per imbavagliare le indagini, sottrarsi al controlli e coprire i comportamenti illegali. Parola di pm.
Spesso la tutela della privacy rappresenta solo la tutela dei propri panni sporchi
I costi? La verità è che con le intercettazioni lo Stato ci guadagna oppure va in pari.
Era nel suo programma e Silvio Berlusconi lo ha ribadito a Santa Margherita Ligure tra gli applausi scroscianti dei giovani della Confindustria: intercettazioni d’ora in poi consentite solo nelle inchieste di mafia e terrorismo e cinque anni di carcere per i giornalisti che le dovessero pubblicare.
La grande controriforma del Cavaliere avanza a passi veloci verso il Consiglio dei ministri in cui il Guardasigilli Angelino Alfano la tradurrà in disegno legge.
La maggioranza però non è compatta.
La Lega vuole che gli ascolti restino anche per altri reati, a partire da quelli di corruzione e concussione. An nicchia.
Su un punto però in Parlamento e al Quirinale tutti, o quasi, sono d’accordo: in Italia s’intercetta troppo, si spende troppo e si viola troppo la privacy dei cittadini.
Per questo il presidente Giorgio Napolitano invita ad approvare una legge condivisa trovando porte spalancate anche nel Pd.
Ma davvero esiste in Italia un’emergenza intercettazioni?
“L’espresso” ne ha discusso con un tecnico, il procuratore aggiunto di Torino Bruno Tinti, autore tra l’altro del bestseller “Toghe rotte. La giustizia raccontata da chi la fa”, 100 mila copie vendute che illustrano bene le cause del mal funzionamento dei tribunali in Italia.
E, dati alla mano, ha scoperto che le cose stanno in maniera molto diversa, rispetto a quanto ripetuto nelle aule parlamentari.
Per Tinti, infatti, questa lotta alle intercettazioni non è altro che la decisione di parte della classe politica e dirigente italiana di sottrarsi al controllo di legalità.
Perché tutti gli argomenti utilizzati per giustificarla sono infondati o falsi ...
Ma come? Il ministro Alfano afferma che da noi s’intercettano ogni anno più di 100 mila persone, è un numero enorme ...
«Sì, ma si tratta di un dato non veritiero. Perché si fa confusione tra utenze ed utenti.
Un conto sono gli apparecchi messi sotto controllo, che possono benissimo essere 100 mila, e un conto è il numero degli intercettati.
A Torino, per esempio, mediamente si mettono sotto, come diciamo in gergo, dieci utenze a persona».
Cioè controllate anche i familiari e amici? Mi pare grave ...
«Ma no! Il fatto è che chi delinque sa benissimo di poter essere intercettato.
E allora non utilizza il proprio telefono ufficiale per le attività criminali.
Noi quindi andiamo a caccia dell’apparecchio buono.
Partiamo da quello che conosciamo, spesso la sua utenza fissa, la ascoltiamo e se nel giro di due o tre giorni capiamo che non è giusto, lo molliamo e passiamo agli altri.
Così, di telefono in telefono, arriviamo a trovare quello esatto.
Le prime intercettazioni, quelle che gonfiano le statistiche, durano pochissimo.
Nel caso degli spacciatori, poi, è prassi che ciascuno di essi utilizzi più schede telefoniche o contemporaneamente o in successione».
Però l’aumento delle intercettazioni c’è stato: le utenze messe sotto controllo durante il 2003 erano 78 mila. Oggi sono 125 mila ...
«Sì, ma è falso che si tratti di una crescita abnorme.
Anche in questo caso, come quando si dice che buona parte del Paese è intercettata, si dice una cosa non vera.
E per rendersene conto è sufficiente osservare i dati: la curva dei telefoni in uso cresce di anno in anno e così cresce anche quella delle intercettazioni.
Ma la seconda curva sale meno della prima. E anzi molto più bassa».
Per lei le critiche insomma arrivano da chi non conosce la situazione ...
«O fa finta di non conoscerla.
Basta guardare un’altra curva, quella dei reati.
Nel 2007 erano circa tre milioni, con un aumento del 5,15 rispetto l’anno precedente.
Ebbene la curva dei reati e quella delle intercettazioni sostanzialmente coincidono, perché se aumentano i reati aumentano gli ascolti.
Ma allo stesso modo, non in misura maggiore».
Quindi non c’è l’abuso denunciato dalla politica?
Guardi, noi a Torino noi ogni anno apriamo circa 200 mila fascicoli d’indagine, 25 mila dei quali sono contro indagati noti. Ebbene solo in 300 fascicoli vengono richieste intercettazioni».
Sì, però da più parti si fa notare che vi occupate poco della delinquenza comune, e molto di quella che riguarda le classi dirigenti. In fondo è proprio così che un magistrato finisce sui giornali ...
«Quando leggo certe cose, mi arrabbio davvero.
Le spiego esattamente cosa accade qui, premettendo che i nostri numeri sono so-stanzialmente speculari a quelli nazionali.
Ebbene, quei 300 fascicoli nei quali si fa ricorso alle intercettazioni, magari contro più persone, sono suddivisi così.
Il 50 per cento riguardano il traffico di droga.
Il 15 per cento omicidi consumati o tentati e reati contro la persona.
Un altro 15 per cento attiene poi alla criminalità organizzata».
E il resto? Tutte intercettazioni di colletti bianchi?
«Macché. Sul 20 per cento che rimane la metà è rappresentata da fascicoli a tutela delle cosiddette fasce deboli: parlo di violenze sessuali odi pedofilia.
Solo con le intercettazioni si possono trovare prove che reggano le verifiche dibattimentali.
Il disegno di un bimbo che racconta la violenza subita basta per aprire un’inchiesta, non per arrivare a una condanna.
I fascicoli riguardanti i reati contro la pubblica amministrazione e contro l’economia sono pochi: insomma, solo un trentina su quei 300».
Ma al di là dell’utilità, c’è il problema dei costi. Alfano dice che per le intercettazioni va via il 33 per cento delle spese di giustizia.
«Altra cosa non vera.
Nel 2007 lo Stato ha messo a bilancio per la giustizia più di 7 miliardi e mezzo di euro e ne ha spesi 224 milioni per gli ascolti.
Si fa confusione tra il budget complessivo del ministero e una delle sue voci, le “spese di giustizia” appunto, che ricomprendono anche i compensi a periti e interpreti, le indennità ai giudici di pace e onorari, il gratuito patrocinio, le trasferte.
E poi non si dice che con le intercettazioni lo Stato ci guadagna o va in pari».
Come ci guadagna?
«Pensi a quello che accade con quel 10 per cento di ascolti dedicati alla criminalità economica e finanziaria. Per scoprire il cosiddetto carosello Iva (le truffe sui rimborsi Iva) e le fatture false non bastano purtroppo le verifiche della Guardia di finanza.
La contabilità è infatti sempre perfettamente in ordine.
Senza intercettazioni noi come facciamo a dimostrare che quelle fatture, transitate per una società ungherese per poi andare nel Dubai, sono false?
E come facciamo a scoprire i ritorni in nero e sequestrare il denaro?
A Milano i miei colleghi nell’inchiesta sulle cosiddette scalate bancarie hanno speso 8 milioni di euro.
Ma già oggi i 64 indagati, per ottenere di patteggiare, di milioni ne hanno versati 340.
E parte di quel denaro è stato messo a bilancio dallo Stato per la costruzione di nuovi asili».
Ma i costi si possono comunque ridurre?
«Certo e lo si sta già facendo, anche se si potrebbe fare molto di più».
Come?
«Una parte significativa delle spese è dovuta ai soldi che lo Stato versa alle società di gestione telefonica per noleggiare le linee.
Ma i gestori, parlo di Telecom, Wind, Vodafone e gli altri, sono aziende che operano in regime di concessione e che guadagnano molti soldi.
Allora qualcuno mi vuol far capire perché lo Stato non inserisce nei contratti una clausola che preveda assistenza gratuita, o quantomeno a prezzi molto bassi, per le intercettazioni?».
In ogni caso solo poco più del 20 per cento dei soldi spesi sono imputabili al noleggio linee ...
«Sì, e infatti c’è anche un’altra follia.
Il ministero noleggia tutti gli impianti, le microspie, i sistemi di localizzazione satellitare.
C’è da chiedersi perché non se li compri. O almeno perché le cimici, i Gps e le microcamere non vengano acquistate dal ministero degli Interni che dovrebbe fornire alle forze di polizia tutti gli strumenti utili alle indagini».
Dicono che l’innovazione tecnologica è tale da rendere impossibile per lo Stato starle al passo ...
«E chi se ne importa!
Un apparato completo per le intercettazioni come quello che utilizziamo a Torino costa più o meno 2 milioni di euro.
Solo che noi lo noleggiamo e così di milioni all’anno ne spendiamo quattro.
Insomma l’hardware di questo tipo si ammortizza in sei mesi.
E visti i prezzi, una volta acquistato si potrebbe benissimo cambiarlo ogni due anni – cosa che oggi non avviene – continuando a risparmiare.
Ma non basta, perché con un apparato simile noi potremmo effettuare intercettazioni per tutte le procure del Piemonte.
Ma per farlo bisogna centralizzare i punti d’ascolto».
Intanto però le indagini diventano intercettazioni-dipendenti. È stato detto che la polizia non sa più fare i pedinamenti.
«Mi pare logico: la criminalità usa i telefoni satellitari e i computer e noi li seguiamo a piedi.
Anche negli ospedali oggi si usano le Tac e nessuno si lamenta per il declino dello stetoscopio ...
Ma come si fa a dire una cosa del genere?».
Resta la questione della privacy, delle storie personali che finiscono sui giornali anche se non ci sono reati.
«Guardi, se analizziamo quanto è accaduto in questo paese ci rendiamo conto che quello della privacy è un discorso finto, utilizzato da chi nella classe politica e dirigente vuole semplicemente nascondere le proprie malefatte.
Pensi che, come esempio di privacy violata, viene spesso citata la pubblicazione di un sms di Anna Falchi.
Voglio dire: c’è una signora, che si è tolta le mutande in diretta televisiva, la quale si lamenta perché è stato intercettato un messaggio in cui diceva “tanti baci caro, ti amo”.
Certo, si poteva benissimo evitare di pubblicarlo, ma siamo seri, non mi pare che questo sia il punto».
E allora qual è, secondo lei?
«È una questione di costi e benefici.
Se vogliamo combattere il crimine bisogna accettare l’intromissione nella sfera privata di pochi cittadini.
Per fare la frittata, cioè arrestare un assassino o un corrotto, bisogna rompere le uova».
Ma la pubblicazione di fatti privati non attinenti alle indagini, è un problema ...
«Sì e lo si può risolvere. Ma la verità è che sui giornali non avviene quasi mai una violazione ingiustificata della privacy.
Questa si verifica solo quando vengono resi noti farti privati di persone verso le quali non esiste un interesse pubblico.
La storia di corna del salumiere non mi pare che di solito finisca sulla stampa.
Sul giornale leggiamo invece i fatti che riguardano le classi dirigenti».
Che a volte non sono reato ...
«Allora distinguiamo. Ci sono fatti di rilevanza penale che si possono pubblicare una volta che l’indagato ne ha avuto conoscenza.
Per farlo non è necessario attendere il processo.
Se l’episodio è rilevante l’opinione pubblica non può aspettare dieci anni prima di sapere.
Non è forse giusto che i cittadini e gli investitori conoscano i rapporti tenuti dall’ex governatore di Bankitalia con i protagonisti della scalate bancarie del 2005?
A me pare di sì».
E quelli non penalmente rilevanti?
«Se fanno capo a un uomo pubblico interessano l’opinione pubblica.
Quel deputato che andava a prostitute e tirava cocaina, probabilmente non ha commesso reati.
Ma visto che era un sostenitore della famiglia e un proibizionista, credo che i suoi comportamenti possano essere legittimamente conosciuti dai cittadini.
E il discorso vale pure per me.
Se io, che sono un magistrato, andassi tutte le settimane a caccia nella tenuta di un mafioso, non commetterei un reato.
Ma qualcuno vuole sostenere che chi lo scrive viola la mia privacy?
Ma andiamo, la tutela di questa privacy in realtà è solo la tutela dei propri panni sporchi.
Non risponde a un’esigenza etica.
E’ la dimostrazione che in Parlamento c’è chi non vuole far conoscere le porcherie di cui si è reso protagonista»
Intervista di Peter Gomez a Bruno Tinti
da L’Espresso del 19 giugno 2008
Argomenti pretestuosi. Dati falsi o infondati. Così la politica dà l’assalto alle intercettazioni. per imbavagliare le indagini, sottrarsi al controlli e coprire i comportamenti illegali. Parola di pm.
Spesso la tutela della privacy rappresenta solo la tutela dei propri panni sporchi
I costi? La verità è che con le intercettazioni lo Stato ci guadagna oppure va in pari.
Era nel suo programma e Silvio Berlusconi lo ha ribadito a Santa Margherita Ligure tra gli applausi scroscianti dei giovani della Confindustria: intercettazioni d’ora in poi consentite solo nelle inchieste di mafia e terrorismo e cinque anni di carcere per i giornalisti che le dovessero pubblicare.
La grande controriforma del Cavaliere avanza a passi veloci verso il Consiglio dei ministri in cui il Guardasigilli Angelino Alfano la tradurrà in disegno legge.
La maggioranza però non è compatta.
La Lega vuole che gli ascolti restino anche per altri reati, a partire da quelli di corruzione e concussione. An nicchia.
Su un punto però in Parlamento e al Quirinale tutti, o quasi, sono d’accordo: in Italia s’intercetta troppo, si spende troppo e si viola troppo la privacy dei cittadini.
Per questo il presidente Giorgio Napolitano invita ad approvare una legge condivisa trovando porte spalancate anche nel Pd.
Ma davvero esiste in Italia un’emergenza intercettazioni?
“L’espresso” ne ha discusso con un tecnico, il procuratore aggiunto di Torino Bruno Tinti, autore tra l’altro del bestseller “Toghe rotte. La giustizia raccontata da chi la fa”, 100 mila copie vendute che illustrano bene le cause del mal funzionamento dei tribunali in Italia.
E, dati alla mano, ha scoperto che le cose stanno in maniera molto diversa, rispetto a quanto ripetuto nelle aule parlamentari.
Per Tinti, infatti, questa lotta alle intercettazioni non è altro che la decisione di parte della classe politica e dirigente italiana di sottrarsi al controllo di legalità.
Perché tutti gli argomenti utilizzati per giustificarla sono infondati o falsi ...
Ma come? Il ministro Alfano afferma che da noi s’intercettano ogni anno più di 100 mila persone, è un numero enorme ...
«Sì, ma si tratta di un dato non veritiero. Perché si fa confusione tra utenze ed utenti.
Un conto sono gli apparecchi messi sotto controllo, che possono benissimo essere 100 mila, e un conto è il numero degli intercettati.
A Torino, per esempio, mediamente si mettono sotto, come diciamo in gergo, dieci utenze a persona».
Cioè controllate anche i familiari e amici? Mi pare grave ...
«Ma no! Il fatto è che chi delinque sa benissimo di poter essere intercettato.
E allora non utilizza il proprio telefono ufficiale per le attività criminali.
Noi quindi andiamo a caccia dell’apparecchio buono.
Partiamo da quello che conosciamo, spesso la sua utenza fissa, la ascoltiamo e se nel giro di due o tre giorni capiamo che non è giusto, lo molliamo e passiamo agli altri.
Così, di telefono in telefono, arriviamo a trovare quello esatto.
Le prime intercettazioni, quelle che gonfiano le statistiche, durano pochissimo.
Nel caso degli spacciatori, poi, è prassi che ciascuno di essi utilizzi più schede telefoniche o contemporaneamente o in successione».
Però l’aumento delle intercettazioni c’è stato: le utenze messe sotto controllo durante il 2003 erano 78 mila. Oggi sono 125 mila ...
«Sì, ma è falso che si tratti di una crescita abnorme.
Anche in questo caso, come quando si dice che buona parte del Paese è intercettata, si dice una cosa non vera.
E per rendersene conto è sufficiente osservare i dati: la curva dei telefoni in uso cresce di anno in anno e così cresce anche quella delle intercettazioni.
Ma la seconda curva sale meno della prima. E anzi molto più bassa».
Per lei le critiche insomma arrivano da chi non conosce la situazione ...
«O fa finta di non conoscerla.
Basta guardare un’altra curva, quella dei reati.
Nel 2007 erano circa tre milioni, con un aumento del 5,15 rispetto l’anno precedente.
Ebbene la curva dei reati e quella delle intercettazioni sostanzialmente coincidono, perché se aumentano i reati aumentano gli ascolti.
Ma allo stesso modo, non in misura maggiore».
Quindi non c’è l’abuso denunciato dalla politica?
Guardi, noi a Torino noi ogni anno apriamo circa 200 mila fascicoli d’indagine, 25 mila dei quali sono contro indagati noti. Ebbene solo in 300 fascicoli vengono richieste intercettazioni».
Sì, però da più parti si fa notare che vi occupate poco della delinquenza comune, e molto di quella che riguarda le classi dirigenti. In fondo è proprio così che un magistrato finisce sui giornali ...
«Quando leggo certe cose, mi arrabbio davvero.
Le spiego esattamente cosa accade qui, premettendo che i nostri numeri sono so-stanzialmente speculari a quelli nazionali.
Ebbene, quei 300 fascicoli nei quali si fa ricorso alle intercettazioni, magari contro più persone, sono suddivisi così.
Il 50 per cento riguardano il traffico di droga.
Il 15 per cento omicidi consumati o tentati e reati contro la persona.
Un altro 15 per cento attiene poi alla criminalità organizzata».
E il resto? Tutte intercettazioni di colletti bianchi?
«Macché. Sul 20 per cento che rimane la metà è rappresentata da fascicoli a tutela delle cosiddette fasce deboli: parlo di violenze sessuali odi pedofilia.
Solo con le intercettazioni si possono trovare prove che reggano le verifiche dibattimentali.
Il disegno di un bimbo che racconta la violenza subita basta per aprire un’inchiesta, non per arrivare a una condanna.
I fascicoli riguardanti i reati contro la pubblica amministrazione e contro l’economia sono pochi: insomma, solo un trentina su quei 300».
Ma al di là dell’utilità, c’è il problema dei costi. Alfano dice che per le intercettazioni va via il 33 per cento delle spese di giustizia.
«Altra cosa non vera.
Nel 2007 lo Stato ha messo a bilancio per la giustizia più di 7 miliardi e mezzo di euro e ne ha spesi 224 milioni per gli ascolti.
Si fa confusione tra il budget complessivo del ministero e una delle sue voci, le “spese di giustizia” appunto, che ricomprendono anche i compensi a periti e interpreti, le indennità ai giudici di pace e onorari, il gratuito patrocinio, le trasferte.
E poi non si dice che con le intercettazioni lo Stato ci guadagna o va in pari».
Come ci guadagna?
«Pensi a quello che accade con quel 10 per cento di ascolti dedicati alla criminalità economica e finanziaria. Per scoprire il cosiddetto carosello Iva (le truffe sui rimborsi Iva) e le fatture false non bastano purtroppo le verifiche della Guardia di finanza.
La contabilità è infatti sempre perfettamente in ordine.
Senza intercettazioni noi come facciamo a dimostrare che quelle fatture, transitate per una società ungherese per poi andare nel Dubai, sono false?
E come facciamo a scoprire i ritorni in nero e sequestrare il denaro?
A Milano i miei colleghi nell’inchiesta sulle cosiddette scalate bancarie hanno speso 8 milioni di euro.
Ma già oggi i 64 indagati, per ottenere di patteggiare, di milioni ne hanno versati 340.
E parte di quel denaro è stato messo a bilancio dallo Stato per la costruzione di nuovi asili».
Ma i costi si possono comunque ridurre?
«Certo e lo si sta già facendo, anche se si potrebbe fare molto di più».
Come?
«Una parte significativa delle spese è dovuta ai soldi che lo Stato versa alle società di gestione telefonica per noleggiare le linee.
Ma i gestori, parlo di Telecom, Wind, Vodafone e gli altri, sono aziende che operano in regime di concessione e che guadagnano molti soldi.
Allora qualcuno mi vuol far capire perché lo Stato non inserisce nei contratti una clausola che preveda assistenza gratuita, o quantomeno a prezzi molto bassi, per le intercettazioni?».
In ogni caso solo poco più del 20 per cento dei soldi spesi sono imputabili al noleggio linee ...
«Sì, e infatti c’è anche un’altra follia.
Il ministero noleggia tutti gli impianti, le microspie, i sistemi di localizzazione satellitare.
C’è da chiedersi perché non se li compri. O almeno perché le cimici, i Gps e le microcamere non vengano acquistate dal ministero degli Interni che dovrebbe fornire alle forze di polizia tutti gli strumenti utili alle indagini».
Dicono che l’innovazione tecnologica è tale da rendere impossibile per lo Stato starle al passo ...
«E chi se ne importa!
Un apparato completo per le intercettazioni come quello che utilizziamo a Torino costa più o meno 2 milioni di euro.
Solo che noi lo noleggiamo e così di milioni all’anno ne spendiamo quattro.
Insomma l’hardware di questo tipo si ammortizza in sei mesi.
E visti i prezzi, una volta acquistato si potrebbe benissimo cambiarlo ogni due anni – cosa che oggi non avviene – continuando a risparmiare.
Ma non basta, perché con un apparato simile noi potremmo effettuare intercettazioni per tutte le procure del Piemonte.
Ma per farlo bisogna centralizzare i punti d’ascolto».
Intanto però le indagini diventano intercettazioni-dipendenti. È stato detto che la polizia non sa più fare i pedinamenti.
«Mi pare logico: la criminalità usa i telefoni satellitari e i computer e noi li seguiamo a piedi.
Anche negli ospedali oggi si usano le Tac e nessuno si lamenta per il declino dello stetoscopio ...
Ma come si fa a dire una cosa del genere?».
Resta la questione della privacy, delle storie personali che finiscono sui giornali anche se non ci sono reati.
«Guardi, se analizziamo quanto è accaduto in questo paese ci rendiamo conto che quello della privacy è un discorso finto, utilizzato da chi nella classe politica e dirigente vuole semplicemente nascondere le proprie malefatte.
Pensi che, come esempio di privacy violata, viene spesso citata la pubblicazione di un sms di Anna Falchi.
Voglio dire: c’è una signora, che si è tolta le mutande in diretta televisiva, la quale si lamenta perché è stato intercettato un messaggio in cui diceva “tanti baci caro, ti amo”.
Certo, si poteva benissimo evitare di pubblicarlo, ma siamo seri, non mi pare che questo sia il punto».
E allora qual è, secondo lei?
«È una questione di costi e benefici.
Se vogliamo combattere il crimine bisogna accettare l’intromissione nella sfera privata di pochi cittadini.
Per fare la frittata, cioè arrestare un assassino o un corrotto, bisogna rompere le uova».
Ma la pubblicazione di fatti privati non attinenti alle indagini, è un problema ...
«Sì e lo si può risolvere. Ma la verità è che sui giornali non avviene quasi mai una violazione ingiustificata della privacy.
Questa si verifica solo quando vengono resi noti farti privati di persone verso le quali non esiste un interesse pubblico.
La storia di corna del salumiere non mi pare che di solito finisca sulla stampa.
Sul giornale leggiamo invece i fatti che riguardano le classi dirigenti».
Che a volte non sono reato ...
«Allora distinguiamo. Ci sono fatti di rilevanza penale che si possono pubblicare una volta che l’indagato ne ha avuto conoscenza.
Per farlo non è necessario attendere il processo.
Se l’episodio è rilevante l’opinione pubblica non può aspettare dieci anni prima di sapere.
Non è forse giusto che i cittadini e gli investitori conoscano i rapporti tenuti dall’ex governatore di Bankitalia con i protagonisti della scalate bancarie del 2005?
A me pare di sì».
E quelli non penalmente rilevanti?
«Se fanno capo a un uomo pubblico interessano l’opinione pubblica.
Quel deputato che andava a prostitute e tirava cocaina, probabilmente non ha commesso reati.
Ma visto che era un sostenitore della famiglia e un proibizionista, credo che i suoi comportamenti possano essere legittimamente conosciuti dai cittadini.
E il discorso vale pure per me.
Se io, che sono un magistrato, andassi tutte le settimane a caccia nella tenuta di un mafioso, non commetterei un reato.
Ma qualcuno vuole sostenere che chi lo scrive viola la mia privacy?
Ma andiamo, la tutela di questa privacy in realtà è solo la tutela dei propri panni sporchi.
Non risponde a un’esigenza etica.
E’ la dimostrazione che in Parlamento c’è chi non vuole far conoscere le porcherie di cui si è reso protagonista»
24 commenti:
bruno tinti sarebbe un bravo ministro della giustizia.
e invece purtroppo abbiamo alfano. :-(
Ma perché togliere un bravo Magistrato dal suo lavoro?
Alfano? L'uomo giusto al posto giusto.
Poveraccio...fa il "lavoro sporco" per tutti.
La verità è che in questo paese c'è chi vuole eliminare i magistrati che indagano, i giornalisti che fanno inchiesta ed informano i loro lettori, i politici che non si adeguano al sistema.
Temo che Berlusconi sia solo il sintomo più evidente della "malattia"...e Alfano solo l'esecutore materiale di un provvedimento che sono in tanti a volere.
se tinti fosse al posto di alfano sarebbe un gran bene per la giustizia italiana. ma questo ovviamente è solo un sogno, purtroppo.
Ho appena finito di fare una selezione di personale OSA ed ausiliario da avviare al lavoro in sostituzione di dipendenti delle medesime qualifiche, che si trovano in stato di malattia o ferie. Governo italiano, non hai la più pallida idea di come sono ridotti i tuoi cittadini più umili. Più che il selezionatore di risorse umane ho dovuto fare lo psicologo. Vergognatevi miserabili!!!
b
Nicola Piccenna - Matera
Messaggio ai politici:
Approvate pure le schifezze che vi pare, saranno abrogate con un maxi-referendum. E' ora che la gente comune si tolga le pantofole e scenda in campo per spiattellare alla casta dei politici (Alfano è solo l'esecutore materiale di un disegno che attraversa tutto l'arco costituzionale) che "ca' niscun' è fess'"
Mesasggio ai giornalisti:
Non vedo dove sia il problema! Cari colleghi giornalisti, basterà togliere le virgolette e trasformare il discorso diretto in forma indirette. Magari aggiungendo qualche "pare che volesse intendere" oppure "forse avrebbe detto". Quando poi "l'intercettato di turno" dovesse querelare per diffamazione, chiederemo l'acquisizione al procedimento delle intercettazioni quale prova a discarico. Fine del discorso! Il vero problema è quanti giornalisti sono ancora liberi di scrivere?
Messaggio ai magistrati
Sarebbe ora che anche i magistrati probi facessero sentire la loro voce evitando di lasciare esposti solo i "soliti", pochi, coraggiosi, noti. E' una vergogna che dopo quanto ha scritto la Procura di Salerno i dottori: ***, ***, ***, ***, ***, ***, e buona parte del CSM (per avere un elenco completo, consultare il decreto di archiviazione a firma dei magistrati Gabriella Nuzzi e Luigi Apicella) siano ancora al loro posto come se gravissimi sospetti (alcuni confermati dalle intercettazioni, sic!) non li rendessero indecorosi e improponibili persino come uscieri del Palazzo di Giustizia.
Gli asterischi nel commento di Nicola Picenna sono stati inseriti dalla Redazione in luogo di una serie di nomi e cognomi del commento originale.
Ci scusiamo dell'intervento, ma, come esposto nelle regole di scrittura del blog, non pubblichiamo testi che possano integrare fattispecie di reato e/o lesione di diritti di terzi.
La Redazione
.. e così essi scivolavano lentamente ma inesorabilmente, senza un sommovimento generale delle persone oneste, verso il fascismo..
http://mimuovofacciocose.splinder.com/
Con riferimento al commento di Anonimo delle 22.18, riportiamo in fondo alcune considerazioni tratte da un sito internet sull'apologo della rana bollita.
Segnaliamo anche altre interesanti riflessioni sul tema a questo link.
La Redazione
"LA METAFORA DELLA RANA BOLLITA
Chi è sicuro che tutte le cose che ha mangiato fino ad ora, non gli abbiano già fatto male? Spesso si accetta consciamente che i danni provocati si manifestino più avanti nel tempo, talvolta si ha addirittura l'impressione che gli effetti negativi rimangano a lungo ignoti. Solo pochi incidenti divengono spettacolarmente visibili, come un'esplosione in una fabbrica chimica. La maggior parte dei danni colgono noi e i nostri figli di soppiatto e in ritardo e solo pochi di noi sono consapevoli di questi cambiamenti quotidiani (conforme a Kapfelsperger/Pollmer: Alimento, pag. 197).
Questo fenomeno è stato anche oggetto di ricerca scientifica e si trova in letteratura sotto il nome di boiling frog principle (il principio della rana bollita):
Se si immerge una rana in una pentola di acqua bollente, questa cerca di lasciare il contenitore all'impazzata. Invece, se la si pone in una pentola di acqua fredda che viene riscaldata lentamente, l'animale si lascia cuocere fino alla morte senza reagire.
Questa metafora della rana bollita riflette la situazione dell'umanità civilizzata nel suo ambiente sempre più contaminato giorno dopo giorno (conforme a Kapfelsperger/Pollmer: Alimento, pag. 197). Consideriamo ad esempio come un cambiamento introdotto lentamente nell'ambiente generi nella maggior parte degli uomini un aumento di irritabilità, stanchezza, aggressività e un generale peggioramento delle relazioni personali. Perciò esiste l'alta possibilità che questi segni di una mancanza di adattamento possano penetrare la società senza che vengano riconosciuti come deviazione dallo stato normale e sano tanto che tralasciamo di reagire prontamente (conforme a Kapfelsperger/Pollmer: Alimento, pag. 197) ....
Molti uomini confondono la realtà tanto che sotto le sembianze di un'economia civilmente strutturata con l'obbligo di massimizzare i profitti né l'emancipazione degli uomini né la sicurezza duratura della pace siano realizzabili.
Obiettivi come la sicurezza della pace e l'osservanza dei diritti degli uomini vengono sotto queste premesse socio-economiche non proprio perseguite, ma solo affermate.
Günter Helmut Niederl
"Le due guerre mondiali sono state possibili poiché le forze regnanti erano riuscite ad ingannare ed illudere i popoli negli anni riguardo i veri scopi della loro politica. In questo modo era loro possibile fare accettare la politica dell'armamento e infine spingere al campo di battaglia milioni di uomini" (Kühnl/Schönwälder: Demagogia della pace, pag. 7). "Da questa citazione di Kühnl/Schönwälder risalta in particolare il conflitto di interessi tra le forze regnati e il popolo ingenuo. Allo stesso tempo si pone la domanda se questo conflitto di interessi sia giustificato e se sia superabile. Gli scopi reali della politica sono in sostanza derivati dagli interessi economici" (ghn). Senza che ce ne siamo accorti ...
Eppure solo 2 settimane fa Antonio Manganelli,Capo della Polizia di Stato, denunciava:
-La GIUSTIZIA è lenta,
-la Prescrizione è puntuale,anzi è triplicata negli ultimi 5 anni!
-la CERTEZZA della pena è VANIFICATA da leggi e leggine che legano le mani alla Magistratura,
-i FERMI di chi delinque non vengono supportati da norme adeguate....
e IL GOVERNO BERLUSCONI con il Guardasigilli Alfano che fanno?
IMBAVAGLIANO la GIUSTIZIA, ammanettano la Magistratura e negano ai cittadini la Conoscenza dei (LORO) Fatti!!!!
Era proprio questa era la SOLUZIONE NECESSARIA e RISOLUTORIA DEL PROBLEMA DEI PROBLEMI?
Aveva detto:- "Ve lo prometto. la Giustizia sarà fatta in TEMPI RAGIONEVOLI".
INVECE HANNO PERMESSO DI:
-IMBAVAGLIRE l'Informazione,
-Nascondere la conoscenza dei fatti con la scusa della Privacy,
-FRENARE le Condanne,
-CONTROLLARE e CONCORDARE i REATI, anzi...
-poterli DEFINIRE ancora PRIMA di TROVARLI!
INCREDIBILEEE!!!!.
E noi dovremmo pure crederci ed ABBOCCARE?
Meno male che esistono giudici come Tinti.
Maurizio Provenza
Grande Redazione:
l'apologo della rana bollita è quanto di più bello e azzeccato io potessi immaginare.
Siamo un popolo di rane!
b
secondo me siamo già in un regime fascista. e chi va via da questo folle paese ha ragione da vendere.
Il suggerimento di Nicola Piccenna non è male :-)
Ma credo che occorra difendere un principio. Non possiamo accettare che lor signori imbavaglino la stampa.
P.S.
Questi vogliono mettere la sordina all'informazione e aumentare il controllo sugli inquirenti che vogliono indagare.
Ispirato dal dr. Lima ieri ho buttato giù due righe.
L'inciucio itercettazioni
Bontà sua, il Governo ha licenziato il disegno di legge anti-intercettazioni, riducendo gli anni di carcere per i giornalisti che dovessero pubblicare le conversazioni dei vari Fazio, D’Alema, Berlusconi, Ricucci, Moggi e compagnia cantando, da cinque a tre anni.
Bene hanno fatto gli animatori del Blog “Uguale per Tutti” a sottolineare, nel post “l’inciucio intercettazioni”, le vere ragioni che sono alla base del provvedimento governativo.
Sembra proprio che il principale problema di questo disgraziato Paese, divorato da cosche e caste, sia quello di impedire la divulgazione di conversazioni compromettenti.
A contrastare l’offensiva sul tema intercettazioni, scatenata dal “ministero della verità” berlusconiano, un’interessantissima intervista di Peter Gomez al magistrato torinese Bruno Tinti, nella quale si fa giustizia dei troppi luoghi comuni diffusi ad arte in questi giorni dal Cavaliere e dai suoi sodali, non a caso sostenuti da un coro bipartisan.
Il titolo che precede la chiacchierata tra Gomez e Tinti è fin troppo eloquente: “Argomenti pretestuosi. Dati falsi o infondati. Così la politica da l’assalto alle intercettazioni. Per imbavagliare le indagini. Sottrarsi ai controlli. E coprire i comportamenti illegali. Parola di PM.”
Penso alla proposta di affidare l’autorizzazione ad intercettare ad un organo collegiale, e provo ad immaginare cosa sarebbe successo in una Procura della Repubblica come quella di Catanzaro se il Pm Luigi De Magistris avesse dovuto affidare le sue richieste ad un pool di magistrati.
Ha proprio ragione il Ministro Alfano: il sistema è degenerato, e la fretta con cui il Governo ha inteso mettere mano alla questione intercettazioni ne è una prova lampante.
Quale privacy vogliono tutelare questi signori? Quella del signor governatore Fazio, che discute al telefono di scalate bancarie?
Sì, il sistema è degenerato, e le cosche partitocratiche sembrano aver perso ogni freno inibitore, pronte ancora una volta a stabilire per gli appartenenti alla casta franchigie e inaccettabili privilegi.
Quale sarà il prossimo passo oltre alla riproposizione del “Lodo Schifani”?
Rispondendo ad una delle domande postegli da Peter Gomez sulla questione della privacy, Bruno Tinti afferma: “Se fanno capo a un uomo pubblico interessano l’opinione pubblica. Quel deputato che andava a prostitute e tirava cocaina, probabilmente non ha commesso reati. Ma visto che era un sostenitore della famiglia e un proibizionista, credo che i suoi comportamenti possano essere legittimamente conosciuti da noi cittadini.”
Credo proprio che questo disegno di legge dovrebbe intitolarsi “I panni sporchi si lavano in famiglia”.
Intanto, torniamo a segnalare che su www.somaliagate.ilcannocchiale.it abbiamo pubblicato integralmente le conversazioni telefoniche di alcuni appartenenti a quella casta giudiziaria non meno pericolosa per i destini di questo Paese della casta partitocratica.
Per onestà intellettuale occorre anche sottolineare che sono troppi i giornalisti che non hanno certo bisogno della legge bavaglio immaginata dal Governo, in quanto abituati da sempre ad autocensurarsi e a compiacere il potere. Del resto, come affermava Indro Montanelli: “La servitù in molti casi, non è una violenza dei padroni, ma una tentazione dei servi”.
Noi sottoscriviamo l’appello indirizzato al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano da Oreste Flamminii Minuto, appello pubblicato dall’Unità e presente sul Blog Uguale per Tutti.
Alfano è solo un megafono, un ripetitore, (o un burattino) il quale spiattella quello che sicuramente Berlusconi gli dice di dire, ormai lo hanno capito anche i bambini. Un ministro ombra, o l'omrba di un ministro.
E poi questa storia della privacy è veramente ridicola...La privacy non esiste, dal momento che veniamo filmati ovunque: in strada, in banca, al supermercato, in aereoporto, dappertutto e basta tenere acceso il cell perché possiamo essere individuati o fare acquisti con carta di credito o bancomat; e stanno a parlare di privacy??
C'è quanto meno un errore di vocabolario, non di privacy si tratta, ma della volontà di fare i propri (sporchi) comodi senza ricevere alcun danno...Ma questo la stragrande maggioranza dei cittadini lo hanno capito, ci prendono proprio per inetti? Non possono fare nulla ma lo hanno capito..
Anna Maria _ firenze
alfano è un giovane di forza italia e ovviamente è al servizio del suo capo. altrimenti non potrebbe stare dove sta...
Mio ingenuo anonimo, TUTTI sono "al servizio" dei loro capi, in TUTTI i partiti, nessuno escluso!
non sono ingenuo, ma qui si parla di alfano, ergo ho parlato di lui.
"Ingenuo" non era riferito a te come persona, ma al contenuto del tuo intervento.
Ad ogni modo, tra Alfano e Mastella preferisco sempre il primo!
Ciao.
il mio post era solo una constatazione. mastella e alfano sono pessimi entrambi.
Ho trovato quest'intervista illuminante, percui vorrei rivolgermi alla redazione per sapere se è possibile ripubblicarla liberamente (o sotto quali condizioni) in Internet, o magari solo limitarsi a fornirne il collegamento.
Scusate l'ignoranza!
Per Anonimo delle 17.26.
Tutto quello che c'è sul blog può essere usato liberamente da chiunque dovunque, con l'unico obbligo - morale e legale - di indicarne la provenienza e di non alterarne il contenuto.
Si possono fare anche liberamente tutti i link che si vogliono.
La Redazione
La legge sulla privacy non pensavo andasse interpretata a seconda delle circostanze,nel senso se danneggia persone che palesemente commettono reati si suonano tutti i" tromboni dei palazzi" affinchè venga rispettata in tutti i suoi minimi particolari e dettagli,viceversa se trattasi di fatti legati a persone private si lascia il libero arbitrio. Io più volte mi sono espresso sull'argomento facendo la riflessione che per tutti i reati amministrativi,economici,criminale e di tutti quelli di natura non legale e truffaldina essa debba essere totalmente abolita,diversamente vuol dire che si vuol favorire tutte le nefandezze possibili ed immaginabili con l'avallo e consenso di tute le istituzioni e della opinione pubblica e questo di democratico e civile non ha nulla a che spartire
Buon lavoro a tutta la redazione
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