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di Bruno Tinti
(Procuratore Aggiunto della Repubblica di Torino)
La convulsa attività legislativa dell’attuale maggioranza ha una caratteristica particolare: ogni provvedimento emesso è preceduto e giustificato da bugie.
Non è vero che esista un problema sicurezza pubblica: il numero dei reati commessi è in costante flessione. E tuttavia il problema sicurezza pubblica è percepito dai cittadini come un problema grave perché tutti i giorni, a pranzo, cena e colazione, televisioni di Stato e private (le 6 reti controllate dal Presidente del Consiglio) e giornali di partito spiegano che c’è un grave problema di sicurezza pubblica e avvalorano questa “denuncia” con minuziosi racconti di scippi, furticiattoli e qualche reato grave, morbosamente esibito.
Se adottassero la stessa tignosa diligenza per raccontare le migliaia di corruzioni che vengono scoperte ogni giorno in Italia, le decine di migliaia di frodi fiscali che impoveriscono l’Italia di centinaia di milioni di euro, le decine di morti sul lavoro che insanguinano ogni giorno fabbriche e cantieri, i milioni di abusi edilizi che deturpano il Paese, gli inquinamenti, le frodi nei finanziamenti UE, insomma tutti quelli che per la classe dirigente italiana non sono reati degni di attenzione; ebbene, è certo che i cittadini italiani avrebbero del loro Paese una percezione diversa, assai più preoccupante del preteso problema sicurezza e certamente assai più realistica.
Non è vero che sono gli extracomunitari o i rumeni che commettono il maggior numero dei reati: in realtà questa categoria di persone commette il maggior numero di piccoli reati, furti nei supermercati, nei cantieri, sugli autobus; le rapine, il traffico di droga, gli omicidi sono commessi in percentuale maggiore da italiani; e naturalmente i reati di cui non si deve parlare, quelli che è bene che non preoccupino l’opinione pubblica, quelli citati sopra, la corruzione, la frode fiscale, il falso in bilancio, gli infortuni sul lavoro, i reati ambientali ed edilizi, gli inquinamenti, quelli sono commessi soltanto da italiani.
Non è vero che, per quanto riguarda gli extracomunitari e i rumeni che delinquono, la soluzione giusta consiste nell’espulsione: la soluzione giusta, come ognuno può capire, consiste nel metterli in prigione, proprio come si deve fare con chiunque commetta reati.
Naturalmente per fare questo occorre un sistema giudiziario che funzioni; quindi bisognerebbe cambiare in fretta e furia il 90 % della legislazione penale e processuale italiana.
Quella penale, eliminando una sterminata quantità di reati inutili (mi vengono in mente l’omesso versamento di ritenute INPS, l’omesso versamento delle ritenute d’acconto, l’ingiuria, la minaccia lieve, la sosta con biglietti prepagati (i vouchers) falsificati, l’omessa esposizione negli esercizi di ristorazione della tabella dei giochi leciti; non continuo perché dovrei riempire un paio di fogli).
E quella processuale, eliminando un centinaio di adempimenti formali del tutto irrilevanti, rendendo obbligatoria l’elezione di domicilio presso il difensore, riformando completamente il regime delle notifiche (obbligatori fax o e-mail per gli avvocati), abolendo l’appello, abolendo il giudizio collegiale di primo grado (un solo giudice è più che sufficiente).
E poi, naturalmente, bisognerebbe abolire tutti i tribunali inutili, quelli formati da meno di 20 giudici, rivedendo tutte le circoscrizioni giudiziarie, dividendo i tribunali delle grandi città in 2 o 3 o 4 tribunali (perché tribunali enormi funzionano malissimo).
E poi bisognerebbe ridurre nella misura da 10 a 1 tutti gli istituti premiali che fanno si che una pena di 10 anni significhi, nei fatti, poco più di 4 anni di prigione vera e propria.
E, per finire, bisognerebbe costruire molte carceri nuove e assumere un sacco di cancellieri, segretari e personale amministrativo in genere; e naturalmente ammodernare e far funzionare una struttura informatica disorganizzata e sottoutilizzate.
E’ ovvio che, piuttosto che mettersi a fare tutto questo, è più comodo far finta di aver trovato la soluzione miracolosa: li espelliamo tutti.
Un po’ come i tanti miracolosi rimedi contro il cancro che avevano il vantaggio di far a meno di lunghe costose e faticose ricerche mediche e farmacologiche.
Non è vero che gli extracomunitari espulsi, quando vengono riacchiappati, vengono poi assolti da giudici comunisti e sabotatori: è vero che nessuno Stato che ha frontiere con l’Italia accetta di ricevere stranieri privi di documenti; e, se gli extracomunitari espulsi non collaborano e nascondono i documenti e dicono di non averli e non si riesce a provare che invece ce li hanno, c’è poco da fare, il non aver obbedito all’ordine di espulsione non è reato per via dell’articolo 40 del codice penale: nessuno può essere punito per un fatto costituente reato se non è conseguenza della sua azione; e qui il non aver obbedito all’ordine di espulsione è conseguenza della condotta dei doganieri spagnoli, francesi, svizzeri etc..
Per quanto può dire il giudice italiano, l’extracomunitario espulso “ci ha provato” ma non è riuscito ad andarsene.
Non è vero che il reato di clandestinità costituisce una soluzione idonea a ridurre il numero, stimato troppo elevato, di immigrati nel nostro Paese; prima di tutto un vero reato di clandestinità, che consiste nel trovarsi illecitamente in territorio italiano, cioè senza documenti e/o senza permesso di soggiorno, significherebbe dover celebrare centinaia di migliaia di processi, tanti quanti sono gli immigrati clandestini nel nostro Paese; il che è assolutamente impossibile, visto che non si riesce nemmeno a fare i processi che ci sono ora che terminano per l’85 % con la prescrizione.
E poi, per come è scritto (ma è ancora un progetto), questo reato di clandestinità consiste in realtà in un ingresso illecito nel nostro Paese: che viene commesso da chi vi mette piede per la prima volta in violazione delle leggi sull’immigrazione e viene acchiappato proprio mentre lo sta commettendo; per intenderci sul bagnasciuga della spiaggia di Lampedusa o mentre sta scavalcando la rete al confine tra l’Italia e la Croazia. Perché, se viene acchiappato 10 minuti dopo, mentre passeggia sulla spiaggia di Lampedusa o su un viottolo del Veneto, gli basterà dire che lui è in effetti clandestino e che però è entrato in Italia circa un mese fa (fra un anno dirà che è entrato circa un anno e un mese fa); e sarà assolto perché la legge, un mese fa (o un anno e un mese fa), ancora non c’era e nessuno può essere punito per un fatto che, nel momento in cui viene commesso, non è previsto dalla legge come reato: lo dice l’articolo 2 del codice penale.
Certo, i poliziotti, i giudici e molte altre persone di buon senso potranno immaginare che questa dichiarazione (sono entrato clandestinamente un mese fa) non è vera; ma tra immaginare e provare, nel processo penale di uno Stato di diritto (quello che l’attuale maggioranza sta distruggendo) c’è un’enorme distanza: immaginare, supporre, sospettare non basta per condannare.
Non è vero che occorre limitare le intercettazioni perché se ne è abusato, come sarebbe dimostrato dal fatto che – così dicono gli affannati esponenti della maggioranza che qualche giustificazione al loro operato debbono pur trovarla – il numero degli intercettati è elevatissimo: in realtà le intercettazioni sono disposte in una ridottissima percentuale dei processi penali (a Torino 300 processi su 200.000); quindi sono pochissime.
E’ però vero che, tra gli intercettati, vi è un numero ridotto ma importante di appartenenti alla classe dirigente.
Così, quando qualche politico racconta che vi è un numero troppo elevato di cittadini intercettati, in realtà sta dicendo che vi è un numero troppo elevato di politici e amici dei politici e amici degli amici che sono intercettati; e, certo, dal suo punto di vista, questa cosa è abbastanza grave: perché gli affari dei politici e degli amici dei politici e degli amici degli amici in genere sono un po’ sporchi.
Non è vero che le intercettazioni costano troppo; la spesa denunciata dal Governo per giustificare il disegno di legge che riduce le intercettazioni, circa 300 milioni, è una piccolissima parte del bilancio della giustizia che è pari a 7 miliardi; e comunque è comprensiva delle somme pagate per i periti e i consulenti del PM, per le spese di missione della polizia giudiziaria, per le trascrizioni degli interrogatori e via dicendo.
E poi sarebbe semplice diminuire ulteriormente questo costo addossandolo ai gestori telefonici che agiscono in regime di concessione (è lo Stato che gli “concede” di fare il loro business): lo Stato potrebbe pretendere che le intercettazioni venissero fatte gratis. O almeno, potrebbe pretendere che venissero fatte al costo, senza guadagnarci (enormemente, come avviene oggi).
Infine le intercettazioni fanno scoprire un sacco di reati economici e fanno recuperare un sacco di soldi; succede così che quasi sempre le intercettazioni “si pagano da sole”.
Non è vero che le intercettazioni vengano pubblicate abusivamente e che quindi bisogna intervenire per bloccare questo malcostume: esse compaiono sui giornali quando è caduto il segreto investigativo, cioè quando l’imputato e i suoi difensori le conoscono, ad esempio perché sono riportate in un provvedimento del giudice che li riguarda (ordinanza di misura cautelare, di sequestro, di perquisizione etc.).
Quindi, quando vengono pubblicate, sono pubbliche: non c’è nessun abuso.
Non è vero che le intercettazioni e le altre notizie che riguardano il processo vengono passate ai giornalisti dai giudici.
Per prima cosa non è mai stato provato. E poi basta chiedere ai giornalisti; che spiegheranno a chi vuole starli a sentire che le informazioni che essi pubblicano lecitamente le ricevono dai difensori degli imputati, subito dopo che loro stessi le hanno conosciute.
Certe volte le ricevono dagli stessi imputati che poi sfruttano la pubblicazione per mettersi a strillare che la loro privacy è stata violata e che il giudice (in realtà il PM) ce l’ha con loro, che deve essere trasferito, che il processo deve essere celebrato da un’altra parte e insomma tutto il manuale del perfetto impunito.
Quanto alle informazioni illecitamente conosciute, non si capisce perché tra cancellieri, polizia giudiziaria, traduttori, trascrittori, interpreti, avvocati di parti offese e parti offese interessate a sputtanare gli imputati, si debba pensare che l’autore delle fughe di notizie sia il giudice, che del resto è proprio quello che da queste fughe di notizie riceve un danno: sia per se stesso, ché è lui ad essere immediatamente additato come la fonte; sia per il processo.
Non è vero che i giudici parlano dei loro processi in televisione o sui giornali: i giudici parlano (quando lo fanno, quando possono, quando qualcuno glielo chiede) delle difficoltà del processo italiano, dello stato disperato del sistema giudiziario italiano, delle pressioni o minacce o avvertimenti che ricevono, di leggi sbagliate o funzionali ad assicurare l’impunità a questo o quel potente, a questa o quella casta.
Gli stessi giudici Forleo e De Magistris hanno parlato del loro isolamento, delle pressioni e minacce ricevute, delle difficoltà della loro situazione: mai dei loro processi, delle prove raccolte, delle dichiarazioni rese da imputati o testimoni.
Non è vero che le notizie che non hanno rilevanza penale non debbono essere rese note all’opinione pubblica: se queste notizie riguardano uomini pubblici, gente che si è assunta la responsabilità di governare o gestire il Paese, l’opinione pubblica ha diritto di sapere tutto di loro, anche se si tratta di cose non costituenti reato.
Se un onorevole che firma una legge contro la liberalizzazione della droga è, nella vita privata, un cocainomane; se un ministro favorisce suoi conoscenti o compagni di partito con incarichi ben remunerati; se un giudice frequenta persone poco raccomandabili, è necessario (non giusto, necessario) che i cittadini lo sappiano.
Non è vero infine che lo Stato italiano abbia necessità di un’occupazione militare del territorio.
Prima di tutto 2.500 militari sono una quantità di uomini ridottissima rispetto a quanto ne mettono in campo Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza e Vigili Urbani che, tutti insieme, assommano a più di 200.000 uomini.
E poi una forza di Polizia non addestrata, anzi addestrata ad operare in territorio nemico, in una situazione di guerra, con mezzi e mentalità incompatibili con la vita civile di un Paese democratico, non può che essere causa di danni e reati assai più numerosi e gravi di quelli che si vorrebbero prevenire o reprimere.
Ricordo che, in una delle numerose occasioni in cui veniva sbandierata la ferma volontà di combattere l’evasione fiscale (ferma volontà più volte riaffermata e mai attuata seriamente), si pensò di assegnare ai funzionari delle imposte la qualifica di ufficiali di PG; e non si ritenne opportuno di farlo, proprio per la mancanza di uno specifico addestramento, di una specifica mentalità, dei rischi che un potere così grande e pericoloso (se male usato) venisse affidato a uomini non preparati ad usarlo e quindi inidonei.
Allora, alla fine, la domanda è: perché questa gente mente?
E la risposta è ovvia: perché si tratta di leggi sbagliate, demagogiche, dirette a guadagnare popolarità e consenso e a procurarsi l’impunità.
di Bruno Tinti
(Procuratore Aggiunto della Repubblica di Torino)
La convulsa attività legislativa dell’attuale maggioranza ha una caratteristica particolare: ogni provvedimento emesso è preceduto e giustificato da bugie.
Non è vero che esista un problema sicurezza pubblica: il numero dei reati commessi è in costante flessione. E tuttavia il problema sicurezza pubblica è percepito dai cittadini come un problema grave perché tutti i giorni, a pranzo, cena e colazione, televisioni di Stato e private (le 6 reti controllate dal Presidente del Consiglio) e giornali di partito spiegano che c’è un grave problema di sicurezza pubblica e avvalorano questa “denuncia” con minuziosi racconti di scippi, furticiattoli e qualche reato grave, morbosamente esibito.
Se adottassero la stessa tignosa diligenza per raccontare le migliaia di corruzioni che vengono scoperte ogni giorno in Italia, le decine di migliaia di frodi fiscali che impoveriscono l’Italia di centinaia di milioni di euro, le decine di morti sul lavoro che insanguinano ogni giorno fabbriche e cantieri, i milioni di abusi edilizi che deturpano il Paese, gli inquinamenti, le frodi nei finanziamenti UE, insomma tutti quelli che per la classe dirigente italiana non sono reati degni di attenzione; ebbene, è certo che i cittadini italiani avrebbero del loro Paese una percezione diversa, assai più preoccupante del preteso problema sicurezza e certamente assai più realistica.
Non è vero che sono gli extracomunitari o i rumeni che commettono il maggior numero dei reati: in realtà questa categoria di persone commette il maggior numero di piccoli reati, furti nei supermercati, nei cantieri, sugli autobus; le rapine, il traffico di droga, gli omicidi sono commessi in percentuale maggiore da italiani; e naturalmente i reati di cui non si deve parlare, quelli che è bene che non preoccupino l’opinione pubblica, quelli citati sopra, la corruzione, la frode fiscale, il falso in bilancio, gli infortuni sul lavoro, i reati ambientali ed edilizi, gli inquinamenti, quelli sono commessi soltanto da italiani.
Non è vero che, per quanto riguarda gli extracomunitari e i rumeni che delinquono, la soluzione giusta consiste nell’espulsione: la soluzione giusta, come ognuno può capire, consiste nel metterli in prigione, proprio come si deve fare con chiunque commetta reati.
Naturalmente per fare questo occorre un sistema giudiziario che funzioni; quindi bisognerebbe cambiare in fretta e furia il 90 % della legislazione penale e processuale italiana.
Quella penale, eliminando una sterminata quantità di reati inutili (mi vengono in mente l’omesso versamento di ritenute INPS, l’omesso versamento delle ritenute d’acconto, l’ingiuria, la minaccia lieve, la sosta con biglietti prepagati (i vouchers) falsificati, l’omessa esposizione negli esercizi di ristorazione della tabella dei giochi leciti; non continuo perché dovrei riempire un paio di fogli).
E quella processuale, eliminando un centinaio di adempimenti formali del tutto irrilevanti, rendendo obbligatoria l’elezione di domicilio presso il difensore, riformando completamente il regime delle notifiche (obbligatori fax o e-mail per gli avvocati), abolendo l’appello, abolendo il giudizio collegiale di primo grado (un solo giudice è più che sufficiente).
E poi, naturalmente, bisognerebbe abolire tutti i tribunali inutili, quelli formati da meno di 20 giudici, rivedendo tutte le circoscrizioni giudiziarie, dividendo i tribunali delle grandi città in 2 o 3 o 4 tribunali (perché tribunali enormi funzionano malissimo).
E poi bisognerebbe ridurre nella misura da 10 a 1 tutti gli istituti premiali che fanno si che una pena di 10 anni significhi, nei fatti, poco più di 4 anni di prigione vera e propria.
E, per finire, bisognerebbe costruire molte carceri nuove e assumere un sacco di cancellieri, segretari e personale amministrativo in genere; e naturalmente ammodernare e far funzionare una struttura informatica disorganizzata e sottoutilizzate.
E’ ovvio che, piuttosto che mettersi a fare tutto questo, è più comodo far finta di aver trovato la soluzione miracolosa: li espelliamo tutti.
Un po’ come i tanti miracolosi rimedi contro il cancro che avevano il vantaggio di far a meno di lunghe costose e faticose ricerche mediche e farmacologiche.
Non è vero che gli extracomunitari espulsi, quando vengono riacchiappati, vengono poi assolti da giudici comunisti e sabotatori: è vero che nessuno Stato che ha frontiere con l’Italia accetta di ricevere stranieri privi di documenti; e, se gli extracomunitari espulsi non collaborano e nascondono i documenti e dicono di non averli e non si riesce a provare che invece ce li hanno, c’è poco da fare, il non aver obbedito all’ordine di espulsione non è reato per via dell’articolo 40 del codice penale: nessuno può essere punito per un fatto costituente reato se non è conseguenza della sua azione; e qui il non aver obbedito all’ordine di espulsione è conseguenza della condotta dei doganieri spagnoli, francesi, svizzeri etc..
Per quanto può dire il giudice italiano, l’extracomunitario espulso “ci ha provato” ma non è riuscito ad andarsene.
Non è vero che il reato di clandestinità costituisce una soluzione idonea a ridurre il numero, stimato troppo elevato, di immigrati nel nostro Paese; prima di tutto un vero reato di clandestinità, che consiste nel trovarsi illecitamente in territorio italiano, cioè senza documenti e/o senza permesso di soggiorno, significherebbe dover celebrare centinaia di migliaia di processi, tanti quanti sono gli immigrati clandestini nel nostro Paese; il che è assolutamente impossibile, visto che non si riesce nemmeno a fare i processi che ci sono ora che terminano per l’85 % con la prescrizione.
E poi, per come è scritto (ma è ancora un progetto), questo reato di clandestinità consiste in realtà in un ingresso illecito nel nostro Paese: che viene commesso da chi vi mette piede per la prima volta in violazione delle leggi sull’immigrazione e viene acchiappato proprio mentre lo sta commettendo; per intenderci sul bagnasciuga della spiaggia di Lampedusa o mentre sta scavalcando la rete al confine tra l’Italia e la Croazia. Perché, se viene acchiappato 10 minuti dopo, mentre passeggia sulla spiaggia di Lampedusa o su un viottolo del Veneto, gli basterà dire che lui è in effetti clandestino e che però è entrato in Italia circa un mese fa (fra un anno dirà che è entrato circa un anno e un mese fa); e sarà assolto perché la legge, un mese fa (o un anno e un mese fa), ancora non c’era e nessuno può essere punito per un fatto che, nel momento in cui viene commesso, non è previsto dalla legge come reato: lo dice l’articolo 2 del codice penale.
Certo, i poliziotti, i giudici e molte altre persone di buon senso potranno immaginare che questa dichiarazione (sono entrato clandestinamente un mese fa) non è vera; ma tra immaginare e provare, nel processo penale di uno Stato di diritto (quello che l’attuale maggioranza sta distruggendo) c’è un’enorme distanza: immaginare, supporre, sospettare non basta per condannare.
Non è vero che occorre limitare le intercettazioni perché se ne è abusato, come sarebbe dimostrato dal fatto che – così dicono gli affannati esponenti della maggioranza che qualche giustificazione al loro operato debbono pur trovarla – il numero degli intercettati è elevatissimo: in realtà le intercettazioni sono disposte in una ridottissima percentuale dei processi penali (a Torino 300 processi su 200.000); quindi sono pochissime.
E’ però vero che, tra gli intercettati, vi è un numero ridotto ma importante di appartenenti alla classe dirigente.
Così, quando qualche politico racconta che vi è un numero troppo elevato di cittadini intercettati, in realtà sta dicendo che vi è un numero troppo elevato di politici e amici dei politici e amici degli amici che sono intercettati; e, certo, dal suo punto di vista, questa cosa è abbastanza grave: perché gli affari dei politici e degli amici dei politici e degli amici degli amici in genere sono un po’ sporchi.
Non è vero che le intercettazioni costano troppo; la spesa denunciata dal Governo per giustificare il disegno di legge che riduce le intercettazioni, circa 300 milioni, è una piccolissima parte del bilancio della giustizia che è pari a 7 miliardi; e comunque è comprensiva delle somme pagate per i periti e i consulenti del PM, per le spese di missione della polizia giudiziaria, per le trascrizioni degli interrogatori e via dicendo.
E poi sarebbe semplice diminuire ulteriormente questo costo addossandolo ai gestori telefonici che agiscono in regime di concessione (è lo Stato che gli “concede” di fare il loro business): lo Stato potrebbe pretendere che le intercettazioni venissero fatte gratis. O almeno, potrebbe pretendere che venissero fatte al costo, senza guadagnarci (enormemente, come avviene oggi).
Infine le intercettazioni fanno scoprire un sacco di reati economici e fanno recuperare un sacco di soldi; succede così che quasi sempre le intercettazioni “si pagano da sole”.
Non è vero che le intercettazioni vengano pubblicate abusivamente e che quindi bisogna intervenire per bloccare questo malcostume: esse compaiono sui giornali quando è caduto il segreto investigativo, cioè quando l’imputato e i suoi difensori le conoscono, ad esempio perché sono riportate in un provvedimento del giudice che li riguarda (ordinanza di misura cautelare, di sequestro, di perquisizione etc.).
Quindi, quando vengono pubblicate, sono pubbliche: non c’è nessun abuso.
Non è vero che le intercettazioni e le altre notizie che riguardano il processo vengono passate ai giornalisti dai giudici.
Per prima cosa non è mai stato provato. E poi basta chiedere ai giornalisti; che spiegheranno a chi vuole starli a sentire che le informazioni che essi pubblicano lecitamente le ricevono dai difensori degli imputati, subito dopo che loro stessi le hanno conosciute.
Certe volte le ricevono dagli stessi imputati che poi sfruttano la pubblicazione per mettersi a strillare che la loro privacy è stata violata e che il giudice (in realtà il PM) ce l’ha con loro, che deve essere trasferito, che il processo deve essere celebrato da un’altra parte e insomma tutto il manuale del perfetto impunito.
Quanto alle informazioni illecitamente conosciute, non si capisce perché tra cancellieri, polizia giudiziaria, traduttori, trascrittori, interpreti, avvocati di parti offese e parti offese interessate a sputtanare gli imputati, si debba pensare che l’autore delle fughe di notizie sia il giudice, che del resto è proprio quello che da queste fughe di notizie riceve un danno: sia per se stesso, ché è lui ad essere immediatamente additato come la fonte; sia per il processo.
Non è vero che i giudici parlano dei loro processi in televisione o sui giornali: i giudici parlano (quando lo fanno, quando possono, quando qualcuno glielo chiede) delle difficoltà del processo italiano, dello stato disperato del sistema giudiziario italiano, delle pressioni o minacce o avvertimenti che ricevono, di leggi sbagliate o funzionali ad assicurare l’impunità a questo o quel potente, a questa o quella casta.
Gli stessi giudici Forleo e De Magistris hanno parlato del loro isolamento, delle pressioni e minacce ricevute, delle difficoltà della loro situazione: mai dei loro processi, delle prove raccolte, delle dichiarazioni rese da imputati o testimoni.
Non è vero che le notizie che non hanno rilevanza penale non debbono essere rese note all’opinione pubblica: se queste notizie riguardano uomini pubblici, gente che si è assunta la responsabilità di governare o gestire il Paese, l’opinione pubblica ha diritto di sapere tutto di loro, anche se si tratta di cose non costituenti reato.
Se un onorevole che firma una legge contro la liberalizzazione della droga è, nella vita privata, un cocainomane; se un ministro favorisce suoi conoscenti o compagni di partito con incarichi ben remunerati; se un giudice frequenta persone poco raccomandabili, è necessario (non giusto, necessario) che i cittadini lo sappiano.
Non è vero infine che lo Stato italiano abbia necessità di un’occupazione militare del territorio.
Prima di tutto 2.500 militari sono una quantità di uomini ridottissima rispetto a quanto ne mettono in campo Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza e Vigili Urbani che, tutti insieme, assommano a più di 200.000 uomini.
E poi una forza di Polizia non addestrata, anzi addestrata ad operare in territorio nemico, in una situazione di guerra, con mezzi e mentalità incompatibili con la vita civile di un Paese democratico, non può che essere causa di danni e reati assai più numerosi e gravi di quelli che si vorrebbero prevenire o reprimere.
Ricordo che, in una delle numerose occasioni in cui veniva sbandierata la ferma volontà di combattere l’evasione fiscale (ferma volontà più volte riaffermata e mai attuata seriamente), si pensò di assegnare ai funzionari delle imposte la qualifica di ufficiali di PG; e non si ritenne opportuno di farlo, proprio per la mancanza di uno specifico addestramento, di una specifica mentalità, dei rischi che un potere così grande e pericoloso (se male usato) venisse affidato a uomini non preparati ad usarlo e quindi inidonei.
Allora, alla fine, la domanda è: perché questa gente mente?
E la risposta è ovvia: perché si tratta di leggi sbagliate, demagogiche, dirette a guadagnare popolarità e consenso e a procurarsi l’impunità.
46 commenti:
Bellissimo articolo...
davvero illuminante... e fa capire molte ma molte cose...
Scodinzolini
1
commenti
Ora d'Aria
l'Unità, 19 giugno 2008
C’era una volta Licio Gelli, venerabile maestro del minimalismo. E, soprattutto, dell’ingenuità. Nel Piano di rinascita democratica della P2 scrisse che, per controllare i giornali, bisogna corrompere i giornalisti, «almeno due a testata». Poveretto. Non aveva capito che molti giornalisti obbediscono anche gratis, e prima di ricevere ordini. Lasciamo stare gli house organ tipo Il Giornale che, mentre il padrone abolisce i suoi processi e ricusa il suo giudice, titola: «Ci risiamo: guerra a Berlusconi». Lasciamo stare il semprelucido Paolo Guzzanti che, con l’esercito per le strade e i poteri legislativo ed esecutivo che soffocano il giudiziario e l’informazione, denuncia «la tentazione autoritaria della sinistra». Lasciamo stare la voce bianca Mario Giordano che, poveretto, attribuisce il lodo Schifani agli «altri paesi civili, come la Francia o gli Usa» (così civili che in Francia l’immunità provvisoria è solo per il capo dello Stato, non per il premier; e negli Usa s’è processato un certo Clinton, il presidente, l’uomo più potente del pianeta terra).
Ecco, lasciamo stare Tiramolla e passiamo al Corriere. Nella staffetta dei vedovi inconsolabili del Dialogo, ieri era il turno di Piero Ostellino. Il quale, come già Franchi, Franco e Panebianco, stigmatizzava la svolta del Pd, a suo dire ridotto a «forza di pura agitazione» (magari). Non una riga su quel che sta facendo il governo Berlusconi, che poi è la causa della svolta del Pd. Interessa solo l’effetto. Sul berlusconismo eversivo che calpesta la Costituzione, la divisione dei poteri, il principio di eguaglianza e, pur di liberarsi del processo Mills, sospende sine die tutti quelli per rapine, furti, scippi, violenze al G8 (ma solo quelle degli agenti), crac Cirio, affare Oil For Food, non una parola. Anzi, Ostellino prende per buone tutte le balle di regime, ribaltando totalmente la realtà: «L’emendamento rinvia i processi minori» (la corruzione giudiziaria è «minore»?!) e il Lodo «mette al riparo le cariche istituzionali dalle incursioni della magistratura» (regolari processi avviati da anni sarebbero «incursioni»!?). Per lui il vero pericolo è un Pd che «rischia di (ri)precipitare nel rivoluzionarismo verbale» (magari) anzichè far il suo dovere di opposizione: cioè digerire pure il Lodo, invitando però «Berlusconi ad assumersi la responsabilità delle misure» e - questa è strepitosa - «a impegnarsi a non sottrarsi» ai processi «una volta assolto il mandato». Se no il Pd dimostrerebbe di «voler sconfiggere il centrodestra per via giudiziaria». Ecco: affermare l’art. 3 della Costituzione e lasciar celebrare i processi secondo le leggi vigenti è la prova che si vuol abbattere il Cainano. Dunque, per dissipare il sospetto, bisogna dargliele tutte vinte, invitandolo però a «prendersi le sue responsabilità» (cosa che peraltro lui ha già fatto con la sfrontata lettera al fido e scodinzolante Schifani). È il solito ritornello della «guerra tra politica e magistratura», come la chiamano i giornali paraculi, anche se qui a fare la guerra è uno solo, il solito.
Esemplare la «cronaca» su La Stampa di Augusto Minzolini, valoroso inviato embedded nelle fioriere di Palazzo Grazioli e sotto le scrivanie di Palazzo Chigi. Origliando origliando, non riesce più a distinguere quel che accade nella realtà da quel che gli soffiano le sue fonti. E allora «i magistrati di Milano sono in rivolta, assecondati da Csm e Anm» e soprattutto «sobillati da Di Pietro» (gliel’ha confidato un MochoVileda abbandonato dalla colf del Cainano). Per cui «Berlusconi, fiutata la trappola, tira dritto come un carrarmato», incurante delle bavose «lagnanze del Capo dello Stato». Ed ecco la prova che la giudice Gandus ce l’ha con lui: «Ho un testimone - dice il premier secondo Minzo - che ha ascoltato una conversazione tra la Gandus e un altro magistrato. Gandus ha detto: “A questo str. di Berlusconi gli facciamo un c. così. Gli diamo 6 anni e poi lo voglio vedere a fare il presidente del Consiglio”». È la pistola fumante: un cronista dice di aver saputo da un altro che il premier ha detto a non si sa chi di aver saputo da un Mister X che aveva sentito una giudice dire una cosa. E tanto basta per provare che la giudice è prevenuta. Il tutto mentre si vorrebbero cestinare le intercettazioni in cui il Cainano, con la sua voce, mercanteggia con Saccà: ecco, quelle non provano nulla, non valgono. Resta da capire chi sia Mister X. Igor Marini? Scaramella? O magari David Mills, che come supertestimone ha sempre dato ottima prova, specie dopo aver incassato 600 mila dollari da Milano2.
Ho appena finito di leggere il libro che lei ha curato, "Toghe rotte"...in realtà lo avevo comprato praticamente appena uscito in vendita ma sapevo che mi sarei rosa il fegato leggendolo ed allora ho atteso e atteso, ma il suo libro era lì, sul mio comodino,ad ammonirmi giorno dopo giorno che era importante che lo leggessi....l'ho letto in due giorni, tutto d'un fiato...mio padre non concorda, dice che leggo troppo velocemente, che un libro bisogna assaporarlo, metabolizzarlo lentamente, anche tornare a rileggerlo se è il caso....forse è vero, ma è stato più forte di me....condivido la sua amarezza, anche io mio malgrado mi trovo coinvolta in una causa e sto vivendo sulla mia pelle le lungaggini della macchina Giustizia...ma non riesco a prendermela con il magistrato, mi è bastato vedere il numero di fascicoli ammonticchiati sulla sua scrivania, per capire....la seguo costantemente quindi so esattamente come la pensa sulle leggi vergognose proposte da Berlusconi e allora le chiedo: perchè, come si legge sul Corriere di oggi, lei aprirebbe al decreto salva-processi??? Cordiali saluti
Loredana Marmorale
Bollate (Milano)
raccontano una valanga di balle, sperando che la gente ignorante ci creda. ma per fortuna c'è anche gente che si informa seriamente e non si fa prendere in giro da quella banda di bugiardi senza vergogna.
Caro dr. leggo con interesse e totale adesione quanto Lei scrive. Ho appena finit di leggere toghe sporche ed il raccapriccio è alle stelle. Mi alzo ogni giorno con lo spirito di un rivoluzionario ma finisco alla sera per rammaricarmi dello stato delle cose, contestare questo e quello e sperare che un giorno esulerò in paesi più civili. Sono in realtà un vigliacco: rimango in italia perchè sono un benestante ma depreco la mia cittadinanza. L'intreccio politica-imprenditoria-giustizia-malavita è così fittamente radicato che trovare il bandolo è una chimera. Che fare allora? Auspico che lo Stato (il termine "paese" è inflazionato) sia un giorno guidato da pochi illuminati che antepongano la dirittura morale ed istituzionale alle "passioni" terrene.
Avv.Pier Paolo Zambardino
Napoli
Ogni commento appare superfluo essendo di tutta evidenza la veridicità e la fondatezza delle argomentazioni dell'autore della nota.In Italia purtroppo viviamo un momento di massima decadenza in cui gli unici valori che contano sono i valori "bollati".Basti considerare l'asservimento docile e spontaneo che tutta la classe politica di governo , e,non raramente, anche di minoranza offre al padrone delle ferriere.
Repetita iuvant!
Le cose scritte da Bruno Tinti sono ormai state trite e ritrite nonche'stracommentate,ma e' giusto ancora una volta sottolinearne l'importanza( solo su alcuni punti mi trovo in disaccordo.Ad esempio io non ritengo sia necessario eliminare l'appello perche' a mio modesto avviso e' un ulteriore garanzia per chi sia parte in un processo.
Non sono pochi i casi in cui in appello viene stravolta la sentenza di prime cure; se cio' accade allora qualcosa in primo grado e' andato storto..
Non sono nemmeno d'accordo sull'eliminazione del giudice collegiale a favore della figura monocratica in quanto ritengo che, almeno in casi delicati, piu' teste pensanti siano migliori di una.. il che equivale a dire che c'e' minore rischio di errore e forse maggiore ponderatezza di giudizio)
Cio' che pero'mi preoccupa maggiormente non e' tanto il perche' chi e' al potere mente.. quanto il fatto che il mentire riesce nel suo fine.. la gente crede alla buona fede dell' attuale premier e del suo seguito.
E' esperienza personale, vissuta proprio poche ore fa, quella di sentirsi dire da alcuni amici dichiaratamente di dx( il che non e' un male ma una libera e legittima scelta) di essere un "giustizialista" sol perche' tentavo di dare loro una prospettiva diversa in una discussione sulle vicende che in questo momento sono sotto i riflettori.
Come facciamo ad esser cosi ciechi, a rifiutarsi di sentir "l'altra campana" a pensare subito che chi non la pensa come noi e' di sx, giustizialista e chi piu' ne ha piu' ne metta.
Siamo diventati tifosi.. e come nel calcio anche nella politica non ammettiamo.. anzi non vediamo gli errori dei nostri idoli
Forse se le persone si riappropriassero della capacita' di riflettere le cose non andrebbero cosi' tanto male
Carmelo
Egregio Dr. Tinti,
voglio esprimerle la mia ammirazione.
Condivido totalmente quanto ha scritto.
Ho 20 anni e studio giurisprudenza. Sapere che esistono magistrati che dopo anni di lavoro credono ancora nella giustizia (intesa in senso sostanziale...di questi tempi occorre essere precisi) rinfranca la mia motivazione, frustrata dall'evidenza che attualmente in Italia la legge può essere presa in giro, piegata ai propri sporchi bisogni, violentata fin nei principi da gente che non crede in niente se non nel denaro e nel libertinaggio.
Se non mi rendessi conto che esiste gente come lei e molti altri inizierei seriamente a mettere in discussione la prospettiva di lavorare in un settore condizionato più da politici ignoranti e corrotti che da ideali e professionalità...perchè lavorare per la legge, e crederci, se chi legifera lo fa non per il bene della società ma per tutt'altro motivo?
Sono trascorsi duemila anni, ma le modalità di esercizio di un potere autoritario e demagogico sono sempre le stesse, e la storia sembra purtroppo non aver insegnato nulla...PANEM ET CIRCENSES!
Per quanto riguarda invece i magistrati che operano in situazioni di grave isolamento e sovraesposizione personale, trovo che non solo abbiano il diritto sacrosanto, ma che sia loro preciso dovere civico denunciare all'opinione pubblica tutto ciò. Così fecero anche Falcone e Borsellino,proprio per quello "spirito di servizio" che ne informò sempre l'azione. Quel che trovo invece sconcertante, e che è purtroppo una costante nella storia del nostro paese, è l'accusa di protagonismo da parte di molti colleghi e la frequente azione disciplinare del CSM nei confronti di alcuni "ribelli" (i cosiddetti "cattivi magistrati" di cui parlava la prof.ssa Vacca), interessati solo all'accertamento della verità e disgustati dalle dispute di potere in seno alle varie correnti. Che la magistratura nel suo insieme, soprattutto di questi tempi, non riesca a fare autocritica su questa mancanza di coesione interna, che la rende vulnerabile ad attacchi e a gravi ingerenze politiche, rimane il principale problema.
Cordiali saluti,
Paola R.
Concordo su quanto detto, eccetto che vi sia un confine tra Italia e Croazia.
Cari saluti
Avv. Pietro Volpe, Trieste
Finalmente riesco a leggere gli articoli pubblicati in questo blog, che mio malgrado, non potevo visualizzare.
Concordo con tutto ciò che è stato detto in quest'ultimo articolo...è una vergogna quello che sta accadendo in Italia e la cosa peggiore è che tutto ciò è fatto attraverso quella stessa legge che dovrebbe, invece, tutelarci.
Ma io mi chiedo: perchè nessuno interviene?? perchè, posto che in molti sono d'accordo sull'inutilità di queste disposizioni, sul chiaro conflitto d'interesse, sull'evidente accentramento del potere con la cosenguente distruzione del nostro sistema legale e che, molte di queste persone, sono magistrati, avvocati, uomini e donne appartenenti al settore giudiziario, non si vedono cambiamenti, per così dire, "fattuali", ma si sentono solo ed esclusivamente voci, lamentele di proteste, che non fanno altro che confondersi nel vortice delle bugie che ci dicono???
giò
bellissimo post!
finalmente qualcuno dice la verità nuda e cruda!
un saluto
Ho letto sul "Corriere della Sera" on line(fare clic qui), in un articolo del 19.06.2008 a firma di Nino Luca, che il dr. Bruno Tinti sarebbe non del tutto contrario alla "salva-premier":
./.Sugli ultimi interventi del governo in materia di giustizia, boccia irrimediabilmente il ddl sulle intercettazioni, definito «una vergogna», ma apre sulla «salva-premier» o «blocca-processi»./.
Non nascondo lo stupore, occorrerebbe, credo, un chiarimento, qualche cosa non mi torna, non vorrei che un tono ironico del dr. Tinti fosse stato fatto passare per vero pensiero.
Fabio Vagnarelli - Gubbio
Grazie Dr:Tinti
Se queste osservazioni e richieste fossero state fatte almeno una decina di anni fa dal vostro sindacato come necessari e improrogabili strumenti di gestione della giustizia, non saremmo, forse, in questa situazione di collasso a scapito solo dei cittadini che invocano la tutela giudiziaria per risolvere i problemi che tante leggi pasticciate provocano ai loro legittimi interessi minati da chi ne trae ingiusto profitto.
Alessandra
Vorrei segnalare che lunedì è prevista a Milano una manifestazione, alle 18 davanti al Palazzo di Giustizia.
http://www.nandodallachiesa.it/public/index.php?option=content&task=view&id=885
C'era una volta..chi riportava i brani dlle interviste, estrapolati in modo che il senso del discorso fatto da Confalonieri fosse falsato e non svelasse il vero: poteri fortissimi non potevano ammettere che Mondadori finisse in mani "comuni" diciamo.
Gente che usa mezzucci simili, fa venire il forte dubbio che il Cavaliere molte ragioni le abbia, eccome!! La corte dei lacchè sarà felice , ma chi ragiona con la sua testa.. capisce, e il risultato delle elezioni lo dimostra. Non capisce solo chi non vuol capire e tenta ancora il gioco delle tre carte.
Non c'è, mi pare chiaramente, nessuna ironia nelle parole del procuratore di Torino. (nell''articole c'è un link al video dell'intervista).
E' una posizione interessante, non faziosa, che mi sembra dimostri la libertà del magistrato.
Vado un po' fuori argomento pero' mi sembra interessante segnalare certe cose. Dopo non possiamo dire "ma noi non sapevamo nulla!"
(Questo post lo potete trovare sul sito http://www.19luglio1992.com)
“Interrogazione (e perplessità) su Franco Cassata”
Per leggerlo basta cliccare sul titolo.
Buona giornata
Consuelo
p.s. per la Redazione
Se ritenete potete anche cambiare la posizione o metterlo come commento di un post piu' appropriato.
Grazie di cuore per il vostro lavoro su questo blog. Proprio grazie a voi sono riuscita a farmi le idee piu' chiare su alcune "leggende metropolitane" con dati seri e verificabili.
Per Anonimo delle 11.30.
Gentile Lettore,
la nostra correttezza ci sembra provata dal fatto che abbiamo messo il link all'intera intervista, così che ognuno possa andare a leggere il brano in questione nel suo contesto.
Più di così che dovevamo fare?
Autocensurarci rispetto all'interpretazione che abbiamo dato a quel brano perchè Lei non la condivide?
La citazione è breve perchè la finestrella nella quale l'abbiamo pubblicata è destinata proprio a citazioni brevi.
Ci permetta di approfittare dell'occasione per farLa riflettere su una circostanza.
Le persone alle quali Lei fa riferimento hanno decine di strumenti di comunicazione di massa con i quali ogni giorno per 365 all'anno diffondono le loro opinioni.
Non Le sembra eccessivo pretendere che si vieti a chi ha pochissimi e modesti strumenti per esprimere le proprie opinioni di farlo?
In sostanza, se Lei, come le persone alle quali fa riferimento, è un liberale, non si sente a disagio nel pretendere che le persone in questione abbiano sempre l'ultima parola su tutto e debbano "autorizzare" le opinioni altrui su di loro?
Infine, consideri che Hitler è andato al potere con un consenso elettorale intorno al 90%.
Dunque, il voto va assolutamente rispettato - e ci mancherebbe - ma non è l'unico metro di giudizio del valore delle idee.
La Redazione
L'articolo non fa una piega...un solo appunto: la Croazia non confina con l'Italia.
Paolo Agnelli
Alcune cose dette sono giuste; altre un pò meno, altre ancora pericolosissime.
Non condivido il fatto che basti a giudicare per i reati più gravi un solo magistrato (magari di prima nomina...subito dopo l'uditorato), eliminando la composizione collegiale:
non condivido il fatto che , in tema di indebita divulgazione di intercettazioni, i magistrati siano i buoni e il resto dell'umanità (quindi anche io) non lo sia.
Infine una delle cose che meno apprezzo del dr. Tinti (del quale ho acquistato e letto il suo libro) è la sua opinione (essenzialmente negativa, vista quasi come fastidio e presenza ingombrante) della figura dell'avvocato.
E, per cortesia, non ricordate che il dr. Tinti nel suo libro e nei suoi articoli esalta questa funzione! (il massimo è l’obbligatorietà dell’elezione di domicilio presso il difensore: scarichiamo sul difensore –ovviamente non retribuendolo affatto ovvero condannandolo come fa la Cassazione con la sentenza 21071 depositata il 28 maggio 2008- le inefficienze della macchina della giustizia nell’individuazione dei soggetti sottoposti a procedimento penale)
Non condivido il fatto che debba esser rivista la geografia giudiziaria delle circoscrizioni: per come ha affermato (e cioè Tribunali da sopprimere con meno di 20 magistrati) sembra che il dr. Tinti conosca SOLO quelli del Piemonte: è mai stato in Calabria, il dr. Tinti, regione nella quale dei Tribunali esistenti molti non raggiungono il limite dei 20 magistrati? Riconosco, però, che questa è una proposta fatta dall’ANM al Ministro Alfano alla fine dello scorso maggio, ed è probabile che anche l’ANM non conosca questi tribunali di periferia, dove viene amministrata una giustizia in condizioni ambientali ben più difficili di una grande città con magistrati che fanno un enorme lavoro, pur rimanendo nell’ombra (o preferendo rimanervi…).
Molto meglio esser stanziali in un grande Tribunale…allocato in enormi edifici con numerosissime stanze, dove i controlli a volte si affievoliscono….
Buona giornata.
Da parecchio dormo male e ho degli incubi, e da venerdì scorso vedo come si materializza davanti ai miei occhi il Morettiano finale di 'Il Caimano’. Non è che mi aspettasse niente di diverso, visto il successo delle prove generali della Legge Bavaglio presentata da Mastella e appoggiata in maniera trasversale da questa classe dirigente indegna.
Ho sempre più spesso questa sensazione di dejà vu… premetto che sono una cilena della cosiddetta generazione dei figli di Pinochet -nata nel ’74- e lo stato dell’informazione cilene mi ricorda tanto la mia infanzia e i tempi in cui i miei genitori ascoltavano Radio Moscú e Cooperativa o leggevano pubblicazioni clandestine per capire come stavano le cose. I giornali e le televisione trasmettevano a reti unificate le loro menzogne, e il passaparola era l’unico modo di resistere. A me tutte queste cose allora arrivavano attutite, dopo tutto negli anni più duri ero troppo piccola per capirci qualcosa. Ma l’ovatta dell’infanzia non poteva durare molto visto che ero una lettrice accanita e curiosa e poi i miei genitori erano oppositori al regime e quello si pagava.
I miei appartengono a una generazione bruciata -in diciassette anni fai in tempo a invecchiare e inacidirti-. Sono rimasti in Cile a cercare di sopravvivere e cambiare le cose dall’interno, ma le cose da noi sono cambiate per pressioni esterne, quando gli Stati Uniti lo hanno voluto (così come hanno finanziato e voluto il colpo di stato del ’73) e quando le forze di opposizione al regime sono riuscite a vincere (ahimè con l’appoggio finanziario di gentaglia come Craxi) il referendum del ’88. Dopo che vinse il NO (no a Pinochet) le cose in Cile cambiarono e nel giro di qualche anno non era più comprensibile come la dettatura fosse riuscita a governare il paese sentendo tutti quelli che si dichiaravano oppositori al regime (il NO a Pinochet vinse solo con un 55,9 %, vale a dire che c’era ancora un 44,1% che voleva che Pinochet continuasse al potere).
Chi lo sa se quando in Italia sarà tutto finito (fra 12 anni? dopo un Berlusconi presidente della repubblica?), dovremo sentire quelli che tra noi permettono questo scempio con la loro ‘innocente’ ignoranza chiedersi come sia potuto durare tanto a lungo.
Ma a questo punto mi viene da pensare che forse il paragone non è poi così azzeccato: da noi -in Cile intendo- spesso la destra usa l’eufemismo governo militare per riferirsi alla dettatura di Pinochet, ma dopo quasi venti dal referendum nessuno si azzarda più a negare che ci fu un regime e perfino la estrema destra prese le distanze da Pinochet dopo che vennero a galla gli scandali finanziari (non i desaparecidos, non i torturati, non gli esiliati, non i perseguitati, non i morti li hanno sfiorati). Oggi in Italia i meccanismi di consolidazione del potere sono talmente subdoli e insidiosi, tutto è giustificato da menzogne ben orchestrate. La madre di tutte le battaglie dovrebbe essere l’informazione, ma quel poco di buono che c’è (penso ad esempio al blog Voglio scendere) è pioggia sul bagnato. Come arrivare a chi guarda solo la tv, a chi non ha mai letto altro che non sia sorrisi e canzoni? La rete? Ma scherziamo!? con il digital divide che c’è in Italia torniamo al discorso di prima: parliamo di pioggia sul bagnato.
Per quel che mi riguarda non so se riuscirò a resistere senza inacidirmi… per ora mi dichiaro pessimista e in lieve depressione – e solo perché c’è la metto tutta per tirarmi su-.
Qualche considerazione fuori dal coro e davvero con tutto il rispetto e l'ammirazione che la qualità degli interlocutori IMPONE.
Il Dott. Tinti dice tante cose giuste, ma altrettante con qualche contraddizione e qualce “verità parziale” pari a quelle che vorrebbe smascherare.
Nel dare una mano di "tinta" alla verità dei fatti (non vule essere una accusa ma solo un gioco semantico), che non penso stia tutta dalla parte del magistrato di Torino, suggerirei di non ricorrere ad argomenti suggestivi.
Affermare che gli extracomunitari commettono solo reati minori quali “furti nei supermercati, nei cantieri, sugli autobus”; e che invece “le rapine, il traffico di droga, gli omicidi” ed io aggiungo “gli stupri, le rapine in ville isolate, lo sfruttamento della prostituzione e tutti gli altri rati obliterati dal cortese Dott. Tinti”, sarebbero commessi in percentuale maggiore da italiani, è operazione dai contenuti non molto informativi e che potrebbe collocarsi nell’ambito di quelle tecniche persuasive che la dialettica di Shopenhauer aveva isolato nel modo di argomentare di chi, nell’asseverare una verità, tragga reddito non tanto dalla intrinseca sussistenza della stessa, ma dalla credibilità e del proponente. Un fatto può apparire vero non perché è vero in se e per se (verità desunta dal contenuto) ma perché chi lo afferma spende una sua condizione di credibilità (verità desunta dal contenitore).
Dott. Tinti sono d’accordo con Lei su molte cose. Davvero molte. Su molte altre, però, mi permetta di prendere rispettose distanze.
Non mi soffermo sugli aspetti del suo dire più influenzabili da pulsioni politiche, perché su questi ritengo che obiettivamente il nostro diverso atteggiarsi faccia emergere sostanziali differenze.
Mi stuzzica invece discettare (spero a beneficio di tutti) sulle questioni più pratiche.
Alcune soluzioni da Lei suggerite per risolvere i problemi della giustizia partoriscono da un substrato fattuale e mirano ad ottenere modificazioni funzionali, obiettivamente possibili e mi riferisco all’uso di mezzi di notificazione più moderni, alla elezione del domicilio presso il difensore (magari presso uno solo); mentre mi permetto di osservare che altre sono poco condivisibili. In linea di principio non sarei d’accordo sulla abolizione del grado d’appello, ma se poi mi soffermo sulla qualità media e sulla estensione degli argomenti delle decisioni di secondo grado, posso tranquillamente concordare sul fatto che ben si potrebbero baipassare.
Altre però penso dovrebbero essere le soluzioni alle lungaggini: e prima fra tutte quella di strutturare il processo civile sulla falsariga dei procedimenti cautelari con istruttoria destrutturata fino alla emissione dei provvedimenti provvisori possibili (che dovrebbero essere la regola e non l’eccezione condizionata dalla urgenza), e con possibilità di passare poi ad una fase di merito ad accertamento pieno e strutturato solo su impulso di parte.
Andrebbe poi valorizzato il contributo assertivo delle parti, che allo stato attuale è pari a zero ed affinare le capacità di intuito e di isolamento delle questioni centrali da parte dei giudicanti.
Tutto ciò dovrebbe accompagnarsi
1) ad una esaltazione delle capacità di gestione del dibattimento civile da parte dei giudicanti;
2) alla introduzioen di semplicissime modifiche sulle modalità di assunzione delle prove, quale il semplice accorgimento di registrarle sempre (occorre che chi legge sappia che il 90% del tempo che si impiega per sentire un teste si perde nella verbalizzazione e nella risoluzione delle questioni sul contenute reale delle testimonianze. Contenuto reale che nel 90% dei casi si perde nella verbalizzazione sintetica e che tralascia totalmente aspetti importanti ai fini della valutazione della genuinità delle prove quali: i tentennamenti, le risposte imboccate dagli avvocati che intervengono e dei cui interventi ad adiuvandum non resta traccia; sguardi allucinati del teste che cerca tra i presenti un suggeritore, ecc. ecc.; risposte ottenute con procedimenti a formazione progressiva, e cioè ricomponendo con domande retoriche, cioè dalle risposte già confezionate, ciò che il teste dovrebbe dire ma che, guarda caso non riesce a dire siccome non troppo bene ammaestrato).
3) Introduzione dell’obbligo della motivazione estensiva, solo su richiesta della parte che intenda prporre gravame e previo pagamento dei relativi diritti.
4) Obbligo della comunicazione della sentenza gravata al giudice che la ha emessa;
5) Istituzione di una piattaforma di confronto istituzionale tra la avvocatura e la magistratura, con possibilità di discutere degli orientamenti e delle storture del sistema in contraddittorio.
Tante altre cose poi si potrebbero fare e tanti micro accorgimenti potrebbero essere adottati in brevissimo tempo.
Mi consenta poi di dire che nel riportare i numeri, Lei gioca un po’ con le “categorie” dei dati aggregati. Anche se devo ammettere che lo fa a fin di bene. E’ davvero impensabile impedire le intercettazioni, quale che sia il reato per il quale si indaga. Quel che invece va evitato è l’indiscriminato processo mediatico che può partire da quelle (tra le intercettazioni) che in qualche modo ed attraverso diversi filtri preventivi arrivano sui giornali.
E qui la discrezionalità si fa amplissima ben potendo chi ha a disposizione il materiale decidere di inviare ai giornali una registrazione piuttosto che un'altra, e ben potendo i giornali medesimi fare uno screening di parte su quelle già selezionate alla fonte.
Quanto ai costi delle intercettazioni la soluzione da Lei prospettata mi sembra assolutamente praticabile, ma quella dei costi è solo una scusa.
Molte altre Sue considerazioni mi consenta di dire celano, ma non potrebbe essere altrimenti ed è umano che sia così, una sua inevitabile visione di parte la quale, per quanto sono certo Lei si sforzi di essere obiettivo, non riesce a comunque a stemperare gli impulsi cromosomici e ormonali che si formano a seguito di anni di esercizio di una funzione e si esaltano se la stessa viene esercitata in un contesto fortemente dialettico.
La prego accetti una piccola, con toni spero sommessi, voce fuori dal coro, e tenga comunque conto del fatto che su tante cose concordo con Lei (per quanto ciò possa valere), ma soprattutto Le riconosco una assoluta onestà intellettuale (la stessa che non mi sento di attribuire a molti che hanno le mie stesse opinioni di partenza).
Sulle cose da fare per modificare l’andamento della giustizia il dibattito dovrebbe essere assai più serrato, ma si tratterebbe di una discussione tra addetti ai lavori, fatta anche di tecnicismi, che non penso possa interessare in questo contesto.
Comunque voglia accettare un mio segno di stima
IO speriamo che si riesca a fare qualcosa :)
Gentile Redazione,
ci siete? Ho sentito che Berluscau ha dichiarato che i giudici vogliono sovvertire il voto e sono preoccupato!
b
BERLUSCONI: 'DENUNCERO'' PM CHE SOVVERTONO DEMOCRAZIA
Silvio Berlusconi se la prende con chi "sovverte la volonta' popolare e la democrazia". Silvio Berlusconi ce l'ha con coloro che si "infiltrano nella magistratura" per sottrarre il loro potere a fini politici e che "il resto della magistratura non riesce a mettere nell'angolo". Per questo "motivo sono indignato" afferma il presidente del Consiglio che la settimana prossima terra' "una mia conferenza stampa per denunciare la situazione della magistratura italiana e' tutta la mia indignazione e la mia volonta' di non vedere sovvertita la democrazia da chi si e' infiltrato nella magistratura e la usa per sovvertire la volonta' popolare", afferma il Presidente del Consiglio.
GIUSTIZIA: ANM, BASTA ACCUSE GRAVI E INGIUSTIFICATE
"Non si possono rivolgere accuse tanto generiche quanto gravi e ingiustificate. Non c'e' nessuna indicazione a fatti e condotte per svolgere un ragionamento. Siamo in presenza di invettive che rendono impossibili qualsiasi reazione". Lo afferma il segretario dell'Anm Giuseppe Cascini, commentando le dichiarazioni odierne del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi sulla magistratura. "L'indipendente esercizio della funzione giudiziaria e' un valore fondamentale di uno stato democratico - ricorda Cascini - e' molto grave che cio' venga messo in discussione ai piu' alti livelli istituzionali e per giunta in un contesto internazionale, esponendo l'Italia e le sue istituzioni a una grave crisi di credibilita'".
Cito un brano di un articolo scritto da Libero da Renato Farina che mi sembra offrire alcune riflessioni. http://rassegna.governo.it/testo.asp?d=31020924
“…..Ho studiato la pratica. Con l`introduzione del nuovo codice ci fu un ammassamento di cause tra le quali scegliere.
Il primo a porsi la questione e a risolvere a modo suo fu un procurato- re di Torino, Vladimiro Zagrebelsky.
Stabili una serie di priorità: perseguire i reati più gravi e più odiosi contro i deboli.
Nel 1998 se ne accorse anche il governo Prodi: in un decreto del 19 febbraio, all`articolo 227, stabilì: «Al fine di assicurare la rapida definizione dei processi pendenti (...) si tiene conto della gravità e della concreta offensività del reato (...)». Proprio quello che adesso propone assai più modestamente Berlusconi.
I tentativi di Prodi e la casta delle toghe Con una differenza. Nel caso della Ghedinata i criteri li fissa il Parlamento, che sarà una casta ma alla fine risponde agli elettori. Nel caso di Prodi mano libera alla casta delle toghe che non risponde a nessuno. Dice il comma 2 dell`art.227 del decreto 51/98:
«Gli uffici comunicano tempestivamente al Consiglio superiore della magistratura i criteri di priorità ai quali si atterranno per la trattazione dei procedimenti e per la fissazione delle udienze». Insomma: il Procuratore decide e il Csm avalla.
Cosa che puntualmente ha fatto nel gennaio del 2007 il procuratore Marcello Maddalena a Torino. Il quale decise da solo quello che adesso ha proposto il governo, venendo allora tribolato come una dea Kali dal Csm e dalla sinistra. Se Maddalena & C. venissero eletti dal popolo, come in Usa, andrebbe bene fossero loro a stabilire quali reati punire e quali mettere in freezer. In Italia è troppo comodo: rispondono al Csm che sono ancora loro.
Mancino, il vicepresidente del Csm, approvò Maddalena e oggi boccia la Ghedinata. Con che criterio se non il pregiudizio ideologico? Ora Maddalena, con coerenza, ammette:
«L`emendamento non è uno scandalo».
E così scandalizza i suoi adoratori di un attimo prima.
Avanti Ghedini, persino la Costituzione ti dà ragione, e il buon senso democratico anche di più.”
Tutto quello che scrive il dott. Tinti è assolutamente condivisibile e spero portato avanti dall’Associazione Nazionale Magistrati, ma per onor di chiarezza sempre che i fatti riportati siano veri, perché non ci si è scandalizzati prima?
Come sempre ringrazio per l’ospitalità e le risposte molto utili al confronto.
Marco
SOSPENSIONE PROCESSI: CAMERA PENALE MILANO, INCOSTITUZIONALE
MILANO, 20 GIU - Il direttivo della Camera penale di Milano ha giudicato in modo negativo gli emendamenti al decreto sicurezza ribattezzati 'salva-premier' e ha richiamato le istituzioni preposte affinche', in sede di discussione parlamentare, intervengano per garantire il rispetto dei principi costituzionali alla base del processo penale.
Per quanto riguarda la parte relativa alla formazione dei ruoli d'udienza, il direttivo ha osservato che: 'Le previsioni contenute nell'emendamento andrebbero ad incidere sull'obbligo costituzionale dell'esercizio dell'azione penale, violando il principio di pari dignita' dei cittadini di fronte alla legge, traducendosi nella negazione del diritto del cittadino ad essere giudicato in un tempo ragionevole dalla commissione del fatto'.
Gli avvocati hanno anche rilevato che 'il testo lacunoso consentirebbe, di fatto, di scegliere quali reati e quali persone giudicare, assoggettando i cittadini all'arbitrio del magistrato'.
Quanto alla sospensione dei processi in corso, i legali hanno sottolineato che viene violato l'articolo 112 della Costituzione 'rendendo di fatto l'esercizio dell'azione penale attivita' mutilata'. Inoltre hanno segnalato che procrastinare la durata di un processo 'viola il principio della ragionevole durata', arreca disfunzione nell'amministrazione della giustizia penale e civile, i cittadini offesi subirebbero ulteriori ritardi e ulteriori costi per i risarcimenti, si aggraverebbe il funzionamento della giustizia civile e ci sarebbe un aumento dei costi.
Dal Corriere della Sera, Berlusconi:
"Non c'è nessuna città d'Europa che ha lasciato un deficit di 16 mila miliardi di vecchie lire. Spero che quello che appare non sia vero. Non sapremmo come riparare». Poi l'attacco diretto al segretario Pd: «Non è possibile che il responsabile di questo disastro si proponga come un leader politico credibile».
Non so quante conferme possono sommarsi al perché della vittoria di Berluscau. Si sa soltanto che non è stato lui a vincere: lo hanno fatto correre da solo!
b
GIUSTIZIA: ANM CHIEDE DI INCONTRARE NAPOLITANO
Un incontro con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. E' quanto chiede l'Associazione nazionale magistrati dopo le esternazioni odierne del premier Silvio Berlusconi sulla magistratura.
Triste e preoccupante percepire la distanza tra paese reale e paese mediatico.
Dove si muore più sulle strade e sul lavoro, ma queste morti non portano a nessun decreto di urgenza.
Aldo
L'ANM chiede, adesso, di incontrare il Presidente della Repubblica, quando il Potere Legislativo ha deciso riscrivere, in modo deciso, regole dell'Ordinamento Giuridico che nessuna persona do BUON SENSO avrebbe mai avuto l'ardire di pensare soltanto.
E il CSM che dice?
Ormai è troppo tardi! Troppo tardi perchè nelle vicende del Dott. De Magistris e della Dott.ssa Forleo non ci sono state prese di posizione FORTI da parte dei vertici della Magistratura. In questi due casi, l'unica voce che si è sollevata è stata quella di Magistrati e cittadini LIBERI, ma i vertici delle Istituzioni, quando non sono stati SILENTI, hanno, invece, assunto un ruolo di veri INQUISITORI (vedi CSM).
Il Presidente non dovrebbe apporre la sua firma su alcun provvedimento che gli venisse passato dal Parlamento, atto a minare i cardini della Costituzione. Dovrebbe, qualora si rendesse necessario, innescare uno scontro tra POTERI, in modo da catalizzare l'attenzione di tutti gli OSSERVATORI internazionali.
Se questo però non è avvenuto per le vicende di cui, UGUALE PER TUTTI, ha approfondito tutti gli aspetti, anche quelli più reconditi (De Magistris-Forleo), non avverrà adesso e, dopo di adesso, MAI PIU'!
Il Nostro Paese è sull'orlo del precipizio, ci vorrebbe un grandissimo sforzo per, semplicemente, allontanarlo dal baratro, ci vuole, poco, pochissimo, per scaraventarlo definitivamente dentro.
Bella la storiella dei Magistrati che s'infiltrano nella Magistratura! Ma accidenti! non si diventa Magistrati superando Esami e Concorsi? - Oppure anche quì si fanno gli Esami come li ha fatti il buon Tonino Di Pietro?
E' davvero una bella stagione e se l'Italia vuole risollevarsi deve, adesso, mettere in campo le sue energie migliori. Stiamo pagando la troppa accondiscendenza di quanti avrebbero dovuto VIGILARE e non lo hanno fatto, di chi doveva AGIRE e ha preferito garantirsi comode carriere.
"Non abbiate paura" diceva il compianto Papa Giovanni Paolo II ai raduni mondiali della gioventù. E' questo il momento, davvero, di non avere paura, non rassegnarci e trovare la forza di reagire con gli strumenti Democratici di cui possiamo ancora godere.
Il Dott. Tinti ci fornisce coraggiose perle d'informazione e noi gli siamo grati per questo, ma quello che dice l'Avv. Pier Paolo Zambardino Napoli (19 Giugno 20:50) ci deve far riflettere molto, perchè è lo stato d'animo di tante brave persone che meriterebbero un'Italia diversa.
Un Abbraccio
Bruno Tnti scrive "Non è vero che le intercettazioni vengano pubblicate abusivamente e che quindi bisogna intervenire per bloccare questo malcostume: esse compaiono sui giornali quando è caduto il segreto investigativo, cioè quando l’imputato e i suoi difensori le conoscono, ad esempio perché sono riportate in un provvedimento del giudice che li riguarda (ordinanza di misura cautelare, di sequestro, di perquisizione etc.). Quindi, quando vengono pubblicate, sono pubbliche: non c’è nessun abuso."
Cioè: conosciute da imputato e difensore ergo pubblicabili!!?? Se questa è la tesi di un magistrato, ben vengano provvedimenti legislativi fortemente limitativi (per tutti) in tema di intercettazioni! La Giustizia non è spettacolo!!!
Iniziamo a rintanarci un po' più nei nostri Palazzi di Giustizia, a lavorare seriamente senza sensazionalismi e senza telecamere e microfoni, iniziamo a riappropriarci delle sane tecniche di indagine, iniziamo ad allontanarci dalla politica, iniziamo a depositare motivazioni in tempi ragionevoli, iniziamo a non lamentarci dei nostri stipendi, iniziamo a considerare la scelta di diventare magistrati come missione e non come posizione sociale e "posto sicuro", iniziamo a studiare e ad aggiornarci con serietà, iniziamo ad abbandonare i posti nei ministeri, nell'Ufficio del Massimario ... iniziamo ad essere Magistrati!
Non sarò di certo io a difendere l'intervento del dr. Tinti in tema di segretezza delle intercettazioni: lo farà benissimo da sé. Il problema della pubblicabilità della intercettazioni dopo l'eventuale esecuzione di un atto che ne comporti la conoscenza da parte degli indagati o dei loro difensori, attiene all'essenza del diritto/dovere di cronaca. La libertà del giornalista di pubblicare notizie VERE dovrebbe essere incrementata invece che punita. Il Giudice, il Poliziotto e il cancelliere che passano ai giornalisti notizie del loro ufficio possono anche essere puniti e bastonati, ma il giornalista che pubblica una notizia VERA deve godere di una soggezione alla verità ampia ed esclusiva almeno quanto quella del magistrato alla legge.
Questa almeno la mia opinione, ma voglio dire ancora che credo la definizione "giustizia spettacolo" più adatta alle trasmissioni di Vespa che al pensiero del Dr. Tinti.
Per quanto riguarda la sezione "proposte in libertà" :-) ... nessuno ha mai pensato di abolire l'udienza preliminare? e il 415 bis dopo l'esecuzione di una misura cautelare, in assenza di sostanziali novità?
Un caro saluto a tutti
I.
Per l'anonimo delle ore 12,20:
Cerco di rispondere alla sua osservazione: "Cioè: [le intercettazioni]conosciute da imputato e difensore ergo pubblicabili!!?? Se questa è la tesi di un magistrato, ben vengano provvedimenti legislativi fortemente limitativi (per tutti) in tema di intercettazioni!"
Non si tratta della "tesi" arbitraria di un magistrato. Un Magistrato, nella sua azione, deve applicare la legge.
Il Dott. Tinti assai probabilmente si riferiva all'art. 329 del c.c.p., che recita testualmente: "gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria sono coperti dal segreto fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza e comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari". Quindi, in questo senso, una volta che l'indagato ne sia venuto a conoscenza, sono "pubblicabili", perché non si viola alcun segreto, così come stabilisce il codice di procedura penale.
Noi tutti leggiamo questo blog per formarci un parere il più possibile equilibrato ed obiettivo relativamente a determinate questioni, il che non può avvenire se non confrontandoci anche con tesi contrarie alle nostre, in maniera serena e scevra di pregiudizi. Qui non si tratta di prevalere in una discussione. Si tratta di cercare di capire.L'ulteriore limitazione della possibilità di effettuare le intercettazioni otterrà solamente di diminuire l'efficacia delle indagini e dell'azione penale nei confronti di molti reati finanziari, fiscali e contro la pubblica amministrazione (vada a verificare nel codice penale quanti anni di pena massima prevedono questi reati e finalmente capirà la reale portata di questo provvedimento). Quel che sovente si "dimentica" di dire è che già oggi, a norma, dell'art. 266 c.p.p., la legge pone severe limitazioni alla possibilità di effettuare intercettazioni, che sono in almeno due casi (commi a e b)previste per delitti che prevedono una pena massima superiore ai 5 anni.Inoltre, le intercettazioni vengono disposte (previa autorizzazione da parte del GIP) solamente quando vi sia il legittimo sospetto che si stia commettendo uno dei delitti o reati previsti dal suddetto art. 266 c.c.p., non certo per appagare la curiosità morbosa di un Pubblico Ministero come si vorrebbe far credere.
Non affermano pertanto il vero quanti sostengono che saremmo tutti intercettati e spiati. Qui non si vuole solamente limitare: in realtà si vuole impedire del tutto di indagare su certi reati, poichè questo sarebbe l'effetto, il risultato concreto di questo provvedimento, che non presenta alcun carattere di urgenza (fatta eccezione per qualcuno, ossia i delinquenti interessati a rimanere impuniti). E' come se uno volesse curare una grave patologia mediante inutili pallativi che alleviano al massimo qualche sintomo, mentre si evita di individuare e curare efficacemente l'origine del male. Questo, in Italia, la politica non ha mai voluto fare (e mi riferisco a entrambi gli schieramenti politici, per non incorrere nella stolta accusa di faziosità e di essere "di sinistra" solo perché, in questo caso, non condivido l'operato della destra. E' evidente che non si vuole che la Giustizia funzioni. Domandiamoci perché, una buona volta, invece di credere a proclami e menzogne.
Cordiali saluti,
Paola Risi
@ a quanto affermato da Renato Farina (citato da Marco):
"Proprio quello che adesso propone assai più modestamente Berlusconi.
I tentativi di Prodi e la casta delle toghe Con una differenza. Nel caso della Ghedinata i criteri li fissa il Parlamento, che sarà una casta ma alla fine risponde agli elettori. Nel caso di Prodi mano libera alla casta delle toghe che non risponde a nessuno."
Le toghe devono rispondere solo alle toghe, perché così sancisce la nostra carta fondamentale dei diritti, la nostra Costituzione! E ciò non per garantirne l'impunità, bensì per assicurarne l'imparzialità e la libertà proprio da nefasti condizionamenti politici.
A leggere certe affermazioni si rimane allibiti. La pretesa che il potere legislativo debba indicare alla Magistratura quali reati perseguire, sulla base di suoi arbitrarii e interessati criteri e del trionfo elettorale, in deroga a quanto affermato da uno dei principi-cardine di una democrazia, ossia quello della DIVISIONE DEI POTERI, è sconcertante e allarmante, anche perché non posso pensare che Farina non conosca questa nozione elementare di civiltà. O forse sì. E la gente crede a queste assurdità.E questo è ancora più allarmante.
Paola Risi
@ Paola Risi
Mi sembra che la Costituzione dica che “ art 101 2°comma I giudici sono soggetti soltanto alla legge” inoltre Art. 70 la legge viene fatta dal Parlamento.
La giurisdizione persegue il fine di dare applicazione concreta alle norme dell'ordinamento giuridico.
Il parlamento fa le leggi e i magistrati le fanno applicare detta in modo bruto
“Per evitare che l'eguaglianza rimanesse un valore astratto la Costituzione ha previsto, altresì, l'obbligatorietà dell'azione penale, ossia il principio in forza al quale chiunque commette un reato è chiamato a risponderne
Senonché; rispettare l'eguaglianza nella doverosa repressione delle condotte violatrici della legge penale non sarebbe concretamente possibile se il pubblico ministero, cui è affidato l'esercizio dell'azione penale, dipendesse gerarchicamente da altri poteri, ad esempio il ministro della Giustizia.”
Nella situazione attuale non spetta a nessuno il compito di assegnare priorità ad un reato se non al pm .
Il punto è proprio questo. Se il giudice è soggetto solo alle legge perché non può essere una legge, magari costituzionale a stabilirne le priorità?
D’altra parte se l’esigenza è stata avvertita dal dott. Zagrebelsky e dal dott. Maddalena, forse una ragione di fondo ce l’ha.
Marco
Agli avvocati de "La giustizia nonostante" non è piaciuta la “controriforma” dell' “antiluterano” Mastella (e nemmeno, credo, ai cittadini-utenti-elettori che vivono il processo come un lunga pena!) ...da anni invocano la “separazione delle carriere” e di far parte dei “consigli giuridici"... Insomma, l'accusa (pm) può “scegliersi” il Gip (salvo poi pentirsi se capita una Forleo...a differenza del feeling Di PIETRO-GHITTI che si scambiavano “Pizzini”ai tempi (in)gloriosi di Mani pulite), la difesa no. E io che vorrei evitare o far astenere il pm o il giudice se oggetto di “legitima suspicione”? Se dopo anni assolto, come l'artigiano a Prato originario di Vietri, infamato, “perché il fatto non sussiste”, in appello: cui molti pm usano ricorrere (vedi il caso della docente del “scrivi 100 io sono defic(i)cente” e quello che al casello ha imboccato la corsia sbagliata, per gli abbonati, che, non contento dell'assoluzione in 1° grado ha voluto andare “in fondo”: 6 mesi + 2.000 euro), tanto non pago io. E la donna nella gabbia con i 2 bambini mentre in altro tribunale il giudice ordina l'allontanamento della nana scambiata per bambina? Il proc. della DDA,Nicola Gratteri (e Ingroia), con senso della realtà, “confessa” che le istituzioni non sono credibili; “noi, non siamo credibili!”...”lo Stato ha tradito...passi indietro” (e dopo la scoperta della microspia nel suo ufficio tutto tace)Un sistema giudiziario -- al primo posto per “violazioni dei diritti umani” -- da esportare con la democrazia (anche noi l'aspettiamo!) agli ignari afghani? Che non sanno "Dei delitti e delle pene" di Beccaria (che l'aspettano). Che già 230 anni fa lanciava appelli...anche contro la lunghezza dei giudizi e la carcerazione preventiva; e impara da Rousseau che in un contesto inegualitario l'eguaglianza formale promossa dalla norma ribadisce le ineguaglianze esistenti...con le leggi eguali per non eguali "tributo di tutti al comodo di pochi"...di una "giustizia" che punisce le colpe inevitabili del povero, i delitti "della miseria e della disperazione"...E da profeta ha pensato persino a Berlusconi; "...se il sovrano coll'apparecchio e colla pompa, coll'austerità degli editti, col non permettere le giuste e le ingiuste querele di chi si crede oppresso, avvezzerà i sudditi a temere più i magistrati che le leggi (da non credere!), essi profitteranno più di questo timore di quello che non ne guadagni la propria e pubblica sicurezza". Un passo del gambero di 2 secoli e mezzo? Dalla "Culla" alla tomba...del Diritto!
@Marco:
il problema dell'effettiva applicazione del principio di obbligatorietà dell'azione penale del PM, sancito dall'art. 112 della Costituzione, è in effetti, soprattutto negli ultimi anni, dibattuto non solo in ambito politico, ma anche dottrinale. In sintesi, i sostenitori della revisione dell'art. 112 osservano, non senza fondamento, come il principio di obbligatorietà sia disatteso nella prassi quotidiana di molte Procure ove, a causa dell'enorme mole di pratiche pendenti, i PM talvolta operano di fatto, per necessità, alcune scelte in ordine alle pratiche da trattare per prime.
Ciò accade perché, nel corso dell'iter processuale, alcuni reati cadrebbero inevitabilmente in prescrizione, oppure perché rientrerebbero nell'ambito di applicazione della legge sull'indulto. In questi casi, l'azione penale rappresenterebbe un inutile spreco di tempo e denaro pubblico, in contraddizione con il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, in base al quale il PM ha sempre l'obbligo, una volta avuta notizia del reato, di intraprendere l'azione penale, senza operare distinzione di sorta, per garantire l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge.
Ciò premesso, provo a rispondere alla sua domanda: "Se il giudice è soggetto solo alle legge, perché non può essere una legge, magari costituzionale a stabilirne le priorità?"
Le ragioni per cui, a mio avviso, ciò non è auspicabile sono le seguenti:
- Stabilire per legge le priorità cui dovrebbero attenersi i PM nel perseguire i reati significherebbe accrescere proprio quel margine di discrezionalità che si vorrebbe eliminare.
Infatti vedremmo l'indipendenza e la potestà del PM di intraprendere l'azione penale fortemente limitata e condizionata da altri soggetti, siano essi i Procuratori, oppure il Parlamento o il Ministero di Grazia e Giustizia.
In quest'ultimo caso aumenterebbe notevolmente il rischio di un'indebita ingerenza da parte della politica nel potere giudiziario che dovrebbe controllarlo, così come avveniva durante il periodo fascista.
Le recenti proposte di mettere in discussione il principio di obbligatorietà dell'azione penale, avanzate sia dal PD (suo è il progetto di legge costituzionale attualmente in discussione presso la camera dei deputati) che dalla destra, sono a mio avviso volte a un solo fine: porre sotto controllo la Magistratura limitandone le possibilità di azione.
- fare in modo che siano il Parlamento e il Ministero di Grazia e Giustizia a indicare le priorità è, a mio modesto parere, ancora peggio dell'ipotesi che a indicare queste priorità siano i Procuratori o il CSM, poiché verrebbe meno il principio di divisione dei poteri, garanzia di indipendenza e imparzialità del PM.
- A fronte dell'ampia discrezionalità di Parlamento e Governo nello stabilire le "linee guida" cui dovrebbero attenersi i PM, il sistema attuale sembra offrire maggiori garanzie di imparzialità: la scelta del PM di non esercitare l'azione penale è soggetta al controllo del Giudice per le indagini preliminari, cui il PM deve richiedere l'archiviazione; il PM ha il dovere giuridico di intraprendere l'azione penale, altrimenti è perseguibile penalmente (art. 328 c.p.).
In definitiva, come ha giustamente notato il prof. Roberto Kostoris nel suo scritto "Per un'obbligatorietà temperata della pena", "in un contesto dominato dal principio di obbligatorietà dell’azione, i criteri di priorità presentano aspetti assai scivolosi e
sembrano destinati a creare più problemi di quanti possano risolverne.
Vanno ricercati altrove gli strumenti su cui puntare per rendere più effettivo il principio di obbligatorietà".
Ecco perché, conclude Kostoris, per cercare di rendere più effettiva l'applicazione del principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, bisognerebbe cercare di ridurre il carico di lavoro attraverso altri strumenti, quali ad esempio:
- una più incisiva opera di depenalizzazione;
- l'estensione al processo ordinario dell’istituto della particolare tenuità del fatto;
- il ricorso sempre maggiore alla conciliazione.
Mi scuso per la lunghezza della risposta e per l'eccessiva semplificazione di problematiche che meriterebbero una trattazione più estesa e una competenza superiore alla mia.
Paola R.
Grazie Dott Tinti!
L'inchiesta sulle presunte minacce giunte al padre di Forleo, prima che con la moglie morisse in un incidente stradale
Il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Potenza, Rocco Pavese, ha disposto la prosecuzione delle indagini per altri sei mesi nell'inchiesta sui magistrati Antonio Negro e Alberto Santacatterina, in servizio a Brindisi, e sul tenente dei Carabinieri Pasquale Ferrari, indagati per abuso d'ufficio in un'inchiesta su una denuncia presentata contro il gip di Milano, Clementina Forleo, per fatti commessi in danno dell'ufficiale dell'Arma.
PADRE FORLEO - L'inchiesta si riferisce alle indagini su presunte minacce giunte al padre di Forleo, tempo prima che quest'ultimo e la moglie morissero in un incidente stradale. In sostanza, Ferrari denunciò il gip di Milano, dopo una conversazione telefonica con il magistrato, facendo in modo che la denuncia fosse esaminata da Negro (Santacatterina coordinava le indagini sulle presunte minacce al padre di Forleo). Nell'inchiesta sono mosse a vario titolo anche le accuse di omissione di atti d'ufficio (in relazione alla mancata acquisizione di alcuni tabulati telefonici riguardanti il padre del gip di Milano) e falsità ideologica, in relazione ad affermazioni contenute in un atto giudiziario, secondo l'accusa non vere.
@ anonimo In merito alla "obbligarietà dell'azione penale" Il recidivo Bossi/Brenno (Guai ai vinti?), che rincara la dose ri-caricando i "fucili caldi", non andrebbe denunciato (e "fermato"!)? La notizia di reato è plateale, di dominio "pubblico... ministero" e quindi oltre che al capo della Procura di Verbania, qualunque Pm di qualsiasi distretto dello Stivale, può (o deve?) incriminarlo? lo stato della malattia può valere per B. ma non attenua la gravità del reato, che se contestato prevede l'arresto in 3 casi: tolti i primi due, il rischio di fuga e l'inquinamento delle prove, resta la reiterazione che ormai si perpetua da anni (dall'assalto al campanile con il "blindato") e prima dell' ictus!!! Sergio Romano (che sabato sui magistrati - con Ostellino - ha avuto da ridire...anche su chi scrive libri ) ritiene che tocca a Silvio spegnerne i bollori...se prima però qualcuno (chi?) freni le sue intemperanze! Altre frasi urlate che si sommano a quelle "armate" di pistole e fucili, sparate in libertà dai leghisti: reati perseguibili d'UFFICIO da qualsiasi pm , salvo se -- come per Woodcock (visto come un attore dal Malgioglio interrogato) su Corona cui gli è rimasto solo il "corona...to" -- non vi sia chi per competenza territoriale ne abbia la titolarità; lo è per una frase detta fuori onda o in sordina pensando di non essere ascoltati o in un qualsiasi luogo ove vi sia una sola persona: ancor più se si tratta di un pubblico ufficiale. Non so cosa voleva dire la signora, ex europarlamentare Ds (che prima di essere eletta pare abbia querelato Sergio Romano per aver palesato o solo accennato alla sua fazione politica, Ds) Elena Paciotti da pres.te dell'Anm nel dire che "la magistratura agisce a caso", ma credo che la vera farsa stia proprio nella vaga "obbligatorietà dell'azione penale" che di fatto si riduce a pura "discrezionalità". Siccome il pm ha sempre un carico di lavoro superiore al suo potenziale di fatto poi "si sceglie" il caso più soft: non posso credere che il pm A. Chionna non avesse casi più importanti del povero G. Sabani e di Merola (sopravvissuto) da perseguire. Ma forse ha ragione Ruggero Guarini nel dire che ai giudici piace il teatro... ("...e noi del teatro della vita ne siamo spettatori fortunati senza pagare il biglietto...", Woodcock dixit)...e berlusconi è un attore versatile , duttile che fa audience e dà visibilità a chi altrimenti resterebbe relegato alle fredde aule giudiziarie. Bene Onida, bene Grosso, bene Roia, bene Pepino, bene Grevi e anche Palamara...sulla Carta...Va male, però, che ci si agiti per i soliti "dieci" processi e non ci si indigna per i 10 milioni del "popolo...delle libertà"? Una montagna di falso ideologico, non perseguito...come il "conflitto d'interessi" (grande come una casa, scrisse Paolo Mieli!), del tutto derubricato o archiviato. O prescritto?
@Obligado
quel che ho scritto intendeva andare al di là delle considerazioni sui comportamenti di singoli magistrati, perché non credo che sia questo il punto. In realtà - e mi scuso se non sono riuscita a esprimere quest'idea compiutamente - volevo riflettere su quali conseguenze potrebbe avere, per la nostra già malandata democrazia, il fatto di stabilire, mediante legge costituzionale,che l'azione penale debba essere indirizzata da un altro soggetto, cui spetterebbe una ben più ampia discrezionalità di quella che lei lamenta, con ragione, nell'azione dei PM (immagino lei abbia già letto le mie considerazioni al riguardo nel mio intervento precedente).
Il vero problema è, a mio avviso, che ormai in Italia non si riesce più a dialogare serenamente su una questione di grande rilevanza per il nostro Paese (tale è per me la discussione sull'opportunità di modificare l'art. 112 della Costituzione) senza sentire violente accuse (parlo in generale, non di lei) rivolte alla Magistratura o tentativi di difesa di questa o quella parte politica. Io intendevo solamente parlare di ciò che, a mio modesto parere, sarebbe giusto in uno Stato di Diritto veramente degno di essere definito tale, senza etichette di destra e sinistra (che detesto) e senza leggi-vergogna, che di fatto limitano fortemente l'ampiezza e l'efficacia dell'azione penale. Quel che sovente si dimentica di dire è che leggi come quelle sull'indulto (votata sia dal PD che dal PDL, non mi faccio illusioni) e quelle che hanno dimezzato le pene previste per certi reati (e conseguentemente i tempi di prescrizione), hanno messo in ginocchio la Magistratura, oserei dire quasi umiliandola, con gravi conseguenze per tutti i cittadini, che spesso non vedono soddisfatte le loro legittime aspettative di un processo rapido e giusto e sono portati ad attribuire tutte le colpe alla Magistratura, anche perché così si vuole far loro credere. Non mi sembra che leggi con simili effetti nefasti abbiano provocato il levarsi di proteste sdegnate da parte della maggior parte dei cittadini, che pure dovrebbero avere grande interesse all'efficienza della Giustizia, al di là del credo politico. Se la nostra classe dirigente, che siede in Parlamento e quindi scrive le leggi, è stata in grado in pochi anni di annientare ogni parvenza di Stato di Diritto, se Procuratori come il dott. Maddaloni si ritrovano a scrivere Circolari per cercare di porre rimedio all'assurdità di perseguire reati che cadrebbero in prescrizione o indultabili, bé, la colpa non è certo solo della Magistratura, che queste leggi assurde deve purtroppo appplicare, bensì di quei rappresentanti non più eletti dal popolo, ma dalle segreterie di partito ( pertanto irresponsabili nei confronti dell'elettorato ), che vorrebbero riscrivere la nostra Costituzione con gli effetti disastrosi che, dati i precedenti, è facile prevedere.
Paola R.
"Questi magistrati che sono la voce vivente della legge e la incarnata permanente riaffermazione della autorità dello
Stato, si accorgono che lo Stato agisce talora come se fosse il loro più aperto nemico: sentono che se vogliono seguitare a rendere giustizia,devono farlo, più che in nome dello Stato, a dispetto dallo Stato, il quale ... fa di tutto per
neutralizzare , per corrompere , per screditare... l'opera loro" .
Tra Magistrati e Ministro della Giustizia si respira da un pezzo in qua un'atmosfera di reciproca ostilità, di mutuo
sospetto: si sono avuti Guardasigilli che hanno pronunciato in piena Camera contro i magistrati frasi che ,come fu
osservato,un ministro inglese si guarderebbe dal pronunciare contro la più umile classe di lavoratori manuali.
E d'altra parte il senso di risentimento e di disagio morale si fa ogni giorno più vivo tra i magistrati, i quali soli sanno,
essi che giorno per giorno compiono l'oscura fatica di adeguare il diritto ai casi concreti,che forse gli ostacoli più temibili all'opera della magistratura,intenta ad applicar la legge senza distinzione di partito, vengono proprio da coloro,che più altamente proclamano in questi tempi ...la necessità di "restaurare a tutti i costi l'autorità della legge"
Piero Calamandrei, dal Discorso senese del 1921 ( in Opere giuridiche , cit.p.216 )
....e venne il 1922....
Alessandra
@ Paola R."La politica ha i suoi princìpi che la morale non conosce" Gent.ma Paola R. Della sua interessante replica, sull'argomemento di discussione (e proprio stamattina Mineo, Rai New 24,con Mastella hanno discettato sul sottile confine della "obbligarietà/discrezionalità" che rende più appetibile, dando più visibilità, indagare sui politici...; ricordo di 2 pm che sollecitati dalle mogli, presero di mira un alto ufficiale - credo Contorno, che combatteva il traffico di opere d'arte - con accuse infamanti, destituite di fondamento)ritengo molto rilevante il passo che riporto: "Non mi sembra che leggi con simili effetti nefasti abbiano provocato il levarsi di proteste sdegnate da parte della maggior parte dei cittadini, che pure dovrebbero avere grande interesse all'efficienza della Giustizia, al di là del credo politico". Infatti R. Mannheimer, 6-7 anni fa, rivelava di un sondaggio per cui risultava che al 52% degli italiani "non interessa- va la giustizia". Al che io con una battuta dicevo (e dico) che è la stessa percentuale - più o meno il 50% - che ama parlare del calcio!? Il problema etico-morale per il cdx "non" si pone, della "torta" raffigurata da Grillo sui "partiti condannati" ne possiede l'84%, il resto a una parte dei partiti di csx: che, purtroppo, non può più vantare quella superiorità morale...che è morta con Berlinguer. A cui aggiungere altri errori di poca lungimiranza e che il cdx usa per zittirli: 1) Se gli si contesta la scelta (scellerata) della guerra in Iraq, il cdx rinfaccia al csx l'attacco a Belgrado...senza l'ok dell'Onu; 2) se si parla di costituzione gli si ricorda la forte manomissione del capitolo V; 3) il conflitto d'interessi tenuto in frigo (...)..per non dire sulla riforma pensionistica, del lavoro e sulla giustizia...poi raffazzonata da Mastella, con gli esiti disastrosi che sappiamo... e dulcis in fundo, la spada di Damocle delle intercettazioni...che incastrano i "migliori". E i giudici che si rivoltano contro...(ciò che fa , e apprezzo, il dr. Lima avrebbe, a esempio, dovuto farlo l'ex magistrato Violante nel suo partito: l'autocritica è costruttiva...se si mira ai "Massim...i sistemi"!)...con la società civile: quella per cui D'Alema, con supponenza 10 anni fa, disse che "doveva restare a casa" ma che ora gli ritira quella "patente" di moralità uscita indenne dall'ondata giudiziaria del 92...che pare replicrsi (a parti invertite): una sorta di “revival” di quel repertorio stagionale di “Mani pulite” in versione ridotta ma che ha reso suscettibile il ministro D'Alema al punto di sbottare verso i giudici (giudizio ondivago, pro-tempore, di lotta e di governo?) che avrebbero gestito il tutto come un “suk arabo”. Paura di non essere più i “Migliori”? E il girovago Mastella, non da meno sotto pressione, che parlava di "neo-terrorismo" e abbagliava con le luci della ribalta, anziché puntare i riflettori nel cono d'ombra...dei "piccoli tribunali...da chiudere". Le ingiustizie più inaccettabili sono quelle dei "poveri cristi" che non hanno "ad-DENTE-llati" per difendersi da abusi di un sistema giudiziario che perde (o gli si fa perdere? questo è un dettaglio)autorevolezza e credibilità! Nel quale, però, molti singoli operatori ci marciano, si nascondono dietro il dito/sistema, per non fare quanto potenzialmente potrebbero". G. Bernard Shaw: "Quando uno stupido fa qualcosa di cui si vergogna dice sempre che è un suo dovere". Dettato da una norma,aggiungo; come quella (sconosciuta dal pres.te?)che legittima chi emette una sentenza "penale" all'insaputa del soccombente. Come per il civile che, diciamo, è regola consolidata. Ma cosa rischia un "non stupido" se l'avvertisse, visto che si chiede anche il N° di telefono e l'accompagnamento coattivo perché discrimina l'utente da chi indossa la divisa o la toga? Parliamo di cose serie e fattibili e ignoriamo i protagonisti di 1° piano, i politici amorali e privi dell'etica di principio. Cordialmente M.C.
Gentile Procuratore, sono perplesso quando lei scrive che: "Non è vero che le intercettazioni vengano pubblicate abusivamente e che quindi bisogna intervenire per bloccare questo malcostume: esse compaiono sui giornali quando è caduto il segreto investigativo, cioè quando l’imputato e i suoi difensori le conoscono, ad esempio perché sono riportate in un provvedimento del giudice che li riguarda (ordinanza di misura cautelare, di sequestro, di perquisizione etc.). Quindi, quando vengono pubblicate, sono pubbliche: non c’è nessun abuso."
Come concilia questa frase con l'articolo 15 della Costituzione ("La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.")?
Mi sembra che il fatto che l’autorità giudiziaria possa disporre intercettazioni, non significa che poi queste intercettazioni possano essere lecitamente pubblicate. Il segreto delle comunicazioni, garantito dalla Costituzione, è “inviolabile”, e può essere limitato solo per fini di giustizia. “Limitato”, cioè compresso, ma mai venire meno.
Dire che non c’è nessun abuso in questo continuo spiattellamento di intercettazioni, sarebbe come affermare che una volta che la Polizia abbia fatto una perquisizione in una privata abitazione, essa non è più privata, e ci possono entrare tranquillamente le telecamere. Eh, no, il domicilio rimane inviolabile (art. 14 Cost.), anche se ci sono entrati i Carabinieri col mandato: loro dentro, tutti gli altri fuori.
Lei inoltre afferma: “Non è vero che esista un problema sicurezza pubblica: il numero dei reati commessi è in costante flessione.”. Ecco, vorrei domandarle: come fa la delinquenza ad essere in ribasso, se il sistema giudiziario è conciato nel modo che sappiamo, e che lei ha ben testimoniato nel suo libro ‘Toghe rotte’? I Ladri si sono stufati di giocare per mancanza delle Guardie? Se l’efficienza del sistema giudiziario è una variabile indipendente dell’andamento della criminalità, allora vuol dire che la giustizia italiana non è solo inefficiente, è proprio irrilevante.
Forse è meglio dire che sono in ribasso le denunce dei reati, non i reati stessi, non crede? E questo è un altro aspetto – non meno preoccupante - della sfiducia dei cittadini nei confronti dello Stato.
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