di Vanna Lora
(Docente di Storia e Filosofia)
“Non si isola una persona che ha bisogno di un ambiente compatto, di sostenitori, allievi e seguaci. Borsellino viene isolato chirurgicamente”.
Sono parole di Dolcino Favi, P.G. nel terzo troncone del processo per la strage di Via D’Amelio, giunto all’appello, pronunciate in aula nel gennaio 2001.
Il P.G. chiama in causa Pietro Giammanco, costretto a lasciare l’incarico in seguito alla sollevazione dei sostituti del suo ufficio, per l’isolamento da lui creato attorno a Paolo Borsellino.
Curiose coincidenze della storia.
Dolcino Favi è lo stesso P.G. che ha firmato, da facente funzione, l’avocazione dell’inchiesta “Why not” condotta, fino a quel momento, da Luigi De Magistris.
Un altro magistrato isolato e lasciato solo.
E costretto a rivolgersi all’opinione pubblica per denunciare il clima pesante e torbido nel quale si trova a lavorare.
Così come fece Paolo Borsellino, nell’aria ormai irrespirabile del 1988, l’anno della bocciatura di Giovanni Falcone da parte del C.S.M., rilasciando interviste a la Repubblica e a L’Unità.
Non sono stati uccisi al culmine del loro potere, Giovanni e Paolo, ma al culmine del loro isolamento e della loro solitudine.
Maria Clementina Forleo ha espresso solidarietà al collega De Magistris, così come Antonio Ingroia, negli studi televisivi di Annozero. L’unica trasmissione che abbia dato voce ai magistrati, mentre su tutte le reti gli uomini della politica, grazie al loro ruolo, hanno potuto parlare a ruota libera.
Il diritto alla libertà di parola e di espressione è garantito a tutti i cittadini italiani dall’articolo 21 della Costituzione, ma sembra che per i magistrati, meno uguali degli altri, questo diritto non valga o valga in termini così ristrettii da ridursi a zero. Lo ha detto, in termini più sfumati, ma non meno chiari, l’onorevole Violante, dagli schermi televisivi di “In mezz’ora” a Lucia Annunziata, ieri.
Aggiungendo anche “Non mi pare che Mastella abbia beneficiato granchè dei mezzi di comunicazione”.
Sembra una battuta, ma non lo è: è l’opinione di un parlamentare ed ex magistrato.
I quotidiani, oggi, riportano le dichiarazioni di Violante, ma non questa battuta.
Violante ha detto anche che De Magistris e Forleo hanno sbagliato ad andare in tv.
Ha detto proprio così: “hanno sbagliato”.
Non si tratta quindi di un dissenso, di un’opinione contraria, di una critica. Si tratta di un giudizio: quella partecipazione è stata un errore. Non si doveva fare.
Mi viene in mente il Robespierre del bellissimo “La morte di Danton” di Büchner, che rivolgendosi al fido Saint-Just dice, a proposito di Camille Desmoulins: “Bisogna far capire a Camille che si sbaglia”.
Desmoulins criticava la politica del terrore dal suo giornale e il suo dissenso, giudicato un errore dai detentori della pubblica verità, fu silenziato dalla ghigliottina.
Anche Mancino, vice presidente del C.S.M., ha parlato di “giustizia show”.
Che i giudici debbano parlare solo con le sentenze lo si sente dire tutte le volte che la magistratura scoperchia pentole di malaffare e di collusioni con il mondo della politica.
L’impressione del cittadino comune è che non si vogliano far sapere certe cose, sulle quali è più gradito un omertoso silenzio.
Così, anziché sul marcio degli accordi trasversali in Calabria, o sulle pressioni e intimidazioni denunciate da Forleo, che a mio modesto avviso avrebbero dovuto allertare immediatamente il C.S.M., si sposta l’attenzione sulla cosiddetta sovraesposizione mediatica dei magistrati, quasi fossero starlette in cerca di scritture.
E si disorienta o si “orienta” l’opinione pubblica.
L’unica, in casi come questi, ad aiutare la verità.
Se la res pubblica è cosa di tutti e non “Cosa Nostra”.
Nei giorni cupi dell’estete del 1992 Paolo Borsellino è a cena a Terrasini, una serata organizzata dai carabinieri.
Alla fine della cena il cuoco e proprietario del locale vuole stringere la mano del giudice e scoppia a piangere.
Ad Antonio Ingroia, più tardi, in auto, Paolo dice: “Sai Antonio, stavo per mettermi a piangere anch’io. Ha voluto dirmi che i palermitani onesti, i padri di famiglia, sono al nostro fianco”.
Borsellino chiamerà quella cena “la cena degli onesti” (cfr Lo Bianco- Rizza, "L’Agenda rossa di Paolo Borsellino”, ed. chiarelettere, pag. 79).
Bisognerebbe far capire a Violante e Mancino che si sbagliano. I magistrati onesti non si rivolgono all’opinione pubblica per cercare consenso, parlano per superare la barriera dell’isolamento e della delegittimazione. E la gente onesta ha capito.
(Docente di Storia e Filosofia)
“Non si isola una persona che ha bisogno di un ambiente compatto, di sostenitori, allievi e seguaci. Borsellino viene isolato chirurgicamente”.
Sono parole di Dolcino Favi, P.G. nel terzo troncone del processo per la strage di Via D’Amelio, giunto all’appello, pronunciate in aula nel gennaio 2001.
Il P.G. chiama in causa Pietro Giammanco, costretto a lasciare l’incarico in seguito alla sollevazione dei sostituti del suo ufficio, per l’isolamento da lui creato attorno a Paolo Borsellino.
Curiose coincidenze della storia.
Dolcino Favi è lo stesso P.G. che ha firmato, da facente funzione, l’avocazione dell’inchiesta “Why not” condotta, fino a quel momento, da Luigi De Magistris.
Un altro magistrato isolato e lasciato solo.
E costretto a rivolgersi all’opinione pubblica per denunciare il clima pesante e torbido nel quale si trova a lavorare.
Così come fece Paolo Borsellino, nell’aria ormai irrespirabile del 1988, l’anno della bocciatura di Giovanni Falcone da parte del C.S.M., rilasciando interviste a la Repubblica e a L’Unità.
Non sono stati uccisi al culmine del loro potere, Giovanni e Paolo, ma al culmine del loro isolamento e della loro solitudine.
Maria Clementina Forleo ha espresso solidarietà al collega De Magistris, così come Antonio Ingroia, negli studi televisivi di Annozero. L’unica trasmissione che abbia dato voce ai magistrati, mentre su tutte le reti gli uomini della politica, grazie al loro ruolo, hanno potuto parlare a ruota libera.
Il diritto alla libertà di parola e di espressione è garantito a tutti i cittadini italiani dall’articolo 21 della Costituzione, ma sembra che per i magistrati, meno uguali degli altri, questo diritto non valga o valga in termini così ristrettii da ridursi a zero. Lo ha detto, in termini più sfumati, ma non meno chiari, l’onorevole Violante, dagli schermi televisivi di “In mezz’ora” a Lucia Annunziata, ieri.
Aggiungendo anche “Non mi pare che Mastella abbia beneficiato granchè dei mezzi di comunicazione”.
Sembra una battuta, ma non lo è: è l’opinione di un parlamentare ed ex magistrato.
I quotidiani, oggi, riportano le dichiarazioni di Violante, ma non questa battuta.
Violante ha detto anche che De Magistris e Forleo hanno sbagliato ad andare in tv.
Ha detto proprio così: “hanno sbagliato”.
Non si tratta quindi di un dissenso, di un’opinione contraria, di una critica. Si tratta di un giudizio: quella partecipazione è stata un errore. Non si doveva fare.
Mi viene in mente il Robespierre del bellissimo “La morte di Danton” di Büchner, che rivolgendosi al fido Saint-Just dice, a proposito di Camille Desmoulins: “Bisogna far capire a Camille che si sbaglia”.
Desmoulins criticava la politica del terrore dal suo giornale e il suo dissenso, giudicato un errore dai detentori della pubblica verità, fu silenziato dalla ghigliottina.
Anche Mancino, vice presidente del C.S.M., ha parlato di “giustizia show”.
Che i giudici debbano parlare solo con le sentenze lo si sente dire tutte le volte che la magistratura scoperchia pentole di malaffare e di collusioni con il mondo della politica.
L’impressione del cittadino comune è che non si vogliano far sapere certe cose, sulle quali è più gradito un omertoso silenzio.
Così, anziché sul marcio degli accordi trasversali in Calabria, o sulle pressioni e intimidazioni denunciate da Forleo, che a mio modesto avviso avrebbero dovuto allertare immediatamente il C.S.M., si sposta l’attenzione sulla cosiddetta sovraesposizione mediatica dei magistrati, quasi fossero starlette in cerca di scritture.
E si disorienta o si “orienta” l’opinione pubblica.
L’unica, in casi come questi, ad aiutare la verità.
Se la res pubblica è cosa di tutti e non “Cosa Nostra”.
Nei giorni cupi dell’estete del 1992 Paolo Borsellino è a cena a Terrasini, una serata organizzata dai carabinieri.
Alla fine della cena il cuoco e proprietario del locale vuole stringere la mano del giudice e scoppia a piangere.
Ad Antonio Ingroia, più tardi, in auto, Paolo dice: “Sai Antonio, stavo per mettermi a piangere anch’io. Ha voluto dirmi che i palermitani onesti, i padri di famiglia, sono al nostro fianco”.
Borsellino chiamerà quella cena “la cena degli onesti” (cfr Lo Bianco- Rizza, "L’Agenda rossa di Paolo Borsellino”, ed. chiarelettere, pag. 79).
Bisognerebbe far capire a Violante e Mancino che si sbagliano. I magistrati onesti non si rivolgono all’opinione pubblica per cercare consenso, parlano per superare la barriera dell’isolamento e della delegittimazione. E la gente onesta ha capito.
16 commenti:
Bellissimo commento, lo quoto in pieno. Dovrebbero leggerlo tutti i nostri cari rappresentanti... e forse lo leggeranno...
Il problema principale è che sia Violante che Mancino sanno di aver rilasciato dichairazioni fuori luogo in quanto ex magistrati e già di per se la cosa è abbastanza grave,poi per favore mi spiegate una cosa voi che state addentrati nella magistratura e cioè leggo alcuni giorni fa che il MInistro Mastella è stato iscritto nel registro degli indagati ( dal tribunale di roma se non erro,dopo che gli incartamenti di catanzaro sono stati "trasferiti") come è compatibilmente possibile che non sia sia ancora dimesso,oppure non doveva essere compito del Presidente del consiglio chiederne la rimozione/sostituzione con altro ministro essendo quest'ultimo iscritto in tale registro ? Cioè vorrei capire una persona risulta indagata e può tranquillamente continuare ad esercitare le sue funzioni ? Ma anche negli altri paesi dove vige una democrazia funziona cosi ?
Grazie per l'eventuale risposta
C'è da sospettare che chiunque voglia far passare per "protagonismo mediatico" gli interventi Magistris-Forleo, deviando l'attenzione del cittadino, sia forse per evitare che qualche altra cosa possa venire a galla, che magari li possa interessare piu' o meno direttamente??
x Gennaro...
Anche Prodi risulta iscritto... come fa a chiedere le dimissioni di Mastella? Con quale faccia gliele chiede?... dovrebbero dimettersi entrambi... e invece...
«Ho ragione di ritenere che i pericoli che corro non derivano da attacchi provenienti dalla piazza ma da ambienti istituzionali e per questa ragione rinuncio alla scorta che non è un taxi gratuito e perché non voglio far spendere soldi inutilmente allo Stato». (Maria Clementina Forleo, www.corriere.it, 29 ottobre 2007)
"Sul perchè dei pubblici ministeri rischino la loro vita e quella dei loro cari di fronte all’ignavia dei politici e all’indifferenza (perchè disinformata) di gran parte dell’opinione pubblica non so darmi una risposta.
Non so le ragioni per cui una donna che si batte per far luce sulla vicenda Unipol sia isolata dai politici, diffamata, indotta al silenzio, minacciata e, nonostante tutto, non si arrenda."
(BLOG di Beppe Grillo, Domenica 28 ottobre 2007)
(POL) Borsellino: perché tornano i soliti misteri su Via d'Amelio
Roma, 17 lug (Velino) - Il procuratore della Repubblica di Caltanissetta ha deciso di riaprire l'inchiesta sulla strage di Via D'Amelio in cui morirono, 15 anni fa, Paolo Borsellino e gli uomini della scorta. Secondo Renato Di Natale potrebbero emergere nuove responsabilità su alcuni "apparati deviati" dei servizi segreti. In più, secondo le indiscrezioni, Di Natale indagherebbe nuovamente sulla "presenza anomala'' di un agente di polizia in via d'Amelio subito dopo l'esplosione. Un poliziotto che prima della strage era in servizio a Palermo, ma venne trasferito a Firenze alcuni mesi prima di luglio dopo che i colleghi avevano "scoperto attraverso intercettazioni che aveva riferito 'all'esterno' i nomi dei poliziotti di una squadra investigativa che indagava nel quartiere di San Lorenzo su un traffico di droga". Anche se la procura nissena non ha confermato la notizia, c'è da dire che "sui settori deviati dei servizi segreti" e sulla "presenza anomala di un poliziotto" i magistrati avevano già indagato a fondo. Soprattutto su quest'ultimo. A riferirlo è il libro L'Agenda rossa di Paolo Borsellino, scritto da due giornalisti e in libreria da meno di un mese. Nell'introduzione firmata da MarcoTravaglio al poliziotto si dà una identità: "È l'agente di polizia Salvatore Mannino, in forza fino a qualche tempo prima (della strage, ndr) al commissariato San Lorenzo e sospettato di essere una talpa del commissariato". Ma, e Travaglio non lo dice, le indagini a suo tempo svolte dalla magistratura sono state chiuse senza ombra alcuna e senza alcuna conseguenza né penale né disciplinare per il poliziotto che risultò estraneo alla strage.
Contemporaneamente, il fratello del magistrato Salvatore Borsellino, rilancia le accuse sulla "scarsa memoria" del ministro dell'Interno dell'epoca Nicola Mancino perché non ha mai confermato l'accusa di aver fatto incontrare il 1 luglio del '92 Borsellino con Vincenzo Parisi, allora capo della polizia, e con un funzionario del Sisde, Bruno Contrada. "Il terzo livello" ritorna a fare capolino, anche se né i pentiti né le ulteriori indagini hanno portato alcunché di nuovo. C'è, poi, da registrare una strana coincidenza: l'anno scorso prima che i partiti della sinistra si orientassero per la presidenza della Repubblica su Giorgio Napolitano, si ipotizzò anche la candidatura di Giuliano Amato. Un candidato che appariva bipartisan, ma anche allora ritornò prepotente la "responsabilità dei servizi segreti deviati "nel '92 sulla strage di via D'Amelio e i non "ricordo" del ministro dell'Interno dell'epoca. Tutto per ricordare alla sinistra che nel '92 alla presidenza del Consiglio c'era Amato, al ministero dell'Interno Mancino. Sarà una coincidenza, ma le voci si rinnovano e rinnovano i soliti "misteri" di via D'Amelio proprio quando qualcuno ipotizza, a sinistra, un governo guidato da Amato.
Sono perfettamente d'accordo, e la ringrazio per aver espresso in modo così chiaro esattamente ciò che penso (mi riferisco all'ultima frase).
Tutta la mia solidarietà ai Magistrati che hanno "parlato" e parleranno.
giustizia – borghesi (idv): forleo, inaccettabile toglierle diritto di parola
“Trovo inaccettabile che un magistrato venga ripreso solo perché dice la verità. E’ ingiusto tentare di zittire Clementina Forleo per aver rivelato di intimidazioni subite anche da persone appartenenti ad organi istituzionali”. Lo afferma Antonio Borghesi, deputato dell’Italia dei Valori. “Ci chiediamo – aggiunge – se non si stia preparando anche per il gip di Milano un caso De Magistris. Nella richiesta di trasferimento del pm di Catanzaro, infatti, si è additato, tra le motivazioni, il fatto che parlasse troppo”. “Non è giusto – conclude il dipietrista - appigliandosi a sobrietà e prudenza, doti assolutamente indispensabili per i magistrati, tentare di negare loro il diritto di parola”.
Ufficio stampa IDV
Roma, 19:32
FORLEO: IMPOSIMATO, PRESSIONI LEGATE ALLE 'SCALATE'
"Cose abbastanza serie e preoccupanti", "pressioni" subite e collegate all'inchiesta sulle "scalate" (quelle relative alla Bnl-Unipol e Antonveneta, ndr). Queste le confidenze che il giudice Clementina Forleo ha fatto all'ex magistrato (nonche' ex parlamentare) Ferdinando Imposimato. "Posso solo dire che il giudice Clementina Forleo - dichiara Imposimato all'Agi - mi ha parlato di cose abbastanza serie e preoccupanti, per cui credo che si tratti di pressioni che lei ha subito per la sua attivita' di magistrato impegnato nell'inchiesta che riguardava le 'scalate'". Ma ha subito vere e proprie minacce e di che genere? "Non posso dire nulla di piu'".
Roma, 17:42
WHYNOT: SLITTA INTERROGATORIO DE MAGISTRIS IN CASSAZIONE
L''interrogatorio' del pm di Catanzaro Luigi De Magistris davanti alla procura generale della Cassazione non si terra'domani, come fissato in precedenza, ma la prossima settimana, presumibilmente mercoledi' mattina. Secondo quanto si apprende, il faccia a faccia di De Magistris con i sostituti procuratori generali della Suprema corte, che si stanno occupando del procedimento disciplinare a carico del pm, avviato dal guardasigilli Clemente Mastella, e' slittato proprio su richiesta della difesa del magistrato, che ha chiesto piu' tempo per prepararsi.
Dolcino Flavi ha detto proprio così nel 1991? Incredibile! Allora ha ragione da vendere Salvatore Borsellini quando denuncia l’ipocrisia in relazione alle commemorazioni di Paolo Borsellino …
Le dichiarazioni di Nicola Mancino non mi meraviglia più di tanto. Chi mi ha deluso, invece, è stato Violante.
Abbiamo lasciato soli Falcone e Borsellino ma non lasceremo più soli i magistrati onesti come De Magistris o la Forleo.
Ed in particolare, a Clementina Forleo, al suo coraggio ed alle sue lacrime, vorrei dire da donna a donna:
BRAVA CLEMENTINA SEI TUTTE NOI!
Inchiesta Why Not, De Magistris
"Ricorso contro l'avocazione"
ROMA - "Sono sereno, mi affido al Csm". Lo ha detto il pm di Catanzaro Luigi De Magistris a conclusione dell'audizione, durata circa tre ore, davanti la prima commissione del Csm. Il magistrato ha anche detto di aver "presentato ricorso in Cassazione contro l'avocazione dell'inchiesta Why Not decisa dalla procura generale di Catanzaro".
Giuseppe FAVA, giornalista siciliano ucciso dalla mafia, in un intervista del 1983 con Enzo Biagi
IMPERDIBILE
e AGGHIACCIANTE
Clicca qui per vederlo
.
Anonimo ci ha segnalato un video di una intervista a Giuseppe Fava.
Grazie di cuore della segnalazione.
L'intervista è bellissima e ne consigliamo vivamente la visione.
La Redazione
Stupenda e appassionata analisi dello stato in cui versa la magistratura italiana. Grazie. Solidarietà per De magistris, Forleo e per tutti i magistrati liberi.
Virgilio Nicolanti. Roma
Ha scritto Sergio Romano sul Corriere di oggi, e credo che andrebbe meditato, che:
"Ho visto le fotografie del GIP Forleo in lacrime con imbarazzo e disagio...
Non mi piace anzitutto che un funzionario dello Stato manifesti pubblicamente le sue emozioni. Si potrebbe osservare che le emozioni sono state provocate dalle insinuazioni e dalle accuse di cui Clementina Forleo è stata oggetto nelle ultime settimane. A me sembra invece che le colpe dei suoi avversari e detrattori siano pur sempre meno importanti, per la dignità delle istituzioni, del modo in cui il GIP ha gestito le sue apparizioni pubbliche.
Forleo non ha torto, almeno «tecnicamente», quando afferma: «Finché non ci sarà un editto che stabilisca quali magistrati possono parlare e quali non possono, quando possono o non possono farlo, sempre al di là della riservatezza legata alle questioni sugli atti d’ufficio, io ritengo di parlare, come fanno gli altri miei colleghi, assumendomi tutte le mie responsabilità. Ci sono molti magistrati indipendenti che vogliono far sentire la loro voce» (Corriere di ieri).Ma non si può apparire alla televisione, dare interviste e fare dichiarazioni in pubblico senza accettare gli effetti, le conseguenze, i rischi e le regole del gioco che questa esposizione mediatica finisce inevitabilmente per produrre.
Uno degli aspetti più sconcertanti di questi ultimi anni è l’uso che molti magistrati, soprattutto procuratori, hanno fatto della loro notorietà. Hanno scritto, concesso interviste, partecipato a presentazioni di libri e pubblici dibattiti, firmato manifesti, preso parte a manifestazioni di piazza. Tralascio il fatto che il tempo impiegato in queste attività è stato inevitabilmente sottratto alle loro funzioni e mi limito a osservare che, pur ricercando i riflettori della pubblicità, non hanno mai voluto accettarne pienamente le regole.
Si sono comportati come «politici», nel senso più largo della parola, ma hanno sempre preteso di essere trattati come magistrati. Hanno polemicamente sostenuto che i loro imputati avrebbero dovuto difendersi «nel processo», non «contro il processo»; ma hanno fatto altrettanto difendendo la loro azione sulla pubblica piazza anziché esclusivamente con gli atti del loro ufficio e nelle aule dei tribunali. Lo avrei compreso e giustificato, nel caso dei procuratori, se avessero accettato la separazione della carriera inquirente dalla carriera giudicante.
Ma volevano essere contemporaneamente personaggi popolari, pubblici accusatori e «bocca della legge». Credo che queste considerazioni valgano anche per Clementina Forleo..."
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