martedì 30 settembre 2008

La battaglia finale




di Franco Cordero


da La Repubblica del 30 settembre 2008


Il re decrepito, tema della fantasia alchimistica: le sue terre decadono; non cresce più niente.

Bisogna ringiovanirlo e l’opus comincia da una “mortificatio”: nel “Viridarium chemicum” muore massacrato dai rivoltosi; in Mayer, “Scrutinium chemicum”, un lupo lo divora affinché rinasca dal fuoco (cito dalla junghiana “Psicologia e alchimia”, figure nn. 173 e 175, ed. inglese).

Sir George Ripley, canonico di Bridlington (1415-90), racconta una metamorfosi meno cruenta: acquattato sotto le vesti materne, ridiventa feto; lei mangia carne di pavone e beve sangue d’un leone verde (nell’iconografia alchimistica corrisponde all’unicorno); il rinato riceve carismi da luna, sole, stelle attraverso una vergine inghirlandata il cui latte è vita; trionfa sui nemici, guarisce gl’infermi, estingue i peccati (ivi, 408 ss., e “Mysterium coniunctionis”, pp. 274-80).

Non era digressione oziosa. Abbiamo un presidente del Consiglio fuori misura: cantastorie stipendiati vantano mirabilia e ne è convinto; «toccatela», diceva offrendo la mano in un convegno, «ha fatto il grano»; quanto più taumaturgo dei re che guarivano gli scrofolosi.

Ma deperiscono anche i corpi regali.

Nell’“Allegoria Merlini” fenomeni d’idropisia preludono alla rinascita: pronto alla battaglia, chiede da bere e beve troppo gonfiandosi; non può salire in sella; vuol sudare in una camera calda; vi rimane esanime; allora vari mediconi lo tritano, poi riplasmano con ammoniaca e nitro; cuoce nel crogiolo.

Quando l’ultima stilla è caduta nel vaso sottostante, salta su gridando: dov’è il nemico?; vengano a sottomettersi; se qualcuno resiste, l’ammazza.

Voleva sudare e affinarsi anche Re Lanterna, padrone degli ordigni con cui s’è fabbricato un popolo d’elettori: riposava tra fanghi, pietre vulcaniche et similia; nel quarto giorno esce, dovendo assistere al derby milanese.

L’unica differenza dall’“Allegoria Merlini” è che non l’abbiano tritato: resta qual era, compatto, nerovestito, arrembante; e stermina i nemici: non vuol più sentire la parola “dialogo” (scelta semantica seria, diamogliene atto); un secco fendente decapita l’avversario, colpevole d’essersi accorto del nascente regime autoritario.

Seguono due battute: la Corte costituzionale renderà ossequio al cosiddetto lodo Alfano, del cui valore un collegio del Tribunale milanese osa dubitare; altrimenti, e la voce assume toni gravi, ha in serbo una «profonda riflessione sull’intero sistema giudiziario».

Parlava chiaro: qualcuno s’illude d’imprigionarlo in ragnatele legali?; gl’istogrammi dei consensi dicono chi comandi; avendo l’“omnipotence de la majorité”, fa quel che vuole; può rifondare Carta, codici, personale.

Non lo fermano due o tre parrucche, o quante risultino determinanti dell’ipotetica decisione ostile: s’infuria ogniqualvolta dei giudici non deliberino nei termini convenienti; è lesa maestà contraddirlo.

Che lo pensi, era chiaro: gli ripugnano diritto, etica, grammatica; lo Stato è una delle sue botteghe; sinora però teneva l’idea dentro e finché stia al gioco pudibondo, l’ipocrisia vela i più tristi spettacoli.

Domenica sera l’ha detto, spiazzando cosmetologhi e consiglieri legali.

L’outing scoperchia retroscena visibili da chiunque non chiuda gli occhi: sarà arduo sostenere che l’immunità tuteli un interesse generale; l’ha smentito dai telegiornali, a viso duro; la pretende come scudo nei prossimi 12 anni, ritenendosi diverso da tutti, e guai se una Corte trova da eccepire.

In sede morale figura male, guadagnandovi perché gli aspetti “canaille” rendono.

Oltre alla disinvoltura piratesca, sinora esibiva un penchant fraudolento, dall’ascesa affaristica alle campagne mediatiche con cui tre volte s’è impadronito del potere.

Stavolta siamo sul cóté violento, emerso tre mesi fa quando un emendamento al decreto sicurezza, straripando dai termini convenuti al Quirinale, minaccia scempi se non gli garantiscono l’immunità: centomila processi al diavolo; gliela votano e l’emendamento cade; caso classico d’estorsione.

Eguale odore penalistico manda l’ultimo fosco messaggio: l’art. 289 c.p. (*) incrimina «ogni fatto diretto a impedire anche temporaneamente» che la Corte eserciti le sue funzioni; e la pena va dai 10 anni in su ma è questione accademica, essendo lui immune dal processo, qualunque sia l’ipotetico reato, anche fossero in ballo i presupposti della convivenza civile.

Siccome esistono precedenti italiani, vale la pena riflettere nel senso etico-intellettuale (la «profonda riflessione» prospettata domenica 28 settembre era minaccia oscura).

Raccomandiamo l’argomento ai liberal, cultori d’uno Stato democratico moderno: così dicono abusando delle parole; il plutocrate allevato dal vecchio malaffare politico, campione d’un grossolano populismo, configura fenomeni né moderni né liberali.

L’analogia colpisce l’occhio perché i discorsi de quibus corrono sotto la stessa illustre testata.

Post ottobre 1922 LuigiAlbertini, formidabile tecnocrate della cura d’anime giornalistica, ha la coscienza inquieta: non l’ammette, anzi ripete vecchie invettive esorcistiche; a sentire lui, le sventure italiane vengono da Giolitti, ma i cinque volumi dei “Venti anni di vita politica” dicono quanto basta al giudizio storico.

Rivisti gli eventi a testa fredda, gli restano pochi motivi d’orgoglio: insisteva nell’assurdo tentativo d’escludere le masse dalla scena politica; patrocinava teste piccole e torbide come Sonnino e Salandra; guerrafondaio quando è chiaro che nel caso migliore l’Italia uscirebbe stravolta; sostiene lo squadrismo fascista, reazione salutare al pericolo rosso, nonché alla neoplasia cattolica.

Dio sa come potesse vedere nei fascisti un partito liberale giovane; e ancora dopo l’insediamento mussoliniano spera una metamorfosi virtuosa, ma precede tutti gli esponenti del vecchio establishment nel dissenso: in extremis salva l’anima.

Siamo a quel punto?

Il teatro storico non concede bis perfetti: nello scenario 2008, ad esempio, manca l’equivalente d’un braccio armato del regime qual era la Milizia volontaria; cose d’allora sono impensabili oggi, fermo restando lo sfondo antropologico (Achille Starace e vari altri vengono su come funghi).

L’analogia sta nel grave pericolo.

Sotto qualche aspetto rischiamo più d’allora: Mussolini era uomo politico, con difetti calamitosi ma non affarista né pirata; e intellettualmente valeva alquanto più del musicante da crociera, impresario edile, piduista, spacciatore del loto televisivo.

Nelle desinenze latine s’equivalgono: «unguibus et rostribus», declama il furibondo maestro elementare romagnolo; l’altro, laureato, infila nella loquela d’imbonimento un «simul stabunt, simul cadunt», ma racconta d’ avere tradotto Erasmo, il cui latino umanistico non é dei più facili.

____________

(*) L’articolo del prof. Cordero contiene un errore nella citazione dell’art. 289 del codice penale. Il testo citato dal prof. Cordero, infatti, è quello antecedente al 2006. Quella norma disponeva che era «punito con la reclusione non inferiore a dieci anni, qualora non si tratti di un più grave delitto, chiunque commette un fatto diretto a impedire, in tutto o in parte, anche temporaneamente: 1) al Presidente della Repubblica o al Governo l'esercizio delle attribuzioni o prerogative conferite dalla legge; 2) alle Assemblee legislative o ad una di queste, o alla Corte Costituzionale o alle Assemblee regionali, l'esercizio delle loro funzioni. - La pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è diretto soltanto a turbare l'esercizio delle attribuzioni, prerogative o funzioni suddette».

L’art. 4 della legge 24 febbraio 2006, n. 85, approvata regnante Berlusconi, ha modificato quella norma con altra del seguente tenore: «È punito con la reclusione da uno a cinque anni, qualora non si tratti di un più grave delitto, chiunque commette atti violenti diretti ad impedire, in tutto o in parte, anche temporaneamente: 1) al Presidente della Repubblica o al Governo l’esercizio delle attribuzioni o delle prerogative conferite dalla legge; 2) alle assemblee legislative o ad una di queste, o alla Corte costituzionale o alle assemblee regionali l’esercizio delle loro funzioni».

Dunque:

1. il fatto è punito ora solo se commesso con violenza; se l’esercizio delle attribuzioni o delle prerogative del Presidente della Repubblica, del Governo, della Corte Costituzionale o delle assemblee legislative viene impedito con altri mezzi il fatto non è più reato;

2. se viene commesso in maniera violenta è reato, ma è punito con una pena più che dimezzata rispetto a quella precedente; meno di un furto con scasso o di una rapina con la pistola giocattolo.

La cosa pare molto molto rilevante e significativa.




27 commenti:

Anonimo ha detto...

Paura.
Chiedo agli esperti una conferma: è vero che -sempre regnante Berlusconi- è stato abolito nello stesso modo anche il Colpo di Stato (che persiste solo in caso di violenza)?

Grazie, Silvia.

"Uguale per tutti" ha detto...

Per Silvia.

E' vero.

Trova il tutto nella riformulazione dell'art. 283 del codice penale.

La versione antecedente alla riforma del 2006 era:
«Chiunque commette un fatto diretto a mutare la costituzione dello Stato, o la forma del Governo con mezzi non consentiti dall'ordinamento costituzionale dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni».

Il testo attuale è:
«Chiunque, con atti violenti, commette un fatto diretto e idoneo a mutare la Costituzione dello Stato o la forma di Governo, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni».

In sostanza, se si attenta alla costituzione dello Stato in maniera ILLEGALE, ma NON violenta, il fatto in sé non è reato.

La Redazione

baron litron ha detto...

scusate tanto, non vorrei fare il pignolo, ma mi sapreste dire COME nella formulazione ante 2006 si sarebbe potuta "mutare la costituzione dello Stato, o la forma del Governo con mezzi non consentiti dall'ordinamento costituzionale dello Stato" se non adottando metodi VIOLENTI? (giacché mi pare la Costituzione consenta la propria modifica nei modi previsti, che non sono violenti).

a me pare che la norma post 2006 non muti la SOSTANZA di quella precedente, anche perché è implicito che una legge promulgata dal presidente della repubblica NON possa essere anticostituzionale, ed è quindi pleonastico ricordare in ogni articolo che la sullodata costituzione va comunque rispettata, o mi sbaglio di grosso?

non commento l'articolessa di Cordero, mi pare, insieme a molte altre dello stesso tenore, uno sterile ed allarmistico esercizio retorico, e di nemmeno eccelsa qualità.....

baron litron

Anonimo ha detto...

Per Baron Litron.

La Costituzione, è vero, è modificabile con la procedura aggravata ex art. 138 Cost. Senonché l'ultimo articolo della Costituzione, il 139, sancisce che queste modifiche devono avvenire nel rispetto della "forma repubblicana" dello Stato, che "non può essere oggetto di revisione costituzionale": con tale formula intendendosi, secondo la dottrina maggioritaria, non soltanto il mantenimento del principio della separazione e dell'equilibrio dei poteri, ma anche la garanzia dei diritti fondamentali della persona e del cittadino, il c.d. "nucleo duro della Costituzione".
Ecco come è possibile modificare la Costituzione con atti illegali, ma non violenti: una legge che riportasse lo Stato italiano ad essere una monarchia, o che sopprimesse il principio di eguglianza, pur formalmente legittima, lo sarebbe sostanzialmente.

Aggiungo che il fatto che il presidente della Repubblica promulghi la legge, pur in quanto garante della Costituzione, non è di per sé sufficiente per attestare che la legge non sia costituzionalmente illegittima: basta far caso, chessò, a TUTTE LE PRONUNCE DELLA CORTE COSTITUZIONALE in tema di sindacato di legittimità costituzionale, che intervengono solitamente su leggi e atti aventi forza di legge in sé perfetti, cioè votati da entrambe le Camere nel rispetto - si auspica - della procedura costituzionalmente sancita, promulgati dal presidente della Repubblica e divenuti efficaci dopo l'apposita, prevista vacatio legis.
Stefano - Sassari

Anonimo ha detto...

Per Baron Litron (commento delle 0.28).

Carissimo Baron Litron,

Le propongo due osservazioni.

La prima è: se fosse vero che l'unico possibile attentato alla costituzione sarebbe quello "violento", la riforma del testo sarebbe stata del tutto inutile. Dunque, il primo argomento è: se l'hanno fatto un motivo ci doveva essere. Il quale argomento ha un corollario: perchè mai l'attentato violento (cioè armato) alla costituzione deve essere punito meno della rapina? Perchè hanno più che dimezzato le pene? Prima "non inferiore a dodici anni" ora "non inferiore a cinque anni". Ma secondo Lei, per un gruppo che VIOLENTEMENTE attentasse alla Costituzione, dodici anni (dei quali un quarto "condonato" con la Gozzini e gli ultimi tre in prova al servizio sociale - benefici che di fatto spettano a tutti) sono troppi? E considerato che una rapina con la pistola giocattolo è punita "da quattro anni e sei mei a vent'anni"?

La seconda è: come si possono fare le cose dipende dalla fantasia della gente. Io che ne ho poca mi limito a ricordarLe ciò di cui abbiamo fatto esperienza in questi anni.

Seguendo questo criterio e considerando come sono stati ottenuti voti per approvare questa o quella legge, modificare questo o quel pezzo della costituzione, direi che i modi con i quali ho visto perseguire le modifiche della costituzione da che ho esperienza, sono:

- quello, del tutto legittimo, di parlare, fare cultura, diffondere idee, cercare consenso;

- poi, lo scambio di voti in cambio di prestazioni sessuali;

- poi, la collocazione di amichette alla Rai in cambio di voti al Senato;

- poi, l'organizzazione di logge massoniche - tipo, ma non solo, la P2 - che avevano e hanno anche dichiaratamente come obiettivo la riforma dell'assetto costituzionale dello Stato (piano "Rinascita Democratica" di Licio Gelli: guarda caso capo della loggia della quale ha fatto parte anche l'attuale Presidente del Consiglio);

- poi accordi lobbistici (considero lobbies tutti i partiti) per ottenere che i parlamentari votino in violazione dell'art. 67 della Costituzione: in sostanza per fare in modo che i parlamentari non agiscano "senza vincoli di mandato", ma, proprio al contrario, con il vincolo di mandato che gli deriva dalla "designazione" del loro capopartito e dalla promessa minaccia di ridesignarli o no alla prossima (ricorda il senatore che dà del traditore e sputa in faccia all'altro senatore del suo partito che non "obbedisce" all'ordine di Mastella?).

E tanti altri modi.

In sostanza, ciò che è accaduto sotto gli occhi di tutti è che si è modificata la costituzione materiale e ora si sta modificando anche quella formale non con dibattiti parlamentari democratici, ma con trame di potere extraparlamentari, ora fondate su trame economiche, ora su trame sessuali, ora su trame lobbistiche o massoniche.

Dunque, a un certo punto, è apparso prudente depenalizzare tutto questo e lasciare punibile solo qualche squilibrato che, come il famoso Tequero (se lo ricorda?) entri nel Parlamento (in quel caso spagnolo) gridando "Todos a lo solo" (tutti a terra) e facendosi arrestare alla fine della sceneggiata.

Un caro saluto.

Felice Lima

baron litron ha detto...

@ Stefano: vero, la Costituzione dice che la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale. il che significa che se il popolo volesse esercitare la sovranità che l'articolo 1 gli attribuisce instaurando per esempio un ammiragliato elettivo a suffragio limitato ai soli cittadini biondi, dovrebbe per prima cosa abrogare la costituzione, che col suo ultimo articolo gli impedisce di far valere sue eventuali volontà extra, para o antirepubblicane.
se quindi la costituzione non prevede che si possa mutare la forma dello stato, è giocoforza che per rispettare la costituzione lo stato venga mutato (sempre che lo si voglia) in maniera costituzionalmente illegittima o semplicemente violenta, a scelta, in quanto maniere legittime non ne esistono: una legge che volesse riportare la monarchia non potrebbe mai essere promulgata, vigente l'attuale costituzione, e non potrebbe essere legittima nemmeno formalmente, perché non avrebbe modo di essere approvata.

diverso è il caso delle riforme costituzionali, le quali però finora mi pare siano sempre state effettuate nel rispetto delle regole della costituzione.

quanto al riferimento all'autorità garante del presidente la repubblica, era scherzoso fino a un certo punto: in diverse occasioni leggi votate dal parlamento e promulgate dal presidente (che quindi dava implicita garanzia di costituzionalità) non hanno poi passato il vaglio della corte costituzionale, ed è successo pure l'inverso, mi pare: leggi che il presidente aveva rigettato in quanto anticostituzionali (a suo modesto ma qualificato parere) sono poi state riconosciute conformi alla carta dalla sullodata corte.

@ Felice Lima (che saluto caramente): io non mi sono espresso sulla durata della pena da infliggere ad eventuali violenti che volessero attentare alla forma del governo o alla costituzione, ma semplicemente ho rilevato che si può attentare alla costituzione unicamente con metodi violenti, in quanto quelli non violenti (che li si voglia chiamare "attentati" o "riforme" poco cambia) sono ampiamente previsti dalla costituzione, e ad oggi non se ne è abusato, e la forma del governo non può legittimamente essere mutata, e quindi lo si dovrebbe fare con la forza, mi pare.

tutti gli altri modi che lei mi elenca con i quali sono stati ottenuti voti per modificare la costituzione (accaduto) o la forma del governo (non accaduto), è compito della magistratura decidere se sieno stati o meno legittimi e legali. ora come ora, sapere che "si dice" che Caio ha promesso a Tizio una notte di fuoco con Sempronia in cambio di un voto al senato da un lato, finché non è dimostrato, rimane una diceria, dall'altro non mi fa né caldo né freddo, considerando la probabile qualità e quantità di mercanteggiamenti di dubbia legalità che ogni giorno avvengono in TUTTE le assemblee elettive italiane, dal consiglio di quartiere al senato della repubblica.
certo che con quello che guadagnano i senatori potrebbero permettersi un meretricio di qualità, e non soggetto a vincoli, e mi pare l'abbiano dimostrato in più di un'occasione.

oltretutto, poca meraviglia mi fa un simile risultato (la riforma del concetto di punibilità del tentato colpo di stato, che viene sanzionato soltanto se violento), considerando che la stessa repubblica è stata promulgata in seguito a palesi e sfacciati brogli elettorali, e in dispregio delle norme di diritto più elementari.

con un tale fulgido esempio dei padri, i figlioli possono soltanto cercare una pallida emulazione....

baron litron

Anonimo ha detto...

Per Baron Litron.

Lei scrive, fra l'altro:
"quanto al riferimento all'autorità garante del presidente la repubblica, era scherzoso fino a un certo punto: in diverse occasioni leggi votate dal parlamento e promulgate dal presidente (che quindi dava implicita garanzia di costituzionalità) non hanno poi passato il vaglio della corte costituzionale, ed è successo pure l'inverso, mi pare: leggi che il presidente aveva rigettato in quanto anticostituzionali (a suo modesto ma qualificato parere) sono poi state riconosciute conformi alla carta dalla sullodata corte".

Non replico sul resto, che pure non condivido, ma mi limito al brano che ho riportato.

Con esso Lei perpetua - certamente in perfetta buona fede - l'ennesima menzogna mediatica portata avanti dal Governo.

Il Presidente della Repubblica è una autorità la Corte Costituzionale un'altra.

Se il fatto che il Presidente ha promulgato la legge significasse che essa è costituzionale, la Corte Costituzionale perchè sarebbe stata inventata?

La verità è che E' ASSOLUTAMENTE FALSO che il Presidente della Repubblica faccia una verifica di costituzionalità delle leggi che firma.

A presidio della costituzionalità della leggi la Costituzione ha posto la Corte Costituzionale.

Il Presidente della Repubblica E' OBBLIGATO a promulgare TUTTE le leggi, anche se fossero PALESEMENTE INCOSTITUZIONALI.

Può, se lo ritiene (e hanno mentito tutti quelli che hanno sostenuto che l'unico criterio che dovrebbe seguire è quello della costituzionalità, perchè non c'è scritto da nessuna parte) chiedere al Parlamento di riconsiderare una legge. Se il Parlamento gliela rimanda uguale lui la DEVE firmare.

Il "dramma" di qualunque regola è che ci "costringe" teoricamente a soggiacervi.

Se si decide che le partite di calcio vengano arbitrate, bisogna soggiacere al giudizio dell'arbitro.

Se si decide che vengono dati gratuitamente i farmaci indicati come necessari dalla Comissione nazionale del farmaco, bisogna subire le conseguenze di quel giudizio e così via.

Da un po' in Italia c'è un branco che ha deciso di non essere disposto a subire niente da nessuno.

Questo branco ha una vocazione a fare tutto lui: decidere quali leggi fare e quali no; decidere come attuarle; decidere a chi applicarle; decidere quali giudici sono buoni e quali no; decidere se ci piace ancora o no che esista la Corte Costituzionale; decidere di non rispettare leggi e sentenze e lasciare Rete 4 al suo posto a nche se questo costa alle tasche degli italiani alcuni miliardi di euro; decidere insomma un po' tutto.

Questo non è l'esatto contrario della separazione dei poteri e altro non è che una odiosa dittatura. Ovviamente vestita in modo moderno.

Un tempo i Duce diceva "Potevo fare di questa Aula sorda e grigia un bivacco di manipoli: potevo sprangare il Parlamento e costituire un Governo esclusivamente di fascisti. Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto" (http://www.roberto-crosio.net/DIDATTICA_IN_RETE/Mussolini_bivacco.htm).

Oggi Berlusconi dice: "Se la Corte Costituzionale non mi dà ragione, la chiudo".

Un caro saluto, con l'amicizia di sempre.

Felice Lima

Anonimo ha detto...

Grandioso Cordero, raccapricciante scenario.

Irene

Anonimo ha detto...

scenario da brivido...Berlusconi futuro Presidente della Repubblica...

Irene

Anonimo ha detto...

Per Baron Litron, nella parte in ci vengo... "chiamato in causa".

Quanto affermato sul contrasto tra leggi costituzionali (leggi costituzionali, di revisione costituzionale, aventi valore costituzionale) e Costituzione è vero: in effetti, a quanto mi consta, solo in un paio di casi la Corte costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi su questioni del genere (sentt. nn. 1146/1988 e 366/1991), dichiarate in entrambi i casi infondate; in esse si è tuttavia ribadito che:
> "Non si può, pertanto, negare che questa Corte sia competente a giudicare sulla conformità delle leggi di revisione costituzionale e delle altre leggi costituzionali anche nei confronti dei principi supremi dell'ordinamento costituzionale. Se così non fosse, del resto, si perverrebbe all'assurdo di considerare il sistema di garanzie giurisdizionali della Costituzione come difettoso o non effettivo proprio in relazione alle sue norme di più elevato valore."

Per quanto riguarda le leggi ordinarie, lei afferma che una legge che, verbi gratia, volesse ripristinare la monarchia "non potrebbe essere legittima nemmeno formalmente, perché non avrebbe modo di essere approvata", ma in tal modo si crea confusione. Non si può infatti mancare di distinguere fra vizi formali (che per una legge siffatta verrebbero aggirati dal rispetto dell'art. 138 Cost, stante che la materia ha indiscutibilmente rilevanza costituzionale) e vizi materiali, dei quali una legge di questa specie, pur se approvata in base alla procedura aggravata, inevitabilmente si macchierebbe, per il ricordato contrasto con l'art. 139.
Così come - è sotto gli occhi di tutti - è stata approvata dal Parlamento e promulgata dal presidente della Repubblica la l.n. 124/2008, meglio nota come Lodo Alfano. Eppure, di essa si lamenta - a mio parere, ma non solo - fondatamente l'illegittimità costituzionale sotto il profilo sostanziale, non formale. Tra gli altri motivi, anche per violazione dell'art. 138 Cost.
Tornando alla sua ipotesi, di una legge ordinaria che modifichi la Costituzione introducendo una forma di Stato monarchica, questa legge sarebbe indiscutibilmente viziata sotto il profilo formale prima ancora che sotto quello sostanziale (ed è risaputo che il vizio formale precede cronologicamente e assorbe logicamente quello sostanziale), e ciò nondimeno, come il c.d. Lodo Alfano, efficace nell'ordinamento fino alla dichiarazione di illegittimità costituzionale, perché così funziona il sistema di giustizia costituzionale italiano.
Scusate se mi sono dilungato, ma l'argomento è tanto affascinante, quanto d'attualità, quanto, infine, complesso, e gli farei un torto dedicandovi meno spazio.
Stefano

baron litron ha detto...

chiedo scusa per lo svarione presidenziale.
erroneamente mi ero illuso che il presidente della repubblica potesse servire a qualcosa, con quel che ci costa, e invece.....
aumentano (mai ce ne fosse stato bisogno) i miei dubbi sulla bontà di una costituzione che trovo contraddittoria, velleitaria, ridondante e futile.
fortunatamente non sono costretto a doverla apprezzare, ma mi limito ad osservarla, come privato cittadino, e difficilmente mi verrà mai chiesto di giurarle fedeltà.
avrei serissimi problemi di coscienza a farlo.

baron litron

Anonimo ha detto...

Senza offesa per nessuno ma a Baron Litron vorrei consigliare di rileggere un'ulteriore volta le righe scritte da Felice Lima nel suo penultimo post.

Egli infatti le ha citate dicendo che "tutti gli altri modi che lei mi elenca con i quali sono stati ottenuti voti per modificare la costituzione [...] è compito della magistratura decidere se sieno stati o meno legittimi e legali".
No, mi dispiace, qui c'è un'errore: la magistratura può valutare se siano successi o meno, non se siano illegali o meno, perché per quello non serve nessuna decisione,basta leggere la Costituzione (soprattutto) e le leggi già esistenti.

E ancora (infatti, a seguito di questo ragionamento), lei dice "ora come ora, sapere che "si dice" che Caio ha promesso a Tizio una notte di fuoco con Sempronia in cambio di un voto al senato da un lato, finché non è dimostrato, rimane una diceria": infatti non stiamo parlando del fatto che sia successo o meno, quanto del fatto che metodi non violenti per sovvertire governo e stato di diritto ESISTONO... non venga a dirmi che promettere una cosa qualunque (foss'anche la notte di fuoco) IN CAMBIO DI UN VOTO è legale o anche solo conforme a principi democratici.

Infine: "dall'altro non mi fa né caldo né freddo, considerando la probabile qualità e quantità di mercanteggiamenti di dubbia legalità che ogni giorno avvengono in TUTTE le assemblee elettive italiane, dal consiglio di quartiere al senato della repubblica" e poi "con un tale fulgido esempio dei padri, i figlioli possono soltanto cercare una pallida emulazione...." a proposito dei brogli in occasione del referendum per la Repubblica.
Benissimo, allora siamo tutti d'accordo, Berlusconi ha ragione: il falso in bilancio va depenalizzato perché lo commettono tutti, il voto di scambio pure, la rapina o l'omicidio anche... non vedo cosa non possa rientrare nel concetto "tanto lo fanno tutti".
Stesso argomento per quanto riguarda il discorso dei padri, perché cambiare rotta? Perché cercare di migliorare il mondo? Tanto qualunque cosa facciamo non sarà mai peggiore del peccato originale...

Scusi il tono, lungi da me volerla convincere di qualcosa che lei non approva, ma il pessimismo non può fare da scudo a qualunque illecito.
Silvia.

Anonimo ha detto...

vediamo se ho capito bene:

"Il Presidente della Repubblica E' OBBLIGATO a promulgare TUTTE le leggi, anche se fossero PALESEMENTE INCOSTITUZIONALI"

Se una maggioranza corrotta ed eversiva riesce a conquistare il Parlamento e vara una legge che abolisce la corte costituzionale, il Presidente della Repubblica è quindi obbligato a promulgarla. Così gli effetti di tale legge si dispiegano dopo la promulgazione, la Corte Costituzionale quindi cessa di esisterà e la legge in questione rimane legittimamente in vigore anche se muta in profondità il sistema istituzioinale costituzionalmente garantito.


Non vorrei dare un'idea all'attuale maggioranza, ma questo è uno scenario da brivido.

Ma al di là dei timori che lo scenario può suscitare, il Presidente della Repubblica in una situazione come quella su delineata cosa dovrebbe fare?

TC

Anonimo ha detto...

Ho letto su http://nocolpodistato.blogspot.com/ che l'articolo 270 del CP(Associazione sovversiva) basterebbe a tutela dall'Attentato contro la Costituzione dello Stato. Tuttavia questo articolo, il 270, riguarda il reato di associazione sovversiva 'nel territorio dello Stato'. Per giunta, l'articolo 269, inerente all'Attività antinazionale del cittadino all'estero, è stato abrogato. A me pare che questi ulteriori elementi di conoscenza peggiorino il quadro e che da parte di alcuni ci sia confusione dovuta ad una errata lettura delle norme. Mi chiarite brevemente la cosa?

baron litron ha detto...

a Silvia: forse non mi sono espresso in maniera abbastanza chiara: volevo dire che io personalmente non mi meraviglio che una repubblica nata dai brogli e proclamata con un colpo di stato possa, in sessant'anni di vita, aver generato decine di mostruosità nel campo della sfacciataggine, dell'impunità, della scorrettezza e dell'illegalità "legittimata".
non è che la cosa mi faccia piacere, mi disgusta anzi, ma visti i presupposti non capisco come si possa esserne meravigliati, o fingersi colti di sorpresa come il buon Cordero.
tutto qui.

baron litron

Anonimo ha detto...

Per TC.

Per quanto riguarda una norma che abrogasse la Corte costituzionale, vi è da dire che la Corte stessa non è un organo indefettibile perché venga mantenuta la "forma repubblicana" dello Stato.
Ciò che conta è che una legge abrogatrice della Corte costituzionale si attivi contemporaneamente per predisporre, in sostituzione di quella, un sistema di giustizia costituzionale alternativo: ciò che conta è che sia mantenuta la garanzia della supremazia della Costituzione.
Se invece la legge (che dev'essere ovviamente costituzionale!) si limitasse a sopprimere la Corte, insieme al principio di supremazia della Costituzione, è da ritenersi che la Corte costituzionale stessa, in quanto potere dello Stato, possa sollevare conflitto di attribuzione nei riguardi del Parlamento - conflitto di attribuzione che avrebbe natura preventiva.

Quanto al presidente della Repubblica, è così: se di fronte al rinvio alle Camere queste riapprovano la delibera legislativa a maggioranza assoluta, il presidente non avrebbe altra scelta che promulgarla. Rifiutandosi, per ragioni di merito o di costituzionalità, potrebbe innescare una propria responsabilità per altro tradimento e attentato alla Costituzione; nella migliore delle ipotesi, dar vita ad un conflitto di attribuzioni davanti alla Corte costituzionale.
è chiaro che le soluzioni qui proposte sono solo teoriche ed astratte: in una fase di patologia conclamata come quella in cui dovrebbero verificarsi immagino possa poi, concretamente, succedere di tutto.
Comunque penso che l'attuale maggioranza non abbia bisogno di suggerimenti in tal senso, ha già le idee ben chiare.

Per Baron Litron:
è vero, sicuramente l'attuale Costituzione non è perfetta, molto verosimilmente è migliorabile sotto svariati aspetti, ma francamente penso che chiunque dovrebbe preferirla al governo dei furbi che sono al di sopra delle regole e al di sotto dei radar dell'informazione.
Stefano

Anonimo ha detto...

Per TC

Se ho ben capito, Lei ipotizza che con legge ordinaria si sopprima la Corte costituzionale.

Non credo si possa arrivare a tanto … ma se fosse, ancorché non sia un costituzionalista, mi sento di poter dire che il Presidente della Repubblica, dopo un infruttuoso rinvio alle Camere, anziché provvedere alla promulgazione, potrebbe sollevare un conflitto di attribuzioni proprio davanti alla Corte costituzionale; e potrebbe essere la stessa Corte costituzionale a sollevare il conflitto.

Questo, ovviamente, in teoria; perché è chiaro che nello scenario da Lei delineato, caro TC, il Presidente della Repubblica e i componenti della Corte Costituzionale non sarebbero più, di fatto, al loro posto.

Cordiali saluti

Chiazzese

baron litron ha detto...

per Stefano: certo che è preferibile al governo dei furbi, e infatti se i furbi non riuscissero a vivere "al di sopra delle regole e al di sotto dei radar dell'informazione" proprio per merito della costituzione, questa avrebbe assolto il proprio compito di salvaguardia dei diritti fondamentali dei "non furbi".

però se riuscissero a farlo SENZA andare contro la costituzione, questa diventerebbe davvero carta straccia.

e forse, più che i doverosi miglioramenti, la costituzione avrebbe semplicemente bisogno di una ordinaria applicazione.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

@ giudice Lima vanno i miei rigraziamenti per la (sia pur scontata, ma mica tanto, visto come scrivono tanti magistrati) chiarezza espositiva.
Leggerla è stato per me estremamente piacevole, ha rimesso le cose a posto.
@ Silvia dico che ha ribattuto in modo molto efficace alle argomentazioni di Baron Litron (che pseudonimo buffo).
Quanto alla soppressione della Corte costituzionale, ipotesi peraltro del tutto fantasiosa, va detto che è un organo costituzionale e non può essere soppresso senza avere provveduto alla istituzione di un organismo aventi analoghe funzioni (il controllo di legittimità costituzionalità delle leggi).
Non è temerario ipotizzare che in questa ipotresi estrema, la corte "cessante" cancelli la legge costituzionale che la sopprime e che quindi la sopressione non sarebbe immeditasente operativa.
Credo che nessun costituzionalista si sia mai avventurato a riflessioni sull'argomento.
Non è un caso che il giudice Lima non replica a questa ipotesi.
Perchè è oziosa.

Anonimo ha detto...

Perchè l'informazione e i giornalisti anche illustri e ben pagati, che in questo momento sono preoccupati della loro sopravvivenza non informano la popolazione di tutti questi seri rischi che stiamo vivendo?
Perchè non si mettono in gioco rischiando pure, onorando quel principio del diritto all'informazione che tanto invocano?
Perchè non possono farlo? Magari solo per impegno civile?
La violenza può essere anche
morale se esercitata con coscienza e volontà di effettuare mutamenti costituzionalmente garantiti.
Alessandra

Anonimo ha detto...

@ Baron Litron:
I punti da lei affrontati nell'ultimo post sono 2:

1- se detti personaggi "furbi" riescono a vivere "al di sopra delle regole e al di sotto dei radar dell'informazione" non è affatto merito della Costituzione. E' merito di una società in cui la stragrande maggioranza degli individui cerca il proprio vantaggio personale immediato a svantaggio degli altri e pure di se stesso sul lungo periodo. Ovvero cerca il vantaggio materiale (vendendosi, ad esempio) contro il proprio stesso diritto individuale (essere liberi). Se l'informazione facesse veramente il suo dovere (e il fatto che si riesca a vivere al di sotto del suo radar non è affatto merito della Costituzione, in quanto essa in proposito non dice nulla che possa fissare parametri minimi, anzi, garantisce la massima libertà) molti di questi problemi non esisterebbero.
E per questo mi sento di sottolineare la sua considerazione finale: "e forse, più che i doverosi miglioramenti, la costituzione avrebbe semplicemente bisogno di una ordinaria applicazione", il che tra l'altro esplicita proprio i meriti costituzionali senza evidenziare alcun demerito.

2- Se i furbi "riuscissero a farlo SENZA andare contro la costituzione, questa diventerebbe davvero carta straccia". Non è fattivamente possibile fare questo senza andare contro la Costituzione, l'unico motivo per cui oggi lo si fa e si sopravvive in tal modo è che lo si fa PROPRIO ANDANDOCI CONTRO.
E questo perché a difenderla (la Costituzione) non è rimasto più nessuno e chi dovrebbe comunque attenervisi (non parlo solo della protezione da parte della Corte e del Presidente della Repubblica, dei quali solo la prima ha effettivi poteri) la calpesta da mane a sera, nei suoi principi fondamentali. Ricordo infatti che il Parlamento ha facoltà di modificarla ma tendenzialmente dovrebbe seguirla e legiferare in accordo con essa (leggi costituzionali e di modifica costituzionale a parte), invece ultimamente la maggior parte delle leggi fatte hanno proprio spirito opposto.

Se poi uno non ha comunque fiducia nella Costituzione Italiana perché per convinzione personale non la ritiene adeguata alle esigenze di un paese democratico, pazienza, ma non si può pretendere da alcuna legge, nemmeno ordinaria (figurarsi dalla Costituzione che è 1 e non può entrare nello specifico come le leggi ordinarie), che preveda e blocchi sul nascere ogni comportamento indesiderato da parte di chiunque: sia perché è impossibile prevedere tutti i casi ipotetici del mondo (non si dice sempre "fatta la legge trovato l'inganno"?) sia perché non sarebbe giusto, dato che leggi così particolari e restrittive sarebbero ovviamente in contrasto con i principi di libertà personali.

Silvia.

baron litron ha detto...

cara Silvia, forse io non ho scritto bene, o forse lei non ha letto bene.

ho scritto: "....se i furbi non riuscissero a vivere "al di sopra delle regole e al di sotto dei radar dell'informazione" proprio per merito della costituzione, questa avrebbe assolto il proprio compito..."

e poi ..."se riuscissero a farlo SENZA andare contro la costituzione, questa diventerebbe davvero carta straccia..."

entrambi sono periodi ipotetici, entrambi del secondo tipo (possibilità), chiaramente io mi auguro si verifichi la prima ipotesi, e cioè che - come finora avvenuto - la corte costituzionale individui nelle nuove leggi motivi di incostituzionalità tali da renderle nulle, ove necessario.

nell'ipotesi invece che si possa fare una legge anticostituzionale nella sostanza, ma che la corte non potesse giudicare tale, allora sì che la costituzione sarebbe carta straccia, in quanto nemmeno in grado di definirsi chiaramente.

finora non è accaduto, ma le vie della malizia politica sono numerose, e quelli ci provano sempre.
aiutati anche ma questa è una mia opinione) dalla scarsa chiarezza di molti passi della nostra carta.

con stima, baron litron

Anonimo ha detto...

Ringrazio tutti quanti quelli che hanno trovato la pazienze di ragionare sull’ipotesi fantasiosa e oziosa dell’abolizione della Corte Costituzionale. Anche Luigi Morsello, ovviamente, che ragiona anche se dice che è oziosa.
Voglio però, in particolare, ringraziare Stefano e Chiazzese (è sempre piacevole sentirsi dire caro, lo dico senza ironia), che mi hanno chiarito le idee. Infatti loro hanno detto, che l’ipotesi di scuola (ha colto in pieno Chiazzese intuendo che mi riferivo alla legge normale e non costituzionale) è risolta grazia al fatto che il presidente della repubblica e la corte possono sollevare conflitto di attribuzioni. Così, e ciò un po’ mi consola, da fermare un parlamento che vuole concentrare il potere in un’unica istituzione (per esempio il parlamento stesso).
Per Luigi, voglio dirgli che si possono costruire scenari ideali (o ipotesi di scuola se tu preferisci che è vero che sono in un certo senso oziosi), che ci servono alcune volte per capire quali sono le illogicità di un sistema che vogliamo studiare. Questi scenari o ipotesi devono essere un pochino estremi, perché se no non riusciamo a capire fin dove il sistema riesce a riportare il disordine in ordine.

Grazie ancora
TC

Anonimo ha detto...

Non vedo alcunché di "scandaloso" nell'abolizione, per legge costituzionale, della Corte Costituzionale.

Ricordo a chi non ha studiato diritto costituzionale che l'UNICA cosa che non si può mutare della Costituzione è la forma repubblicana dello stato (art. 139).

Tutto il resto, Corte Costituzionale compresa, può essere modificato o anche abrogato interamente.

E, a onor del vero, anche la forma repubblicana può essere abrogata, posto che il divieto dell'art. 139 è soggetto al noto (per i romanisti) fenomeno della "sanctio legis".

Se volete, ve lo spiego: per salvaguardare il contenuto normativo, nel 92 A.C. si pensò di dotare ogni legge romana della "sanctio", che era una sorta di art. 139 arcaico, ove si prevedeva l'immutabilità della legge.

Peccato che la legge successiva, a sua volta, riportava un'altra "sanctio" che, pur affermando, a sua volta, l'immutabilità di quest'ultima legge abrogava la "sanctio" precedente ... e così pure la legge precedente !

Questo solo per significare, ancora una volta, la storicità, la strumentalità e l'intrinseco divenire del diritto.

Scegliete dunque i vostri "idoli" dove volete, ne avete libertà e facoltà, ma non "idolatrate" MAI il diritto positivo !

Anonimo ha detto...

Per l'anonimo delle 2:03

Non è questione di "idolatria" del diritto positivo: in questa discussione, più o meno oziosa che sia parsa, non si poteva fare a meno di ragionare in termini di "ius conditum", anche per mettere dei paletti alla fantasia. Chiaro poi che se il ragionamento divenisse "de iure condendo", e si incentrasse su ciò che può fare un potere costituente pieno, potremmo anche arrivare a parlare dell'ammiragliato elettivo con suffragio esteso ai soli biondi che Baron Litron immaginava ironicamente in uno dei primi commenti; ma allora basterebbe dirselo, e ci metteremmo a lavorare ad un romanzo di fantapolitica.

Il problema è il fondamento: dello Stato, prima ancora della sua Costituzione. Di alcuni Paesi di radicata tradizione democratica e federalista, come la Svizzera, la dottrina (N. Schmitt) si spinge ad affermare che " la Suisse n’est pas régie par sa constitution: sa constitution se contente plutôt de refléter comment elle est gouvernée"; è dunque, prima ancora che Costituzione-documento, costituzione in senso materiale, presa d'atto di meccanismi di funzionamento e di equilibrio di portata sistemica. In Svizzera è dal 1848 che all'iniziativa popolare compete proporre direttamente modifiche costituzionali: più che atto, la Costituzione è processo pubblico.

In Italia, le vicende che han portato al moderno Stato liberal-democratico sono sotto gli occhi di chiunque apra un libro di Storia (così come le carenze da cui è cronicamente affetta a tutt'oggi la faretra di strumenti al servizio della sovranità popolare); lo stesso sistema giuridico assume una legittimazione differente: è il c.d. principio della doppia legittimazione, per cui - stringo un po' - i valori contenuti in Costituzione sono efficaci nell'ordinamento perché riportati in Costituzione, ma sono in Costituzione perché condivisi da tutti, in linea di massima, e dunque fondanti. Non entro nel merito di questa ricostruzione dogmatica, ma intendo semplicemente sottolineare come la supremazia dei valori costituzionali all'interno del sistema sia parte integrante della "forma repubblicana" dello Stato, sebbene - secondo alcuni, invece, proprio perché - carente di legittimazione democratica.
Stefano

Anonimo ha detto...

Io non capisco a chi si riferisce l'Anonimo qui sopra quando parla di idoli riferendosi a diritto e Costituzione.
A me non sembra di ravvisare in nessuno un'idolatria per questi due "oggetti". Il fatto che si riconosca il loro valore, la loro importanza per una convivenza sociale non significa che li si idolatri. E il fatto che -proprio riconoscendo il valore della Costituzione- ci si auguri che non venga modificata non significa che è intoccabile, solo che la si ritiene giusta così com'è per cui si ritiene un errore modificarla.

In effetti a questo proposito io suggerisco a quanti la vogliono cambiare o non la considerano all'altezza: provate a pensare a quale sarebbe la nostra situazione nazionale oggi se fosse semplicemente "attuata", e poi vedere se ancora qualcosa non va bene e sarebbe necessario modificarla.
E' inutile dire "bisognerebbe cambiare la marmitta perché è tutta arrugginita" se la macchina non si mette nemmeno in moto: prima la si mette in moto, poi si vede cosa c'è da sistemare...

Silvia.

Vittorio Ferraro ha detto...

Anonimo delle ore 2,03 del 04/10/08

Qui non si tratta di "idolatrare il diritto positivo". Qui si tratta semplicemente di rispettare le leggi.

Il fatto è che a noi - italiani, intendo - le regole proprio non piacciono.

Soprattutto la Carta Costituzionale, fonte primaria di regole, principi, doveri, pesi, contrappesi, limitazioni, divisione dei poteri..., ci risulta insopportabile; quindi, è meglio cambiarla.

Il fatto, poi, è che le successive regole ci andranno sempre strette: perchè sempre di regole si tratta.

Il nostro è proprio un problema... culturale ed antropologico.

Bellissimo è il libro "Il ritorno del principe", di Saverio Lodato e Roberto Scarpinato.

Quanto, poi, alla facilità delle riforme costituzionali che, di fatto, snaturino quell'assetto e quell'idea di Stato che è nata dal "compromesso" dell'assemblea costituente, io nutro seri dubbi in proposito.