venerdì 12 settembre 2008

Tutti d’accordo sul PM avvocato della Polizia?




di Bruno Tinti
(Procuratore Aggiunto della Repubblica di Torino)



da Chiarelettere.blog


In effetti gli accordi in materia di giustizia che si profilano tra destra e sinistra sono preoccupanti.

I cultori della procedura penale saranno lieti di un incipit molto preciso: l’indicazione delle norme che regolano i rapporti tra Procura della Repubblica e Polizia Giudiziaria. Queste sono: l’art. 109 della Costituzione, secondo cui la Magistratura dispone direttamente della Polizia Giudiziaria; e numerosi articoli del codice di procedura penale: il 58, secondo cui la Procura dispone (presso i propri uffici) di una sezione di Polizia Giudiziaria e si serve di questa per compiere le indagini (ma non solo; può servirsi anche di qualsiasi altra Polizia Giudiziaria); il 59, secondo cui la Polizia Giudiziaria in servizio presso la Procura dipende direttamente dal Procuratore della Repubblica e non può essere trasferita ad altro ufficio o adibita a servizi diversi se non per ordine del Procuratore; il 327, secondo cui il Pubblico Ministero dirige le indagini; il 330, secondo cui il Pubblico Ministero e la Polizia Giudiziaria prendono notizia dei reati di propria iniziativa e ricevono le notizie di reato; il 347, che obbliga la Polizia Giudiziaria a riferire senza ritardo al Pubblico Ministero i reati di cui è venuta a conoscenza; il 348 secondo cui, una volta che la Procura sia stata avvertita che è stato commesso un reato, la direzione delle indagini spetta al Pubblico Ministero.

Per evitare diatribe che ritengo poco costruttive, sia chiaro che si tratta di un sintetico resoconto del contenuto di questi articoli che, se taluno vuole leggere integralmente, sono rintracciabili in qualsiasi codice. E sia chiaro anche che di norme che riguardano questo argomento ce ne sono altre ma che, ai fini di quello che voglio raccontare, mi servono solo queste.

Per quelli che preferiscono un racconto più agevole, dirò che in pratica le cose si svolgono così.

La Procura della Repubblica dispone di un certo numero di poliziotti giudiziari; nel termine poliziotti giudiziari sono compresi Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza.

Questi poliziotti sono alle dirette dipendenze del Procuratore, nessuno che non sia il Procuratore (o i Sostituti, si capisce) può dare loro ordini; non possono essere trasferiti né possono essere adibiti a servizi diversi da quelli che svolgono presso la Procura.

Insomma un corpo di polizia piccolino ma autonomo e indipendente esattamente come i magistrati della Procura.

Con questa task force, ripeto, piccolina ma efficiente, le Procure lavorano.

E su cosa lavorano? Su quello che gli arriva; infatti, ogni giorno la Procura riceve le cosiddette notizie di reato: si tratta dei rapporti della Polizia, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, della Forestale, dell’INPS, dell’Ispettorato del lavoro, dei Vigili Urbani etc; a questi rapporti di autorità pubbliche si aggiungono denunce e querele (c’è una differenza ma per la nostra storia è irrilevante) presentate dai privati cittadini; arrivano anche relazioni inviate da pubblici ufficiali (per esempio altri giudici, in genere quelli che si occupano di civile, oppure notai o impiegati del Comune etc.) che, nel corso della loro attività, sono venuti a conoscenza di fatti che, secondo loro, costituiscono reato; infine gli stessi Procuratori della Repubblica o i loro Sostituti possono aprire un’indagine a seguito di notizie raccolte direttamente, magari da un giornale, da un servizio televisivo, dalla constatazione diretta di un fatto.

Tutto questo viene valutato dalla Procura che decide se aprire un’indagine o no; se ritiene di farlo (potrebbe non ravvisare alcun elemento illecito in ciò che le viene raccontato) si procede alle iscrizioni nel registro e via con il lavoro.

Qui le modalità di lavoro sono varie: talvolta si utilizzano i poliziotti che stanno in Procura; talaltra quelli che hanno mandato la notizia di reato, talaltra ancora poliziotti di altre città (perché magari le indagini si debbono fare in quel posto).

Insomma, il Pubblico Ministero lavora con la Polizia Giudiziaria che più rapidamente ed efficientemente può fare le indagini. E può fare questo perché ci sono gli artt. 109 della Costituzione e 327 del codice di procedura penale che attribuiscono al PM la direzione della Polizia Giudiziaria.

Alla fine, tra PM e poliziotti, l’indagine finisce; talvolta si archivia, talvolta si fa il processo.

Come credo tutti sappiano, uno dei problemi che angustiano la nostra classe politica (tutta, purtroppo il problema non si limita a Berlusconi e soci; fosse così qualche speranza ci sarebbe) è quello di impedire che le malefatte sue e dei suoi fiancheggiatori vengano scoperte, “indagate” (sarebbe a dire sottoposte ad indagini dal PM) e, se del caso, processate. Solo che la soluzione radicale, l’abrogazione dell’obbligatorietà dell’azione penale, ha il difetto di richiedere una modifica della Costituzione; e finora con questa tattica non gli è andata molto bene.

Per chi non avesse le idee chiare su cosa significhi obbligatorietà dell’azione penale (nulla di strano, io so poco, qualcuno ritiene pochissimo, di diritto e nulla di tutte le altre scienze) ho cercato di spiegare la cosa con un articolo che si trova a questo link. (*)

Così pare che ne stiano studiando un’altra, magari non così radicale e quindi con qualche buco residuo, ma che darebbe risultati abbastanza buoni (si capisce dal loro punto di vista).

Allora: modificare la Costituzione è difficile; ma modificare la legge ordinaria è semplice: il Parlamento sta lì per firmare quello che decide il Governo, i numeri ci sono; l’opposizione è d’accordo; una cosetta un po’ tecnica, che nessuno capisce bene, passa come niente.

Basterebbe abrogare gli artt. 58 e 59 del cpp.

A questo punto la Procura continuerà a disporre direttamente della Polizia Giudiziaria ex art. 109 della Costituzione; ma di quale Polizia Giudiziaria? Beh, di quella che vive e lavora nelle questure, nelle caserme, nei commissariati, nelle stazioni.

E come ne disporrà? Semplice, manderà le sue disposizioni al comandante di questa o quella questura o caserma e questi incaricherà il sovrintendente Tizio, il maresciallo Sempronio e poi magari il maresciallo Caio, perché Sempronio è stato trasferito, di procedere con le indagini.

Insomma la Procura resterà un generale senza esercito, con la facoltà di dare ordini a tanti colonnelli che, loro si, avranno la direzione e il controllo della truppa; e che faranno svolgere l’indagine con le persone, le modalità e i tempi che decideranno.

Già questo sarebbe la fine dell’obbligatorietà dell’azione penale; in fatto naturalmente, in diritto e secondo quanto previsto dalla Costituzione tutto sarebbe regolare.

Perché è ovvio quello che potrebbe succedere: massima solerzia e disponibilità per spaccio di droga, omicidio dell’amante o del coniuge (ma per il coniuge un po’ di più), sequestro di persona, rapina alle poste, furto al supermercato e per tutta la sterminata platea di reati in materia di immigrazione. Quando si cominciasse con frodi fiscali, falso in bilancio, riciclaggio corruzione, peculato, abuso d’ufficio, finanziamento illecito dei partiti: eh allora, caro PM, gli uomini sono quelli che sono, abbiamo tanto da fare, evaderemo al più presto la sua richiesta etc etc.

E non perché la Polizia Giudiziaria non sia piena di bravissime ed onestissime persone; ma perché, a differenza dei magistrati e dei poliziotti che lavorano oggi in Procura ex artt. 58 e 59 del cpp, la Polizia Giudiziaria che non è alle dirette dipendenze della Procura non è autonoma né indipendente. Ha superiori gerarchici. E, alla fine della catena di comando, ci sono i Ministri, e quindi il Governo. E, se il Ministro dell’Interno ordina al Prefetto che ordina al Questore che ordina al Dirigente che ordina al Maresciallo e via così, allora c’è poco da fare.

E il Ministro dell’Interno, in certi casi, ordina, ordina molto.

Poi, naturalmente, la riforma (si capisce mirata a recuperare la rapidità e l’efficienza del processo e dunque fatta nell’interesse di tutti i cittadini) potrebbe anche essere migliorata (sempre dal loro punto di vista).

Da parecchio tempo estemporanei legislatori suggeriscono di modificare l’art. 330 del cpp, quello che prevede che il PM e la PG prendono notizia dei reati di propria iniziativa; basterebbe, hanno virtuosamente suggerito, eliminare le parole “Il pubblico ministero”, roba da poco.

Conseguenza? Il Presidente della Camera si immerge illegittimamente (illegalmente?) nel parco di Giannutri; la Polizia Giudiziaria non comunica la cosa alla Procura competente; se il Procuratore ritiene che la cosa costituisce reato non può procedere ad aprire un’indagine perché lui, da solo, non può “prendere notizia del reato”, glielo deve comunicare la PG.

E, se il Ministro dell’Interno, amico e compagno del Presidente della Camera, dice al Questore o al Generale dei CC competenti per territorio di guardarsi bene dal fare rapporto; eh, allora sarà difficile che la notizia di reato in Procura ci arrivi e che si possa aprire un fascicolo.

Già, però, nella maggior parte dei casi, la Polizia Giudiziaria il rapporto lo deve comunque trasmettere (non si dice proprio così, il “rapporto” non c’è più, si chiama CNR, Comunicazione della notizia di reato; ma cerchiamo di capirci con facilità; pensate che la prigione si deve chiamare Casa Circondariale; però io continuo ad avere il dubbio che se la chiamassi così molti mi chiederebbero dove diavolo si mandano gli arrestati che si suppone debbono andare in prigione e non in pensione. Appunto). E dunque, quando il fatto è con evidenza illecito, per forza il pallino passerà al PM; e magari questo indaga; e indaga dove non dovrebbe.

Beh, e se modificassimo l’art. 347 c.p.p.? La PG deve trasmettere il rapporto in Procura, è vero; ma se eliminiamo le parole “senza ritardo”, magari glielo trasmetterà si, ma quando sarà più opportuno, meno dirompente, magari quando qualcuno che conta sarà stato avvisato, avrà avuto tempo di sistemare le cose …

Di nuovo, tutto ciò potrebbe avvenire non perché Polizia e Carabinieri sono tutti disonesti; ma perché comunque “obbediscono”; e chi comanda le sue esigenze ce l’ha ….

Non è difficile fare una riforma del genere: pensate che, fino al 1992, la PG doveva trasmettere il rapporto entro 48 ore; poi, come si è detto, queste 48 ore sono diventate “senza ritardo”; e magari domani resterà solo il “deve trasmettere”.

E infine, che ci vuole a modificare anche l’art. 348? Basta abrogare il comma 3, quello che prevede che la Polizia Giudiziaria, dopo che l’indagine è stata aperta dal PM, compie gli atti specificamente da lui delegati eseguendone le direttive. Basta, via, la Polizia Giudiziaria indaghi come vuole, riferisca al PM quello che vuole e lui, al massimo, chiederà ulteriori informazioni.

Insomma, senza ammazzarsi in battaglie per la riforma della Costituzione, senza scomodare le grandi questioni della separazione delle carriere e dell’obbligatorietà dell’azione penale, è sufficiente impedire al PM di prendere autonomamente notizia dei reati, di disporre di una Polizia Giudiziaria alle sue dirette dipendenze e di dare direttive a questa Polizia per l’esecuzione delle indagini.

Ecco come si può far diventare il PM “avvocato della polizia”, che vuol dire avvocato del Governo. Un avvocato che riceve un processo bello e confezionato e deve solo sostenere l’accusa davanti al Giudice, sulla base degli elementi che la Polizia gli ha fornito; e solo di quelli.

Ah dimenticavo: un avvocato, soprattutto, che non riceve i processi che il Governo non vuole che si facciano.



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(*) Sull’irrinunciabilità dell’obbligatorietà dell’azione penale, si può leggere anche un articolo di Felice Lima, a questo link.




16 commenti:

Anonimo ha detto...

Veramente chiarificatore questo post.
C'è da aggiungere che se oggi Violante e Ghedini s'incontrano per elaborare norme bipartisan in materia, non poca responsabilità è proprio di molti pp.mm. che, negli anni, appunto, hanno svolto funzioni di avvocati della PG. Credo che i due politici (tecnici) stanno normando a loro favore (della politica) una prassi sperimentata con successo (sempre a favore dei politici) nelle inchieste antimafia.
b

Anonimo ha detto...

E certamente tutto questo non risolve nessuno dei veri problemi della Giustizia.
Al massimo, previene e risolve i problemi di qualcuno con la Giustizia.
Evidentemente, le priorità non sono quelle che lo stato delle cose dovrebbe indicare.
Ed intanto la nave, nella migliore delle ipotesi, fa fatica a non affondare.

Cinzia ha detto...

"Mutamenti traumatici del nostro stile di vita suscitano la nostra opposizione. L’essere umano di norma rifiuta novità che ne scombussolino le abitudini, gli automatismi ed in senso più ampio il modo di percepire la normalità. Se il fenomeno riguarda grandi masse, si possono verificare resistenze e addirittura ribellioni. Le armi di banalizzazione di massa permettono di adattare progressivamente un popolo al cambiamento che dovrà assorbire, in un modo utile ad evitare – o a contenere – l’eventuale opposizione.

Un giorno stavo guidando l’auto su un’autostrada in Germania, dove non ci sono limiti di velocità. Accelerai improvvisamente, suscitando la protesta del passeggero accanto a me, che si era spaventato. Dovetti quindi tornare ad un’andatura contenuta. Poco dopo, accelerai di nuovo, ma questa volta lo feci progressivamente, senza scatti improvvisi. Dopo un po’, mi ritrovai a guidare alla stessa velocità che in precedenza aveva suscitato la protesta, ma adesso il passeggero era tranquillo e non si lamentava. Lo avevo abituato per gradi.
Succede anche alle rane. Se gettate una rana in una pentola di acqua bollente essa ne balzerà fuori all’istante. Se invece calate una rana in una pentola di acqua fredda e riscaldate l’acqua lentamente, la rana rimarrà oziosamente al suo posto e si ritroverà lessa.

Le armi di banalizzazione di massa fanno lo stesso con noi. Ci cuociono a fuoco lento e noi non saltiamo fuori dalla pentola. Non riusciamo a spegnere la televisione. Ci abituano per gradi agli scenari che ci attendono, così che la protesta, la ribellione ed il disordine sociale siano minimi quando tali scenari diventeranno realtà.
Inoltre, esse contaminano la nostra percezione dei problemi del mondo con la stessa patina di irrealtà che i nostri sensi assegnano all’intrattenimento audiovisivo. In quest’abbraccio diabolico tra realtà e rappresentazione si attenua l’abilità delle nostre menti di distinguere nettamente il vero dal falso. Smarriti e confusi in questa nebbia semantica ci ritroviamo incapaci a raccontare a noi stessi e agli altri il mondo senza attingere esempi e metafore dal minestrone audiovisivo che macera nel profondo delle nostre zucche."
Roberto Quaglia

Ecco, noi siamo le rane (o se preferite il passeggero dell'automobile). Ci stanno lessando lentamente e molti di noi godono anche del piacevole tepore.
Un vero affare questa democrazia mediatica.

Off topic.
Queste notizie ve le posto qui perché tanto non credo proprio che passeranno su nessun giornale

http://www.internazionale.it/home/primopiano.php?id=20181

http://www.canisciolti.info/articoli_dettaglio.php?id=15564

Un saluto a tutti

Vittorio Ferraro ha detto...

Dalla riforma della legge elettorale - da non chiamare più legge "porcata", essendo chiara la convenienza - via via sino ad arrivare alle attuali pavantate modifiche del codice di prodedura penale il divario, già esistente, tra la classe politica e i cittadini è destinato sempre di più ad allargarsi.

Continuando di questo passo - con simili riforme - la loro (dei politici) cittadella diventerà a tal punto fortificata da risultare del tutto inattaccabile.

Aveva ragione il prof. Giovanni Sartori quando sosteneva che la Costituzione la si può svuotare anche dall'interno.

salvatore d'urso ha detto...

Già... davvero un bel guaio...

Volendo pensare male del male che si sta per fare... si potrebbe addirittura ipotizzare un uso del sistema giustizia a scopo estorsivo...

Anonimo ha detto...

Molto dettagliato l'intervento del Dott. Tinti, come sempre.

Però, siccome sono curioso, vorrei che qualche Suo Collega mi spiegasse invece come viene applicato, in pratica, l'art. 348.

Insomma, cosa significa, concretamente, che la "direzione delle indagini" è affidata al Pubblico Ministero ?

E' questo che "non mi torna": un capitano dei Carabinieri, ma ancne un semplice Maresciallo, mi sembra ne sappia assai di più su come si "conducono" le indagini di un Pubblico Ministero che, per quanto dotato di buona volontà, non ha seguito né è tenuto a seguire alcun corso specifico in materia.

In pratica, qualsiasi laureato in legge potrebbe fare quello che fa il pubblico ministero ... se facesse bene tre temi di diritto e rispondesse bene, meglio di tanti altri, a qualche domanda di diritto. Il che autorizza a pensare che egli conosca bene il diritto, ma non che sappia come si fanno le indagini, né tantomeno che sappia come si dirigono le stesse !

Non mi torna, scusate se mi ripeto. Di solito chi comanda dovrebbe saperne di più di chi è comandato, non vi pare ?

Diversamente per quanto riguarda l'applicazione del diritto penale e processuale penale al risultato delle indagini: è questo e soltanto questo, a mio avviso, che dovrebbe fare il PM, non improvvisarsi "capo- poliziotto" ... vedi l'esempio del Maresciallo Rocca, che indovina sempre la pista giusta, al contrario del pur bravo attore che impersona il PM. :-)

Cinzia ha detto...

Appunto, come volevasi dimostrare!

"Smarriti e confusi in questa nebbia semantica ci ritroviamo incapaci a raccontare a noi stessi e agli altri il mondo senza attingere esempi e metafore dal minestrone audiovisivo che macera nel profondo delle nostre zucche."

Anonimo ha detto...

Attendo i TUOI esempi, cara Cinzia ... da quale nebbia semantica o da quale altro "ortaggio" li farai saltar fuori ? :)

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Un ritorno all'antico.
Sembra essere questa la parola d'ordine, nella Pubblica Amministrazione (lotta ai 'fannulloni'), nella Scuola (i grembiulini, il voto in condotta - con 5 si boccia -, la reintroduzione dei voti in numeri al posto dei giudizi), la criminalizzazione della prostituzione e dei suoi attori (chi si prostituisce e chi frequenta).
Quanto precede attiene all'apparire piuttosto che all'essere, ma ...
Ma qui fanno sul serio, nei modi che Bruno Tinti ha mirabilmente tratteggiato, impartendo lezioni di diritto pacate, tutt'altro che puntigliose.
Ho il timore che la spunteranno, aggirando ed in barba alla Costituzione repubblicana, che finirà per essere solo un vuoto contenitore.
Il tutto, mi pare, con o nella (a voler essere buoni) l'inerzia del PD.
Non dico altro, altrimenti scatta (giustamente: le regole vanno rispettate) la moderazione negativa del commento.
Però una cosa la voglio dire: ho letto il libro "Toghe Rotte" (mi sono catapultato a comprarlo e l'ho letto d'un fiato): per me è farina del solo sacco di Bruno Tinti.

Anonimo ha detto...

Non comprendo cosa c'entri ora la scuola con la giustizia e con l'eterna "chiamata in causa" Costituzione !

Tra l'altro, il richiamo alla Carta sembra essere in questo sito un "leit-motiv", una sorta di moderno appello all' "auctoritas", davanti al quale ogni critica deve automaticamente cessare !

Può esservi, però, un aggancio. E sta nel fatto che l'ultima generazione di studenti, distintissima per l'assoluta IGNORANZA di cui sono emeriti portatori, contribuirà a formare anche i futuri avvocati e i futuri magistrati.

Meno male che non li vedrò. Non tutti, almeno ... :)

Cinzia ha detto...

Il cetriolo, come lo vede?
E’ ortaggio adatto a tutte le stagioni (politiche)!

Comunque le parole non sono mie e non era certo mia intenzione usarle in maniera offensiva, tanto meno nei Suoi confronti, dal momento che io non La conosco e Lei non mi ha fatto nulla di personale.
Era solo un modo per sottolineare quanto ingenuamente e in assoluta buonafede veniamo condizionati da assurdi e virtuali modelli di riferimento.
La prego non si arrabbi.
Se solo avessimo tutti un po' più di senso (auto)critico o anche solo di senso dell'umorismo potremmo ridere delle nostre sciocchezze e/o debolezze e andare oltre senza farci offuscare dal pensiero che gli altri stiano sempre lì pronti a denigrarci.
Inutile stare arroccati, arriva sempre prima o poi qualcosa che ci fa cadere dalla torre.

Con simpatia

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Replica ad Anonimo 12 settembre, ore 20,47.
Evidenzio, a suo beneficio, l'attacco del mio commento: "Un ritorno all'antico.
Sembra essere questa la parola d'ordine ...".
Capito cosa c'entra ?
Forse avrei dovuto dire 'restaurazione', ma credo che fosse chiaro ugualmente.
Inoltre, "l'eterna chiamata in causa della Costituzione" disturba solo,coloro che la voglio cambiare e/o snaturare e svuotare dei contenuti fondamentali: è già accaduto e lei non se n'è accorto ?

Anonimo ha detto...

Sarà forse il caso che non consideri la Sua come una Verità assoluta. Per parte mia, ho solo espresso un'opinione. L'opinione di un uomo libero. Spero che anche Lei lo sia.

A meno che Lei non veda la Storia come la vedevano nell' '800, un cammino di eterno "progresso" ... in questo senso l' "antico" non sono io, mi creda !

Vittorio Ferraro ha detto...

Cerco di riportare la discussione sull'oggetto dell'articolo.

Persistono i miei dubbi. Del resto già espressi in un mio commento scritto sotto l'articolo "La riforma nascosta della giustizia..." di Giuseppe D'Avanzo.

L'art. 109 della Costituzione recita che "L'autorità giudiziaria dispone DIRETTAMENTE della polizia giudiziaria."
Ne discende che questi debbono essere a diretta disposizione dell'autorità giudiziaria, ed in particolare del P.M.
Principio, questo, che non ammette eccezioni, secondo quanto affermato dalla sent. 122/71 della Corte Cost. Analoghi principi li richiama anche la sentenza 94/63 e la 345/01 sempre della Corte Cost.

Allora, se vengono abrogati gli art. 58 e 59 cpp non avremmo più un PM che dispone direttamente della PG, ma avremmo un PM che dovrà chiedere alle varie caserme o commissariati gli uomini necessari alla bisogna. (ho semplificato il concetto).

E tutto ciò non si pone in contrasto con l'art. 109 della Costituzione che parla espressamente di diretta disposizione?

Ecco che anche questo percorso moltiplica i miei dubbi.

Anonimo ha detto...

D’Ambrosio sulla proposta Violante:
“Il rapporto di collaborazione che si è creato tra Pm e polizia giudiziaria non solo ci viene invidiato da paesi di mezzo mondo, che si ispirano al nostro per creare i loro modelli di lotta al crimine, ma ha contribuito anche a trasformare quella che era ‘concorrenza’ tra polizia e carabinieri in vera ‘collaborazione’. Grazie al ruolo svolto dal Pm. Con le norme dell’attuale codice di procedura penale abbiamo creato il migliore dei modelli possibili e dimenticarsene significa commettere un errore enorme” (“Il Sole-24 Ore”, 12 set.):
http://newrassegna.camera.it/chiosco_new
/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=search&currentArticle
=J7EDF
Da vedere anche la replica (a mio avviso assai poco convicente) di Violante all’articolo di D’Avanzo:
http://newrassegna.camera.it/
chiosco_new/pagweb/immagineFrame.
asp?comeFrom=rassegna&currentArticle
=J707B

Anonimo ha detto...

Ma secondo me l’unica salvezza è un intervento della Corte Costituzionale…

Norme del genere cambiano gli equilibri di potere dell’ordinamento previsti dalla Costituzione.
Io ravvedo elementi per una bella “incostituzionalità”.