martedì 30 settembre 2008

La fine della democrazia d’opinione



Riportiamo dal sito di Micromega un articolo di don Antonio Sciortino, che sarà sul numero 5/2008 della rivista.


L’antipolitica ‘non è quella di Grillo o dei girotondi, ma quella della politica intesa come mercato della soddisfazione dei desideri’. E quando ‘un governo ritiene di doversi scagliare contro le critiche di un giornale, forse qualcosa non va nella nostra democrazia’. Il direttore di Famiglia Cristiana ribadisce le preoccupazioni per il rischio di scivolare verso forme oligarchiche e autoritarie di governo.


di don Antonio Sciortino
(Direttore di Famiglia Cristiana)

da Micromega

La semplificazione del quadro politico alle ultime elezioni e l’ampia investitura popolare ottenuta dal Pdl (e di conseguenza dal governo del presidente Berlusconi) ha posto nel paese la questione del rapporto tra democrazia rappresentativa e democrazia di opinione.

Il dibattito può assumere anche toni drammatici quando, invocando l’estesa legittimazione popolare al governo in carica, si mette in dubbio la possibilità altrui di esprimere opinioni e critiche sull’operato del governo.

Quando poi gli attacchi vanno diritti contro un giornale e si dissente sul diritto all’opinione diversa e alla critica (non verso le istituzioni, ma verso le idee e le azioni che uomini delle istituzioni esprimono), è legittimo chiedersi se non sia in atto un ritorno all’autoritarismo, che disprezza il principio dell’uguaglianza delle idee, almeno nella loro possibilità di esprimersi.

Ciò che è accaduto di recente nei confronti di Famiglia Cristiana per le sue critiche ad alcuni provvedimenti del governo, è esattamente questo.

Chi governa con ampio mandato popolare ritiene, forse, che è suo compito anche spalmare il paese di un pensiero unico e forte, senza ammettere alcun diritto di replica?

In realtà, da sempre noi non abbiamo mai risparmiato critiche a governi e opposizioni, usando sempre lo stesso metro di giudizio, che è una visione solidale della realtà.

Famiglia Cristiana si è comportata così con tutti i governi, anche quelli democristiani, quando ci sembrava giusto e cristiano farlo.

Fedele al mandato del suo fondatore, il beato Giacomo Alberione, che diceva di «parlare di tutto cristianamente». Avverbio, questo, che connota la nostra missione di comunicatori, e ci spinge a giudicare la realtà alla luce del Vangelo.

In particolare, ci porta a giudicare la politica alla luce di quei pilastri che la dottrina sociale della Chiesa considera fondamentali, in nome di due valori: la solidarietà e la sussidiarietà.

I pilastri sono la dignità di ogni essere umano, la famiglia, il lavoro, l’integrazione e il dialogo tra culture, popoli e religioni, la convivenza e la pace, l’educazione libera e responsabile, la promozione della vita dal concepimento alla sua naturale fine.

Chi fa comunicazione in modo responsabile deve saper verificare la congruenza tra dichiarazioni e scelte concrete di ogni classe politica al governo e all’opposizione, offrirne i dati oggettivi e un criterio di lettura. Solo così un giornale trova interlocutori, stimola il dialogo, aumenta il tasso di democrazia di opinione nel paese.

È stato assai singolare che, dopo le nostre prese di posizioni sulla questione dei rom e sul cosiddetto «pacchetto sicurezza», il governo si sia scagliato con insolita veemenza contro Famiglia Cristiana.

Già questo denota quanto il nostro paese sia poco normale.

Quando si mette il coprifuoco alle idee, quando un governo ritiene di doversi scagliare contro le critiche di un giornale, forse qualcosa non va nella nostra democrazia rappresentativa.

In realtà, in Italia la gente ha una concezione sempre più leggera della democrazia rappresentativa.

Sembra che basti solo assolvere al dovere del voto.

E i politici (soprattutto quelli «nuovi», quelli che non provengono da una lunga formazione, ma dalle scuole del marketing), ritengono che i cittadini abbiano firmato loro una delega in bianco.

Si sentono legittimati a fare tutto ciò che le regole della soddisfazione dei desideri impongono, quasi che l’esercizio nobile dell’arte della politica, sia definita dalla migliore e scintillante soluzione dei desideri di ognuno.

Siamo al paradosso che, proprio oggi, quando la politica sembra aver preso il sopravvento su molte altre attività (al punto che tutti ci si buttano), la partecipazione invece cala.

È vero che la democrazia rappresentativa si risolve nella delega.

Ma essa è intesa in maniera così forte dall’attuale classe politica (al governo e all’opposizione), che ha relegato in soffitta la democrazia di opinione.

Siamo così all’antipolitica, che non è quella di Grillo o dei girotondi, ma quella della politica intesa come mercato della soddisfazione dei desideri.

La classe politica italiana, ma anche gli intellettuali, hanno gravi responsabilità.

L’eterna transizione cui è costretta l’Italia almeno da 15 anni e la promessa reiterata di riforme che non arrivano mai, hanno tolto credibilità alla politica e rafforzato chi, nella politica, vede un teatro da calcare con le sue truppe ordinate e ubbidienti a ogni ordine, senza discutere.

Vale a destra come a sinistra.

In un quadro simile, la partecipazione e, dunque, la democrazia di opinione spariscono.

Né il riconoscimento maggiore del leader serve ad aumentare la partecipazione.

Lo dimostrano le continue incursioni di Berlusconi nelle piazze tra la gente che vive drammaticamente problemi seri, quasi volesse non tanto rassicurarla, ma rassicurare se stesso di averla (la gente) sempre vicina.

In realtà, nessuno sa veramente quel che pensano i cittadini, al di là del vecchio e, talora, obsoleto metodo dei sondaggi.

Neppure a livello amministrativo c’è più passione per la «cosa pubblica».

Non ci si interessa nemmeno del proprio marciapiede o dell’autobus che non passa.

Quando un giornale come il nostro suona la campanella d’allarme, che segnala la distanza tra la politica e le attese concrete della gente, e insiste sulle politiche familiari, su un fisco equo, o critica le ossessioni per la sicurezza e la giustizia … dice semplicemente che in democrazia le opinioni devono contare.

Infatti, se cala la partecipazione e, al tempo stesso, non si ammettono critiche, il rischio di scivolare verso una forma oligarchica e autoritaria è davvero grande.

Fa scalpore che tutte queste cose, corredate di esempi concreti, le abbia scritte un giornale cattolico?

È un’altra delle anomalie italiane.

In Francia nel corso dell’estate il quotidiano cattolico La Croix ha criticato la nuova grandeur francese di Sarkozy sulla scena internazionale.

Ma nessun membro del governo s’è sognato di rivolgersi al cardinale di Parigi o al Vaticano.

Ciò che spesso difetta al nostro paese è l’idea che i cattolici (giornalisti e non) siano cittadini come gli altri, e abbiano il diritto di partecipare al grande gioco della democrazia di opinione.

La rivista francese Esprit (che, certo, non può essere bollata di «cattocomunismo» o di «criptocomunismo») si domandava questa estate se non ci stiamo avviando verso la fine del ciclo democratico.

La scomparsa delle ideologie non ha assolutamente semplificato il quadro politico.

Ha solo prodotto maggiore difficoltà nella comprensione e nell’elaborazione del pensiero politico, che sembra debba inseguire solo i desideri della gente.

Oggi si tende a semplificare cose complesse, con risposte ai bisogni che saranno necessariamente inefficaci sul medio e lungo periodo, anche se al momento sono allettanti.

Ciò che accade attorno al pacchetto sicurezza, alla questione immigrazione, ma anche sui temi della giustizia, lo dimostrerà.

La parola più indicata per definire tutto ciò è populismo, che insegue e accarezza i desideri.

Una dimostrazione è l’ultima finanziaria, valida per tre anni e assai pesante, approvata in una manciata di minuti dal governo.

Oggi la consapevolezza di tutto ciò sembra essere presente solo nel dibattito di opinione, mentre non trova casa (o ne trova una assai ristretta), nella classe politica e nelle istituzioni parlamentari.

Ed è per questo che la classe politica, forte dell’investitura, tende a spazzar via il dibattito.

Oggi, forse, non corriamo alcuni rischi del passato, ma c’è un allarme circa un progetto di Stato e di convivenza democratica, che non dà voce a chi non ha voce, a cominciare dalle famiglie e dai più poveri.

Non è questione, questa, che riguarda e preoccupa solo i cattolici, ma tocca il paese intero.

Quando Famiglia Cristiana bussa all’Italia bipolare, ricordando che i costi sociali di operazioni che semplificano eccessivamente la realtà possono essere altissimi, non fa altro che il suo dovere, a favore del «bene comune».

Il passo dal populismo all’autoritarismo può essere, fatalmente, breve.

10 commenti:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

"Chi è causa del suo mal pianga sè stesso".
Ciò vale anche per la Chiesa cattolica, che prima ha appoggiato Berlusconi e adesso teme una prevedibile e violenta deriva autoritaria.
Don Sciortino non scrive a nome proprio e del settimanale che dirige.
Le alte gerarchie ecclesiastiche si sono accorte (credo con sorpresa, non era stato previsto) che Silvio Berlusconi è incontrollabile e adesso temono il peggio.
E allora don Sciortino parla a nuora perchè suocera intenda.
Come andrà a finire ?

FrancescoA ha detto...

Ho il presentimento che questo governo stia per autodistruggersi. E' solo questione di tempo!

Anonimo ha detto...

Don Sciortino dimentica che l'Italia è andata al voto con una legge elettorale definita "una porcata"da quello stesso ministro che l'aveva proposta e fatta approvare. In realtà non c'è nessun ampio consenso popolare a questo governo .L'attuale governo si è meccaninicamente alternato a quello precedente che ,per la disgrazia e l'infelicità di tanti italiani, non ha fatto nulla per modificare questa PORCATA DI LEGGE ELETTORALE. Modificare la legge elettorale era il primo dovere del precedente governo verso chi lo aveva eletto. Dopo la prima "PORCATA",gli italiani si sono beccati la seconda "porcatatina "per omissione di doverosi atti di responsalità politica e di governo dall'attuale "ombra del governo".
Il problema è proprio qui l'Italia di porcata in porcata sembra non poter più avere un futuro( e certo non puo avercelo nè con l'attuale governo nè con l'ombra del governo attuale)
Io credo che l'attuale legge elettorale sia altrettanto incostituzionale del lodo Alfano!
Un referendum sull'attuale legge elettorale potrebbe forse aprirci qualche spiraglio per il futuro . Un grazie da parte mia a Don Sciortino per l'importante battaglia che sta conducendo.

Anonimo ha detto...

"Scherza con i fanti, e lascia stare i santi" !

Anonimo ha detto...

Per arricchire il dibattito vi invio quello che Luttazzi ha scritto nel suo blog qualche giorno fa':

"Il fascismo del vicino è sempre più nero

Leggo con un misto di irritazione e di irritazione le frasi furbissime con cui il direttore di Famiglia Cristiana don Antonio Sciortino, in uno scritto pubblicato da Micromega, mimetizza le proprie responsabilità ( e quella della Chiesa ) in merito alla deriva reazionaria del nostro Paese. Denunciare le tendenze fascistoidi del governo Berlusconi senza ricordare che in campagna elettorale se ne era sostenuto l’avvento prodigioso ( contro l’alleanza di Veltroni con Pannella ) è un insulto all’intelligenza dei lettori, dei quali si dà per scontata la labilità mnemonica, e per persa l'energia di giudizio. Costretto poi a tracannare il ricino di insulti che i media berlusconidi riservano sempre a chi fa le pulci al capoccia, don Sciortino, gli occhioni spalancati e sorpresi di chi ha vissuto finora in chissà quale iperuranio, invoca veemente il diritto all’opinione diversa, alla critica, al diritto di replica. Senti senti. Nel 2001, lo stesso don Sciortino disse:-Ben venga la sospensione di Satyricon.- Era questo il modo con cui, all’epoca, don Sciortino contribuiva a “stimolare il dialogo”, ad “aumentare il tasso di democrazia di opinione nel Paese”, a togliere “il coprifuoco alle idee”, a evitare il rischio di “scivolare verso una forma oligarchica e autoritaria”. Sono cose che succedono, quando si scambia per giornalismo la Propaganda Fide. Nel frattempo, è il 2008: un po' tardi, per accorgersi che la bibbia di Berlusconi ha solo 7 comandamenti."

By Daniele Luttazzi at 25 Set 2008
www.danieleluttazzi.it

Buona lettura
Consuelo

Il cane di Jack ha detto...

Meglio tardi che mai? Quando si sceglie il male minore bisognerebbe porre attenzione alla storia di quel male per capire se veramente è il minore. Per quello che riguarda la mia coscienza personale, è l'ennesima conferma che non bisogna lasciarsi condizionare dalle direttive velate delle gerarchie ecclesiastiche in fatto di politica e di democrazia, soprattutto se si considera che la missione della Chiesa non è la democrazia. Per il cattolico esistono dei grandi nodi irrisolti (aborto, divorzio, bioetica etc.) che comunque dovrebbero essere affrontati con grande apertura mentale e alla luce della migliore conoscenza scientifica; ma al di là di queste questioni, spinose per tutti gli schieramenti politici, la politica deve restare spazio autonomo dalla fede.
Mi rallegra allora vedere che Don Sciortino difende la libertà di stampa ma mi rattristerebbe pensare che quella di cui si discute sia soltanto libertà della stampa cattolica.
Un caro saluto a tutti
I.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Presentimento non realistico Chicco.
Questo governo sta distruggento la democrazia e l'Italia.

Anonimo ha detto...

In 5 mesi di lotta all'immigrazione, sgomberi, arresti, condanne e carcere... sono un sicuro deterrente? Ma un disperato riesce a ragionare a stomaco vuoto? Altri agenti, ronde, soldati? L'insieme di tutte le forze (non sempre) dell'ordine danno la media più alta in Ue , come per i medici (3 volte gli inglesi?) e avvocati: solo a Roma ce ne sono quanto in tutta la Francia? Un paese civile si misura anche dalla quantità delle carceri e detenuti?; vogliamo seguire gli Usa che hanno una popolazione carceraria, in percentuale 10 volte la nostra? Un "fallimento"...se poi ci mettiamo che 9 su 10 sono neri! Eppoi, cari "cattodemoexfascisti", il papa non l'avete messo in conto? I buonisti "cattomezziexcomunisti", l'hanno già sperimentato, sulla loro pelle! scritto da Mauro 26/4/2008 21:19------------

Come era prevedibile...e a poco più dei famosi primi "100 giorni" il Papa (e la Ue) ammonisce il governo per gli atteggiamenti razzisti nei confronti dei rom, e non solo. Poco conta l'opinione di Baget Bozzo (sospeso a divinis) e magari dei "discorsi a Pera", a sostegno, di mezzi preti della dx (finta) liberal se poi "Il Tempo" non gli dà ragione.

Dopo l'intervento di don Sciortino devono rivedere le loro posizioni aggravate dall'aggiunta di soldati nelle città che non migliorano l'immagine del paese che, tra l'altro, ha perso quote di mercato (di spesa e di consumi) dall' estero e dall'interno, che si pensava di recuperare facendo risparmiare anche ai ricchi (e alla Chiesa) la tassa-Ici (e nulla per gli affittuari!?): il 18 d'agosto alle 8:15 un cittadino onesto , telefona a "Prima Pagina" di Rai 3 per dire che "...non mi risultano queste 10 tasse sulla casa...io che ho 3 appartamenti non vedo perché non debba pagare l'Ici sul 1°..."
"A passo di Gambero", direbbe Umberto...Eco. Ma non per colpa dell'opposizione...che deve solo "lasciarli/o" fare e non avvertirli/o che sta-nno sbagliando, puntando sulla delegittimazione: che a quanto pare produce effetti contrari. Mauro C.

Anonimo ha detto...

Caro Mauro,
(posso permettermi il Caro e il tu, solo per questa volta?) approfitto, spostandolo nella lotta alle mafie, del seguente tuo incipit:
"In 5 mesi di lotta all'immigrazione, sgomberi, arresti, condanne e carcere... sono un sicuro deterrente? Ma un disperato riesce a ragionare a stomaco vuoto? Altri agenti, ronde, soldati? L'insieme di tutte le forze (non sempre) dell'ordine danno la media più alta in Ue , come per i medici (3 volte gli inglesi?) e avvocati: solo a Roma ce ne sono quanto in tutta la Francia?..."
Sono vent'anni che cerco di capire i mafiosi, ok, non voglio osare tanto, gli 'ndranghetisti. Ebbene, non mi sfugge nulla delle loro dichiarazioni nei vari processi e/o alla stampa (veramente rare). La stessa cosa, con maggiori possibilità di ogni genere, rispetto a me, credo facciano gli eminenti studiosi del fenomeno. Eppure, da questi luminari non ho mai sentito un'analisi, che a mio parere, si avvicini a quella reale (la mia idea è che anche a loro conviene così, scrivono libri, fanno conferenze, si danno arie di superiorità etc etc... secondo me sono tra i “professionisti” citati da Sciascia). E allora, vediamo cosa dicono questi signori, cito, per come le ricordo, le dichiarazioni spontanee fatte da un membro della “famiglia” Cordì nell'ambito del processo per l'assassinio del vicepresidente della Regione Calabria dott. Fortugno, nel quale, egli deve rispondere limitatamente al reato di cui all'art 416 bis (nulla c'entra con quell'omicidio), e riportate dai giornali: “signor Presidente io non sono un mafioso, sono sottoposto al regime di carcere duro e se la Corte, da lei presieduta, mi dovesse condannare ulteriormente sono pronto a scontare con questo tipo di regime anche il doppio della pena inflittami”. Sicuramente il signor Cordì sarà riconosciuto colpevole sulla base di prove certe che lo inchiodano a quel ruolo. Eppure lui non si dice 'ndranghetista! Anche la famiglia di cui io sono considerato un affiliato non si dice 'ndranghetista. Eppure, i membri di quest'ultima sono stati riconosciuti colpevoli aldilà di ogni ragionevole dubbio. La stessa cosa succede a tutte le “famiglie” di tutte le città, paesi e paesini della Calabria. Nonostante ciò, abbiamo la 'ndrangheta prima in classifica, tra tutte le organizzazioni criminali esistenti al mondo. Cari “professionisti dell'antimafia” l'Italia intera, oggi anche il resto del mondo, comincia a chiedersi ma che professionisti siete? E poi, ancora, non è per caso che di questo professionismo ne avete fatto un'arte in cui i veri mafiosi utilizzando quelli di voi in buona e ancor più quelli in buona-malafede, continuano nel loro malaffare? Non me ne vogliano questi 'ndranghetisti pieni d'orgoglio e per questo capaci anche di uccidere, se alla fine nella parodia di cui scriveva ieri Salvatore D'Urso, tra il Toro animale e il Torero uomo, loro rappresentino il drappo rosso, “pezza”!
b

Cinzia ha detto...

A colui che ha citato Tosca
(l'anonimo di ieri delle 17.30)
vorrei ricordare che Scarpia fa una gran brutta fine forse anche peggiore, sotto un profilo di dignità, dei suoi "assassini" o "giustizieri"... come preferisce Lei.
Eppure anche lui si riteneva un unto del signore e ne aveva tutte le onoreficenze.
Ma se conosce così bene l'opera da citarla, saprà che infondo anche Tosca è convinta di avere un rapporto privilegiato con dio.
Così risulta che vittima e carnefice sono ruoli molto vicini e ribaltabili, psicologicamente analizzando.
Il problema è che la vita non va mai come a teatro e la giustizia divina non è di questo mondo, se non nella fantasia degli scrittori e in quella dei prelati.
Perciò io dirrei che i fanti andrebbero spogliati e rivestiti di panni cittadini e i santi buttati giù dall'altare.
Nessun santo vero chiederebbe mai di essere santificato, così come nessun fante andrebbe in guerra se non spinto dalla sporca demagogia dei suoi superiori.