martedì 10 febbraio 2009

Le contraddizioni dei giudici disciplinari del C.S.M.. Ovvero di come Fedro ci racconti che “Peras imposuit Iuppiter nobis duas”.






di Felice Lima
(Giudice del Tribunale di Catania)






Leggendo l’ordinanza della Sezione Disciplinare del C.S.M. che ha trasferito i colleghi di Salerno saltano all’occhio molte cose davvero paradossali.

Tutta l’attività del C.S.M. nella vicenda di Salerno è stata caratterizzata dall’affermazione che esso intendeva ribadire dinanzi al mondo il dovere del rispetto delle regole da parte dei magistrati soggetti al suo potere.

E’ vero che il Presidente della Prima Commissione Ugo Bergamo (che a questo link appare in una galleria fotografica di Repubblica che lo descrive intento a fare il “pianista” al Senato) ha detto anche che questa vicenda doveva servire a «restituire autorevolezza» (!!??) al C.S.M. (quasi che un giudice – che questo è la Sezione Disciplinare – potesse “strumentalizzare” un processo a fini diversi e “politici”). Ma, a parte queste esternazioni, la linea propagandata è stata quella del rigore formale, della difesa delle regole senza se e senza ma, eccetera, eccetera.

A fronte di ciò, fa davvero impressione dovere constatare quante regole il C.S.M. abbia violato, si deve ritenere consapevolmente, essendo esso composto da persone massimamente qualificate sotto il profilo tecnico e culturale, e dunque pienamente capaci di comprendere il senso di ognuno degli atti compiuti e dei comportamenti mantenuti.

Rinviando a successivi approfondimenti dell’analisi dell’ordinanza del 19 gennaio/4 febbraio 2009 (altra irregolarità è questa separazione fra dispositivo e motivazione che la legge non consente per questo tipo di provvedimento), mi limito qui a sottolineare due cose.

La prima è che il C.S.M. ha imposto al procedimento qui in discussione un ritmo serratissimo, lasciando ai colleghi incolpati pochissimi giorni per difendersi.

D’altra parte, sempre Ugo Bergamo aveva promesso ai giornali: «E’ possibile e auspicabile che la decisione ci sia, se non prima delle feste, entro l’anno».

Ma avrebbe comunque dovuto rispettare almeno i termini minimi di legge a comparire.

Invece, l’incolpazione formulata dal Procuratore Generale della Cassazione è stata notificata alla collega Nuzzi solo il giorno prima dell’udienza.

Nell’ordinanza cautelare del C.S.M. l’avvenuta notifica delle incolpazioni viene narrata facendo riferimento alla data di spedizione della notifica e non – come ogni giurisperito sa che deve farsi – a quella di ricezione.

Dunque, i colleghi incolpati hanno avuto per predisporre le loro difese pochi giorni con riferimento ad alcuni degli addebiti e poche ore con riferimento ad altri.

Appare prodigioso che in così poco tempo siano riusciti a redigere una memoria come quella che si può leggere a questo link.

E non ci si può non chiedere: ma un giudice che propaganda così tanto il rispetto delle regole e dei diritti di tutti, perché non ha consentito a questi magistrati di difendersi adeguatamente? Cosa sarebbe cambiato se il processo fosse durato una settimana in più? Perché era così urgente “cacciare” questi colleghi così di fretta?

La seconda cosa che fa moltissima impressione – e, in verità, assai più della prima – è la seguente.

Il C.S.M. ha deciso di riunire il procedimento a carico dei colleghi di Salerno e quello a carico dei colleghi di Catanzaro.

La cosa non è stata per niente corretta.

Il procedimento dinanzi alla Sezione Disciplinare del C.S.M. è regolato dal codice di procedura penale.

I casi di connessione sono disciplinati dall’art. 12 del c.p.p., che dispone (per la parte che può avere rilievo qui) che «Si ha connessione di procedimenti: a) se il reato per cui si procede è stato commesso da più persone in concorso o cooperazione fra loro, o se più persone con condotte indipendenti hanno determinato l’evento».

E’ evidente che nel caso dei magistrati di Salerno e di quelli di Catanzaro non può ipotizzarsi la sussistenza di alcuna delle ipotesi testé elencate.

Dunque, perché mai il C.S.M. ha preteso – contro le richieste dei colleghi di Salerno – di processare tutti nello stesso procedimento?

La premura di Ugo Bergamo e di altri avrebbe potuto trovare ugualmente soddisfazione, celebrando i due procedimenti nello stesso tempo, ma lasciandoli separati.

E invece li si è riuniti.

La questione, ovviamente, non è accademica, ma molto importante.

Infatti, nonostante la stampa, gli indagati, i politicanti e tutti coloro che avevano interesse a “fare ammuino” abbiano parlato di “scontro fra Procure”, la vicenda è, invece, sotto il profilo tecnico, quella di una Procura (quella di Salerno) che indaga nei confronti di altri magistrati (quelli di Catanzaro). Dunque, non “scontro fra Procure”, ma reazione di magistrati inquisiti a un atto legittimo (tale espressamente ritenuto dal competente Tribunale del riesame) degli inquirenti.

I due gruppi di magistrati non hanno agito né in concorso né in cooperazione fra loro, ma gli uni – quelli di Salerno – hanno avuto il ruolo degli inquirenti e gli altri – quelli di Catanzaro – hanno avuto il ruolo degli inquisiti.

Ai colleghi di Salerno si contesta di avere redatto un decreto di perquisizione e sequestro con modalità censurabili, ma ciò non cambia il loro ruolo di magistrati inquirenti.

Dunque, quando essi sono stati chiamati a difendersi – ad horas – dinanzi al C.S.M. nello stesso procedimento in cui venivano chiamati a difendersi gli inquisiti di Catanzaro, si sono resi conto che la scelta del C.S.M., se era perfettamente coerente con la vulgata politico/giornalistica dello “scontro fra Procure”, non era per nulla compatibile con il loro ruolo nel procedimento del quale erano ancora titolari.

E’ vero che le esternazioni del Presidente Bergamo e di altri Consiglieri del C.S.M. lasciavano presagire che i colleghi di Salerno sarebbero rimasti ancora per poco tempo nelle loro funzioni (diciamo, con le promesse di Bergamo alla stampa, «se non fino alle feste, non oltre l’inizio dell’anno»), ma lo sbandierato “rispetto delle regole” alle quali si diceva ispirato tutto il procedimento imponeva di dovere ipotizzare che il processo disciplinare in questione fosse un vero processo e, dunque, fosse “aperto” a ogni esito possibile, ivi compreso – almeno in astratto, come ipotesi foss’anche remotissima – quello del rigetto delle richieste cautelari del Ministro e del Procuratore Generale.

Certo, mi rendo conto che non è frequente che un giudice rigetti istanze delle quali ha insistentemente e pubblicamente caldeggiato la presentazione (perchè nel caso di specie, primo del genere nella storia, C.S.M. e A.N.M. hanno più volte e pubblicamente caldeggiato il promuovimento dell'azione disciplinare contro i colleghi di Salerno). Ma, se è per questo, neppure è usuale che un giudice caldeggi a una parte la presentazione di una istanza contro un’altra.

Ma questo è ciò che ci tocca vedere come esempio di “draconiano amore per le regole” da parte di chi di quelle regole dovrebbe essere istituzionalmente sacro custode.

Comunque sia, i colleghi di Salerno e i loro difensori hanno rappresentato al C.S.M. il fatto che, se essi si fossero dovuti difendere nello stesso procedimento e in contraddittorio con coloro che nel procedimento penale pendente a Salerno avevano il ruolo degli inquisiti, sarebbe stato inevitabile che si creassero condizioni per le quali, nell’ipotesi (magari del tutto assurda) in cui non fossero stati “cacciati”, sarebbero comunque divenuti incompatibili come inquirenti dei loro “coincolpati”.

Ma il C.S.M. non ha ritenuto di tenere in alcuna considerazione questo problema e ha preteso che i colleghi di Salerno comparissero a difendersi insieme ai loro inquisiti di Catanzaro. E, detto per inciso, i difensori dei magistrati di Catanzaro hanno impostato la più parte delle loro difese sull’accusa agli inquirenti di Salerno di avere commesso degli abusi. Sicché, se essi avessero presenziato a quelle udienze, si sarebbero trovati nell’alternativa fra subire le accuse ingiuste o reagire instaurando un inaccettabile contraddittorio con i loro inquisiti.

A questo punto, i colleghi di Salerno si sono trovati dinanzi a un’alternativa insuperabile: difendersi comunque in quella sede, pregiudicando il loro ruolo di titolari del procedimento di Salerno, oppure adempiere ai loro doveri in quel procedimento, rinunciando a partecipare all’udienza nella quale sarebbero entrati in contraddittorio con i loro inquisiti.

Hanno ritenuto corretto rinunciare alla loro partecipazione all’udienza.

E a me, nonostante ciò che dirò appresso ad opera del C.S.M., questa è apparsa e appare grande prova di correttezza istituzionale e attaccamento al dovere.

Per manifestare il loro riguardo nei confronti del giudice disciplinare, i colleghi Apicella, Verasani e Nuzzi hanno illustrato a voce le ragioni della loro scelta (di ciò si dà atto a pag. 11 della ordinanza cautelare) e hanno depositato una dichiarazione scritta, che è stata allegata agli atti.

Inoltre, in loro rappresentanza e difesa sono rimasti i loro difensori.

Infine, i colleghi di Salerno si sono riportati ai loro scritti difensivi.

La dichiarazione scritta di cui sopra può essere vista nella fotografia a questo link.

Il suo testo è il seguente:

«Alla Sezione Disciplinare del C.S.M.. Nel conflitto, obiettivamente determinatosi a seguito della riunione dei procedimenti, tra le esigenze della difesa personale ed i doveri che gravano sui magistrati del pubblico ministero, sacrifichiamo le prime. Ci limitiamo a ribadire l’assunzione di paternità dei due atti giudiziari, rimettendoci per il resto agli scritti già depositati ed all’operato dei nostri difensori. Rispettosamente ci congediamo. Roma, lì 17 gennaio 2009 ore 13.30».

Dunque:

1) massimo rispetto per il C.S.M.;

2) chiara spiegazione delle ragioni per i quali i colleghi non hanno partecipato all’udienza;

3) piena disponibilità allo svolgersi della stessa, grazie alla presenza dei difensori nominati e al richiamo degli scritti difensivi depositati;

4) riconoscimento della piena paternità degli atti giudiziari unico oggetto delle loro incolpazioni.

Cosa fa, però, la Sezione Disciplinare del C.S.M.?

Nella motivazione dell’ordinanza cautelare descrive questo episodio nei seguenti termini testuali.

Scrive il C.S.M. a pag. 60 dell’ordinanza:

«A conclusione di questa complicata vicenda cautelare, un’ultima considerazione si impone. Nessuno degli incolpati, salernitani e catanzaresi, nel corso delle diverse udienze camerali, ha dimostrato minimamente di essersi reso conto della eccezionale gravità del proprio comportamento deontologico che, violando fondamentali regole procedurali, ha determinato il concreto rischio di una vera e propria implosione della giurisdizione.
Anche il comportamento processuale dei magistrati della Procura di Salerno, che hanno abbandonato l’aula di udienza dopo aver letto una dichiarazione, dimostra che essi hanno inteso difendersi “dal processo” e non “nel processo”.
L’essenza stessa della giurisdizione, invero, fonda sul rigoroso rispetto delle regole da parte di chi ne rappresenta il centro ed il cuore, e cioè il magistrato. Non vi è una giurisdizione credibile se non vi è rispetto delle regole da parte dei suoi protagonisti. Senza una giurisdizione credibile si pone in crisi una delle funzioni fondamentali di uno Stato democratico e si scivola via verso uno Stato di polizia, che è la negazione del moderno Stato di diritto ed è di ostacolo alla realizzazione di quel principio fondamentale della nostra Carta Costituzionale, secondo cui la legge è uguale per tutti»
.

Ora, prescindendo dalla roboante e certamente non pertinente evocazione di un «concreto rischio di una vera e propria implosione della giurisdizione» (!!??), quello che davvero è impossibile comprendere è come possa il C.S.M. sostenete che il sacrifico, da parte dei magistrati di Salerno, dei loro diritti di difesa e la loro rinuncia alla partecipazione alle udienze per le ragioni esposte sopra e DOCUMENTATE dalla dichiarazione (di cui a pag. 11 dell’ordinanza) e dallo scritto sopra riportato in testo e foto, sacrificio imposto, peraltro, dalla scelta illegittima del C.S.M. di riunire due procedimenti tecnicamente NON connessi, dimostrerebbe «che essi hanno inteso difendersi “dal processo” e non “nel processo”».

Come possa, in sostanza, il C.S.M. – che accusa i colleghi di Salerno di avere scritto cose inopportune nella motivazione del loro decreto di perquisizione e sequestro – muovere agli stessi, nella motivazione della sua ordinanza, un’accusa tanto grave (non assoggettarsi con correttezza al giudizio della Sezione Disciplinare) e tanto documentalmente priva di qualsiasi ipotizzabile fondamento.

Certo, questi sono tempi in cui tutto appare sostenibile e i fatti possono essere mistificati a piacere, ma si deve ritenere che tutti i componenti della Sezione Disciplinare del C.S.M. sappiano:

A) che l’incolpato ha DIRITTO a difendersi partecipando all’udienza, ma anche NON partecipando all’udienza;

B) che la mancata partecipazione all’udienza o la mancata articolazione di una difesa NON E’ SOTTO ALCUN PROFILO elemento qualificabile come oltraggio alla corte né utilizzabile come elemento di giudizio negativo per l’incolpato; e va ribadito che, nel caso di specie, i colleghi di Salerno si sono difesi con scritti e mediante i loro difensori e hanno solo rinunciato a partecipare alle udienze per le ragioni già dette.

Così come si deve ritenere che gli stessi Consiglieri del C.S.M. abbiano compreso perfettamente le ragioni - esposte a voce e per iscritto - della rinuncia dei nostri colleghi a partecipare alle udienze del loro procedimento.

E si deve ritenere che i componenti della Sezione Disciplinare del C.S.M. abbiano compreso anche cosa voglia dire l’espressione «difendersi dal processo e non nel processo», che in maniera del tutto non pertinente e fuorviante hanno usato.

E se lo hanno compreso, sapranno benissimo che ciò che hanno fatto i colleghi di Salerno e che io ho descritto e documentato qui è SENZA ALCUNA OMBRA DI DUBBIO una difesa «NEL» processo.

Sicché ci si deve per forza chiedere come debba giudicarsi il brano della motivazione sopra riportato; se esso possa ritenersi prova della obiettività o no e della imparzialità o no del giudice disciplinare in questione; e, infine, se il C.S.M. non dovrebbe ricordare a se stesso prima che agli altri quanto esso stesso ha scritto nel brano di motivazione sopra riportato. Che «l’essenza stessa della giurisdizione, invero, fonda sul rigoroso rispetto delle regole da parte di chi ne rappresenta il centro ed il cuore, e cioè il magistrato. Non vi è una giurisdizione credibile se non vi è rispetto delle regole da parte dei suoi protagonisti. Senza una giurisdizione credibile si pone in crisi una delle funzioni fondamentali di uno Stato democratico e si scivola via verso uno Stato di polizia, che è la negazione del moderno Stato di diritto ed è di ostacolo alla realizzazione di quel principio fondamentale della nostra Carta Costituzionale, secondo cui la legge è uguale per tutti».

Il rispetto di questi principi, di questi valori e di queste regole avrebbe imposto alla Sezione Disciplinare di ricostruire secondo verità – in un atto tanto importante quale la motivazione del provvedimento cautelare – il comportamento dei magistrati di Salerno che essa era chiamata a giudicare.

Ciò non è stato fatto e, purtroppo, come detto all’inizio, questa non è né l’unica né la più grave delle anomalie del procedimento disciplinare che, secondo il Presidente Bergamo, sarebbe dovuto servire a «restituire autorevolezza» (!!??) al C.S.M. e secondo altri sarebbe dovuto servire ad affermare quanto sia doveroso PER TUTTI il rispetto della legge e delle regole.

Ho intitolato questo scritto con il riferimento alla favola di Fedro che racconta che ciascuno vede le colpe degli altri e non le proprie, ma, giunto alla fine, mi rendo conto che l'apologo più adatto al caso concreto è quello - magari culturalmente meno blasonato - del “bue che dice cornuto all’asino”.

Perchè il C.S.M. che sostiene - in maniera palesemente falsa - che i colleghi di Salerno si sarebbero difesi “dal” processo sa benissimo cosa questo voglia dire.

Perchè difendersi “dal” processo è quello che hanno fatto coloro che, coinvolti nelle indagini di Salerno, hanno chiesto su tutti i giornali proprio l'intervento del C.S.M. perchè “spazzasse via” nel più breve tempo possibile gli inquirenti. E il C.S.M. li ha accontentati.

Prestissimo e bene.

Bisognerà, poi, cercare quale sia la favola che possa aiutarci a capire (perché la motivazione dell’ordinanza, purtroppo, non lo spiega in alcun modo) perché gli inquirenti di Salerno siano stati “spazzati via” tutti, mentre a presidio dei fascicoli di Catanzaro siano stati lasciati due dei magistrati ritenuti dallo stesso C.S.M. colpevoli dei gravissimi addebiti disciplinari relativi al c.d. assurdo “controsequestro”. E perché la colpa del Procuratore di Salerno (avere consentito ai suoi Sostituti di redigere un decreto legittimo ma scritto in un modo che non piace perché “delegittima le istituzioni” e tanta gente altolocata) sia stata ritenuta meritevole del licenziamento, mentre la colpa del Procuratore Generale di Catanzaro (essersi sottratto illegalmente all’esecuzione di un legittimo – come tale confermato dal Tribunale del riesame – provvedimento giudiziario rispetto al quale rivestiva il ruolo di indagato, abusando di poteri che neppure aveva) sia stata ritenuta così tanto meno grave da potere essere sanzionata solo con un trasferimento.

Evidentemente, fra i valori da riaffermare in questo caso per «restituire autorevolezza» al C.S.M. non c’era né quello dell'imparzialità del giudice né quello dell’uguaglianza di trattamento.

Per questo bisognerà attendere un'altra occasione e che la cosa venga chiesta a gran voce da qualche altro politico inquisito.



23 commenti:

Anonimo ha detto...

Desidero precisare che, non essendo esperto in materia, rischio, con questo mio commento, di mettere i piedi dove non si deve. Se così fosse non mi offuscherei di certo non vedendo il mio commento pubblicato.
Si tratta essenzialmente di un chiarimento su termini giuridici.
A pg 47 della sentenza del CSM si afferma che il dott De Magistris avrebbe denigrato il suo difensore.
Pg 1277 del decreto di sequestro .."censurabile" e pg 1283. A parte i dettagli della vicenda il termine "denigrare" implica una accusa ingiusta e non semplicemente una accusa, questo almeno nel linguaggio corrente. Nel caso presente come si deve interpretare il termine in questione?
Si può fare una colpa ai giudici di Salerno di aver riportato questa dichiarazione di De Magistris?
Bene inteso si può discutere sull'opportunità o meno di aver riportato questa dichiarazione, ma si tratta di un'altro discorso.

Anonimo ha detto...

Tutto questo è per me causa di infinito avvilimento.
Per i più, temo, di perdurante indifferenza.

nanni64 ha detto...

Carissimo Felice Lima.

“ ... il Presidente della Prima Commissione Ugo Bergamo ... ha detto ... che questa vicenda doveva servire a «restituire autorevolezza» (!!??) al C.S.M....

Appunto.

Doveva servire a raggiungere uno scopo estraneo alla funzione disciplinare, che é quella di sanzionare gli autori di specifici illeciti disciplinari, se e in quanto si accerti, nel rispetto del diritto di difesa, che essi abbiano commesso quegli illeciti.

Doveva servire a dimostrare come fosse “bravo”, “autorevole”, il CSM, ossia il giudice.

Se non ricordo male, quando un atto viene posto in essere per realizzare uno scopo diverso da quello che per legge dovrebbe raggiungere, si dice che quest’atto é affetto dal vizio dell’eccesso di potere.

Credo che non sia improprio l’uso del termine dell’abuso per definire l’esercizio del potere per realizzare interessi diversi da quelli per il soddisfacimento dei quali la legge prevede quel potere.

Tu dici:

“E’ vero che le esternazioni del Presidente Bergamo e di altri Consiglieri del C.S.M. lasciavano presagire che i colleghi di Salerno sarebbero rimasti ancora per poco tempo nelle loro funzioni (diciamo, con le promesse di Bergamo alla stampa, «se non fino alle feste, non oltre l’inizio dell’anno»), ma lo sbandierato “rispetto delle regole” alle quali si diceva ispirato tutto il procedimento imponeva di dovere ipotizzare che il processo disciplinare in questione fosse un vero processo e, dunque, fosse “aperto” a ogni esito possibile, ivi compreso – almeno in astratto, come ipotesi foss’anche remotissima – quello del rigetto delle richieste cautelari del Ministro e del Procuratore Generale.....”

“imponeva di dovere ipotizzare che il processo disciplinare in questione fosse un vero processo e, dunque, fosse “aperto” a ogni esito possibile ...”

Esatto.


Ma quel processo non era un “vero processo”, non era un processo, cioé, “aperto” a ogni “esito possibile”.


Perché non é un vero processo, quello in cui un giudice deve decidere “istanze delle quali ha insistentemente e pubblicamente caldeggiato la presentazione”. Non é un vero processo quello che “deve servire a restituire autorevolezza” a chi giudica e non già ad applicare la legge.

C’é speranza ancora?

Grazie, Felice.
Perché se combatti ancora con questo impegno, vuol dire che una speranza ancora, magari piccola piccola, c’é.

Abbraccio te e tutti quelli del blog, sempre con tanto affetto.
nanni

Anonimo ha detto...

Tutto ciò riassume con termini tecnici quello che la gente comune pensava (fin dall'inizio dell'intero "caso De Magistris") sarebbe successo.

Infatti nessuno di noi è rimasto sorpreso dall'esito della vicenda.

La domanda adesso è: chi sarà il prossimo?

Luciana

Anonimo ha detto...

A proposito di autorevolezza!!!!

Ma votare per un collega non è equivalente a timbrare il cartellino ??? Se così fosse la Cassazione ha dichiarato che Va Licenziato l'Impiegato Che Timbra Il Cartellino Per Il Collega ( sezione Lavoro sentenza 26239)

Non ci sono parole per commentare quello che sta succedendo!
Siamo proprio al caffè.

Eleonora

Mimma ha detto...

Continuo a chiedermi:
si possono denunciare queste continue storture ad un' Autorita` Superiore e Competente? (non necessariamente italiana, dato che in Italia la legalita` ed il rispetto delle regole sono ormai UFFICIALMENTE banditi) o dobbiamo continuare ad amareggiarci leggendo i blogs???

P.S. Non posso ringraziare abbastanza il servizio che UGUALE PER TUTTI sta facendo!

Besugo ha detto...

Felix qui potuit rerum cognoscere causas.

Grazie dott. Felice Lima, e grazie a tutti coloro che collaborano alla continuazione di questo BLOG.

Gli atti preziosi, promossi per la difesa della giurisdizione e della Magistratura, al fine che la legge! ... è ... dev'essere ... speriamo che sia ... dobbiamo fare in modo che sia ... UGUALE PER TUTTI, incrementano in me la “cognitio rei per causas”.

Fraterni saluti

Ps

Se la Giustizia non è applicata nel modo “giusto” neppure per i magistrati... Povero Paese!

Anonimo ha detto...

Scusatemi, ho un paio di domande che non c'entrano direttamente col post ma mi sarebbero preziosi dei chiarimenti.
Leggo su "Toghe rotte" che quando uno è innocente il giudice lo deve dire, quindi se si dichiara il reato prescritto vuol dire che è colpevole ma si è fuori tempo massimo per condannarlo.
Io supponevo che la cosa andasse così: arrivati ai termini di prescrizione l'avvocato della difesa fa domanda e il giudice accetta sospendendo il processo, dopo di che si resta nel dubbio se l'imputato era innocente o no, si resta nel dubbio perchè il processo non si è concluso.
E sempre tra le mie supposizioni c'era la seguente: che io cittadino innocente forse ingiustamente accusato posso trovare comunque più conveniente porre fine alla mia disavventura giudiziaria con la prescrizione piuttosto che portarla a termine per veder ristabilita la mia onorabilità. Se vado avanti l'avvocato mi costa comunque e mi espongo comunque a un errore giudiziario.
Come stanno le cose?
Un prescritto è un colpevole che non abbiamo fatto in tempo a punire oppure è un cittadino sulla cui condotta ci restano dubbi ma che non era giusto processare più a lungo?
E altro dubbio...perchè nonostante tutte le pene alternative, l'affidamento ai servizi sociali, la semilibertà ecc. nelle carceri ci sono persone? E queste persone sono per lo più poveri/immigrati/drogati? Per loro non valgono gli sconti???

Anonimo ha detto...

Gentilissimo dottore Lima, sarò pure "un po andato di testa" ma, mi creda, sono convinto sempre di più che i paralitici-disadattati-cialtroni (secondo me includibili tra quelle categorie per le quali il Signore ha detto "Perdonali, non sanno quello che fanno") non sarebbero arrivati a tanto!
Grazie alla Pregiatissima Redazione che ogni tanto è così paziente da pubblicare i miei ....
Gentile De Luca,
continuo a inviare lettere sul mio caso giudiziario approfittando della Vostra infinita pazienza!
Allora è bene che specifichi, spero di riuscirci, il mio intento. Rivolto non a Lei bensì, a tutti i lettori. Eccolo: sarà una tortura scontare la mia pena oramai irrevocabile nel mentre i calabresi rimangano convinti che a ridurli allo stato pietoso cui versano è stata la Ndrangheta; invero sarà una gioia qualora prendano atto che gli ndranghetisti sono soltanto dei paralitici-disadattati-cialtroni. Resi tali, oltre che da una predisposizione analfa-ereditiera-stupida-culturale, principalmente dalla pochezza e indegnità di molti professionisti appartenenti ad ogni settore, unitamente a soggetti istituzionali di entrambi i tre poteri dello Stato, come delle Forze di Polizia. Sappiano, finalmente, i calabresi che i paralitici-disadattati-cialtroni sin dall'avvento della Repubblica, non sarebbero sopravvissuti se non funzionali agli interessi dei servizi deviati ed ancor più, maggiormente, all'intera indegna classe politica meridionale post repubblicana. Salvo poche eccezioni, essa, e sola essa, è responsabile del degrado del Sud con la conseguente causa di formazione della Lega Nord che, ha contribuito ad estendere il male meridionale all'Italia intera. De Magistris ha detto che la Ndrangheta in Calabria sarebbe stata sconfitta da un decennio se buona parte della magistratura avesse fatto il proprio dovere. Secondo me non sarebbe neanche assurta ad organizzazione criminale se i partiti politici avessero scelto i propri candidati tra la società civile anziché, a volte, tra gli stessi paralitici-disadattati-cialtroni. In seguito autoconvintosi di essere o poter essere classe governativa, mam mano, anche, approfittando della gloria derivatagli grazie all'impegno (dimentichi delle origini) Antimafia.
Con la solita stima bartolo iamonte.

Anonimo ha detto...

Egregio dot. Lima.
Sono uno studente di
Geologia che cerca con molte difficoltà di seguire questa vicenda. Il problema è che, essendo un profano, è molto difficile starle dietro.
Un avvocato ha scritto su un blog che la contradditorietà dlle due sentenze è solo apparente. Spiega che, mentre il Riesame è chiamato a decidere se il provvedimento sia o meno legittimo, il CSM invece si esprime sulla condotta (profilo disciplinare)tenuta dai magistrati. Le chiedo quindi, al di la della vicenda specifica sulla quale non posso che essere d'accordo con lei, se queste considerazioni siano corrette e se possano aiutare a COMPRENDERE meglio la questione.
La ringrazio e le porgo i miei saluti
edoardo a.

goffredo ha detto...

Anch'io chiedo: se l'ordinanza della SD del CSM ha violato regole, se è piena di scorrettezze, se presenta delle irregolarità che la legge non consente, è mai possibile che non esistano organismi o modi di intervenire? Oppure il CSM può emettere qualsiasi ordinanza anche se essa è in contrasto con le leggi?

Gennaro Giugliano ha detto...

desidererei sapere in maniera molto sintetica e semplice dalle rispettabili personalità che compongono la redazione di questo utilissimo spazio democratico se vi è un modo legale di rivalersi in sedi opportune contro tutti coloro che a vario titolo si sono resi partecipi di qualcosa ( almeno cosi mi sembra di recepire) illegale a livello di csm. Oltre questo in che modo per coloro ( ovviamente non saranno tutti nella categoria,altrimenti penso la macchina si sarebbe già bloccata da tempo) possono contrastare questa illegalità ed intromissione o invadenza insomma non trovo il termine adeguato del potere esecutivo su quello giudiziario ? Mi sembra detto in parole povere che il vs operato stia andando a livello di contare qualcosa nella ns costituzione come il due di briscola ( cioè non conta più nulla quello stabiliscono i vari gradi di giudizio ? ) E' corretto pensare ed affermare ciò,oppure è un film che mi sono visto in qualche sala cinematografica ? Buon lavoro a tutti

Vincenzo Scavello ha detto...

Perdonate il mio "fuori tema"

LA CORTE DEI CONTI:I TEMPI DI OGGI SONO COME QUELLI DI TANGENTOPOLI MA PIU' SUBDOLI PERCHE' FRUTTO DI COMPORTAMENTI INDIVIDUALI.

La Corte precisa che questa condizione deriva dalla diffusa corruzione nella Pubblica Amministrazione e mette il dito sulla derivazione dei Fondi Comunitari.

Accidenti ragazzi! Come avevamo fatto a non accorgerci di tutto questo?

Gira che ti rigira, le inchieste di De Magistris tornano a CONFERMARE quello che, oggi, la Corte dei Conti, sommessamente, ci tiene a farci conoscere.

Se guardiamo bene, però, non c'è alcun timore a riconoscere che, quelli di oggi, sono tempi peggiori di quelli di Tangentopoli.

A fianco a sicuri comportamenti individuali c'è una rete ORGANIZZATA che supera di molto quella venuta fuori dal "Pio Albergo".

Se non fosse così mi sapete dire come mai un Parlamentare ha la necessità di avere intestate 12 SIM?

Un Abbraccio

Anonimo ha detto...

Quanto illustrato nel come al solito ottimo articolo di Felice Lima (che ringrazio ancora una volta per l'essenziale attività di informazione su argomenti che sui mass-media di regime sono oggetto della peggior disinformazione)è davvero avvilente per chi vuole ancora credere nella giustizia. Come può il CSM fare strame in questo modo dei principi basilari del diritto?

Immagino che ci sarà un ricorso in Cassazione...

Juri

Anonimo ha detto...

Preg.mo Dr. Lima,
nel commentare l'ordinanza della SD del CSM, è stato, diciamo, alquanto diplomatico.
Ha parlato di provvedimento contraddittorio, di violazioni (consapevoli)di regole...
Posso capirne la ragione, ma mi sento di dover riportare l'articolo di Carlo Vulpio (Corriere della Sera del 3.12.08)e darci così una risposta.
L'articolo riporta quanto segue " Gli stessi magistrati salernitani, infatti, stanno indagando anche in altre due direzioni. La prima riguarda uno stuolo di giudici lucani coinvolti nella «madre di tutte le inchieste» sul marcio nella magistratura (l' inchiesta «Toghe Lucane», che de Magistris è riuscito a «chiudere» prima di essere frettolosamente trasferito). La seconda andrebbe diritta verso alcuni membri del Csm: per esempio, il vicepresidente Nicola Mancino e i presunti legami con Antonio Saladino, figura chiave di «Why Not», il procuratore generale della Corte di Cassazione, Mario Delli Priscoli, andato in pensione qualche giorno fa, e il sostituto procuratore generale della Cassazione, nonché governatore (Ds) delle Marche per dieci anni, Vito D' Ambrosio, che in Csm sostenne l' accusa per far trasferire de Magistris. Ce n' è anche per l' Associazione nazionale magistrati e per il suo presidente, Simone Luerti. Molto amico di diversi indagati eccellenti quando faceva il magistrato in Calabria, Luerti non ha mai perso occasione di esternare contro de Magistris. Quando poi, qualche mese fa, si è scoperto che incontrava regolarmente Saladino e Mastella nella sede del ministero della Giustizia, mentre lui negava, Luerti s' è dovuto dimettere dalla carica di presidente dell' Anm. Nel decreto di perquisizione eseguito ieri, 1.700 pagine, i pm di Salerno accusano di concorso in corruzione in atti giudiziari - per aver tolto «illegalmente» a de Magistris «Why Not» e «Poseidone» - il procuratore di Catanzaro, Mariano Lombardi, il procuratore aggiunto, Salvatore Murone, il procuratore generale reggente, Dolcino Favi, il parlamentare Giancarlo Pittelli e «l' uomo ovunque» Antonio Saladino. Ma accusano anche il sostituto procuratore generale Alfredo Garbati, il sostituto procuratore generale presso la Corte d'Appello Domenico De Lorenzo e il pm Salvatore Curcio di aver preso in eredità quelle scottanti inchieste al solo scopo di farle a pezzi. Mentre il procuratore generale Vincenzo Iannelli e il presidente di Sezione del tribunale Bruno Arcuri si sarebbero dati da fare non solo «per archiviare illegalmente» la posizione di Mastella («la cui iscrizione tra gli indagati era invece doverosa»), ma anche «per calunniare de Magistris e disintegrarlo professionalmente». Poi, dicono i pm campani, Iannelli, per una causa che gli sta a cuore, fa intervenire Chiaravalloti su Patrizia Pasquin, giudice del tribunale di Vibo Valentia, che poi sarebbe stata arrestata. Così, da magistrato a magistrato, come da compare a compare"
Mi sbaglio oppure l'ordinanza del CSM era a firma anche dell'Avv. NICOLA MANCINO, in qualità di Presidente, lo stesso Mancino indagato dalla Procura di Salerno? ?
Allora diciamo le cose come stanno.
Così come i magistrati di Catanzaro dovevano delegittimare quelli di Salerno, per le ovvie ragioni che ormai ben conosciamo (peccato che non sono conosciuti anche dalla gran parte degli italiani) alla stessa stregua ha operato Mancino.
Come poteva permettere che i giudici di Salerno potessero andare oltre?
E lui, con la sua prosopopea, il TV ha dichiarato che semmai un piccolo dubbio poteva "sfiorare" la sua persona, si sarebbe DIMESSO.
Invece non lo fatto, nonostante quell'articolo.
E non ha denunciato neppure Vulpio.
Peccato.
Forse ne avremmo sentite delle belle....

Cinzia ha detto...

Adesso c'è la cassazione.

Chissà quanti l’hanno già pensato in silenzio.
Per sapere come finirà, bisogna aspettare la fine dell'iter processuale.

Ma io non credo che il centro del problema sia propriamente questo.

Politicamente la strategia in uso ha funzionato. La tecnica sarà grossolana, fallace, contestabile, forse anche confutabile dalle altre corti di giudizio, ma il fine è stato raggiunto.
Tutto è stato compiuto, in modo sporco e scorretto ma irrimediabile.

Perché lo scopo, da non perdere assolutamente di vista, non era fare un torto personale a De Magistris, Apicella, Nuzzi e Verasani, o meglio, anche gli effetti riflessi hanno avuto la loro importanza, ma lo scopo di fondo era affossare l'inchiesta, metterla in ginocchio e non farla giungere laddove non doveva, e questo è stato fatto.

Velocemente e con un clamore nel quale hanno regnato solo le menzogne, il cerchio in cui si era aperta una falla è riuscito a richiudersi.

Se poi i magistrati che hanno pagato ora, saranno riabilitati in successivi gradi di giudizio, non ha importanza ai fini del risultato. Tanto più che questi non potranno verosimilmente rientrare nelle sedi espropriategli come se niente sia successo.

Lo scopo invece è raggiunto, anche mediaticamente ha avuto un ruolo strumentale e funzionale importantissimo e ottenuto alla perfezione.

Sia chiaro che affermo questo senza nulla voler togliere alla giustizia dovuta a questi magistrati onesti e travolti dall'onda, ma vorrei farvi notare che tutti noi, troppo spesso, ci immergiamo nell’importanza dei dettagli perdendo un po’ di vista il disegno dell’insieme.

Il modo migliore per rendere giustizia a chi è stata negata sarebbe riuscire a svelare ciò che è rimasto occultato e che come tanti segreti di questa terra, resa maledetta, rimarrà inaccessibile e continuerà a "gridare vendetta" solo attraverso NOI.
(come tutte le stragi e i brogli di stato)

Io credo che, sia De Magistris sia i magistrati di Salerno, abbiano rischiato molto e pagato un prezzo amaro sostanzialmente per avere esposto il più possibile queste inchieste alla nostra attenzione, per aver reso pubblico ciò che andava celato o quantomeno trattato con discrezione assoluta.

Ci hanno regalato questa opportunità di conoscenza consapevoli che non c’era altro modo per farlo che pagare in prima persona e che se non l’avessero fatto, tutta la realtà emersa sarebbe facilmente tornata ad inabissarsi.

Quello che noi gli dobbiamo, insieme ed oltre il sostegno, è l’attenzione sempre accesa sui fatti.
E’ chiedere conto, fino allo sfinimento, dei risultati di queste inchieste. E’ tenere l’osso stretto fra i denti e non mollarlo continuando a ringhiare.

Altrimenti il sacrificio sarà stato davvero vano.

Altrimenti finirà che tra uno, due anni al massimo, considerato il consumo frenetico anche dell’informazione come di un qualsiasi altro bene, nessuno tra la gente comune, che affida il suo sapere ai giornali e alle televisioni, ricorderà con chiarezza cosa è accaduto.

Tutto cadrà nella vaghezza del ricordo di un magistrato che pestò i calli a qualche politico potente (chi? Non ricordo, Mastella mi pare, ma che importanza ha, sono tutti uguali …), di due procure che si fecero guerra per … antipatia?! … o chissà quali livori personali.
E poi c’era anche una donna (come si chiama? … ), sì, una un po’ isterica che vedeva nemici ovunque, ma si sa che le donne sono umorali, emotive, non sono portate per certe professioni.

Che tristezza!

Facciamo in modo che non accada, vi prego.

Luci sempre accese, fino al giorno del giudizio e oltre…

Anonimo ha detto...

Per la Redazione
Non sono riuscita ad aprire l'articolo sulle intercettazioni Del Dr. Cascini
Colgo l'argomento per segnalare l'articolo sul Corriere della Sera del deputato PDL :
Ghedini:interferenza da Stato bolscevico Il guardasigilli non ha chiesto pareri.
Premetto,
soltanto pochi mesi fa ho scoperto, ricorrendo i 50 anni, che le norme che regolano il CSM sono state adottate 10 anni dopo la Costituzione.
Solo per curiosità scaturita dal dibattito delle sentenze disciplinari ho dato un'occhiata alla L.24.3.58 n.195, ricordando qualcosa, ho riletto:
Capo II art.10 Attribuzione del Consiglio superiore n.5 2 c.
"Può fare proposte al Ministro per la grazia e giustizia sulle modificazioni delle circoscrizioni giudiziarie e su tutte le paterie riguardanti l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia. DA' PARERI al Ministro, su disegni di legge concernenti l'ordinamento giudiziario, l'amministrazione della giustizia e su ogni altro oggetto comunque attinente alle predette materie",
quindi chiedo a voi se queste norme sono sempre in vigore o se sono state modificate negli anni.
Mi sembravano pesanti le affermazioni nell'articolo:
"Questa è una grave interferenza sul Parlamento da parte di un organismo previsto dalla Costituzione"
"Questo intervento del CSM è tipico del regime bolscevico più che della democrazia repubblicana"
Alessandra

Anonimo ha detto...

Egregio dott. Lima, aggiungo anche io la mia domanda sulla questione, ringraziandola intanto per il post.
Un avvocato mi dice che in linea di principio sentenze del Riesame e del CSM su uno stesso argomento possano devergere, semplicemente perchè si occupano di aspetti diversi (legittimità processuale contro profilo disciplinare). Seguendo questo ragionamento mi spiega che un provvedimento, anche se ricco di elementi condannabili sul piano disciplinare, può comunque essere legittimo. E questo sarebbe (sempre secondo lui)il caso del sequestro contro i magistrati di Catanzaro.
Premettendo che questo non cambia le mie idee sulla questione (in primo luogo perchè non risponde alle questioni da lei sollevate in questo post), il ragionamento mi torna, in generale.
Vorrei quindi sapere se ciò che dice ha un senso, almeno in termini generali.

Lo chiedo solo per evitare di ripetere a pappagallo "il Riesame ha sbugiardato il CSM" senza sapere di cosa sto parlando.

Grazie e saluti, continuo a seguire il blog
edoardo a.

Anonimo ha detto...

Per Edoardo (commento delle 11.30).

Gentile Edoardo,

in astratto è possibile che un provvedimento giudiziario sia contemporanemante legittimo e disciplinarmente censurabile.

Per fare un'ipotesi, immagini che io scriva una sentenza tutta giusta e in un inciso della stessa, trattando di un argomento dell'avvocato di una delle parti, scriva: "Come sostiene quel gran farabutto e ubriacone dell'avv. Tizio ...".

E' chiaro che apostrofare con degli insulti un avvocato è diffamatozione e grave violazione disciplinare.

Questo in ipotesi potrebbe accadere anche in un provvedimento che, per il resto, fosse tecnicamente corretto e legittimo e avesse un dispositivo del tutto "giusto".

Inoltre, fra l'ordinanza del C.S.M. e quella del Tribunale del riesame non ci può essere "conflitto formale" (Lei che è studente di giurisprudenza conoscerà la differenza fra il "contrasto formale" di giudicati - che l'ordinamento intende evitare - e il "contrasto materiale" di giudicati - al quale l'ordinamento resta tendenzialmente indifferente).

Venendo, però, al caso concreto del quale ci occupiamo, sembra a tanti - e a me fra questi - che il provvedimento del Tribunale del riesame smentisca "in concreto" le principali tesi usate per accusare i colleghi di Salerno.

E fra queste segnalo, per brevità, la tesi della "carenza di motivazione" per "motivazione apparente" e la tesi di inconducenza di molti degli argomenti usati dai colleghi di Salerno.

Infine, il c.d. "controsequestro" compiuto dai magistrati della Procura Generale di Catanzaro è atto del tutto illegittimo, sotto tutti i profili. Sia disciplinari, sia processuali.

Si tratta di un atto assurdo e del tutto abnorme, con il quale degli indagati (accidentalmente magistrati) hanno esercitato un potere che in concreto il loro ufficio non aveva, per impedire l'esecuzione di un atto giudiziario legittimo al quale erano soggetti.

Spero di avere risposto in maniera comprensibile nonostante la necessaria sentesi.

Grazie per la Sua attenzione e partecipazione al nostro blog.

Un caro saluto.

Felice Lima

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Qualche anno fa la casa editrice Giuffrè pubblicò una monografia, intitolata "Il rovescio del diritto".
Il giudice disciplinare deve averla letta con attenzione.

Gennaro Giugliano ha detto...

Dott Lima ma in rif.to alla Sua ultima risposta al blogger edoardo a. quale è il confine tra illeggittimo ed illegale riguardo il contro sequestro effettuato dalla Procura di Catanzaro su quella di Salerno,ed in entrambi i casi tutti coloro che poi a catena successivamente hanno avallato questa illeggitimità o peggio ancora illegalità che fine hanno fatto ? Grazie e buon lavoro

Anonimo ha detto...

Il dilemma dei magistrati di Salerno mi ha fatto venire in mente un'altra scandalosa alternativa: quella da cui deriva l'aggettivo SALOMONICO.
E la scelta fatta, ovviamenta, quella della vera madre.
Nel mito la vera madre ottiene giustizia; in Italia, oggi, è premiata quella falsa.

Anonimo ha detto...

Siamo un gruppo di volontari e di partenza una nuova iniziativa in una comunità. Il tuo blog ci ha fornito preziose informazioni su cui lavorare. Avete fatto un lavoro meraviglioso!.