lunedì 9 febbraio 2009

Un discorso sulla Costituzione di Piero Calamandrei

Tra l’altroieri e ieri il Presidente del Consiglio ha definito la Costituzione “filosovietica” (???) e poi ha detto di non avere mai attaccato la Costituzione.

In questa notte profonda della democrazia e della legalità costituzionale, ci sembrano particolarmente importanti e attuali le parole pronunciate da Piero Calamandrei il 26 gennaio 1955 a Milano, nel Salone degli affreschi della Società Umanitaria.

A questo link è possibile ascoltarle dalla viva voce di Calamandrei.




di Piero Calamandrei


L’art. 34 dice: «I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi». Eh!

E se non hanno mezzi? Allora nella nostra Costituzione c’è un articolo che è il più importante di tutta la Costituzione, il più impegnativo per noi che siamo al declinare, ma soprattutto per voi giovani che avete l’avvenire davanti a voi.

Dice così: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».

È compito di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana: quindi dare lavoro a tutti, dare una giusta retribuzione a tutti, dare la scuola a tutti, dare a tutti gli uomini dignità di Uomo.

Soltanto quando questo sarà raggiunto, si potrà veramente dire che la formula contenuta nell’articolo primo – «L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro» – corrisponderà alla realtà. Perché fino a che non c’è questa possibilità per ogni uomo di lavorare e di studiare e di trarre con sicurezza dal proprio lavoro i mezzi per vivere da Uomo, non solo la nostra Repubblica non si potrà chiamare fondata sul lavoro, ma non si potrà chiamare neanche democratica perché una democrazia in cui non ci sia questa uguaglianza di fatto, in cui ci sia soltanto un’uguaglianza di diritto, è una democrazia puramente formale, non è una democrazia in cui tutti i cittadini veramente siano messi in grado di concorrere alla vita della società, di portare il loro miglior contributo, in cui tutte le forze spirituali di tutti i cittadini siano messe a contribuire a questo cammino, a questo progresso continuo di tutta la società.

E allora voi capite da questo che la nostra Costituzione è in parte una realtà, ma soltanto in parte è una realtà.

In parte è ancora un programma, un ideale, una speranza, un impegno di un lavoro da compiere.

Quanto lavoro avete da compiere! Quanto lavoro vi sta dinanzi!

È stato detto giustamente che le costituzioni sono delle polemiche, che negli articoli delle costituzioni c’è sempre, anche se dissimulata dalla formulazione fredda delle disposizioni, una polemica.

Questa polemica, di solito, è una polemica contro il passato, contro il passato recente, contro il regime caduto da cui è venuto fuori il nuovo regime.

Se voi leggete la parte della Costituzione che si riferisce ai rapporti civili e politici, ai diritti di libertà, voi sentirete continuamente la polemica contro quella che era la situazione prima della Repubblica, quando tutte queste libertà, che oggi sono elencate e riaffermate solennemente, erano sistematicamente disconosciute.

Quindi, polemica nella parte dei diritti dell’uomo e del cittadino contro il passato.

Ma c’è una parte della nostra Costituzione che è una polemica contro il presente, contro la società presente.

Perché quando l’art. 3 vi dice: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana» riconosce con questo che questi ostacoli oggi vi sono di fatto e che bisogna rimuoverli.

Dà un giudizio, la Costituzione, un giudizio polemico, un giudizio negativo contro l’ordinamento sociale attuale, che bisogna modificare attraverso questo strumento di legalità, di trasformazione graduale, che la Costituzione ha messo a disposizione dei cittadini italiani.

Ma non è una Costituzione immobile che abbia fissato un punto fermo, è una Costituzione che apre le vie verso l’avvenire.

Non voglio dire rivoluzionaria, perché per rivoluzione nel linguaggio comune s’intende qualche cosa che sovverte violentemente, ma è una Costituzione rinnovatrice, progressiva, che mira alla trasformazione di questa società in cui può accadere che, anche quando ci sono, le libertà giuridiche e politiche siano rese inutili dalle disuguaglianze economiche e dalla impossibilità per molti cittadini di essere persone e di accorgersi che dentro di loro c’è una fiamma spirituale che, se fosse sviluppata in un regime di perequazione economica, potrebbe anch’essa contribuire al progresso della società.

Quindi, polemica contro il presente in cui viviamo e impegno di fare quanto è in noi per trasformare questa situazione presente.

Però, vedete, la Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé.

La Costituzione è un pezzo di carta: la lascio cadere e non si muove.

Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile, bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità.

Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica, l’indifferentismo politico che è – non qui, per fortuna, in questo uditorio, ma spesso in larghe categorie di giovani – una malattia dei giovani.

«La politica è una brutta cosa», «che me ne importa della politica»: quando sento fare questo discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina, che qualcheduno di voi conoscerà, di quei due emigranti, due contadini, che traversavano l’oceano su un piroscafo traballante.

Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con delle onde altissime e il piroscafo oscillava. E allora questo contadino impaurito domanda a un marinaio: «Ma … siamo in pericolo?», e questo dice: «Se continua questo mare, il bastimento tra mezz’ora affonda». Allora lui corre nella stiva a svegliare il compagno e dice: «Beppe, Beppe, Beppe, se continua questo mare, tra mezz’ora il bastimento affonda!». Quello dice: «Che me ne importa, non è mica mio!». Questo è l’indifferentismo alla politica.

È così bello, è così comodo: la libertà c’è. Si vive in regime di libertà, c’è altre cose da fare che interessarsi di politica. E lo so anch’io!

Il mondo è così bello, ci sono tante belle cose da vedere, da godere, oltre che occuparsi di politica.

La politica non è una piacevole cosa. Però la libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni, e che io auguro a voi, giovani, di non sentire mai, e vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perché questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, dando il proprio contributo alla vita politica.

La Costituzione, vedete, è l’affermazione scritta in questi articoli, che dal punto di vista letterario non sono belli, ma è l’affermazione solenne della solidarietà sociale, della solidarietà umana, della sorte comune, che se va a fondo, va a fondo per tutti questo bastimento.

È la carta della propria libertà, la carta per ciascuno di noi della propria dignità d’uomo.

Io mi ricordo le prime elezioni dopo la caduta del fascismo, il 2 giugno 1946: questo popolo che da 25 anni non aveva goduto le libertà civili e politiche, la prima volta che andò a votare dopo un periodo di orrori – il caos, la guerra civile, le lotte, le guerre, gli incendi.

Ricordo – io ero a Firenze, lo stesso è capitato qui – queste file di gente disciplinata davanti alle sezioni [elettorali], disciplinata e lieta perché avevano la sensazione di aver ritrovato la propria dignità, questo dare il voto, questo portare la propria opinione per contribuire a creare questa opinione della comunità, questo essere padroni di noi, del proprio Paese, del nostro Paese, della nostra Patria, della nostra terra, disporre noi delle nostre sorti, delle sorti del nostro paese.

Quindi, voi giovani alla Costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come cosa vostra, metterci dentro il senso civico, la coscienza civica, rendersi conto - questa è una delle gioie della vita - rendersi conto che ognuno di noi nel mondo non è solo, che siamo in più, che siamo parte di un tutto, nei limiti dell’Italia e nel mondo.

Ora, vedete – io ho poco altro da dirvi – in questa Costituzione, di cui sentirete fare il commento nelle prossime conferenze, c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato.

Tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre glorie son tutti sfociati in questi articoli.

E a sapere intendere, dietro questi articoli ci si sentono delle voci lontane.

Quando io leggo, nell’art. 2, «l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale», o quando leggo, nell’art. 11, «l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli», la Patria italiana in mezzo alle altre patrie, dico: ma questo è Mazzini, questa è la voce di Mazzini; o quando io leggo, nell’art. 8, «tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge», ma questo è Cavour; o quando io leggo, nell’art. 5, «la Repubblica una e indivisibile riconosce e promuove le autonomie locali», ma questo è Cattaneo; o quando, nell’art. 52, io leggo, a proposito delle forze armate, «l’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica», esercito di popolo, ma questo è Garibaldi; e quando leggo, all’art. 27, «non è ammessa la pena di morte», ma questo, o studenti milanesi, è Beccaria. Grandi voci lontane, grandi nomi lontani.

Ma ci sono anche umili nomi, voci recenti.

Quanto sangue e quanto dolore per arrivare a questa costituzione!

Dietro a ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi, caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta.

Quindi, quando vi ho detto che questa è una carta morta, no, non è una carta morta, questo è un testamento, un testamento di centomila morti.

Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione.



10 commenti:

Anonimo ha detto...

Che dire?!?!?!?!
Nulla, se non che, la natura è perfetta! Infatti, se i Costituenti fossero stati eterni, si sarebbero suicidati già all'indomani del varo della loro Creatura! Risorti dopo tre lustri, oggi, si sarebbero sepolti vivi nelle visceri della terra!
b

Anonimo ha detto...

ci sta forse consigliando di scendere in piazza armati?no perche se lo stesse facendo sarebbe cosa buona e giusta ormai...non vedo altre alternative..
firmato
un giovane

salvatore d'urso ha detto...

Non ho mai avuto il piacere di leggere o ascoltare questo discorso di Piero Calamandrei ma posso dire con certezza che le parole da lui pronunciate oltre 50 anni fa ripercorrono pari pari i miei timori su quanto da qualche anno a questa parte sta accadendo al nostro paese...

il disegno ora è così chiaro... gli scettici sono coloro che intendono appoggiare questa deriva antidemocratica o perchè ci si aspetta di guadagnarci in qualche modo qualcosa, o perchè sono "quel contadino" che se ne sbatte se la barca affonda poichè non è sua... quindi o perchè tali persone sono annoiate dalla politica o sono semplicemnte disilluse... di questo ne parlava allora Calamandrei ma credo che i livelli di oggi sono ben peggiori di quelli di allora... sia dall'alto e cioè di chi fa politica e sia dal basso e cioè di chi la subisce la politica...

c'è un'appiattimento generale... un'assuefazione dove chi è alla base si sente inerme e chi ai vertici della piramide si sente un dio... incontrastabile...

E con ciò pongo le mie critiche severe alla nostra amatissima Costituzione, che se è vero che i principi della Costituzioni sono a mio avviso perfetti, nonostante la loro semplice lettura, quelli successivi riguardanti l'assetto democratico del paese e quindi relativi alla suddivisione dei poteri, così scritti in modo così semplicistico, lasciano buoni margini a qualsiasi forma di potere autoriatario ben organizzato e strutturato di poter far leva sulla società civile e piegare col tempo il resto delle istituzioni democratiche che dovrebbero garantire e promuovere gli obiettivi della stessa Costituzione.

In poche parole credo che sotto questo aspetto la nostra Costituzione sia debole in quanto alcune responsabilità istituzionali dovevano essere ben richiamate e marcate, così come pure i vari tipi di controllo del potere, nonchè il conflitto di interessi di chi andrà ad esercitare il potere ovvero di chi lo dovrà controllare. Per esempio non dovrebbe essere permesso ad un Primo ministro che 10 mesi prima ha giurato sulla Costituzione poi esprimersi in tal modo... e poi politicamente ed a livello istituzionale vedere che non accade nulla. L'elettore medio cosa mai può pensare?

E' un deficit che nel corso degli anni ha marcato sempre più pienamente il declino della politica, della fiducia dei cittadini in un sistema democratico che funzioni, nel rapporto diretto ed indiretto tra le varie istituzioni... così fino a poter dileggiare con la politica nei modi e nei metodi che nel corso degli ultimi anni abbiamo penosamente conosciuto.

La Costituzione... i suoi esistenti articoli non si toccano... ma è incompleta... e di questa sua incompletezza ne stiamo oggi pagando il conto.

Anonimo ha detto...

Hei...Giovane ... ASPETTA!: Basta fare il passaparola. Ma con impegno, però!!!

Cinzia ha detto...

Bene, caro giovane Anonimo delle 18.31
se sei disposto ad un atto tanto impavido quanto inutile, spero che sarai ancor più disposto a mettere il tuo impegno e il tuo coraggio per fare qualcosa di più costruttivo.

Non perderci di vista,
stiamo costruendo un crogiuolo e tra gli elementi alchemici la forza e la freschezza d'animo e d'idee della giovinezza sono indispensabili.

A presto e ...per ora, come diceva il grande Totò: Birra e salsiccia :-]

Mimma ha detto...

La vera Rivoluzione!
In questo momento sarebbe veramente rivoluzionario e benefico divulgare questo discorso nelle piazze, nelle scuole, nelle universita`, in tutti i blog ed i siti recettivi!
Sarebbe veramente un messaggio positivo per questi nostri poveri giovani bombardati da epiteti di ogni genere, schiacciati da un buio ideologico e testimoni di una realta`aberrante!
Aiutiamoli!

nanni64 ha detto...

Io ho già girato queste bellissime parole, purtroppo concentrandole in 1.500/2.000 caratteri (questa é l'ampiezza normale di un commento), nei blog di Grillo, di Di Pietro e di Travaglio.

Bisognerebbe probabilmente inserirlo in quei blog in cui la nostra Carta viene normalmente fatta a pezzi.

Ma non mi va di registrarmi in quei postacci.

Anonimo ha detto...

Nel leggerlo mi sono commosso. Un linguaggio semplice ma vero e toccante. Un discorso tremendamente attuale che bisognerebbe far circolare.

salvatore d'urso ha detto...

Il caso Eluana...

Il DL e poi successivamente il DDL se palesemene incostituzionale (non ho avuto ancora la possibilità di leggerlo) secondo le tracce riguardo il testo che ora si trovano in rete può comportare il reato di attentato alla Costituzione?

In quali casi si può verificare palesemente il reato di attentato alla Costituzione da parte del Governo o parte di esso e dal Parlamento o da parte di esso? Quale è la procedura? E quali le conseguenze?

Anonimo ha detto...

L'altra sera nella trasmissione L'Infedele, il Prof.Zagrebelky ha ricorfato un modo di dire:
"La Carta Costituzionale è lo strumento di garanzia che si scrive da sobri e da usare per quando si è ubriachi".
Per questo è divenuta così attuale dopo 60 anni.
Alessandra