Con riferimento a un brano della “Lettera di un cittadino ai magistrati onesti”, riportiamo un bellissimo capitolo del prezioso da “Elogio dei giudici scritto da un avvocato” di Piero Calamandrei. La prima edizione del libro è del 1935. Il brano che riportiamo qui è tratto dall’edizione di Ponte alle Grazie del 1990.
di Piero Calamandrei
Da un vecchio magistrato a riposo, che in cinquanta anni ha percorso con onore tutti i gradi della magistratura dai più umili fino a quello supremo, ho ascoltato queste parole di saggezza:
«Ciò che può costituire un pericolo per i magistrati non è la corruzione: di casi di corruzione per denaro, in cinquant’anni di esperienza, ne ho visti tanti che si contano sulle dita di una sola mano; e sempre li ho visti scoperti e colpiti con esemplari punizioni.
E neanche son da considerarsi minacce molto gravi per la indipendenza dei magistrati le inframmettenze politiche: sono frequenti, ma non irresistibili. Il magistrato di schiena dritta non le prende sul serio, ed è rarissimo che gli venga qualche danno da questa sua inflessibilità.
Il vero pericolo non viene dal difuori: è un lento esaurimento interno delle coscienze, che le rende acquiescenti e rassegnate: una crescente pigrizia morale, che sempre più preferisce alla soluzione giusta quella accomodante, perchè non turba il quieto vivere e perché la intransigenza costa troppa fatica.
Nella mia lunga carriera non mi sono mai incontrato a faccia a faccia con giudici corruttibili, ma ho conosciuto non di rado giudici indolenti, disattenti, svogliati: pronti a fermarsi alla superficie, pur di sfuggire al duro lavoro di scavo, che deve affrontare chi vuole scoprire la verità.
Spesso questa superficialità mi è sembrata un portato inevitabile, e scusabile, dell’eccessiva mole di lavoro che gravava su certi magistrati; ma ne ho conosciuti alcuni (i migliori) che, anche sovraccarichi così, riuscivano, rubando le ore al sonno, a studiare con scrupolosa diligenza tutte le cause ad essi affidate e a riferirne in camera di consiglio senza dimenticare la virgola di un documento.
La pigrizia porta a adagiarsi nell’abitudine, che vuoi dire intorpidimento della curiosità critica e sclerosi della umana sensibilità: al posto della pungente pietà che obbliga lo spirito a vegliare in permanenza, subentra cogli anni la comoda indifferenza del burocrate, che gli consente di vivere dolcemente in dormiveglia.
Anche le raccomandazioni, che non hanno presa sui magistrati desti, possono apparire a questi burocrati sonnacchiosi come una forma non sgradevole di collaborazione, che permette ad essi di adottare bell’e fatta una opinione altrui (quella dell’amico che raccomanda) senza dover faticare a fare una scelta propria: ascoltare le voci che corrono, raccogliere la frase di un amico al caffè, costa meno sforzo che leggere con attenzione cinquanta fascicoli di un’istruttoria».
Il vecchio magistrato stette qualche istante in silenzio e poi concluse così:
«Creda a me: la peggiore sciagura che potrebbe capitare a un magistrato sarebbe quella di ammalarsi di quel terribile morbo dei burocrati che si chiama il conformismo.
È una malattia mentale, simile all’agorafobia: il terrore della propria indipendenza; una specie di ossessione, che non attende le raccomandazioni esterne, ma le previene; che non si piega alle pressioni dei superiori, ma se le immagina e le soddisfa in anticipo».
7 commenti:
Il vecchio parla di malattia mentale simile all’agorafobia quale peggiore sciagura che potrebbe capitare a un magistrato. La pessima riforma Castelli parzialmente modificata, disconosco se in peggio ma credo di si, dal ministro Mastella se non erro prevedeva un test per l'accertamento di evntuali patologie mentali per i membri dell'Ordinamento giudiziario (anche se i suddetti casi sono difficilmente rilevabili). Sicuramente l'ingenere aveva letto il libro che voi segnalate. E a proposito, vista la saggia autocritica che non vi risparmiate, vorrei chiedervi se avete proposto una riforma dell'Ordinamento giudiziario da proporre agli organismi istituzionali preposti alla funzione legislativa e se si perché non sene da pubblicità.
Grazie, bartolo iamonte.
A questo punto tutto quello che c'era da dire è stato detto:Non resta che rimettere alle coscienze di ognuno l'ardua sentenza.
Alessandra
Calamandrei è scomparso nel 1956, OLTRE MEZZO SECOLO FA, quando la società italiana, impegnata nello sforzo della ricostruzione del dopoguerra, era ancora in buona parte sana.
Oggi non credo che riscriverebbe quello che avete letto: la situazione, anche dei magistrati, mi sembra "un pochino" cambiata ...
Per Anonimo delle 14.56
Ha assolutamente ragione.
Abbiamo pubblicato questo brano dell'"Elogio ..." per la parte in cui descrive così bene l'accondiscendenza con il potere, non per quella sulla incorruttibilità.
La Redazione
Come può un magistrato assumersi una responsabilità se, per legge, non ne ha? nel mio lavoro sono costretto a fare scelte responsabili ogni momento e mi piacerebbe che, anche se sbagliate e magari per negligenza, mi dessero l'immunità di non subire un giudizio. In realtà nessuno può giudicare se non sa di poter essere giudicato e quindi assumersi la responsabilità del giudizio. E ancora dove mettiamo la negligenza dei magistrati che indagano perseguendo una loro idea e cercando le prove che diano valore solo alle proprie idee! E' questa schizofrenia legale? Solo una considerazione:speriamo di non essere interessanti a qualche magistrato, potremmo trovarci come il signor K. de "Il processo"
QUELLA DEI GIUDICI MI SEMBRA UNA CASTA DI INTOCCABILI NON ESENTE DA ERRORI E MAGAGNE ANCHE GRAVI:IL PIù GRAVE DI TUTTI è LA CORRUZIONE DI CUI SENTIAMO PARLARE NEI GIORNALI,FORTUNATAMENTE LE PECORE NERE CHE VENDONO LE SENTENZE (CASO PREVITI DOCET)DOVREBBERO ESSERE UN'INFIMA MINORANZA,MA IN REALTà LA GENTE COMUNE NON HA ALCUNA FIDUCIA NEI MAGISTRATI DEI QUALI BIASIMA DUE DIFETTI CHE PER ESPERIENZA PERSONALE ,MI PAIONO DAVVERO MOLTO DIFFUSI:IL PRIMO DEI QUALI è LA NEGLIGENZA,LA SUFFICIENZA CON CUI ALCUNI (MOLTI?POCHI?)SVOLGONO IL LORO LAVORO:NON POCHI CITTADINI SI ACCORGONO CHE QUESTI GIUDICI NON LEGGONO NEMMENO LE CARTE PROCESSUALI E NON COOSCONO NEMENO LE LEGGI DA APPLICARE.
IL SECONDO ALTRETTANTO DIFFUSO E GRAVE è LA SUDDITANZA E 'ACQUIESCENZA VERSO IL POTERE ,VERSO IL PIù FORTE ASSOMIGLIA ALLA SUDDITANZA DEGLI ARBITRI VERSO LE GRANDI SQUADRE):UN POVERACCIO CHE HA UNA CAUSA CONTRO UN POTENTE PRATICAMENTE NON HA POSSIBILITà DI SUCCESSO ED è DESTINATO ALL'INEVITABILE SCONFITTA :SPESS NON GLI è NEMMENO CONSENTITO DI PARLARE E DI DIFNDERSI ANCHE PERCHè IL PROCESSO VIENE QUASI SEMPRE INDIRIZZATO VERSO IL TRAGUARDO AMBITO DAI "LOR SIGNORI"
Sono le quattro di notte e non riesco a dormire pensando a come ci si possa difendere a fronte di una serie infinita di errori dei Giudici.Non leggono le carte.O fanno finta di non leggere .Ti rigettano il ricorso anche se hai ragione.Andare in appello con una sentenza di rigetto di primo grado si corre un grave pericolo che ho constatato personalmente. Il Giudice in prima battuta interviene con il dispositivo.Spesso con questo conferma l'esito del grado precedente. Risparmiando così di leggere gli atti. Ma quando va a sentenza si accorge che non può più tornare indietro. Ed è qui che esce fuori la sentenza assurda e ingiusta.
Posta un commento