Ieri il Tribunale di Palermo ha condannato il Presidente della Regione Siciliana Salvatore Cuffaro, detto “Totò”, a cinque anni di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici per favoreggiamento e rivelazione di segreto d’ufficio, nell’ambito del processo per le “talpe” nella Procura di Palermo.
In sostanza, Cuffaro, rivelando segreti della Procura di Palermo (e la cosa fa riflettere, con riferimento all'abitudine di tanti ad addebitare sistematicamente le "fughe di notizie" alla magistratura), avrebbe favorito un indagato, informandolo che erano state attivate intercettazioni nei suoi confronti.
Per avere un quadro seppure approssimativo dell’intera vicenda e delle persone coinvolte e condannate a pene fino a 14 anni di reclusione, si può leggerne una sintesi a questo link.
Il Tribunale ha escluso la circostanza aggravante del favoreggiamento alla mafia e bisognerà aspettare il deposito della motivazione della sentenza per sapere se questa esclusione si fondi sul fatto che favorire una persona coinvolta in una associazione mafiosa non equivalga a favorire l’associazione o se si fondi sulla mancanza di prova del fatto che il Cuffaro sapesse che la persona che stava favorendo era inserita in un’associazione mafiosa.
L’ennesimo paradosso di questa vicenda giudiziaria è che il titolare di una carica politica di altissimo rilievo (Presidente di una Regione) viene condannato alla significativa pena di cinque anni di reclusione, ma:
1. si dichiara contento (a questo link si può leggere il Comunicato stampa ufficiale della Regione Siciliana);
2. non si dimette;
3. grazie alle leggi proposte dagli ultimi due governi e non solo, anche se la sentenza divenisse definitiva, non sconterà un solo giorno di carcere, perché l’indulto ridurrebbe la pena da cinque a due anni di reclusione, consentendo la fruizione di una serie di benefici che impediscono la carcerazione, ma, soprattutto, perché le norme attuali sulla prescrizione faranno sì che il reato si prescriverà certamente prima della conclusione del processi di appello annunciato dal Cuffaro, sicché l’intera sentenza finirà nel nulla.
In relazione alle posizioni assunte in questi giorni dal senatore Cossiga, può essere interessante sapere che nello stesso sito ufficiale della Presidenza della Regione Siciliana appena citato si riferisce che il sen. Cossiga, Presidente emerito della Repubblica, ha telefonato al Cuffaro, rallegrandosi con lui (ma cosa ci sarà da rallegrarsi in una condanna a cinque anni di carcere!?) e confermandogli che lui rimane “il primo dei cossighiani”.
Riportiamo su questa vicenda un articolo di Antonio Padellaro tratto da L’Unità. Il titolo di questo post è quello originale dell'articolo di Padellaro.
_____________________________
di Antonio Padellaro
(Giornalista)
da L’Unità del 19 gennaio 2008
Condannato da un tribunale della Repubblica a cinque anni per favoreggiamento, il presidente della Regione Sicilia Totò Cuffaro comunica esultante: non mi dimetto.
Uomo di parola, Totò lo aveva detto prima che senza l’aggravante di aver favorito Cosa Nostra sarebbe rimasto al suo posto.
L’asticella l’ha fissata lui, e adesso non sente ragioni.
Almeno un amico degli amici si è giovato di una sua soffiata su certe microspie messe dagli investigatori. Con il risultato di vanificare intercettazione e indagini.
Negli Stati Uniti per molto meno ti sbattono in galera e buttano la chiave. Qui da noi ti dedicano una fiaccolata.
A quanto si è capito, secondo i giudici, favorire un mafioso non significa favorire la mafia. Siamo o no la patria del diritto?
La condanna resta comunque grave, una macchia pesante per un uomo politico che dovrebbe difendere la propria immagine di onestà sopra ogni altra cosa.
Non certo per “vasa vasa”, abituato a baciare sulle guance tanta di quella gente, ovviamente senza mai chiedergli la fedina penale.
Lo abbiamo visto, raggiante, raccogliere il meritato successo a palazzo di giustizia.
Dicono che nelle chiese palermitane i suoi fedeli abbiano pregato per l’assoluzione, e se anche il miracolo non c’è stato a Totò va benone lo stesso.
Alleluja. Tra sconti di pena e indulto di quei cinque anni ne resterà ben poco.
E quanto all’interdizione dei pubblici uffici, scatta a sentenza definitiva.
Totò sorride e vasa e vasa. Immacolato è.
È un arroganza che lascia senza parole, ma scandalizzarsi serve poco.
I tanti Cuffaro disseminati nel nostro bel paese della legge se ne fottono allegramente perché “loro” si considerano la legge.
E quanto alle sentenze, dipende dal punto di vista.
Infatti, Cuffaro festeggia la condanna che considera un’assoluzione e subito si crea una festosa processione di solidarietà guidata da Pierferdinando Casini. Il quale dimentico di aver ricoperto il ruolo di terza carica dello Stato, con una certa dignità, si congratula e approva con questo stravagante sillogismo: Totò non è colluso e quindi è giusto che resti presidente.
Con questa logica potevano anche dargli dieci anni o venti e il leader Udc avrebbe ugualmente stappato lo spumante.
Bravo Totò sei tutti loro, ma occhio alla prossima soffiala.
In questo venerdì di ordinaria giustizia spicca pure il rinvio a giudizio di Berlusconi chiesto dalla Procura di Napoli per corruzione.
La storia è quella della famosa telefonata al prono Saccà con le aspiranti attrici tv “segnalate” in cambio di favori.
Qui la tecnica è collaudatissima. Se Totò minimizza, Silvio s’indigna.
E giù insulti contro il partito delle procure che i bravi berluscones rincarano in pieno delirio mistico accusando i magistrati di barbarie e altre nefandezze.
Poi i due si congratulano vicendevolmente solidarizzando con Mastella. Il quale da Ceppaloni nel pieno rispetto dell’autonomia della magistratura definisce una «macchietta» il procuratore di Santa Maria Capua Vetere che lo ha inquisito con moglie e parenti.
Vendetta tremenda vendetta: il leader dell’Udeur pretende da tutta la maggioranza un voto di solidarietà, altrimenti addio governo. Probabilmente lo avrà.
Alla fine l’unico, vero colpevole della giornata sarà il pm di Catanzaro De Magistris. Duramente sanzionato dal Csm viene trasferito da Catanzaro e non sarà più pm.
Così impara a indagare sui politici.
P.S. L’altra sera in tv il sondaggista Renato Mannheimer calcolava in 7 su 100 gli italiani che nutrono ancora fiducia nella politica. Coraggio, lo zero è vicino.
apadellaro@unita.it
In sostanza, Cuffaro, rivelando segreti della Procura di Palermo (e la cosa fa riflettere, con riferimento all'abitudine di tanti ad addebitare sistematicamente le "fughe di notizie" alla magistratura), avrebbe favorito un indagato, informandolo che erano state attivate intercettazioni nei suoi confronti.
Per avere un quadro seppure approssimativo dell’intera vicenda e delle persone coinvolte e condannate a pene fino a 14 anni di reclusione, si può leggerne una sintesi a questo link.
Il Tribunale ha escluso la circostanza aggravante del favoreggiamento alla mafia e bisognerà aspettare il deposito della motivazione della sentenza per sapere se questa esclusione si fondi sul fatto che favorire una persona coinvolta in una associazione mafiosa non equivalga a favorire l’associazione o se si fondi sulla mancanza di prova del fatto che il Cuffaro sapesse che la persona che stava favorendo era inserita in un’associazione mafiosa.
L’ennesimo paradosso di questa vicenda giudiziaria è che il titolare di una carica politica di altissimo rilievo (Presidente di una Regione) viene condannato alla significativa pena di cinque anni di reclusione, ma:
1. si dichiara contento (a questo link si può leggere il Comunicato stampa ufficiale della Regione Siciliana);
2. non si dimette;
3. grazie alle leggi proposte dagli ultimi due governi e non solo, anche se la sentenza divenisse definitiva, non sconterà un solo giorno di carcere, perché l’indulto ridurrebbe la pena da cinque a due anni di reclusione, consentendo la fruizione di una serie di benefici che impediscono la carcerazione, ma, soprattutto, perché le norme attuali sulla prescrizione faranno sì che il reato si prescriverà certamente prima della conclusione del processi di appello annunciato dal Cuffaro, sicché l’intera sentenza finirà nel nulla.
In relazione alle posizioni assunte in questi giorni dal senatore Cossiga, può essere interessante sapere che nello stesso sito ufficiale della Presidenza della Regione Siciliana appena citato si riferisce che il sen. Cossiga, Presidente emerito della Repubblica, ha telefonato al Cuffaro, rallegrandosi con lui (ma cosa ci sarà da rallegrarsi in una condanna a cinque anni di carcere!?) e confermandogli che lui rimane “il primo dei cossighiani”.
Riportiamo su questa vicenda un articolo di Antonio Padellaro tratto da L’Unità. Il titolo di questo post è quello originale dell'articolo di Padellaro.
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di Antonio Padellaro
(Giornalista)
da L’Unità del 19 gennaio 2008
Condannato da un tribunale della Repubblica a cinque anni per favoreggiamento, il presidente della Regione Sicilia Totò Cuffaro comunica esultante: non mi dimetto.
Uomo di parola, Totò lo aveva detto prima che senza l’aggravante di aver favorito Cosa Nostra sarebbe rimasto al suo posto.
L’asticella l’ha fissata lui, e adesso non sente ragioni.
Almeno un amico degli amici si è giovato di una sua soffiata su certe microspie messe dagli investigatori. Con il risultato di vanificare intercettazione e indagini.
Negli Stati Uniti per molto meno ti sbattono in galera e buttano la chiave. Qui da noi ti dedicano una fiaccolata.
A quanto si è capito, secondo i giudici, favorire un mafioso non significa favorire la mafia. Siamo o no la patria del diritto?
La condanna resta comunque grave, una macchia pesante per un uomo politico che dovrebbe difendere la propria immagine di onestà sopra ogni altra cosa.
Non certo per “vasa vasa”, abituato a baciare sulle guance tanta di quella gente, ovviamente senza mai chiedergli la fedina penale.
Lo abbiamo visto, raggiante, raccogliere il meritato successo a palazzo di giustizia.
Dicono che nelle chiese palermitane i suoi fedeli abbiano pregato per l’assoluzione, e se anche il miracolo non c’è stato a Totò va benone lo stesso.
Alleluja. Tra sconti di pena e indulto di quei cinque anni ne resterà ben poco.
E quanto all’interdizione dei pubblici uffici, scatta a sentenza definitiva.
Totò sorride e vasa e vasa. Immacolato è.
È un arroganza che lascia senza parole, ma scandalizzarsi serve poco.
I tanti Cuffaro disseminati nel nostro bel paese della legge se ne fottono allegramente perché “loro” si considerano la legge.
E quanto alle sentenze, dipende dal punto di vista.
Infatti, Cuffaro festeggia la condanna che considera un’assoluzione e subito si crea una festosa processione di solidarietà guidata da Pierferdinando Casini. Il quale dimentico di aver ricoperto il ruolo di terza carica dello Stato, con una certa dignità, si congratula e approva con questo stravagante sillogismo: Totò non è colluso e quindi è giusto che resti presidente.
Con questa logica potevano anche dargli dieci anni o venti e il leader Udc avrebbe ugualmente stappato lo spumante.
Bravo Totò sei tutti loro, ma occhio alla prossima soffiala.
In questo venerdì di ordinaria giustizia spicca pure il rinvio a giudizio di Berlusconi chiesto dalla Procura di Napoli per corruzione.
La storia è quella della famosa telefonata al prono Saccà con le aspiranti attrici tv “segnalate” in cambio di favori.
Qui la tecnica è collaudatissima. Se Totò minimizza, Silvio s’indigna.
E giù insulti contro il partito delle procure che i bravi berluscones rincarano in pieno delirio mistico accusando i magistrati di barbarie e altre nefandezze.
Poi i due si congratulano vicendevolmente solidarizzando con Mastella. Il quale da Ceppaloni nel pieno rispetto dell’autonomia della magistratura definisce una «macchietta» il procuratore di Santa Maria Capua Vetere che lo ha inquisito con moglie e parenti.
Vendetta tremenda vendetta: il leader dell’Udeur pretende da tutta la maggioranza un voto di solidarietà, altrimenti addio governo. Probabilmente lo avrà.
Alla fine l’unico, vero colpevole della giornata sarà il pm di Catanzaro De Magistris. Duramente sanzionato dal Csm viene trasferito da Catanzaro e non sarà più pm.
Così impara a indagare sui politici.
P.S. L’altra sera in tv il sondaggista Renato Mannheimer calcolava in 7 su 100 gli italiani che nutrono ancora fiducia nella politica. Coraggio, lo zero è vicino.
apadellaro@unita.it
20 commenti:
Tutto normale!!!
...In un Paese che affoga nell'immondizia.
bartolo iamonte
a mio avviso sono due le vergogne di questo Paese.
1. la prima è l'attacco inaudito contro la libertà di parola del Santo Padre
2. la seconda è l'attacco ai politici
a mio avviso i politici dovrebbero essere tutelati da indagini e cose simili e bisognerebbe quindi riformare la magistrature onde evitare di incriminare ogni politico.
I politici non vanno, secondo me, ne indagati ne disturbati nell'esercizio delle loro funzioni.
sempre personalmente credo che andrebbe riformata la magistratura in modo di tutelare completamente il politico in ogni caso. Poco importa se il politico compia ogni genere di reato perseguito e perseguibile. i politici devono rispondere solo ai cittadini non alla magistratura, poiché loro sono al di sopra della legge.
spero che il centro-destra imponga nuove e più forte immunità e privilegi per i ceti politici, altrimenti non si potrà più governare in italia
ennesimo colpo inferto a chi, per combattere la mafia, ci ha lasciato la vita...aspettando il testo della sentenza vorrei capire due cose:
1- sul fatto che favorire un mafioso non equivalga a favorire la mafia tutta è un controsenso la cui spiegazione difficilmente posso immaginare
2- ammettendo invece che non lo sapesse mi chiedo il perchè...perchè lo ha fatto? perchè ha avvisato Miceli della microspia? POSSIBILE CHE NESSUN GIORNALISTA ABBIA POSTO A CUFFARO QUESTA SEMPLICE DOMANDA???
Caro Padellaro sono d'accordo con lei, e le faccio i miei complimenti perche in mezzo a questo branco di giornalisti leccapiedi per non dire peggio ,lei almeno e uno dei pochissimi che ha il coraggio di dire la cose scomode,pero mi chiedo a cosa serve fare tutte queste denunce , mentre loro i potenti fanno i fatti.
Vi scrivo "in movimento", da napoli. Cumuli di spazzatura dappertutto, uno scenario che fa impallidire le bidonville del terzo mondo.
All'ingresso dei bagni della stazione campeggia la scritta: "i servizi di questo bagno sono gratuiti. Nulla è dovuto al personale dipendente". Se hanno messo quel cartello una ragione c'è: evidentemente, in Italia ci si arrangia pure con il peculato sui bisogni corporali.
La legge sono loro, è il titolo del post. Ma a chi interessa? E' un Paese che non può guardarsi allo spechhio, pieno com'è di Cuffaro piccoli e grandi.
Per la redazione:
non perdete tempo per rispondere alla seconda vergogna illustrata all'anonimo delle 13,07; il tempo corrispondente occupatelo, piuttosto, per rispondere agli altri post.
L'anonimo in questione, secondo me, è, nella migliore delle ipotesi, un buon tempone che ha voglia di scherzare; nella peggiore una persona destinataria di un TSO.
Buona giornata
Franco.
Credo che Padellaro abbia fatto u buon articolo ma lui è tra quelli che difendono d'Alema e Fassino dalle intercettazioni della Forleo.
Non ha + tanta credibilità se s i comporta in questo modo.
Resta uno schiavo del potere.
Vorrei sapere come sia possibile che un individuo che è stato condannato, oltre che a 5 anni di carcere, anche all' "interdizione dai pubblici uffici", possa continuare a rimanere al suo posto senza che nessuno possa fare nulla. Ma la legge non conta proprio più niente o viene applicata solo a chi Non Fa Politica?
Se qualcuno volesse rispondere a questo quesito, MOLTI ve ne sarebbero grati. Grazie.
Tiziana Pierleoni
A Tiziana Pierleoni.
La risposta tecnica al quesito che ci pone sta nel fatto che la condanna alla pena accessoria della interidizione dai pubblici uffici diventerebbe esecutiva (come d'altra parte la condanna alla pena principale) se e quando la sentenza divenisse definitiva.
Ma ciò, per le ragioni esposte nel commento all'articolo - la prescrizione secondo le regole recentemente riformate dalle leggi "ad personam" di Berlusconi lasciate in vigore dal Governo attuale - non potrà mai avvenire.
Grazie, Tiziana, per la Sua presenza e attenzione.
La Redazione
No!! la legge non sono loro, non lo saranno mai, loro sono la violenza l'arroganza l'inciviltà il sopruso, la legge non sono loro non lo saranno mai..
Alla precisa domanda di Giuliano Ferrara a 8 e mezzo Cuffaro dichiarò che si sarebbe dimesso se fosse stato condannato anche in primo grado come gesto d'amore verso la sua regione.
bUFFONE.
alessandra
A questo punto è doveroso domadarsi per quale motivo si continui a spendere inutilmente denaro pubblico in processi farsa, visti i presupposti, se non è possibile in nessun modo impedire a truffatori e quant'altro di continuare impunemente a perpetrare i reati per cui sono accusati e condannati. In quest'ottica mi sembra assurdo che si possa parlare di riforma della legge elettorale essendo evidente che non possiamo più continuare a votare nessuno dei soggetti attualmente presenti nel panorama politico italiano poichè hanno reso possibile questa assurda impunità a livello giudiziario.
Mi vergogno e sono costernata ....la sentenza di ieri mi lascia esterefatta .....dove stiamo andando?
Avrebbero dovuto interdirlo dai pubblici uffici subito non aspettare le altre sentenze (che sappiamo già come andranno)l'arroganza con cui si presenta alle telecamere é inaudita ...bisognerebbe eliminare dal vocabolario italiano le parole .uguaglianza ,giustizia ... onestà...sono demoralizzata .....marialuisa
Sempre piu' sconvolgente quest'Italietta.. Immagino le risate che si faranno i commentatori esteri quando leggeranno: IL GOVERNATORE NON SI DIMETTE PERCHE' HA PRESO SOLO 5 ANNI e NON PER MAFIA! ma si puo'??
A me una delle cose che da' piu' fastidio dei fatti di questa settimana é l'arroganza di Feltri &Co che continua a denigrare i magistrati del napoletano che invece di occuparsi dello scandalo "rifiuti" si occupano di Saccà&Berlusconi e di Uder-gate! Forse dovrebbe ripassare un po' di PROCEDURA PENALE il sig.Feltri e scoprirebbe che le indagini partono da una notizia di reato!
se LUI (o i suoi colleghi) sanno qualcosa vadano a denunciare e vedra' che le inchieste partiranno..
Per Trarco Mavaglio.
Caro Trarco,
Lei scrive:
"A me una delle cose che da' piu' fastidio dei fatti di questa settimana é l'arroganza di Feltri &Co che continua a denigrare i magistrati del napoletano che invece di occuparsi dello scandalo "rifiuti" si occupano di Saccà&Berlusconi e di Uder-gate"
E siamo d'accordo con Lei.
Ma la cosa più assurda per un giornalista, quale Feltri dovrebbe essere, è che l'accusa non è vera in fatto.
I magistrati campani, infatti, hanno indagato ampiamente nei confronti degli amministratori di quella Regione per la vicenda rifiuti.
Fra i tanti processi, ci limitiamo a segnalare quello di cui si dà notizia a questolink, nell'ambito del quale è stato anche chiesto il rinvio a giudizio di Bassolino.
La verità è che prima i magistrati erano tutti "toghe rosse". Ora che al governo c'è la sinistra sono "toghe eversive". Nel frattempo sono stati anche "psichiatricamente disturbati". Eccetera.
Insomma, tendenzialmente solo una caterva di insulti insulsi.
La Redazione
Antonio Padellaro se vuole essere credibile non deve limitarsi a scrivere solo articoli che riguardano le indagini su Berlusconi, la condanna e le non dimissioni di Cuffaro, l’aviso di garanzia e le dimissioni di Mastella, considerare vittima De Magistris e poi restare in silenzio assoluto su la Forleo e su le intercettazioni di Fassino e Dalema con Unipol. Padellaro deve tenere presente che quel 93% di Italiani che secondo il sondaggio di Mannheimer non crede più nella politica, non crede neanche più neanche ai politici e tra questi ce quel partito con i suoi massimi dirigenti che è riuscito a trasformarsi più volte di un camaleonte, prima p.c.i poi p.d.s e ancora d.s e ora p.d. Padellaro e sempre stato e continua ad essere estremo difensore di questo partito e dei loro dirigenti. Egli à ragione pensando che il leader dell’UDEUR avrà il voto di solidarietà di tutta la maggioranza dopo che questi a minacciato il governo (e non è la prima volta) di farlo cadere ma deve tenere presente che nella maggioranza ce anche il p.d che dovrà votare a favore.
Gabriele Bianchi
Sarebbe interessante, oltre a leggere i vari articoli che si possono trovare su questo blog, poter anche sapere chi si prende la briga di postare nefandezze contro la società civile intera come "il signor anonimo" che alle ore 13.07 del 19 gennaio 2008 ha pensato bene di lasciare. Credo che sia troppo semplice e facile, e non obbligatorio per questioni personali di privacy, non apporre almeno il proprio nome al fondo di ciò che ognuno è comunque libero di postare. Ma nel caso citato trovo le argomentazioni del "signor anonimo" alquanto fuori luogo, qualunque possa ritenersi la chiave di lettura delle stesse. L'arroganza manifestata dovrebbe lasciare interdetti tutti. Non sono riuscito a continuare nella mia lettura quotidiana degli articoli, e relativi commenti; provo a ricordare se tanto livore è stato espresso su questo blog da altri frequentatori, ma non riesco a ricordare. Capisco che per i più queste mie parole possano sembrare non inerenti a questo contesto mediatico. Capisco che mi si può tacciare di intento censorio, ma rileggetevi il post a cui mi riferisco: chi lo ha scritto, oltre che nascondersi dietro un anonimato, sostiene tesi deliranti, prive di fondamento. Forse l'aspetto più devastante, da un punto di vista credo sociologico, è la rilevazione che il degrado oramai è entrato nel "sangue", come un virus letale, di talmente tante persone che a passarci sopra, nella lettura, non ci si indigna più di tanto.
Non posso permettermi di consigliare nulla, ma segnalare al "signor anonimo" in questione la natura improvvida delle proprie argomentazioni è un dovere che ritengo ineludibile.
Montinaro Leo
Questa volta non possono agitare il fantasma del complotto politico, dato che il PM del processo è stato il dott. Pignatone, di cui si può dire di tutto, ma non di certo che sia un pericoloso sovversivo di sinistra.
Ma le spiegazioni di Cuffaro sono ancora più patetiche: raggiante per la mancata aggravante ex art. 7, sostiene di aver passato informazioni a una persona che per lui in quel momento era incensurata, "un galantuomo".
Mi viene da ridere.
Nonostante abbia letto tutto quello che ho trovato relativo alla vicenda, non sono riuscita a capire come si possa "favorire" uno o più mafiosi senza con ciò favorire la mafia.
Poiché evidentemente sono "di coccio", c'è qualcuno che può spiegarmelo con parole semplici e chiare?
Per Sil Lan.
Cara Silvana,
il problema è tecnicamente il seguente.
Il Tribunale ha condannato il Presidente Cuffaro per avere favorito un mafioso.
Ha ritenuto non provata la sussistenza dell'aggravante di avere agito al fine di favorire "la mafia".
Non siamo in grado di dire se abbia fatto bene o male, perchè la motivazione della sentenza non è stata ancora scritta e, dunque, non è possibile sapere quale percorso logico abbia seguito il Tribunale.
Allo stato non vi sono ragioni per dubitare della correttezza dei colleghi che hanno emesso la sentenza.
I loro percorsi argomentativi possono essere stati astrattamente due.
1.
Che il Tribunale abbia ritenuto che sia mancata la prova che il Cuffaro avesse intenzione di favorire la mafia.
E' vero che una qualunque associazione non può che trarre profitto dal vantaggio arrecato a ciascuno dei suoi singoli associati, ma l'art. 7 del Decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, (che è la norma che disciplina l'aggravante contestata a Cuffaro ed esclusa nella sentenza) dispone che "per i delitti punibili con pena diversa dall'ergastolo commessi (...) al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, la pena è aumentata da un terzo alla metà".
Dunque, non punisce l'avere favorito "DI FATTO" la mafia, ma l'avere agito "AL FINE DI" favorire la mafia.
Sicchè, se io favorisco, per esempio, un mio cugino, mafioso, perchè gli voglio bene o un mio compagno di partito mafioso perchè me lo voglio tenere buono, è vero che ciò finirà per favorire la mafia, ma non sarà stato questo il mio fine e, dunque, non ci sarà l'aggravante.
Per di più, poi, la Corte di Cassazione ha avuto modo di statuire anche che "In tema di favoreggiamento personale aggravato dall'art. 7 d.l. 13 maggio 1991 n. 152, conv. dalla l. 12 luglio 1991 n. 203 (avere commesso il fatto avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416 bis c.p. ovvero al fine di agevolare l'attività dell'associazione prevista dallo stesso articolo), il fatto di favorire la latitanza di un personaggio di vertice di un'associazione mafiosa non determina, in ragione esclusivamente dell'importanza di questi all'interno dell'associazione e del predominio esercitato dal sodalizio sul territorio, la sussistenza dell'aggravante, dovendosi distinguere l'aiuto prestato alla persona da quello prestato all'associazione e potendosi ravvisare l'aggravante soltanto nel secondo caso, quando cioè si accerti la oggettiva funzionalità della condotta all'agevolazione dell'attività posta in essere dall'organizzazione criminale"
(Cassazione penale , sez. VI, 27 ottobre 2005, n. 41261).
Questa sentenza della Corte indurrebbe a una lunga serie di chiarimenti e perplessità, ma esse qui non sarebbero decisive.
Può essere utile sapere che ci sono sentenze che affermano la stessa cosa e altre che la negano (per esempio Cassazione penale , sez. V, 06 ottobre 2004, n. 43443).
2.
Altro percorso argomentativo più semplice potrebbe essere che il Tribunale abbia ritenuto non provato che Cuffaro sapesse che la persona favorita era mafiosa.
La lettura della sentenza risolverà i nostri e i Suoi dubbi.
________
Ma ciò è certamente e indiscutibilmente davvero surreale è che il Cuffaro dica: "Si è vero sono stato condannato per avere favorito un mafioso, ma sono contento che sia stato accertato che non ho favorito la mafia"!
Il che non è vero, perchè non è vero che sia stato escluso che egli abbia favorito la mafia. E, come si è detto, è stato accertato che ha favorito un mafioso.
E anche che dica: "Io mi sarei dimesso solo se mi avessero condannato per avere favorito la mafia".
Dunque, se, per assurdo, fosse stato condannato per avre ucciso tre bambine, si sarebbe sentito contento e innocente.
Per di più, la vicenda di cui si discute è fortemente connessa all'attività politica del Cuffaro.
Nell'articolo di stampa al quale abbiamo messo il link nel post sono riportate le parole del Procuratore Aggiunto Giuseppe Pignatone, che ha detto: "La condotta di Cuffaro è proprio dei giorni in cui veniva eletto presidente della Regione e faceva eleggere deputato Antonio Borzacchelli che - come dice il pentito Francesco Campanella - serviva per proteggerlo dalle indagini in corso. Una fotografia di rara nitidezza e di altrettanto rara concretezza di quel particolare fenomeno criminale che viene comunemente indicato con l'espressione "intreccio mafia-politica-affari-coperture istituzionali"".
La notizia delle microspie poi riferita all'intercettato il Cuffaro l'avrebbe avuta da un maresciallo che lui ha fatto eleggere deputato alla Regione.
Paradossi del nostro Paese.
E ancora più paradossale che, a fronte di tutto questo, tal Casini e tal Cossiga - che pare ricoprano altissime cariche pubbliche e ne abbiano ricoperte di ancora più alte - abbiano trovato in questo materia per dire pubblicamente la loro amicizia con il Cuffaro e la loro gioia per la sentenza di condanna a cinque anni.
Non sappiamo voi, ma noi non riusciamo a immaginare come ci potremmo presentare domani mattina in ufficio con una condanna a cinque anni di reclusione.
Loro sono contenti di averla.
Come dice un nostro amico "il mondo è bello perché è ... avariato".
Un caro saluto.
La Redazione
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