martedì 13 maggio 2008

Colpirne una ...


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di Marco Travaglio
(Giornalista)


da L’Unità del 13 maggio 2008

Se il plenum del Csm confermerà l’indicazione data ieri dalla commissione competente, Clementina Forleo sarà cacciata da Milano per “incompatibilità ambientale”.

Il suo peccato mortale, come tutti han capito fin troppo bene, è stato quello di mettere nero su bianco i nomi dei parlamentari intercettati durante le scalate Antonveneta, Rcs e Bnl e chiedere al Parlamento l’autorizzazione a usare le loro telefonate.

Non potendo dichiarare ufficialmente che andava punita per questo, a perenne ammonimento per tutti gli altri magistrati che osassero fare altrettanto, insomma a futura memoria, la commissione ha deciso di cacciarla perché avrebbe cattivi rapporti con i cancellieri del tribunale (testuale); perché avrebbe turbato l’opinione pubblica con denunce infondate (e pazienza se poi si son rivelate fondatissime), perché avrebbe detto a un convegno cose che non ha mai detto, e perché avrebbe chiesto a un pm notizie di un provvedimento interdittivo che la Procura le aveva preannunciato dicendole di tenersi pronta.

Insomma, incolpazioni inventate o faccenduole che sono normale routine in un ufficio giudiziario.

Alla fine, in questo mondo alla rovescia, il topolino ha partorito la montagna: una sanzione mostruosa, che sarebbe apparsa sproporzionata anche se gli addebiti mossi alla Forleo fossero stati fondati.

Clementina Forleo non potrà più fare il giudice a Milano e dovrà emigrare altrove con quel che resta dalla sua famiglia già falcidiata da lutti, minacce e attacchi.

Il voto è stato tutt’altro che unanime, a riprova del fatto la sanzione non era affatto obbligata. Per il trasferimento han votato i membri laici, cioè politici: la comunista Vacca (che aveva anticipato il giudizio prim’ancora che iniziasse il procedimento, ma non ha sentito neppure il dovere di astenersi: bella garanzia di «terzietà») e Anedda di An; e poi il togato di Unicost, Roia. Contro, ha votato il presidente della commissione, Patrono di MI. I due di Md, pilatescamente, si sono astenuti: se avessero votato contro sarebbe finita 3 a 3. E la manovra sarebbe fallita.

Una manovra che, molto probabilmente, è illegittima.

L’ordinamento giudiziario Castelli-Mastella vieta i trasferimenti d’ufficio dei magistrati per fatti che implichino comportamenti colpevoli: l’incompatibilità può derivare solo da fatti incolpevoli, per esempio da parentele con altri giudici o con imputati dello stesso distretto.

Ma qui le condotte contestate alla Forleo, se dimostrate, implicano che lei sia colpevole.

Dunque andavano esaminate in sede disciplinare, con una procedura molto più garantista.

Ma si temeva di non riuscire a punirla nemmeno sul fronte disciplinare: perché, per una dimenticanza degli analfabeti che hanno approvato la Castelli-Mastella, nella lista degli illeciti disciplinari non figurano le esternazioni. E qui proprio di esternazioni si tratta.

Dunque, sapendo che in sede disciplinare non c’era trippa per gatti, si sono usate condotte ipoteticamente colpevoli per dichiarare l’incompatibilità.

Il risultato è a metà fra l’inquietante e l’esilarante: se qualcuno ritiene che la Forleo sia una pazza furiosa che litiga con tutti e lancia allarmi infondati, che senso ha spostarla da Milano a Roma o a Vipiteno?

Il fatto è che anche la manovra per farla apparire pazza è fallita: tutti conoscono la sua preparazione giuridica, la sua laboriosità, il suo carattere.

Come diceva Montanelli, “tutte le persone di carattere hanno un pessimo carattere”.

Ma che c’entra il carattere con la capacità di un giudice?

Patrono ha votato contro il trasferimento anche perché, per la nuova legge, la Forleo è “scaduta” come gip avendo esercitato l’incarico da più di 10 anni e, al pari di centinaia di gip, dovrà passare al tribunale.

Bastava aspettare qualche mese (in attesa che il Csm bandisse quei posti) e il nodo si sarebbe sciolto da sé.

Ma qui bisognava dare una lezione purchessia, a prescindere.

La sentenza, richiesta a gran voce dai politici di destra e sinistra, era scritta fin da luglio, quando la gip osò fare il suo dovere anziché voltarsi dall’altra parte.

Calamandrei diceva: “Non temo i giudici corrotti, ma i giudici conformisti”.

Questo Csm e questa politica temono i giudici anticonformisti.

Colpirne uno (anzi due: c’è pure De Magistris) per educarne diecimila.


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Con riferimento all’articolo riportato qui sopra, va precisato che i due consiglieri del C.S.M. che si sono astenuti sono uno, Livio Pepino, di Magistratura Democratica e l’altro, Mario Fresa, del Movimento per la Giustizia.

Su questa astensione abbiamo pubblicato un articolo di Felice Lima a questo link.


2 commenti:

Gennaro Giugliano ha detto...

siamo al farwest totale,immagino il csm come quei vecchi saloon nei film stile sergio leone dove ognuno agiva secondo le proprie regole e la comunità e collettività non avevano alcun valore,solo al posto dei foderi e delle pistole si è ritenuto doveroso usare dei mantelli di colore nero. La cosa che più mi fa rabbia ed allo stesso tempo mi da speranza è avere la consapevolezza che vi sono ancora persone per bene nella categoria che si battono con tutte le lore forze per una dignità da molti perduta ed ai quali mi sento profondamente vicino al loro operato ( vedi ad es il dott De Magistris e il dott Tinti,solo per citarne alcuni oppure Raffaele Cantone piuttosto che Franco Roberti) Buon lavoro a tutta la redazione ed al dott Lima che oltre alla sua abituale abnegazione ha reso possibile questo spazio/oasi di confronto e dignità tra la categoria dei Magistrati ed i comuni cittadini

Anonimo ha detto...

Caro Gennaro,
non sono d'accordo, nel farwest nei vecchi saloon a volte, per la nostra gioia, colpivano pure, e bene, i de Magistri e le Forleo;
oggi colpiscono soltanto i fuorilegge!
bartolo