venerdì 23 maggio 2008

La finta democrazia


Versione stampabile




di Marco Imperato

(Magistrato Distrettuale Requirente presso la Procura Generale della Corte di Appello di Bologna)



La bufera mediatico-istituzionale che è seguita alle dichiarazioni di Travaglio a “Che tempo che fa” circa il neo presidente del Senato fa riflettere ....

E’ stato violato il diritto al contraddittorio?

Quindi questo principio giuridico (che vediamo in realtà più nei film americani che nelle nostre aule di giustizia ...) è un principio inviolabile anche del giornalismo?

Che ingenuo che sono: credevo che invece fosse necessario e sufficiente che le affermazioni fatte dal giornalista fossero riscontrate e documentate con il massimo scrupolo ... (altrimenti addio Watergate ... tanto per fare un esempio).

È persino ovvio che il contraddittorio sia una bella cosa, ma l’impressione è che da noi si prendano in prestito certi moderni concetti giuridici anglosassoni solo per strumentalizzarli ... diventano la foglia di fico con cui coprire ciò che non vogliono che l’opinione pubblica sappia: pensate a come e da chi e perché viene invocata la privacy ...

Nell’informazione poi il contraddittorio non è che una declinazione di comodo della par condicio: serve solo a salvare capra e cavoli per un giornalismo nano incapace di fare reportage indipendenti e domande scomode.

Indagare? Documentarsi? Ricercare? Domandare? Provocare? Far riflettere?

Ma no ... quante storie ... qui da noi, soprattutto se si vuole restare in sella alla propria poltrona, il giornalista deve essere solo il presentatore delle notizie, il microfono (e a volte il megafono) dei potenti.

Unica avvertenza minimale (non sempre rispettata, per altro): far parlare tutti i potenti uno alla volta, così che nessuno se ne abbia a male.

Cosa dicono non importa, non è analizzato, non è criticato, non spiegato al pubblico, che deve solo ingurgitare quello che gli viene preparato e premasticato senza filtri dal sistema mediatico.

Dove sta la verità non è un problema del giornalista. Tanto meno dare gli strumenti di una comprensione critica al cittadino ...

Questo cerchiobottismo è essere oggettivi? Questo è il Servizio Pubblico che tutti sostengono sarebbe stato offeso da quello che Travaglio dice e nessuno può smentire?

Naturalmente questo garantismo ipertrofico, che già conosciamo nelle aule di udienza, vale solo se l’oggetto della discussione è meritevole di tutela.

Quindi, in sintesi, se sei un politico o rivesti una carica dello Stato hai diritto al contraddittorio (che equivale alla certezza del silenzio, visto che Schifani non lo concederà mai il contraddittorio a Travaglio) ... se invece sei un extracomunitario, un pedofilo, un presunto terrorista o camorrista ... allora possiamo dire e dirti di tutto anche in tua contumacia.

Questo garantismo a doppio binario lo vedremo presto applicato anche nelle aule processuali, dove ben diversi saranno i margini di difesa per i brutti e cattivi rispetto ai belli e innocenti che forse hanno sbagliato.

Chi invita Bin Laden alla prossima puntata su Al Qaeda?

Chi ospita Messina Denaro quando si discute di mafia?

Ma non è solo questo.

In realtà le cose dette da Travaglio erano state già scritte. E qui viene il bello ...

Finché fai giornalismo e reportage di nicchia, nel tuo orticello di poche migliaia di lettori che hanno la capacità e la voglia di approfondire, non crei nessun problema ... e quindi viva la libertà di espressione e il diritto alla cronaca.

Se però pretendi di far conoscere alcuni fatti al grande pubblico (“Che tempo che fa”) ... alt!

Ma come osi? Ma come ti permetti?

Il popolo è minorenne , diceva Gian Maria Volontè in quel film? qualcosa del genere ...

Se proprio vuoi sapere certe cose, vatti a comprare il libro di stampa alternativa, ma non disturbare la digestione al cittadino che vuole solo intrattenersi prima di sapere chi vincerà il campionato.

Viva la libertà!

Viva questa finta democrazia ...

Perché se non ci sono cittadini informati, la democrazia è solo una maschera, una finzione.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Infatti, in una vera democrazia Schifani, già anni fa, appena eletto al Parlamento e prima di essere proclamato senatore della Repubblica avrebbe dovuto indire una conferenza stampa e informare il Popolo Italiano, che nel suo passato aveva avuto rapporti con personaggi che solo in seguito ha appreso fossero mafiosi. Così, come aveva fatto con i suoi elettori siciliani, che nonostante ciò lo hanno eletto, le sembrava giusto prima di accettare la carica di rappresentante del Popolo Italiano, informare anche quest'ultimo!!!
Ecco, se avessimo questi Parlamentari ne saremmo tutti felici e il nostro Paese, un Paese normale!!!
bartolo

Anonimo ha detto...

Anzichè contaddittorio si dovrebbe dire in contumacia (visto che la pubblicazione del libro equivale alla notifica del fatto).
Alessandra

Andrea ha detto...

Premetto che ho comprato un solo libro di Travaglio e l'ho trovato di una noia mortale ma credo che quello che sta accadendo oggi è molto semplice: «Quando non si può attaccare il ragionamento, si attacca il ragionatore», come diceva Paul Valery. Ma grazie anche a voi, finché lo si potrà fare con i blog, cercheremo di continuare a ragionare. Grazie per il vostro contributo

Andrea De Filippis
Roma

Anonimo ha detto...

La questione che l’attacco a Travaglio pone in rilievo riguarda l’idea che si ha della informazione divulgata per il mezzo televisivo. Non la carta stampata, la radio, i libri o strumenti di informazione/approfondimento di altro genere. Solo la televisione. Non è complicato comprendere le motivazioni di questa paranoica attenzione alle notizie che la TV trasmette e molti articoli ed interventi di questo blog hanno messo in evidenza tali motivazioni.
La televisione la guardano più persone di quanti leggono giornali e/ libri (rispettivamente circa il 10 ed il 5%). Non solo, una notizia data attraverso il mezzo televisivo è più suggestiva, spettacolare, suscita maggiore emotività. La passività del telespettatore lo espone alla persuasione acritica della notizia che ascolta, la quale diventa verità collettiva. Inoltre i telespettatori, come va dicendo D’Avanzo, sono persone innocenti. Volendo intendere con questo, almeno questa è l’interpretazione che io ne do, che il telespettatore esercita la critica molto meno del lettore e per questo, come prima si accennava, è maggiormente esposto alle prese in giro della TV. Quindi va tutelato, va trattato come un bimbo accompagnato da “veri giornalisti”, non certo da quelli che fanno parte delle “Agenzie del risentimento”. Poi la TV crea il villaggio globale, crea i modi di pensare su cui molti si adagiano passivamente, generando un sapere collettivo fatto di superficialità e credenze magico-religiose.
In sostanza la TV è lungi da essere un mezzo democratico: è invece uno strumento di controllo. Ecco perché Berlusconi ne ha tre. Di solito quando l’aviazione bombarda il paese nemico, distrugge innanzitutto la televisione di stato. Nel progetto di sovversione delle istituzioni repubblicane della P2 il controllo della TV era strategico.
La televisione ha un ruolo strategico nel determinare l’immagine collettiva della realtà, la percezione di ciò che è importante e di ciò che non lo è. Ed infatti l’on. Mussolini a Anno Zero di ieri ci dice che non dobbiamo pensare al monopolio televisivo di Berlusconi perché abbiamo altri e più gravi problemi, come ad esempio il collasso ambientale di Napoli e dintorni. Ed ecco creata un’immagine della realtà che considera una banalità il controllo monopolistico della TV e ci convince tutti che abbiamo ben altre cose da pensare.
La televisione in Italia, molto più che in altri paesi europei, è stata sempre un mezzo del potere per indurre una determinata visione del mondo. Dal way of life statunitense (nella sua feroce guerra contro il comunismo incalzante, o considerato tale), alla tv commerciale consumistica (e chi mai potrebbe pensare che lo schifo che ammorba Napoli è lo scarto dei nostri consumi, di quelli promossi dalla TV commerciale) la nostra immagine del mondo è determinata dai messaggi televisivi, molto più efficaci di quelli scritti. Inoltre bisogna pensare che la gente sempre più raramente si parla, dibatte, si confronta sulla propria quotidianità, non produce un’immagine condivisa e partecipata del mondo in cui vive. Riceve (secondo un modello gerarchico), in solitudine dentro le propri mura domestiche, l’immagine del mondo dalla TV. Il figlio in una stanza, il padre in un’altra e la madre, in ossequio al rispetto che la nostra società riconosce alle donne, ha diritto di scegliere se assistere al programma televisivo che guarda il figlio o il marito.
Ma che vogliamo lasciare la televisione nelle mani della banda del risentimento, dei rancorosi, di chi utilizza la tv per informare piuttosto che per controllare; in Italia, poi, che come D’Avanzo ex cathedra insegna non ci sono cittadini, teste pensanti, indipendenti e critiche, ma solo “innocenti telespettatori”. E forse c’ha ragione lui. Risollevare gli italiani dalla prostrazione in cui sono finiti sarà opera lunga, faticosa e dolorosa.

PS: Ciao Andrea sono Silvio :-)

salvatore d'urso ha detto...

Chiaiano... Napoli...

Scontri tra le forze dell'ordine ed i manifestanti...

è guerra...

Lo stato ha perso... è morto... c'è qualcos'altro... di diverso... che non ama i suoi cittadini...

Michele Ant ha detto...

Sono pienamente d'accordo con quanto detto nell'articolo. Aggiungo anche che nelle democrazie anglosassoni un uomo politico si dimette, senza neppure tante storie, semplicemente quando non è stato coerente con il mandato dei suoi elettori. Anche per futili motivi.
Il caso Travaglio-Schifani, che preferisco chiamare il caso "Schifani", ci riporta indietro di secoli. Qualcuno ha detto:"Stiamo ritornando al medio evo". Io aggiungo:"Non siamo mai usciti dal medio evo".
Travaglio ha pubblicato quanto è nei registri della Magistratura, che altro?