sabato 24 maggio 2008

Il “Pacchetto Sicurezza”: ogni tanto uno si chiede se sogna o se è desto!

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di Bruno Tinti
(Procuratore Aggiunto
della Repubblica di Torino)



dal blog di Chiarelettere


Qualche volta questo succede quando si vive una situazione troppo bella per essere vera; che so: una ragazza bellissima ha appena accettato di uscire a cena con te. Non ci posso credere!, si dice il fortunato.

Molto più spesso però l’esperienza para onirica è di tipo negativo. L’esempio tipico e ricorrente riguarda le iniziative adottate dalla classe politica nei più disparati settori; si resta increduli. Almeno, io resto incredulo nel settore di cui ho una qualche esperienza, quello della Giustizia. Poi mi rendo conto che è tutto proprio vero e mi … arrabbio; poi mi deprimo; poi mi rassegno.

Veniamo al dunque: il cosiddetto pacchetto sicurezza.

Per la verità, straordinariamente, qualcosa di intelligente vi è stato inserito: hanno abolito il patteggiamento in appello (almeno, così si legge nella prima versione del testo reperita su Kataweb). Trattasi di una delle situazioni para oniriche del primo tipo, quelle della ragazza bellissima che accetta di uscire a cena con te: da non crederci. E infatti mi sa che non resisterà agli aggiustamenti successivi e che alla fine il patteggiamento ce lo ritroveremo reintrodotto a furore di popolo … avvocatesco.

Poi c’è un’altra cosa furba: la subordinazione della sospensione condizionale della pena all’eliminazione delle conseguenze del reato. Per capire bene di che si tratta bisogna sapere che se uno è incensurato e viene condannato a una pena inferiore ai due anni di reclusione, non va in carcere: la pena resta sospesa per 5 anni e, se questo non commette altri reati, non la sconterà mai; se invece commette un altro reato sconta sia la pena per il reato nuovo che quella che gli era stata sospesa.

Bene, questo beneficio, dice il nuovo pacchetto sicurezza, può essere concesso solo se il condannato elimina le conseguenze dannose del reato; insomma se rimette tutto a posto o risarcisce il danno cagionato.

Una cosa ovvia, si può pensare; ma nel nostro sistema penale l’ovvio è merce rara; e una cosa così intelligente non si era mai vista.

Anche qui uno pensa: ma davvero questa bellissima ragazza viene a cena con me?

Poi scopre che è tutto vero, ma solo per il reato di cui all’art. 635 codice penale.

Di che si tratta?; beh, è il reato della fidanzata tradita, quella che va sotto la casa del fidanzato e gli riga la macchina o gli buca le gomme.

In questi casi, dice il pacchetto sicurezza, la fidanzata non andrà in prigione se porta la macchina dal carrozziere per farla riparare o se compra un treno di gomme nuovo.

E tutti gli altri reati? Che so, una villa costruita in cima a un promontorio in riva al mare, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e, naturalmente, costruita senza licenza. Oppure un bel palazzone di 10 piani costruito in zona destinata a parco pubblico. Oppure un appalto concesso a chi non doveva averlo e che lo ha avuto perché ha pagato un sostanziosa busta (con danno ovvio per chi invece l’appalto avrebbe dovuto averlo). Oppure una pubblica fornitura eseguita con materiale di scarto. Oppure un bel falso in bilancio con il quale l’amministratore della società si è portato via la liquidazione di quei 200 o 300 soci che l’avevano investita … Oppure fate voi, tutto quello che leggiamo sui giornali ogni giorno.

Ecco, per tutti questi reati il discorso non vale. Qui la sospensione condizionale della pena viene concessa subito, la villa o il palazzo non vengono demoliti e nemmeno sottratti a chi li ha costruiti che continua a starci dentro; l’appalto ormai è stato eseguito e le fatture vengono pagate; i danni eventuali saranno richiesti con un bel processo civile (tanto lo sanno tutti che i giudici civili lavorano poco e hanno tanto tempo a disposizione) e se va bene saranno pagati tra una decina d’anni. E il falso in bilancio? Beh, ma per quello, si sa, il processo manco comincia …

Allora si capisce che siamo nel solito brutto sogno e che purtroppo è tutto vero.

Dove proprio piombiamo in un incubo è quando leggiamo della nuova arma decisiva per la lotta all’immigrazione clandestina, dello strumento che risolleverà le patrie sorti e libererà l’Italia dalla piaga endemica dei clandestini: il nuovo reato di immigrazione clandestina, punito da 6 mesi a 4 anni.

Per capire bene in che pasticcio ci stiamo cacciando, andiamo per ordine.

Chi dunque è immigrato clandestinamente in Italia, secondo i nostri Solone (trattasi di un celebre legislatore dell’antichità) commette reato.

Ogni reato deve essere denunciato e l’autore di esso deve essere processato. Quindi diventa imputato.

Come ogni imputato, anche questo, che da adesso chiamiamo Alì Ben Mohamed deve essere iscritto nel registro degli indagati (tempo medio – di un segretario bravo – minuti 5)
Alì Ben Mohamed in verità è anche detenuto perché Solone ha pensato di prevedere che l’immigrato clandestino deve essere obbligatoriamente arrestato.

Siccome Solone ha anche pensato che Alì Ben Mohamed deve essere giudicato con rito direttissimo, nelle 48 ore il nostro viene portato in Tribunale.

Questo significa che:

1) Il PM deve preparare una richiesta di giudizio con rito direttissimo (tempo medio minuti 5 – il provvedimento presumibilmente sarà preparato una volta per tutte e dovrà solo essere completato con le generalità di Alì Ben Mohamed e qualche altro dato variabile).

2) Bisogna anche annotare la cosa nel registro generale informatico (tempo medio minuti 1)

3) Poi questa richiesta deve essere trasmessa al Tribunale che dovrà annotarla anche lui nel registro informatico (tempo medio minuti 1) e predisporre l’udienza.

4) Nel frattempo il PM non ha finito: deve ordinare alla scorta di portare Alì Ben Mohamed in Tribunale per domani o dopodomani: tempo medio minuti 1, si fa tutto via fax.

5) Deve ancora citare un interprete per il processo perché Alì Ben Mohamed non parla l’italiano o comunque dice di non parlarlo e tu non puoi provare il contrario (tempo medio minuti 1)

6) Naturalmente l’interprete deve essere pagato e ciò richiede una serie di incombenti amministrativi (diciamo tempo medio minuti 5)

7) infine il Pm deve citare i testimoni (sarebbe il poliziotto che ha beccato il clandestino) altro provvedimento, altro fax, tempo medio minuti 1. Magari il poliziotto ha appena finito il turno oppure è di turno in un altro posto; ma deve venire apposta in Tribunale per dire che in effetti lui ha beccato il clandestino e che questo non aveva il permesso di soggiorno. Deve venire per forza perché il suo rapporto, quello che aveva scritto allora e che racconta come si sono svolte le cose, non può essere dato al giudice se l’avvocato difensore si oppone; e, per la verità, se l’avvocato difensore non si opponesse non farebbe il suo dovere, che consiste, tra l’altro, nel far durare il processo più a lungo possibile per tardare il momento della sentenza e per arrivare alla prescrizione.

Se Alì Ben Mohamed viene portato in Tribunale, se l’interprete viene, se il poliziotto viene, il processo si fa (tempo medio ore 1): si interroga il teste, PM e difensore parlano un po’ e spiegano perché l’imputato deve essere condannato e prosciolto, il giudice si ritira e poi ritorna e legge la sentenza. Prevedibilmente sarà di condanna e la tariffa si attesterà sul minimo (succede sempre così) 6 mesi, meno le attenuanti generiche, mesi 4; magari la pena sarà anche convertita in pena pecuniara, 38 euro al giorno per 120 giorni, uguale 4560 euro.

Poi però il giudice deve ancora scrivere la sentenza (tempo medio mezz’ora, anche qui è prevedibile un modello prestampato) .

Insomma, per fare tutto questo hanno lavorato 1 PM, 1 giudice, due segretari (uno del PM e uno del giudice) 1 cancelliere per l’udienza, un numero variabile di poliziotti (chi lo ha arrestato, chi ha fatto il rapporto, chi lo ha portato in carcere etc.), la Polizia penitenziaria della scorta, 1 interprete e 1 funzionario amministrativo che gli ha liquidato il compenso che gli tocca. Tempo medio complessivo (senza considerare il lavoro di poliziotti & C) ore 2.

In realtà quasi sempre il processo per direttissima non si farà; perché quel giorno di direttissime ce ne sono 15 o 20; non c’è solo l’immigrazione clandestina che prevede il rito direttissimo.

Ancora si commettono reati di porto d’armi e ancora ci sono casi di direttissima per reati piuttosto gravi (per esempio traffico di droga); poi ci sono gli altri reati della Bossi Fini che fanno concorrenza a questo nuovo arrivato.

Insomma, nel 70 % dei casi (ma sono ottimista) il processo sarà rinviato. A quando? Mah, da 1 mese a 6 mesi.

Il clandestino naturalmente è in giro per i fatti suoi da subito dopo la sentenza.

Eh già, perché, se è incensurato, Alì Ben Mohamed ha diritto alla sospensione condizionale della pena.

Ma soprattutto ci saranno un sacco di motivi per i quale in realtà Alì Ben Mohamed sarà prosciolto. Il punto è che il codice penale prevede una scriminante (sarebbe una causa di giustificazione): lo stato di necessità, ad esempio (art. 54 del codice penale). Forse Solone non lo sa, ma si tratta di una cosa che vale per tutti, anche per i clandestini.

Così se Alì Ben Mohamed dice che lui era entrato in Italia con visto turistico per stare insieme con la moglie e il bambino piccino che erano qui legalmente; che poi la moglie è scappata con un altro, lasciando lui e il bambino piccino; e lui mica poteva lasciare il bambino piccino in mezzo alla strada, ecco che il giudice lo assolve per aver agito appunto in stato di necessità.

Oppure Alì Ben Mohamed potrebbe dire che le sue preferenze sessuali sono non del tutto ortodosse e che nel suo Paese a quelli come lui gli fanno cose brutte e definitive, sicché lui al suo Paese proprio non può tornarci. E anche qui stato di necessità.

Oppure … ma qui la fantasia (e l’abilità di un bravo difensore) può esercitarsi e di fatto si esercita molto liberamente.

Sicché che questo odioso immigrato clandestino venga condannato non è proprio del tutto certo.
In ogni modo, anche se condannato, Alì Ben Mohamed rarissimamente resterà in carcere. E, se anche ci resta, dopo 9 mesi deve essere buttato fuori per espressa disposizione di legge (sono le norme sui termini di carcerazione preventiva, questa cosa orribile che viene sempre vituperata tranne, pare, per Alì Ben Mohamed).

Comunque stiano le cose, Alì Ben Mohamed ha anche un altro diritto (lo so, non sta bene che gli si riconoscano tutti questi diritti, però, che ci si vuol fare, è la legge): può fare appello contro la sentenza di condanna. E siccome l’appello non gli costa nulla, anche perché ha un difensore di ufficio che viene pagato dallo Stato (dal popolo per la verità, cioè anche da me, mannaggia), lui lo fa di sicuro.

Questo significa che la cancelleria del giudice che lo ha condannato deve trasmettere tutto alla Corte d’Appello che poi deve fare un certo numero di notifiche e poi un nuovo processo.
Non voglio rifare la tabella tempi e metodi di cui sopra. Ma ognuno capisce che tutto questo non si fa senza che un certo numero di persone ci lavori sopra e per un certo periodo di tempo. Ah, dimenticavo, qui i giudici che si debbono occupare di Alì Ben Mohamed sono 3.

Se la sentenza viene confermata, non è mica finita. Perché Alì Ben Mohamed ha ancora questo diritto di fare ricorso in Cassazione, dove altri 5 giudici si occuperanno di lui; il tutto previa una serie sterminata di trasmissioni atti (a Roma !!!), adempimenti procedurali e notifiche.
E la Cassazione magari confermerà che Alì Ben Mohamed è proprio colpevole e che la pena inflittagli è giusta.

Ma, e qui la cosa si fa interessante, in realtà Alì Ben Mohamed non deve stare in carcere, deve essere espulso; Solone ha deciso che il giudice , con la condanna, ordina l’espulsione.

Questa cosa è bellissima; Solone proprio non sa o non ha capito niente di quello che succede.
Dunque, ordine di espulsione, si avvia il procedimento amministrativo per l’espulsione di Alì Ben Mohamed. In soldoni il questore gli notifica un provvedimento che dice che lui deve andare via.

Ovviamente Alì Ben Mohamed se ne frega e non va via.

Resta a fare il clandestino che a questo punto ha commesso anche un altro reato, quello previsto dall’art. 14 comma 5 ter della Bossi Fini. Sicché quando lo prendono di nuovo, lo denunciano anche per questo nuovo reato.

Anche per questo reato si fa la direttissima; e quindi si riapre tutto quello scenario descritto più sopra, un sacco di gente lavora su Alì Ben Mohamed per un sacco di tempo.

Qui Solone dovrebbe sapere che l’assoluzione è la norma; e non perché i giudici sono una manica di incapaci, lassisti, comunisti. Ma perché la situazione (vera, verissima) che Alì Ben
Mohamed racconta è la seguente.

Cari giudici io ho provato ad ottemperare all’ordine di espulsione e, a mie spese, mi sono recato alla frontiera con la Spagna; però lì, quando gli ho fatto vedere l’ordine di espulsione (non i miei documenti perché io non li ho, me li hanno rubati – come si dice, se non è vera è ben trovata) mi hanno detto che non se ne parlava nemmeno e che loro non mi facevano entrare. Quindi ho provato nell’ordine e sempre a mie spese, in Francia, in Svizzera, Austria e Croazia; ma anche lì mi hanno cacciato via.

In aereo, sempre per via della mancanza di documenti, non mi hanno voluto far salire. Allora ho provato con una nave ma anche lì non mi hanno voluto. Che posso fare?

Eh, dice il PM, magari ha ragione lui, io lo so che questa cosa è vera se uno non ha i documenti. Però Alì Ben Mohamed è un furbacchione e i documenti ce li ha, solo che non li vuole far vedere e mente.

Eh no, salta su il difensore, il PM non può “supporre” (intanto fa un ghigno di compatimento) che il mio assistito abbia i documenti e che volontariamente non li presenti; lo deve “provare”. Lei lo può provare PM, mi dica lo può provare? Il PM si fa piccino piccino e con un filo di voce dice che effettivamente …

Il giudice assolve.

Alì Ben Mohamed probabilmente finirà in un CPT (questa è bellissima, il nuovo pacchetto sicurezza contiene una norma decisiva per la lotta alla criminalità in genere e a quella degli immigrati clandestini e no in particolare: i centri di permanenza temporanea non si chiameranno più così, si chiameranno da adesso in poi centri di identificazione ed espulsione. Insomma non più CPT ma CIP che, obbiettivamente, è più tenero, ricorda lo scoiattolino dei fumetti).

Magari il Giudice che giudica Alì Ben Mohamed per una volta non è né incapace, né lassista né comunista, e lo condanna.

Così anche qui Alì Ben Mohamed fa appello, ricorso per Cassazione e intanto gira in strada dove fa danni. Eh si, perché siccome è clandestino e pregiudicato, non trova lavoro. Anche lui ha il vizio di mangiare; poi a casa sua ci sono mogli e bambini piccini che hanno bisogno di mangiare anche loro. Sicché che farà: spaccia, probabilmente, oppure fa contrabbando di sigarette o vende CD taroccati (è una cosa gravissima, quell’altro Solone, quello di prima, avevano previsto una pena fino a 8 anni di reclusione!!).

Tutto questo scenario, secondo il Solone di adesso, dovrebbe essere moltiplicato per 650.000.
Magari 650.000 proprio no, forse 500.000, forse 400.000. Chi lo sa?

Tanto la magistratura deve solo attrezzarsi e ottemperare ai suoi compiti istituzionali , senza sterili e incostituzionali lotte con il potere politico.

E’ ridicolo solo a pensarsi, figuriamo a dirlo o a scriverlo.

500.000 processi per questo nuovo reato non potrebbero mai essere fatti. E vero che non si può peggiorare un sistema penale come il nostro. E’ già morto del tutto.

Ma insomma ….

Un’ultima cosa.

Forse non c’è motivo di essere così pessimisti: Forse non succederà niente di tutto questo.

Vedete, nel testo del decreto sicurezza che c’era su Kataweb questo nuovo reato è previsto così: “lo straniero che fa ingresso nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni del presente Testo Unico (sarebbero le norme sull’immigrazione) è punito etc.”

Questo significa che il reato viene commesso nel momento in cui lo straniero fa ingresso nel territorio dello Stato.

Siccome anche Solone sa (lo sa?) che c’è l’art. 2 del codice penale che dice che nessuno può essere punito per un fatto che secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato; e siccome questa nuova legge non c’era (proprio perché è nuova) quando i 650.000 sono entrati; ecco che i nostri clandestini possono stare tranquilli. Loro sono entrati clandestinamente quando la cosa non era reato.

Certo, possono essere espulsi, ripescati, denunciati perché non hanno obbedito all’ordine di espulsione, tutto come prima. Però per il reato di immigrazione clandestina non possono essere processati.

I nuovi, quelli che entreranno dopo l’entrata in vigore della legge, questi si, dovranno essere sottoposti a processo. E siccome non dovrebbero essere del tutto cretini; o comunque i loro difensori qualcosa gli suggeriranno, certamente ci diranno che è vero che sono clandestini ma sono entrati nel 2007 (a fare tanto) e da allora mai nessuno li ha fermati ….

Speriamo che siano pochi.

Domanda finale.

Se Solone gli immigrati non li vuole proprio, ma perché non li espelle da solo con tanti bei provvedimenti amministrativi fatti da questori, prefetti, sindaci e compagnia cantante; e non lascia i magistrati in pace a fare il loro lavoro?

Io avrei un po’ di falsi in bilancio, frodi fiscali, corruzioni e robette di questo genere che aspettano sul mio tavolo …


23 commenti:

Anonimo ha detto...

al solito interessante e pungente, il dottor Tinti.
e al solito non si può che dargli ragione, e constatare l'ennesima dimostrazione dell'imbecillità di molti politici (anche se mi pare che il reato di immigrazione clandestina sia stato stralciato dal Dl e sia destinato a diventare un aproposta di legge parlamentare, cosa che potrebbe se non altro farlo meglio con meno approssimazione e più calma).
un unico appunto, riguardo all'ultima frase: mi pare (ma forse sbaglio) che la legge Bossi-Fini prevedesse all'inizio che i provvedimenti di espulsione dovessero essere emessi dal prefetto, ma che ci fu in seguito a questo una fiera presa di posizione di diversi politici (e anche qualche magistrato), che chiamarono in causa svariati aspetti del diritto nazionale e internazionale, tanto da arrivare alla corte di giustizia europea.
di conseguenza, l'onere dell'espulsione andò a gravare sui tribunali, con le conseguenze già descritte.
mi correggete se sbaglio?
quanto all'espulsione, credo che l'unica via valida sia quella adottata in Giappone: si carica al più presto l'espellendo su un aereo, destinazione il suo paese d'origine, e si chiede poi il conto del biglietto al governo del paese d'origine stesso.
difficile che il biglietto venga rimborsato, ma se non altro l'espulsione viene eseguita in maniera definitiva (almeno fino al prossimo tentativo d'ingresso....)

un saluto, baron litron

Anonimo ha detto...

Il resoconto - profondamente realista - di Bruno complessivamente non può che fare piangere.

Ma due aspetti grotteschi della vicenda, francamente, mi fanno anche un po' ridere:

1. che, essendo il reato istantaneo, basterà che l'imputato dica di essere entrato prima dell'entrata in vigore del "pacchetto" per non essere punibile;

2. che per tutta la - lunga - durata dei tre gradi di giudizio l'immigrato/imputato avrà diritto a rimanere in italia legalmente per potersi "difendere" nel giudizio.

Non so se sperare che siano in buona fede - e dunque degli incompetenti surreali - o in malafede - e dunque degli imbonitori di un popolo che davanti alla televisione non fa uso del cervello.

La cosa che mi fa davvero piangere, perchè mi sembra la parte più profondamente razzista del provvedimento è che viene prevista una aggravante generica (n. 11 bis dell'art. 61 c.p.) per la quale tutti i reati sono soggetti a una pena più grave se vengono commessi da un immigrato clandestino.

Vai a capire perchè un furto o una rapina o qualunque altra cosa dovrebbero essere più gravi se commessi da un clandestino.

Se fosse ragionevole si imporrebbe un'altra aggravante generica per la quale qualunque reato contro la pubblica amministrazione o contro il patrimonio dovrebbe essere punito di più se a commetterlo fosse un tizio che ha redditi superiori a enne migliaia di euro l'anno.

A voi non sembra più ragionevole punire di più chi commette un reato stando già così bene da avere tutto che punire di più chi commette un reato vivendo ai margini della società?

Boh!

Felice Lima

P.S. - Prima che scatti la solita manfrina del "allora sei di sinistra", dichiaro subito, in presenza del mio avvocato, che non ho votato per quelli di Veltroni e che quelli di Prodi e Veltroni ne hanno fatte di altrettanto surreali. Resta il fatto che oggi all'ordine del giorno c'è il pacchetto sicurezza e non perchè ce lo mettiamo noi del blog, ma perchè è quello che chi sta al governo ha deciso di indicare come la cosa più urgente di tutte (dopo la sanatoria di Rete4, ovviamente, ma molto prima di fare qualcosa per evitare che tutti noi, dopo evere cacciato i francesi, dobbiamo continuare a pagare i debiti di Alitalia, che al momento sono "nascosti" dietro i rom).

La Redazione ha detto...

Tra l'altro, questi imputati hanno diritto alla difesa a spese dello Stato (quello italiano) e quindi lascio alla comune immaginazione la spesa conseguente.
Per di più, dato che il fenomeno migratorio interessa prevalentemente l'ingresso dal mare, non è difficile ipotizzare che i criminali - quelli veri, che su tale fenomeno lucrano - lasceranno i barconi ricolmi di umanità al limite delle acque territoriali, cosicché le nostre navi dovranno prestare loro soccorso e condurli a riva (quale riva è agevole intendere), e nessuno potrà dire che i migranti abbiano fatto spontaneamente ingresso nel territorio italico.
Nicola Saracino

Anonimo ha detto...

Questo è il risultato di chi fa carriera con le raccomandazioni.
Se questo, e ci credo, sarà l'effetto, nei tribunali, dell'applicazione del "pacchetto", quali "teste"pensanti, esperti, magistrati, hanno collaborato alla stesura di una Norma di uno Stato che il Ministro ha sollecitamente presentato alla Nazione.
Visto il bel tempo, gli ignari clandestini, dopo aver pagato pedaggio agli scafisti, giungeranno nel nostro "bel paese" in estate, e i Giudici?
Buon lavoro, e al diavolo l'arretrato....Ci sono i processi per direttissima col difensore d'ufficio per tutti.
Alessandra

Anonimo ha detto...

Per Baron Litron.

Posso rispondere io, perchè me ne sono occupato per lavoro.

A questo link, in Allegato, si può leggere un'ordinanza con la quale ho sollevato una questione di costituzionalità (nei fatti accolta dalla Corte: ha accolto il ricorso di altri colleghi che ponevano la stessa questione). Mi permetto di citarla perchè, leggendo il provvedimento, ci si può fare un'idea di quali siano i casi concreti ai quali poi vengono applicate le leggi "pubblicizzate" in TV. E si vede che l'applicazione concreta è davvero inquietante.

Venendo al problema molto opportunamente posto da Baron Litron (che saluto caramente), la norma in questione era ed è (perchè è ancora vigente, avendo la pronuncia della Corte Costituzionale sostanzialmente introdotto solo una modifica) del tutto diversa.

In pratica il Prefetto espelle il clandestino e il giudice deve solo verificare che l'espulsione sia legittima.

E' cosa che avviene in pochissimo tempo (nel termine di 48 da quanto la Prefettura trasmette il verbale), nell'ambito di una sola udienza e senza possibilità di alcun reclamo.

Dunque, una cosa del tutto diversa dal fare un processo penale. Lì si tratta solo di una convalida che si fa entro 48 ore. Nel caso del "Pacchetto Sicurezza" di un intero processo penale.

Tornando alla questione di costituzionalità, per dire come si agisce in Italia, la Bossi Fini prevedeva sì la convalida che ho detto (perchè imposta dal'art. 13 della Costituzione), ma disponeva che intanto l'espulsione era esecutiva.

Dunque, la Prefettura espelleva fisicamente i clandestini e POI mandava l'atto per la convalida, sicchè la procedura di convalida era sostanzialmente una farsa.

La Corte Costituzionale ha disposto che l'espulsione può essere eseguita solo dopo la convalida (che, ripeto, deve essere fatta o negata entro 48 ore da quando la Prefettura invia il provvedimento: nel mio ufficio facevamo i turni per rispettare il termine).

Quando la Corte Costituzionale ha emesso la sentenza sono successe due cose.

L'on. La Russa ha dichiarato in televisione: "Non c'è problema, lo sapevamo che era incostituzionale". Dando luogo così a una confessione pubblica di violazione dolosa della Costituzione da parte del legislatore.

Il governo presieduto dall'on. Berlusconi, per "punire" i giudici che si erano permessi di porre la questione, ha adottato un decreto legge (si tratta del D.L. 14 settembre 2004, n. 241, che si può leggere a questo link), che ha previsto tre cose:

1) della cosa non si devono occupare più i giudici professionali, ma i Giudici di Pace (verosimilmente perchè ritenuti meno "tosti");

2) i Giudici di Pace non terranno le udienze nei loro uffici, ma in locali messi a disposizione dalla Questura (comma 5 ter introdotto all'art. 13): per chi abbia un minimo di cultura della giurisdizione, l'idea che non è il questurino che va in Tribunale a farsi convalidare l'atto, ma il giudice che va in Questura a convalidarglielo costituisce una cosa davvero indecente (e ciò senza dire dell'atteggiamento psicologico nel quale si trova un Giudice di Pace che va in Questura nei locali scelti dalla Questura stessa testualmente "nei limiti delle risorse disponibili": ibidem);

3) che per ogni udienza (attenzione: non per ogni convalida) tenuta così il Giudice di Pace sarà pagato ben 20 euro: tra andare, leggersi gli atti, scrivere i provvedimenti e tornare a casa, praticamente alla tariffa oraria di un manovale non specializzato.

E questo è quanto.

E questo è quello che noi vediamo tutti i giorni e i cittadini neppure immaginano.

Felice Lima

Anonimo ha detto...

Non ci resta che piangere.....
Mathilda

Anonimo ha detto...

francamente non vedo speranze. o mi adeguo a questo governo pessimo, o fuggo da questo folle paese. preferisco la seconda, senza dubbio. sono ancora abbastanza giovane, per fortuna.

"Uguale per tutti" ha detto...

Per Anonimo delle 2.24.

Per dare a ciascuno il suo, bisogna dire che ciò che sta facendo questo governo sembra in perfetta continuità con ciò che è stato fatto in tutti gli anni precedenti, da tutti i governi (certamente da alcuni con particolare dedizione nel fare male), e con ciò che il Paese ha chiesto o ha consentito che si facesse.

In sostanza, ci sembra che ordinariamente paesi nelle condizioni del nostro abbiano il governo che corrisponde al loro modo di essere e che illudersi che la colpa sia solo del governo sia fuorviante.

Per convincersene, peraltro, basta riflettere su quante persone ognuno di noi sente lamentarsi di tutto e di tutti, ma contemporaneamente agire in perfetta sintonia con ciò di cui si lamentano.

In tutti gli uffici e posti di lavoro, per esempio, tutti sparlano di tutti, ma pochissimi denunciano, pochissimi si rifiutano di "prestarsi", pochissimi fanno ciò che esattamente devono invece di ciò che "è prassi", e così via.

Come abbiamo scritto tante volte, a noi pare che la qualità di una civilità e di una democrazia sia un fatto di valori diffusi e condivisi.

Il governo è frutto, poi, della "cultura" del Paese che lo esprime.

E' certamente vero che il governo produce e condiziona quella cultura, ma è altrettanto vero che la cultura (intesa non come "accademia", ma come "sentire e praticare diffuso") produce la classe dirigente.

Di questi tempi, quando si sta per nominare un ministro per la giustizia (o per qualunque altro dicastero), uno si chiede chi sarebbe bello che fosse e purtropo troppe volte deve riconoscere che non c'è una grande scelta.

Perchè la classe dirigente si sceglie fra i cittadini.

Se i nostri figli vengono educati dai loro genitori alla furbizia, al guadagnare molto lavorando poco, all'apparire più di ciò che si è, all'arraffare, al legarsi a quelli belli, ricchi e furbi e ad evitare quelli poveri, deboli e sfigati, quando saranno cresciuti faranno un paese come loro.

Se i nostri figli vedono nei loro genitori rabbia, insoddisfazione, rancore verso i rom o verso i gialli, o i rossi, o i blu, arroganza; se ciò di cui i loro genitori parlano ogni giorno è denaro, ambizione; se gli altri vengono raccontati come "mezzo" e non come fine, questi figli cresceranno così. Pieni di questi sentimenti che non aiutano a vivere insieme e producono una società sempre più "arrabiata" e "cattiva".

Quando tre minorenno uccidono una coetanea nel modo e per le ragioni emerse nella vicenda di Niscemi, non bisogna consolarsi chiamandoli "mostri" e pensando che sono casi rari ed eccezionali.

Raro ed eccezionale è, per fortuna, l'omicidio. Il modo di pensare e di relazionarsi che l'ha prodotto, invece, non è né raro né eccezionale, ma omogeneo alla "cultura diffusa".

Così come quando un gruppo di venti bravi italiani fa un raid in perfetto stile nazista nella capitale, rompendo vetrine e pestando immigrati, è "eccezionale" il fatto in sé, ma la cultura che lo esprime è quella che trasuda da telegiornali, discorsi al bar, sboronate fra amici e così via.

In un libro fondamentale - "I fratelli Karamazov" - Dostoevskij racconta di due fratelli che teorizzavano che "se Dio non esiste tutto e permesso" e di un terzo che uccide il padre di tutti e tre e, quando viene scoperto dai due fratelli, dice "ma io ho creduto a ciò che dicevate voi" (Dostoevskij ci perdonerà la sintesi indegna).

Se tutti (governo, giornalisti, giornalai, madri di famiglia, imprenditori, maggiorenti, benpensanti, predicano odio, discriminazione, diseguaglianza, privilegio, questi "valori" si diffondono e nelle vite di tanti "si attuano".

Non si possono diffondere, nella sostanza, valori culturali e morali deteriori e pensare che questo, poi, non ci ricada addosso.

La Redazione

Anonimo ha detto...

grazie per la risposta, ma non c'era bisogno, sono d'accordo con voi. se abbiamo questo governo e questa casta politica la colpa è di chi ha votato per loro. il parlamento è lo specchio del paese ed è questa la tragedia. un popolo serio avrebbe spazzato via la casta malefica, invece gli italioti l'hanno confermata!
ergo non vedo speranze per questo paese, ergo spero di andare via presto, in un paese normale.
auguri a chi rimane...
saluti e buon lavoro

"Uguale per tutti" ha detto...

Per Anonimo delle 2.24 e delle 14.07.

Sull'andare via o restare, permetteteci di suggerirvi un bel duetto di Ficarra e Picone, che riserva una sorpresa all'ultima battuta.

E' a questo link.

La Redazione

Anonimo ha detto...

Concordo con la realistica analisi della situazione "morale" italiana fatta dalla Redazione.

Devo però aggiungere una piccolissima considerazione, perché chi ha cominciato 40 ANNI FA a distruggere tutti i valori del popolo italiano, lasciando il desolante VUOTO attuale, a destra come a sinistra, è ancora vivo, vegeto, ricco e realizzato, E DA LUI NON ACCETTO PREDICHE !

Parlo, se non si fosse capito, del "sessantottino disilluso".

A lui vorrei dire soltanto due cose:

1) Cala, Trinchetto !
2) MEDICO, CURA TE STESSO !

Cordiali saluti.

Anonimo ha detto...

certo, forse nel lungo periodo questo paese marcio diventerà finalmente un paese normale, ma, come diceva qualcuno, nel lungo periodo saremo tutti morti... io sono stato fin troppo paziente, ora basta. non voglio e non posso perdere altro tempo.

Anonimo ha detto...

Oggi, una madre mi ha chiesto: ogni tanto leggo qualche tua lettera, perché non scrivi qualcosa per quei bambini della signora Franzoni?
Eccola
Gentile De Luca,
la signora Annamaria Franzoni, condannata a sedici anni di carcere per la morte del figlioletto Samuele, da tre giorni ha cominciato a scontare la pena nel carcere della Dozza, Bologna.
Tre giorni ricchi di “tristi” riflessioni scaturite dalle seguenti circostante:
1)Gli altri suoi bambini, Davide e Gioele, in lacrime, quando i Gendarmi in Alta Uniforme sono andati a prenderla per portarla in carcere, gli hanno chiesto: “dove vai mamma, perché ci lasci?”
2)Il Movimento dei Diritti Civili, di Franco Corbelli, che si è attivato per chiedere la grazia, in poche ore ha ricevuto 112 e-mail di protesta di questo tenore: “Vergogna. In un paese che si rispetti non si chiede la grazia per una finta pazza e abile manipolatrice.”
3) Il Codacons: «La grazia va data a tutte le madri che si trovano nella situazione della Franzoni, altrimenti sarebbe solo un privilegio.»
4)Gli agenti di polizia penitenziaria della Dozza: «Corsie preferenziali. Ci sono state anomalie nelle procedure di visita. I familiari sono addirittura entrati in auto, dove possono passare solo i mezzi militari, ufficialmente per evitare i giornalisti. »
Inutilmente, m'impegno in ogni modo a considerarmi “diverso”, “anormale”, “folle”: nulla di nulla, anche in questo, devo prendere atto del mio insuccesso!!!
È La nostra società, nel suo complesso, Istituzioni incluse, ad essere impazzita!!!
Con la solita stima, bartolo iamonte.

Anonimo ha detto...

"se l’avvocato difensore non si opponesse non farebbe il suo dovere, che consiste, tra l’altro, nel far durare il processo più a lungo possibile per tardare il momento della sentenza e per arrivare alla prescrizione".

Tali giudizi, che non esito a definire gratuiti, secondo me il dott. Bruno Tinti non dovrebbe esprimerli (qualcuno lo ha pure espresso nel suo libro che io ho acquistato e letto).
Non è che per caso auspica che il principale dovere dell'avvocato sarebbe quello di assecondare tutte le richieste del PM a aiutarlo nell'accusa?
Ritenendo che l'avvocato abbia la possibilità di far durare il processo più a lungo, sopravvaluta la forza di questa categoria: se un processo dura a lungo bisogna chiederlo al suo conducente, che non è certamente l'avvocato, che svolge il suo dovere sancito dall'art. 24 della costituzione.

"Uguale per tutti" ha detto...

Per Anonimo delle 19.55.

Gentile Lettore,

ci permetta di dirLe che forse c'è un equivoco.

La frase di Bruno Tinti che Lei riporta tra virgolette significa, infatti, l'esatto contrario di ciò che Lei attribuisce a Bruno e afferma proprio gli stessi principi giustamente difesi da Lei.

Ciò che Bruno dice è, infatti, appunto che il dovere dell'avvocato è tutelare gli interessi del suo cliente, sicché dice Bruno, "se l’avvocato difensore non si opponesse non farebbe il suo dovere". Che vuol dire, quindi, che il dovere dell'avvocato è opporsi, proprio perchè, come giustamente osserva Lei, l'avvocato concorre al giusto processo tutelando gli interessi del suo assistito. Lo Stato non può pretendere che l'avvocato rinunci a diritti e facoltà del suo assistito per "aiutare" la giustizia.

Sperando che così si sia "composto" l'apparente conflitto fra Lei e Bruno, La preghiamo di segnalarci se così non fosse, per consentirci ulteriori chiarimenti e approfondimenti.

Grazie infinite per la Sua attenzione e partecipazione.

La Redazione

Anonimo ha detto...

Ho letto con interesse l' articolo di Tinti e devo dire che ha un modo di esporre le sue idee non solo molto semplice ma anche molto ironico.
il problema e' che anche io, come l'anonimo delle ore 19:55, ho notato "una frecciatina" agli avvocati( non sarebbe la prima tra l'altro)

Leggendo attentamente si puo' notare che il procuratore (scherzosamente?)parla del dovere del difensore che consiste, TRA L'ALTRO, nel far durare il processo piu' a lungo possibile per arrivare a prescrizione.

Dire che mirare alla prescrizione sia un dovere mi fa sorridere perche' tutti sappiamo che quella e' una furbizia( la chiamiamo cosi???).

Quello che invece mi rode un po' ( in senso scherzoso) e' che gli avvocato vengano dipinti come maghi che tirano fuori dal cilindro la furbizia piu' opportuna al solo scopo di impedire in qualche modo l'esito del processo

Gli avvocati come i giudici usano la legge... e con quest'ultima che dobbiamo prendercela se poi i processi non finiscono mai nel modo corretto

Cordiali saluti

Anonimo ha detto...

il problema è appunto politico! un parlamento serio fa leggi serie, un parlamento indecente fa leggi indecenti. e purtroppo il nostro caso è il secondo, ergo la giustizia, come il paese in generale, è allo sfascio. :(

Anonimo ha detto...

L'ho già detto e lo ripeto: la frase di Bruno Tinti, ove auspica che l'avvocato faccia di tutto per ottenere il risultato "formale" del massimo vantaggio per il proprio assistito, ancorché sappia che costui non lo merita, è quanto di più lontano possibile dal compito dell'avvocato, oltreché sostanzialmente "immorale".

E', invece, molto COMODO per il giudice, che così può scegliere senza troppa fatica fra due tesi contrapposte !

L'avvocato non è e NON DEVE ESSERE ... la p.ttana del suo cliente (scusate, ma almeno così è chiaro il concetto)!

Egli esercita, invece un MUNUS PUBLICUM, ed è sempre sua facoltà quella di RINUNCIARE ALL'INCARICO.

Non dobbiamo copiare necessariamente le aberrazioni del sistema giudirico americano, dove gli avvocati .. non sono neppure "laureati" (lo sapevate ?).

Ricordate al Dott. Tinti che gli avvocati non sempre sono come quelli che ha conosciuto nella sua carriera, e che chi difende un colpevole che sa essere colpevole, facendolo assolvere, compie un atto censurabilissimo dal punto di vista morale, come ebbe a dire più volte Piero CALAMANDREI.

Voi accettereste di cenare assieme ad un soggetto che, solo per i soldi, contribuisce a mandar fuori di galera un pericoloso delinquente ? Se sì, e so che molti di voi lo fanno, avete uno stomaco di ferro !

Spero quindi che, oltre alle "toghe", non si rompa anche quel poco di morale che ancora esiste nelle singole persone, soltanto perché è più COMODO per il giudice !

Cordiali saluti.

"Uguale per tutti" ha detto...

Per Paolo Emilio.

I problemi che Lei pone sono complessi e in questo momento non abbiamo la possibilità di trattarli approfonditamente.

Poiché, però, si tratta di temi delicati anche deontologicamente, ci permetta di dire rispettosamente che non condividiamo la Sua ricostruzione del ruolo dell'avvocato.

Condividiamo, ovviamente, l'affermazione che l'avvocato non deve prostituire né la sua intelligenza, né la sua opera, ma NON condividiamo tutto il resto.

Per essere più specifici:

1) Lei afferma che l'avvocato esercita un "munus publicum". Noi pensiamo che l'avvocato sia e resti un professionista "privato" che concorre all'esercizio di una funzione pubblica, ma restando egli un libero professionista al servizio di un interesse privato.

2) Lei scrive: "Ricordate al Dott. Tinti che gli avvocati non sempre sono come quelli che ha conosciuto nella sua carriera, e che chi difende un colpevole che sa essere colpevole, facendolo assolvere, compie un atto censurabilissimo dal punto di vista morale, come ebbe a dire più volte Piero CALAMANDREI".

La risposta dovrebbe essere lunga e articolata. Proviamo a usare un metodo sintetico, ponendoLe un quesito. Premesso che nella maggior parte dei casi l'avvocato NON SA se il suo cliente è colpevole o innocente, perchè sa solo ciò che il suo cliente gli dice, immagini che Tizio sia l'avvocato di Caio in un processo penale e che, da bravo avvocato si accorga che il giudice è incorso in una errore procedurale che renderà nulla una certa prova assunta (per esempio, accade spesso di questi tempi con le intercettazioni telefoniche). Cosa dovrà fare secondo Lei Tizio? Secondo noi il suo preciso dovere è quello di eccepire la nullità, facendo assolvere il suo cliente, anche se colpevole. Secondo noi il contrario sarebbe infedele patrocinio.

Secondo Lei dovrebbe non eccepire la nullità?

3) Fermo restando che ci possiamo sbagliare, a noi pare che Calamandrei non abbia mai detto ciò che Lei gli attribuisce.

In definitiva, a noi pare che:

1) Bisgona distinguere radicalmente fra giustizia civile e giustizia penale.

2) A nostro modesto parere nel processo civile l'avvocato non può patrocinare cause che sa ingiuste, perchè il suo dovere è quello di ottenere al cliente ciò che è giusto e non ciò che è ingiusto in danno della controparte.

3) A nostro modesto parere nel processo penale l'imputato ha diritto a cercare di sottrarsi alla pena, a condizione che lo faccia in modi leciti.

4) Dunque, certamente l'avvocato penalista non può ottenere o cercare di ottenere al cliente un risultato processuale vantaggioso utilizzando metodi illeciti o deontologimente deplorevoli. Ma può certamente e deve utilizzare gli strumenti leciti.

Se il legislatore prevede termini di prescrizione irragionevolmente brevi, l'avvocato ben può - anche sotto il profilo deontologico e morale - fare un ricorso in appello o in Cassazione il cui unico scopo sia far passare del tempo in modo che maturi una prescrizione che giova al suo assistito.

A questo link si può leggere sul nostro blog un intervento di Bruno Tinti su "Il ruolo dell'avvocato visto dal magistrato".

Un caro saluto.

La Redazione

Anonimo ha detto...

Gentile Redazione,

Prima di tutto vorrei ringraziarVi della risposta.

Nel merito, osservo che anche le ... prostitute sono "professioniste", in senso latissimo, sebbene non abbiano azione per pretendere il pagamento dei loro "onorari" !

Non fraintendetemi, non voglio dire che quella dell'avvocato sia una professione spregevole. Anzi, è proprio perché la ritengo degna della massima lode che mi permetto di stigmatizzare la deriva che, oltre al numero, ha fatto crescere in modo esponenziale il disvalore dei nuovi professionisti.

E' poi ovvio che ogni caso è una storia a parte, e che le generalizzazioni in questo campo sono assai pericolose, ma pare opportuno ribadire almeno un concetto: se una persona va da un avvocato e gli "confessa" la propria colpevolezza in una fattispecie di rilevante gravità (omicidio, ad esempio), occorre veramente un bello stomaco per sostenere la sua innocenza, a prescindere da quanto dice lo "ius positum", perché bisogna anche fare i conti con la propria coscienza individuale, oltre che con l'astratto dato normativo.

Cordiali saluti.

P.S. - Rinvio a: "Troppi avvocati" di Piero Calamandrei, scritto nel ... 1921, di cui cito un passo:

"L'avvocato non impari al suo ufficio, deve non solo essere fornito di scienza, ma deve essere soprattutto una coscienza, che nella interpretazione del diritto sappia portare una probità, una drittura, un carattere superiore ad ogni furberia, ad ogni interesse meramente pecuniario; il diritto, infatti, non è tutto nelle formulette dei codici, ma la sua forza più pura attinge da quell'austero sentimento del giusto, che dovrebbe essere per l'avvocato inseparabile vademecum professionale. Il leguleio che con una scaltra cautela aiuta il disonesto a trionfar sull'onestà, che con un ben congegnato cavillo procedurale taglia la strada alla giustizia, sarà un compitissimo azzeccagarbugli, ma non è l'avvocato come lo concepisce chi vuol vedere in lui l'artefice degno di trattare con mani pure quella gran forza sociale che è il diritto".

Anonimo ha detto...

Io credo che, a furia di sposare pensieri altrui si finisce per non ragionare piu' con la propria testa!
vi assicuro faccio molta fatica a comprendere perche',questi benedetti principi del foro debbano essere additati come dei furfanti

La discussione, che tra l'altro e' stata affrontata in altre occasioni, mi fa ricordare un film dal titolo:"L'avvocato del Diavolo" in cui il protagonista (Kenau Reeves), un avvocato appunto, vince le cause piu' impossibili solo perche' aiutato dal padre ( Al Pacino) che e'.. il demonio in persona.

Allora se tutto questo accade anche nella realta', visto che si racconta di avvocati che fanno assolvere il proprio cliente dalla pesante accusa di omicidio ( reo confesso) vi prego fatemi conoscere questi fuoriclasse in toga.. chissa',se mi accettano come praticante, diventero' come loro!

Ma tutto questo astio nei confronti degli avvocati, non sara' invidia???

Quanto alla mia opinione sul tema in discussione rimando al link che la redazione segnala nel suo commento ( il ruolo dell'avvocato visto dal magistrato del caro Tinti)in cui ho avuto uno scambio di vedute col caro Paolo Emilio e che non riporto per non annoiarvi

Cordiali saluti

PIRATA

Anonimo ha detto...

Come in generale non invidio chi ha più soldi di me, non invidio neppure quella categoria di avvocati, o quella categoria di giudici, loro amici.

Mi limito a ribadire quanto ho già detto, e credo di aver dimostrato di non essere, né di esser stato, il solo a pensarla così.

Cordiali saluti.

Anonimo ha detto...

l'ottimo libro di bruno tinti, toghe rotte, racconta lo sfascio della giustizia italiana, e la colpa di tale sfascio è ovviamente del legislatore, che ha fatto pessime leggi. il problema è politico, appunto.