venerdì 12 dicembre 2008

L’Italia del Leviatano





di Franco Cordero



da La Repubblica
del 12 dicembre 2008



L’ammalato grave era l’Impero ottomano, poi s’ammala l’absburgico, d’un morbo letale: affondano tutt’e due; da anni versa in allarmante climaterio la Rutulia, paese piccolo, ormai quasi trascurabile (quarantesimo nella graduatoria dello sviluppo economico planetario, dopo Estonia e Thailandia), ma trascina resti d’antiche glorie.

«Stylus» (rivista chic, sognata da EdgarAllan Poe) vuol sapere cosa succede, ed ecco le notizie.

Cominciamo dal 26 gennaio 1978.

L’ambiente soffre d’una tabe organica: la pianta uomo ne produce d’assai dotati; altrove riuscirebbero benissimo; qui soccombono perché ab immemorabili ordiscono la tela consorterie parassitarie, donde micidiali selezioni negative (remote anamnesi chiamano in causa la mancata riforma religiosa e un cinico ateismo clericocratico).

Organi vitali risultano guasti: sotto maschera santimoniosa una società segreta criminal-massonica infesta servizi segreti, ministeri, banche, editoria; e quel giovedì riceve un ancora poco noto impresario edile la cui fortuna presenta aspetti bui.

I dignitari l’accolgono col solito rituale, spada e guanti bianchi.

Chiamiamolo Leviathan, nome d’un coccodrillo.

Nel dialogo del Creatore con Giobbe è una meraviglia del creato: veste squame invulnerabili, starnuta fuoco, spaventa gli angeli; impersona una potenza infraumana.

Ai caimani, formidabili nell’anima sensitiva, manca l’intellettiva: non ne hanno bisogno, tanto perfetta è la macchina biofisica coordinata alle pulsioni, né patiscono conflitti interni; il loro cervello ignora i valori (vero, buono, bello), nel cui faticoso studio l’animale fornito d’intelletto spende tanto tempo con profitto esiguo o addirittura in perdita.

Questo neofita d’una compagnia losca stava sommerso ed erompe nel mercato delle televisioni commerciali affossando i concorrenti.

L’irresistibile ascesa ricorda le mosse con cui l’alligatore avvista, punta, azzanna le prede.

Ha tre gole, come il lupo d’una favola, e stomaco senza fondo: parla, ride, canta, stordendo chi l’ascolta; nel suo lessico, «vero», «buono», «bello» significano «roba da inghiottire».

Questo meccanismo biologico gli assicura atouts determinanti nelle partite rutule, fuori delle quali i colpi gli riescono male: Satanasso teme l’acqua santa; lui sparisce dove vigano regole applicate sul serio.

Indenne da freni morali, percepisce solo bisogni e li soddisfa nella massima misura, al minimo costo: non rispetta nessuno; imbrogliai diavoli; prende Domineddio sotto gamba; se il caso lo richiede, delinque impunito, truccando i giudizi.

Definiamolo Napoleone dei lucri mediante furberia, frode, plagio. Monopolista delle televisioni commerciali, in quasi trent’anni abbassa inesorabilmente i livelli intellettuali e del gusto allevando masse in stato d’ipnosi: confondono reale e virtuale; gli credono qualunque cosa dica; perso l’uso del pensiero, chi l’avesse, ripetono formule elementari somministrate dall’organo d’una manutenzione collettiva dei cervelli; parole-esca scatenano corti circuiti emotivi, ad esempio, la paura degl’inesistenti «comunisti».

Sia chiaro: in stregoneria moderna è un capolavoro; e se lo combina nel modo più naturale, sfogando puri riflessi, mentre l’animale pensante, sensibile all’aculeo morale, dubita, esita, soffre, fatica, lungo vie tortuose quanto brevi sono le sue.

E’ una forza essere monco d’alcune costose qualità umane.

Tipico animal impoliticum: il politico capisce l’avversario, commisura gl’interessi, coglie i lati delle questioni, scova punti d’intesa, presupponendo che le regole vincolino e violarle sia atto indegno; Leviathan ascolta e vede solo l’enorme Ego.

Esce dall’utero d’un regime corrotto: caduto il quale, ne prende il posto, avendo larga riserva elettorale nel pubblico televisivo; schiera uomini dell’azienda, tutti uguali; raccoglie dei superstiti e i soliti cercatori d’ingaggio; viene anche qualche sciabola libera, male accolta perché lì dentro vale uno slogan della guerra civile spagnola («Abajo la Inteligencia», grida José MillànAstray y Terreros, generale necrofilo, in faccia al malinconico umanista Miguel de Unamuno).

Forte dell’ordigno con cui entra nelle teste, vince, perde due anni dopo, rivince, governa male, perde ancora d’una minima misura, infine rioccupai luoghi del potere, risoluto a goderselo almeno diciannove anni (ne ha settantadue); e subito si proclama immune dalla giurisdizione penale, qualunque sia l’ipotetico delitto, passato o futuro.

Nel mondo evoluto la Rutulia è l’unico paese dove potesse accadere.

Leviathan regola l’anima ai sudditi con le lanterne magiche che gli portano soldi a palate: vanta un patrimonio illo tempore stimato in ventimila milioni d’euro; ed è impossibile che questa lunga coda non s’insinui nelle decisioni governative.

Stravaganze da Nave dei Folli: i Rutuli gliele concedono; nei sei anni dei loro governi gli attuali oppositori stavano col cappello in mano davanti all’Impero.

Era prevedibile che Leviathan governasse male: non è il suo mestiere; l’arte dell’arricchirsi in frode alle norme istupidendo armenti umani ha poco da spartire con la scienza laboriosamente praticata da Cavour, Giolitti, De Gasperi.

I mangiatori del papavero via etere pensavano che, così abile nel coltivare i suoi interessi, beneficasse tutti: nossignori, diventa ancora più ricco provvedendo a se stesso; il resto va secondo le lune.

Ne sopravviene una nerissima nella notte della recessione planetaria.

Qui appare inetto in forme sbalorditive. Dapprima nega il pericolo: mandino al diavolo i beccamorti predicanti sventura; le cose vanno bene; «siete ricchi, giovani, belli» (nel suo vangelo i vecchi hanno diritto a chiome finte e dentiere scintillanti, ma sinora i soli beneficiari del favore governativo so-no scuole confessionali e gl’insegnanti di religione nella scuola statale).

Quando la res publica corre pericolo, gli statisti chiedono sforzi collettivi.

Agl’Inglesi rimasti soli contro Hitler, Winston Churchill prospetta lacrime, sudore, sangue.

Leviathan lancia un appello edonistico ai consumi: siamo sotto le feste; l’importante è spendere; «dipende da voi rimettere in moto la macchina».

Almeno avesse detto: «chi può spenda»; l’enciclica mobilita anche i poveri e gli ormai quasi tali, sono tanti.

Viene in mente Maria Antonietta, stupita che i popolani tumultuino: «non hanno pane, Maestà»; «mangino brioches».

Non è temerario supporre che s’arricchisca anche sulla recessione.

Occhiate dal parterre studiano il corpo del re, in cerca d’indizi: commette frequenti gaffes; parla, disdice, nega quel che milioni d’occhi hanno visto e orecchie udito; bofonchia contumelie («imbecilli», «miserabili», «imparino il mestiere», «vadano a casa»).

Affiorano fondi sinistri.

Ad esempio, va in provincia: i devoti se lo bevono; raccoglie suppliche; corre seminando quelli del sèguito; e quando un paralitico in carrozzella chiede aiuto, risponde beffardo; non gli basta avere una bella moglie? Suona come l’aneddoto d’un nero vangelo apocrifo.

Lo scenario clinico appare molto interessante. Nella prossima lettera a «Stylus» esporrò qualche ipotesi prognostica.


6 commenti:

Anonimo ha detto...

...maestro Cordero....ammiro (talvolta con piacevole attesa) i chiarimenti e le "schiarite" delle sue citazioni sul manuale di Procedura Penale...ed oggi, in una piovosa mattinata, anche alla Facoltà di Giurisprudenza della "Sapienza", accingendomi ad analizzare il capitolo dell'Udienza Preliminare, ho voluto distrarmi un pò con la rubrica culturale de "La Repubblica"...e l'ammirazione didattica ed accademica, s'è d'un colpo tramutata in stima...rispetto nei confronti del Suo "atroce" e "terribile" sarcasmo di questa nostra "maledetta" Repubblica...
con tutta la stima...uno studente di giurisprudenza...

Anonimo ha detto...

Sì, la prego, la prognosi!
La diagnosi è pressoché perfetta, ma purtroppo la conosciamo già...
E' la prognosi a non essere talento di tutti...

Silvia.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Non sarebbe male se il prof. Franco Cordero si ricordasse che un articolo sulla stampa quotidiana è destinato ad essere letto dagli acquirenti di Repubblica, che NON sono tutti acculturati come lo studente di giurisprudenza (la cui ammirazione è comprensibile) o come Silvia, che chiede (beata lei) la prognosi.
Io, ad esempio, sto ascoltando, mentre sono al computer, musica di Benedetto Marcello, il "Requiem", da solo.
Vi fossero altre persone all'ascolto assieme a me sceglierei qualcosa di più immediato.
Il prof. Cordero l'ho sentito intervenire in una puntata di ANNO ZERO e, francamente, non posso dire che sia un genio della comunicazione.
A che serve se lo capiscono in pochi addetti ai lavori ?

Anonimo ha detto...

Anch'io, avendo molto apprezzato la diagnosi, attendo la prognosi, sicura che non sarà da meno...

Anonimo ha detto...

magnifico, sublime scrittore, acuto e dotto commentatore...gli aggettivi per Cordero si sprecano...

Grazie per aver proposto questa splendida e divertente lettura.

Con stima e cari saluti al Dott. Lima, al Dott. Saracino, al Dott. Racheli, all'Avv. Falcetta ( vorrei leggere più spesso i suoi scritti! :-)e a tutti gli assidui lettori, fra cui il mitico Bartolo.

Irene

Anonimo ha detto...

Egregio Professore,
la sua prosa ha un ritmo mozartiano ( K466). Lei sa di poter coinvolgere. Graffiante... ma non troppo... mi auguro che le crescano ancora di più le unghie. Pensi all'Università Italiana e vedrà che le unghie le cresceranno a vista d'occhio.Con sincera stima, EN