venerdì 12 dicembre 2008

Tanto tuonò che piovve. Delle necessità della democrazia e del pericolo della sua scomparsa.






di Stefano Racheli
(Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Roma)





Provo a ricondurre il discorso nel suo alveo naturale e principale. Lo farò iniziando a citare me stesso (cosa in sé antipatica), non per motivi di merito, ma per far rimarcare un dato meramente cronologico.

Scrivevo nel dicembre del 1977: «Quale occasione migliore – in un paese travagliato da una profonda crisi economica il cui peso ricade per intero sulle classi più deboli – per screditare chi ha nella pubblica opinione la sua unica arma di difesa? Cosa può avvilire di più il prestigio della magistratura dell’insinuare che essa sia composta di ingordi e fannulloni? E che ci sarebbe di più facile dell’eliminare nella sostanza un istituzione (la magistratura) ormai ritenuta dal popolo inutile, parassitario e comunque inefficace?».

E ancora, nel maggio 1980 (polemizzando con il prof. Mancini che, sulle pagine de La Repubblica del 12.3.1980, spezzava numerose lance a favore della dipendenza del PM da parte del potere politico), affermavo: «Con ciò non su vuol certo negare che possono esistere magistrati “politicizzati” o “corrotti”. Compito della classe politica è di aiutare la magistratura a individuarli e perseguirli sì che tutti i giudici siano come l’immagino nei miei sogni: imparziali e indipendenti. Il che non solo sarebbe piaciuto a Montesquieu e a Calamandrei, ma, credo, alla stragrande maggioranza degli italiani che ne hanno le tasche piene della summa divisio tra punibili e intoccabili».

Mi sono permesso di autocitarmi solo per far risaltare cosa bolliva in pentola trent’anni or sono.

Era già allora chiaro che: a) era in corso una campagna denigratoria capace di “lavorare ai fianchi” la magistratura; b) detta campagna era finalizzata al controllo politico dell’azione penale; c) detto controllo era destinato a far sì che potesse sopravvivere e affermarsi la “summa divisio tra punibili e intoccabili”.

La magistratura ha avuto trent’anni di tempo – dicesi trenta anni ! – per elaborare e praticare l’unica strategia possibile: quella della pulizia e dell’autorevolezza.

Non averlo fatto costituisce, per chi avrebbe dovuto condurre siffatta strategia (l’A.N.M., tanto per essere chiari), una colpa storica i cui effetti ricadranno sui cittadini molto più che non sui magistrati.

Certo è che è ben singolare (vedi dichiarazioni di ieri in tv del senatore Gasparri) la tesi di chi vuole, per eliminare la “politicizzazione” della magistratura ( e cioè di chi “giudica”), mettere tutti i “giudizi” sotto il controllo della politica: vorrebbe dire che per eliminare un male occasionale e eccezionale, si istituzionalizza il male stesso.

Si dimentica, per esprimersi in termini “teorici”, che la democrazia, quale che ne sia la nozione accettata, comporta sempre il controllo sul potere.

Le lotte per la libertà sono sempre state lotte per trasformare il potere (assoluto, illuminato o dittatoriale che fosse) in potere controllato.

Una democrazia senza “controlli” è un soldato senza fucile.

Se il potere deve essere controllato, chi detiene il potere non può partecipare al controllo.

Non si tratta di opportunità politica, ma di logica della democrazia: o si comanda o si controlla.

Non è certo questa la sede per impelagarsi in discettazioni filosofiche circa la distinzione tra “opposizione reale” e “opposizione dialettica”.

Fatto è che esistono realtà (il potere e il controllo) che non possono con giochini dialettici essere ridotte a unità.

Il potere, in quanto potere democratico, è tale – e non arbitrio – perché c’è il controllo.

Il controllo è tale finché non diviene esercizio di potere politico.

Un gatto che abbaia è molto più di un cattivo gatto: è una contraddizione in termini, è un non-gatto.

Un giudice che sia dipendente dal potere politico (ovvero che si arroghi di essere un potere politico “alternativo”) è ben più di un cattivo giudice: è un non-giudice perché accentra in un unico soggetto potere e controllo.

Sarebbe ora che si imparasse a conoscere dai frutti coloro che vogliono, da anni, togliere alla Nazione fiducia nei giudici per privarla poi dei giudici stessi.

A dispetto delle sue vesti progressiste, ogni tentativo di diminuire il controllo (giudiziario, dell’opposizione, della stampa, etc) sul potere è reazionario al massimo grado, poiché costituisce una netta involuzione nel progresso della convivenza civile.

E il fatto che la magistratura associata – per miopia, per corporativismo e per quant’altro – abbia facilitato colpevolmente l’erosione dello Stato democratico, non per questo rende meno eversiva l’azione in atto.

Oggi sono a rischio tutti i meccanismi di contrappeso/controllo del potere politico: il controllo di legalità devoluto alla magistratura ordinaria, il ruolo svolto dall’opposizione parlamentare, la pluralità/libertà delle testate giornalistiche e/o audio-televisive, il ruolo (fondamentale) esercitato dalla Corte costituzionale, etc etc

Bisogna dire chiaro e forte che un conto è accogliere le istanze di forte rinnovamento della giustizia, altro conto è abbandonarsi a manovre eversive dell’assetto democratico costituzionale.

Ribadisco: assetto democratico e costituzionale, essendo del tutto ovvio che la costituzione non è un totem e, ricorrendone la necessità, può certo essere cambiata.

Ma sempre tenendo d’occhio alle esigenze di democrazia, dato che istanze antidemocratiche ben possono permeare una legge definibile come costituzione.

Un conto è, in ipotesi, dire che la bandiera nazionale è da oggi a tre bande orizzontali di colore arancione, verde e bleu; altro conto è dire che da domani, il parlamento è eletto solo dai cittadini aventi un reddito superiore ai 200.000 euro annui.

Mi si vorrà mica far credere che, nel secondo caso, la legge sarebbe democratica sol perché avete la forma di costituzione?

Se dunque il caso Salerno/Catanzaro è stato scandaloso per la democrazia, si deve tener presente che altrettanto (e forse di più) scandaloso sarebbe consentire – per uscire dal “teorico” ed entrare in una dimensione realissimissima, ancorché non recente – che “casi” come quelli che agitarono il passato sotto il nome di IRI, Italcasse, Caltagirone, ENI, etc, vengano a essere gestiti giudiziariamente dalle forze politiche chiamate in causa da quei casi.

Occorre, ancora una volta, guardarsi da chi la sta buttando in caciara.

Il problema infatti non è tanto di scegliere se debba governare la “destra” o la “sinistra” (la cosa è dal punto di vista del “sistema” del tutto secondaria): il punto è se il sistema che si profila abbia in sé i requisiti necessari perché il potere non vada fuori controllo.

Né si può dimenticare che si vive in tempi di gravi sconvolgimenti sociali e con sacche di povertà emergenti.

Occorre dunque ricordare l’insegnamento di Erich Fromm (cfr Fuga dalla Libertà), secondo cui l’uomo moderno, pur ricco di potere tecnico, è, come singolo individuo, assai più fragile dell’uomo antico.

L’uomo moderno (e, ancor di più, a mio parere, l’uomo “globalizzato”) fugge dalla libertà perché, sentendosi piccino e ininfluente, tende “a rinunziare all’indipendenza del proprio essere individuale, e a fondersi con qualcuno o qualcosa al di fuori di se stesso per acquistare la forza che manca al proprio essere”.

Dunque i rischi che oggi corre il “sistema democratico” sono non poco ampliati dalla stato psicologico che pervade i cittadini troppo spesso deprivati di ogni capacità di reazione.

Quali i rischi? Tanti e gravi.

Quali i rimedi? Pochi e sicuri.

Non tenterò di descriverli con parole mie, temendo di dire troppo o troppo poco, il che, in siffatto genere di argomenti, è cosa da evitare.

Userò dunque parole di altri, le quali, per il fatto di venire da tempi lontani, non possono certo essere sospettate di pregiudizievoli simpatie o antipatie verso personaggi che calcano oggi la scena politica.

«Vi sono alcuni che hanno osato affermare che (...) non si deve temere di dare tutto il potere alla maggioranza. Ma questo è un linguaggio da schiavi.

Cos’è infatti una maggioranza presa collettivamente se non un individuo che ha opinioni e più spesso interessi contrari a quelli di un altro individuo che si chiama minoranza?

Ora se ammettete che un uomo, investito di un potere assoluto, può abusarne contro i suoi avversari, perché non ammettere la stessa cosa per una maggioranza?

Gli uomini, riunendosi, hanno forse cambiato carattere? (…) Per parte mia, non posso crederlo; e un potere onnipotente, che io rifiuto a uno solo dei miei simili, non l’accorderei mai a parecchi.

(…) Ritengo che sia più facile stabilire un governo assoluto e dispotico in mezzo a un popolo che ha raggiunto l’uguaglianza che in mezzo ad un altro e penso che, se mai un simile governo si stabilisse in un popolo del genere, non solo opprimerebbe gli uomini, ma alla lunga porterebbe loro via parecchi dei principali attributi dell’umanità (…).

E’ insieme necessario e auspicabile che il potere centrale che governa un popolo democratico sia attivo e potente. Non si tratta affatto di renderlo debole o indolente, ma soltanto di impedirgli di abusare della sua attività e della sua forza.

(…) In tempi di eguaglianza l’individuo è naturalmente isolato; non ha amici ereditari dai quali possa pretendere soccorso, né una classe sulle cui simpatie possa con sicurezza contare; lo si può impunemente separare dagli altri e impunemente calpestare. Oggi un cittadino oppresso non ha dunque che un solo modo di difendersi: rivolgersi alla nazione intera; e, se questa è sorda, al genere umano; ha un solo mezzo per farlo, la stampa. Così la libertà di stampa è infinitamente più preziosa nelle nazioni democratiche che non nelle altre.

(…) Dirò qualcosa di analogo del potere giudiziario (…): i diritti e gli interessi dei privati saranno sempre in pericolo se il potere giudiziario non cresce e non si estende nella stessa proporzione in cui le condizioni si livellano.

(…) Perciò, proprio in queste epoche democratiche in cui viviamo, i veri amici della libertà e della dignità umana debbono cercare continuamente di stare all’erta»
.

Così andava scrivendo nella prima metà del XIX secolo il genio profetico di Alexis de Tocqueville.

Meditate, gente, meditate …




13 commenti:

Anonimo ha detto...

Il fatto che si cominci a fare autocritica all'interno della magistratura, per quello che si sarebbe dovuto fare in 30 anni e non si è fatto,è già un buon segno. Tuttavia ritengo che ora non ci sia più tempo da perdere e che invece di continuare a "discutere a Roma mentre Segunto viene espugnata" sia più oportuno che da parte dei molti magistrati onesti e fedeli alla Costituzione della Repubblica, si cominci a mette in campo qualche azione concreta, come ad esempio abbandonare le varie "correnti" e formarne una nuova e PULITA con la quale poter ripulire, a sua volta gli organismi istituzionali di autogoverno come il CSM, ormai delegittimato non tanto dalla presenza di politici puzzolenti, ma soprattutto da magistrati accondiscendenti. La pulizia delle "Procure verminaio" sarebbe a questo punto solo una semplice conseguenza. Allora si che si potrebbe far pulizia nella politica!

Anonimo ha detto...

Che dire? Ineccepibile. Sintetico, completo.

Triste, demoralizzante. Non per le parole sviscerate (coerenti, corrette) ma per i destinatari: adatti, numerosi, inutili.
Noi ci sgoliamo su questo blog e altrove per diffondere il virus della conoscenza (dei fatti) e del libero pensiero. Qualcuno di noi intraprende attività anche direttamente più utili.
E poi?
E poi incrociamo sulla nostra strada ogni giorno qualcuno, tanti, troppi che non capiscono, o non vogliono. Che si sentono più sicuri e protetti a fare gli achiavi e preferiscono così, piuttosto che tirarsi su le maniche... meglio la sicurezza che la libertà. Non nelle azioni (che quelle sono poche anche da parte nostra, pervadono magari il quotidiano ma non si spingono spesso più in là, in senso ampio, verso il Paese), ma proprio nelle convinzioni, nei principi, nei concetti fondanti di una vita, la loro.

A queste condizioni non possiamo che rassegnarci ad assistere al declino della democrazia, come Atlantide, meravigliosa civiltà destinata all'estinzione. Con la differenza che noi l'abbiamo vista e sognata, ma non siamo nemmeno riusciti a viverci dentro, finché è durata.

Parli con qualcuno di questi, cerchi di spiegarti, di spiegare... metti di fronte il concetto (accettato) della troppa politicizzazione della Magistratura, e dici che se sono convinti di questo (dell'aggettivo "troppo") ovviamente saranno d'accordo col risolverlo togliendo la politicizzazione. E loro dicono sì, è giusto.
Quindi, spieghi, porre la Magistratura sotto il controllo dell'esecutivo va proprio nella direzione opposta... ma no, anzi! Il governo (è talmente probo che) controllerebbe che i magistrati non si facciano controllare. Li terrebbe d'occhio, capite? Perché ad oggi è dimostrato che da soli non lo sanno fare (bambini!), per cui ci vuole un governo (un papà) che li controlli e dica loro quando lo ritiene oppurtuno "no, no, no, no! Attenti, non si fa così: vi state comportando male! Su, venite qui che vi insegno io come si fa: non dovete essere politicizzati, dovete fare così, guardate...".

Che gli rispondi? Come fai a spiegare che due più due fa quattro a qualcuno che è cresciuto e ha passato tutta la vita nella convinzione che faccia cinque? Potrebbe mai rinnegare tutti i suoi maestri, insegnanti, educatori, genitori?

Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire, e di questi è fatto il nostro popolo, volenti o nolenti.

Silvia.

Anonimo ha detto...

"Un giudice che sia dipendente dal potere politico (ovvero che si arroghi di essere un potere politico “alternativo”) è ben più di un cattivo giudice: è un non-giudice perché accentra in un unico soggetto potere e controllo".

Messa così, l'alternativa sembra essere soltanto quella tra una magistratura soggetta indirettamente alle pressioni politiche, come ieri e come oggi, o direttamente, come si prevede per il futuro.

Tanto varrebbe, allora, che le cose rimanessero così.

Triste, ancorché implicita, conclusione, alla quale non vorrei che i lettori giungessero.

A ben vedere, però, se si avesse maggior riguardo a dove, come e quando i magistrati sono reclutati e selezionati, oltre a come sono disciplinati, si risolverebbero moltissimi problemi.

In generale, questo sistema "bizantino" di amministrazione della giustizia, più africano-mediorientale che europeo, non può e non deve esistere in un paese occidentale, ed è bene che tutti i nodi vengano, finalmente, al pettine.

salvatore d'urso ha detto...

Nove ordini di arresto e otto sequestri. Attacco alla mafia in Sicilia

http://www.articolo21.info/7793/notizia/nove-ordini-di-arresto-e-otto-sequestri-attacco.html

Anonimo ha detto...

Due notizie!!!
Una cattiva e una non notizia. Cominciamo con quella cattiva: l'onorevole Laboccetta vilipeso dai magistrati salernitani perché citato nell'ormai famoso decreto di sequestro atti giudiziari, sferza i mille colleghi parlamentari affinché si ribellino ai soprusi di un vincitore di concorso pubblico; e per questo, inoltre, scrive formalmente al presidente della Camera. Fin qui tutto normale, la cosa terrificante è che ha annunciato di voler chiedere anche l'intervento del Presidente del Senato!
La non notizia invece è data dal Quotidiano della Calabria: il Pubblico ministero De Tommasi sentito come teste dai magistrati di Salerno sul ruolo da lui avuto quale magistrato procedente nell'inchiesta Why Not, ha dichiarato che è stato assegnato in quell'inchiesta dal dottor Murone, il quale pretendeva essere aggiornato di tutto ciò che avveniva nelle riunioni tra assegnatari della stessa inchiesta di cui il dottor Murone non faceva parte.

Anonimo ha detto...

Sono le 16.40, mentre leggo questo blog, suonano al citofono. E' il corriere che mi chiede di salire per consegnare un pacco.

So perfettamente che si tratta del libro "COLLETTI SPORCHI" di Ferruccio Pinotti e Luca Tescaroli.

Dopo la consegna,sfascio un po' freneticamente il pacco e controllo il titolo sulla copertinà, la mia attenzione è attratta dal sottotitolo:
"Finanzieri collusi, giudici corrotti, imprenditori e politici a libro paga dei boss. L'invisibile anello di congiunzione tra Stato e mafie. Viaggio nella borghesia criminale guidati da un magistrato sempre in prima linea".

Volto il libro e scorro la presentazione nella quarta di copertina; rimango colpito da una frase: "Il quadro che ne emerge è inquietante: è nella zona grigia il vero terreno della lotta per la legalità".

in questa zona grigia si colloca il white collar crime che è un reato inafferrabile, eppure molto pericoloso per la democrazia perchè corrompe il tessuto dei nostri rapporti socilali, dell'economia, del lavoro.

Molto è stato detto, moltissimo è stato scritto; tantisimi anzi troppi hanno sacrificato la loro vita. Ma poco o nulla è stato fatto!

Anzi, oggi, propositi nefasti sono impunemente annunciati per "commemorare" significativamente il 60° anniversario della promulgazione della nostra Costituzione.

AMEN

Stefano
Genova

La Redazione ha detto...

In risposta ad anonimo delle 16,50.

Solo per una corretta informazione segnalo che la legge attribuisce al Procuratore della Repubblica il potere di impartire direttive sulle indagini che assegna al sotituto (eventualmente anche in pool).
Nel caso di specie si tratta di un Procuratore aggiunto che probabilente svolgeva vicariamente le funzioni di Procuratore della Repubbica.

Nicola Saracino

La Redazione ha detto...

Un commento personale all'anonimo delle 11,09.

Lei in che cosa ravvisa l'"autocritica" interna della magistratura?
Non certo nell'ultimo comunicato dell'ANM, spero.
In esso l'ANM non critica sé stessa (cioè è la principale artefice delle sorti della magistratura), ma alcuni magistrati - oggi altro da sé ma fino a poche settimane fa tanto vicini da essere mandati a dirigere uffici delicati - accreditando l'idea (fallace) della rissa tra procure.
Poi si schiera "con la maggioranza dei magistrati che fanno il loro dovere ...".
Eppure questa frase l'abbiamo già sentita pronunciare da altri molte volte; oggi mi preoccupa leggerla in un comunicato dell'ANM.

Nicola Saracino

Arianna ha detto...

Sono l'anonima delle 11.09 (anonima solo per praticità tecnica per l'invio del commento).
Il mio riferimento all'autocritica si riferiva alla parte iniziale del post. Il mio commento scaturisce dalle considerazioni che ho tratto dalla lettura del provvedimento della Procura di Salerno nei confronti di alcuni magistrati della Procura di Catanzaro. Il cittadino nel leggere tali documenti si rende conto benissimo che il problema attraversa i vari "livelli" della Magistratura fino al CSM che ha adottato i provvedimenti che conosciamo nei confronti di quei giudici che hanno fatto solo il loro lavoro. E' in questo che l'ANM non svolge il suo ruolo come dovrebbe perchè, purtroppo, schierata anch'essa nella difesa di posizioni politiche particolari.
E' in questo senso che va inteso il mio intervento di questa mattina.
Comunque è un vero piacere per me venire in questo blog e leggere la vostra informazione. Continuate con grande passione, per noi cittadini coerenti è molto importante.
Grazie
Arianna

Anonimo ha detto...

Gentile dottore Saracino,
la ringrazio per la precisazione rispetto alle competenze del Procuratore aggiunto. In questo caso, la notizia letta sul Quotidiano riferiva che il dottore Murone per mezzo di una telefonata al dottor De Tommasi chiedeva a quest'ultimo cosa si fosse discusso nella riunione tecnica avvenuta la sera precedente ta i coassegnatari dell'inchiesta Why-Not. Ed alle ritrosie di quest'ultimo a rispondergli pare che lo abbia rimbrottato con le seguenti affermazioni: "senti ma perché credi che ti abbia messo lì; perché sei..."
Ecco, sempre per correttezza dell'informazione, vuole essere così gentile da commentare tecnicamente questa frase?
Grazie

La Redazione ha detto...

Per anonimo delle 10.51.

Quella frase non richiede un commento tecnico; andrà intepretata come fatto storico nel contesto di tutti gli altri elementi d'indagine.

E' il "merito" della questione: possiamo solo auspicare che a deciderlo sia il giudice naturale precostituito per legge, senza che egli sia esposto ad interferenze esterne, né dal Ministro, né dal Csm né da altri ....

Nicola Saracino

Anonimo ha detto...

Grazie dottore Saracino!
Sempre il Quotidiano della Calabria, oggi, ha riportato quest'altra notizia: da intercettazioni telefoniche tra l'allora presidente della Calabria nonché alto magistrato in aspettativa Chiaravalloti ed il giudice Patrizia Serena Psquin, si apprende che il Chiaravalloti sensibilizzava alla Pasquin l'esito favorevole della causa che lei stava trattando e che riguardava parenti del Procuratore capo di Pisa, Jannelli, ed attuale protagonista della resistenza illegittima armata ad un'indagine legittima contro di lui posta in essere dai magistrati della Procura di Salerno. Pare che quella causa abbia avuto esito favorevole al parente del Jannelli, per come raccomandato dal Chiaravalloti(quello che voleva delegare alla camorra il recupero degli indennizzi che de Magistris avrebbe dovuto pagargli). Ancora, lascia esterrefatti la circostanza come denunciato, dal dottore de Magistris, che una sua riservata al Procuratore capo, di aver riscontrato contatti tra il magistrato della Procura nazionale antimafia, Alberto Cisterna, con alcuni indagati della sua inchiesta, questa notizia sia venuta a conoscenza degli ispettori del ministero della giustizia. Se si considera che la Procura nazionale, opera a stretto contatto con il ministero degli interni ove il viceministro a quell'epoca era l'onorevole Minniti, anch'egli attenzionato nella stessa indagine, il quale aveva indicato in precedenza proprio quel Sostituto procuratore a dirigere una ramificazione dello stesso ministero; ed anche con quello della Giustizia cui sono sottoposti gli ispettori, tanto basta per capire dove si è imbattuto quel povero cristo di de Magistris. Alla quale persona io, da calabrese, non smetterò mai, per il resto della mia vita, di essergli grato.

"Uguale per tutti" ha detto...

Per Anonimo delle 11.09 del 12 dicembre.

Gentile amico,

stia pur certo che da tempo abbiamo abbandonato le “correnti”.

Abbiamo anche, a suo tempo, provato a fondarne una nuova e “pulita” (per usare le sue parole), ma non ha funzionato.

Si chiamava “Proposta ‘88” e fu fondata in occasione del “caso Falcone/Meli” (sempre casi, è un destino!).

Ci siamo interrogati sul perché del non-funzionamento e siamo giunti alla conclusione che – così come accade nel “sistema” generale – il meccanismo che si accompagna alla conquista del consenso diviene ben presto perverso se nel sistema non vive anche chi opera politicamente al di fuori della ricerca sistematica e organizzata del consenso.

E’ per questo che è nato questo blog: per avere un luogo di dibattito e di critica non ispirato solo da una logica elettorale (o elettoralistica).

L’altro passo da compiere è quella di operare perché il partito (nel caso della magistratura, la "corrente") non si riduca al suo “apparato”, nel mentre i simpatizzanti/aderenti vengono ridotti al ruolo di meri portatori d’acqua.

Le “correnti” come i partiti sono necessarie nel preciso senso che occorre sempre qualcuno che ricerchi e convogli il consenso.

Ma a certe condizioni.

La prima è che ci sia anche chi assolve a un ruolo diverso (un ruolo, per la precisione, di critica spassionata senza se e senza ma); la seconda è che l’apparato non prenda il sopravvento assoluto e dunque veda messo in discussione il suo potere di candidatura (il quale oggi, per i partiti, è assoluto e incondizionato).

La Redazione