giovedì 11 dicembre 2008

Via di qui. Cattivi magistrati e cattivi giornalisti.


Riportiamo dal blog di Carlo Vulpio (del quale abbiamo parlato a questo link) un articolo che consideriamo coraggioso e importante. Ancora una volta Carlo Vulpio dà - a chi ne abbia il coraggio e la buona volontà – occasione e informazioni per riflettere su ciò che di molto grave sta accadendo al nostro Paese.
Un grazie di cuore a Carlo per il suo coraggio e la sua determinazione.
Il libro “Roba Nostra” è una chiave di lettura documentata e preziosa delle vicende calabresi e non solo.




di Carlo Vulpio
(Giornalista)



da www.carlovulpio.it


Avevo fatto una battuta. Avevo detto: i giornalisti, a differenza dei magistrati, non possono essere trasferiti.

Avrei fatto meglio a stare zitto. Da lì a poco sarei stato “trasferito” anch’io.

E’ stato la sera del 3 dicembre, dopo che sul mio giornale era uscito un mio servizio da Catanzaro sulle perquisizioni e i sequestri ordinati dalla procura di Salerno nei confronti di otto magistrati calabresi e di altri politici e imprenditori.

Come sempre, non solo durante questa inchiesta, ma perché questo è il mio modo di lavorare, avevo “fatto i nomi”.

E cioè, non avevo omesso di scrivere i nomi di chi compariva negli atti giudiziari (il decreto di perquisizione dei magistrati di Salerno, che trovate su questo blog in versione integrale) non più coperti da segreto istruttorio.

Tutto qui. Nomi noti, per lo più. Accompagnati però da qualche “new entry”: per esempio, Nicola Mancino, vicepresidente del Csm, Mario Delli Priscoli, procuratore generale della Corte di Cassazione, Simone Luerti, presidente dell’Associazione nazionale magistrati.

Con una telefonata, il giorno stesso dell’uscita del mio articolo, la sera del 3 dicembre appunto, invece di sostenermi nel continuare a lavorare sul “caso Catanzaro” (non chiamiamolo più “caso de Magistris”, per favore, altrimenti sembra che il problema sia l’ex pm calabrese e non ciò che stanno combinando a lui, a noi, alla giustizia e alla società italiana), invece di farmi continuare a lavorare – dicevo –, come sarebbe stato giusto e naturale, sono stato sollevato dall’incarico.

Esonerato. Rimosso. Congedato. Trasferito.

Con una telefonata, il mio direttore, Paolo Mieli, ha dichiarato concluso il mio viaggio fra Catanzaro e Salerno, Potenza e San Marino, Roma e Lamezia Terme.

Un viaggio cominciato il 27 febbraio 2007, quando scoppiò “Toghe Lucane” (la terza inchiesta di de Magistris, con “Poseidone” e “Why Not”). Un viaggio che mi fece subito capire che da quel momento in poi nulla sarebbe stato più come prima all’interno della magistratura e in Italia.

Tanto è vero che successivamente ho avvertito la necessità di scrivere un libro (“Roba Nostra”, Il Saggiatore), che, dicevo mentre lo consegnavo alle stampe, “è un libro al futuro”.

Una battuta anche questa, certo, perché come si fa a prevedere il futuro? In un libro, poi, che si occupa di incroci pericolosi tra politica, giustizia e affari sporchi …

Ma si vede che negli ultimi tempi le battute mi riescono piuttosto bene, visto che anche questa, come quella sul “trasferimento” dei giornalisti, si è avverata.

Avevo detto – e lo racconto in “Roba Nostra” – che in Basilicata l’anno scorso è stato avviato un esperimento, che, se nessuno fosse intervenuto, sarebbe stato riprodotto da qualche altra parte in maniera più ampia e più disastrosa.

E’ accaduto che mentre la procura di Catanzaro (c’era ancora de Magistris) stava indagando su un bel numero di magistrati lucani, di Potenza e di Matera, la procura di Matera (gli indagati) si è messa a indagare sugli indagatori (de Magistris).

Come? Surrettiziamente.

E cioè? Si è inventato il reato di “associazione a delinquere finalizzato alla diffamazione a mezzo stampa” e ha messo sotto controllo i telefoni di cinque giornalisti (me compreso) e un ufficiale dei carabinieri (quello delegato da de Magistris per le indagini sui magistrati lucani).

Così facendo, i magistrati indagati hanno potuto conoscere cosa si dicevano gli indagatori (de Magistris e l’ufficiale delegato a indagare).

Avvertivo: guardate che così va a finire male.

Chiedevo: caro Csm, caro Capo dello Stato, intervenite subito.

Niente. Nemmeno una parola, un singulto, un cenno.

Nemmeno quando era chiaro a tutti che quei magistrati lucani, al di là di ogni altra considerazione, vedevano ormai compromessa la loro terzietà.

Un magistrato - si dice sempre, e a ragione -, come la moglie di Cesare, deve non soltanto “essere”, ma anche “apparire” imparziale, terzo, non sospettabile di alcunché.

Per i magistrati lucani, invece, non è così.

Nonostante siano parti in causa, essi continuano a indagare sugli indagatori, chiedono e ottengono proroghe di indagini (siamo alla quarta) perché, dicono, il reato che si sono inventati, l’associazione a delinquere finalizzata alla diffamazione a mezzo stampa, è complicatissimo.

E rimangono al proprio posto nonostante le associazioni regionali degli avvocati ne chiedano il trasferimento, per consentire un funzionamento appena credibile della giustizia.

Niente. Si è lasciato incancrenire il problema ed ecco replicato l’esperimento a Catanzaro.

La “guerra” fra procure non è altro che la riproduzione di quel corto circuito messo in atto da indagati che indagano sui loro indagatori, affinché, rovesciato il tavolo e saltate per aria le carte, non si sappia più chi ha torto e chi ha ragione perché, appunto, “c’è la guerra”.

E dopo la “guerra”, ecco la “tregua” o, se preferite, “l’armistizio” (così, banalmente ma non meno consapevolmente, tutti i giornali, salvo rarissime eccezioni di singoli commentatori).

Guerra e tregua. E’ questo il titolo dell’ultima, penosa sceneggiata italiana su una vicenda, scrivo in “Roba Nostra”, che è la “nuova Tangentopoli” italiana.

Quando, sei mesi fa, è uscito il libro, qualcuno mi ha chiesto se non esagerassi.

Adesso, l’ex presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, dichiara: “Ciò che sta accadendo oggi è peggio di Tangentopoli”.

E Primo Greganti, uno che se ne intende, ammette anche lui, che “sì, oggi è peggio di Tangentopoli”.

Infine, una curiosità, o una coincidenza, o un suggerimento per una puntata al gioco del Lotto, fate voi.

Mi hanno rimosso dal servizio che stavo seguendo a Catanzaro il 3 dicembre 2008.

Esattamente un anno prima, il 3 dicembre 2007, Letizia Vacca, membro del Csm, anticipava “urbi et orbi” la decisione che poi il Csm avrebbe preso su Clementina Forleo e Luigi de Magistris.
“Sono due cattivi magistrati, due figure negative”, disse la Vacca.

E Forleo e de Magistris sono stati trasferiti.

Per me, più modestamente, è bastata una telefonata. Ma diceva più o meno la stessa cosa.

Diceva che sono un cattivo giornalista.



8 commenti:

Gennaro Giugliano ha detto...

Grazie Carlo per la tua trasparenza circa l'informazione sul tema in essere.Una volta le persone "scomomde" le si eliminavano con gli esplosivi ( vedi Falcone Borsellino) da qualche anno questo scellerato paese si è "evoluto" e per disfarsi delle persone che danno "fastidio" basta la parte burocratica,una virgola fuori posto,un qualsiasi cavillo su una documentazione, e ualà tutto si risolve senza spargimenti di sangue,sto facendo caso che più o meno tutte le persone che a vario titolo stavano lavorando sulle inchieste di De Magistris li stanno allontanando in una maniera che come minimo è da definirsi vergognosa...... La mia stima e solidarietà per la tua persona e lavoro

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Giro giro tondo, casca il mondo, casca la terra; tutti giù per terra.
Perdonatemi, ma non vi sono parole per esprimere la mia tristezza.

Anonimo ha detto...

Illustre Dottore
E' il sistema perverso nel quale ci ritroviamo.
Ha ragione :non è il caso De Magistris. E' un sistema.
In questo sistema non ha importanza guardare alla liceità dei comportamenti ma solo all'opportunità per qualcuno o per qualcosa (rafforzare un partito a danno di un altro?).
Mi dispiace dover costatare quanto il sistema Giustizia sia decaduto a livelli che, suppongo, neanche durante il fascismo sono stati così bassi. Pur non condividendo pensieri ideologici di destra devo convenire che "un tempo" le cose erano diverse. Non s'inventavano i reati, nè gli istituti giuridici: vi provvedeva una norma, condivisibile o meno. Mi dispiace che Lei quale giornalista paghi lo scotto di questo sistema, ma è in buona compagnia. Ormai tutti in un modo o nell'altro ne sono vittima, a volte gli stessi carnefici. Quindi a livello generale non si sente neanche più il peso. Resta il costo individuale, dovuto soprattutto al peso di situazioni concrete, trasferimenti, sospetti, perdita di entrate economiche, disagi psicologici.
Dove andremo a finire? non è dato saperlo.
In ogni caso il sistema giustizia allo sfascio non deve permettere la creazione di una giustizia sotto il controllo politico. Nello stesso tempo i magistrati, a qualsiasi incarico applicati, facciano un bagno di umiltà per riconquistare la capacità di assolvere all'alto compito a loro devoluto evitando di compiere atti che ormai sono diventati pressochè quotidiani in quanto a devianze, storture e nullità.
Mathilda

Anonimo ha detto...

Quest'estate, ho ascoltato un magistrato, dell'anti-'ndrangheta, di Reggio Calabria "gridare" pubblicamente, con un microfono in mano, che la 'ndrangheta era stata messa in ginocchio grazie al loro duro lavoro requirente e che quindi era arrivato il momento di cominciare a indagare i colletti bianchi. Mentre giornalmente il direttore di un quotidiano calabrese, mi pare si chiami Pollipieni (citato erroneamente nel decreto dei magistrati salernitani), diffonde notizie circa la pericolosità della stessa 'ndrangheta al punto che ha raggiunto il primato mondiale tra le organizzazioni criminali. Che dire!?!? Sono certo che la mafia, a differenza del diavolo, ha saputo fare pentole e coperchi! Infatti, mentre i mafiosi stanno in magistratura, parlamento, governo, servizi segreti, esercito e forze di polizia; un esercito di paralitici-disadattati-cialtroni sono stipati nelle carceri italiane.
b
p.s.
Oramai non si contano più i magistrati alle dipendenze dei colletti bianchi.

Vincenzo Scavello ha detto...

Carissimo Carlo,

scusa il tono confidenziale, ma ti considero, appunto, un "confidente" da quando ho seguito le tue cronache sulle inchieste del Dott. Luigi De Magistris.

Mi aveva stupito, davvero, che il quotidiano più "blasonato" d'Italia potesse ospitare le tue cronache "senza veli", per difendere un PM che è stato accerchiato da tutte le posizioni di "Vertice" dei vari ambiti Istituzionali del nostro Paese.
Per questo compravo sempre il Corriere ed ora non più, pur "sospettando" che il tuo Direttore abbia ricevuto più di una telefonata per ordinare il tuo silenzio. Sarebbe ancora più preoccupante un'iniziativa autonoma del Direttore, perchè vorrebbe dire che il Corriere ha cambiato o corretto la sua linea editoriale, allontanandosi dalla gente per bene che pur esiste nella nostra martoriata Italia.

Ci hanno tolto il diritto di voto, costringendoci a votare i Parlamentari da loro nominati; ci tolgono le voci libere che commentano sulla carta stampata e nelle televisioni; ci tolgono il lavoro e immolano milioni di lavoratori dull'altare del liberismo e del "mercato"; hanno saccheggiato per decenni e continuano a farlo le risorse del nostro paese riempiendo i caveau delle Banche nei paradisi fiscali; uccidono o trasferiscono Magistrati che non si piegano a disegni perversi.

Come poteva, altrimenti, il nostro Paese ridursi nello stato in cui siamo ridotti?

Ma non è ancora la fine! Si affrettassero a ridurre nella disperazione più totale quella parte di popolo che sopravvive con dignità. Facessero in fretta!

Allora spariranno anche i cortei di protesta colorati e festanti. Sparirà la protesta che si fregia dei sorrisi gioiosi dei giovani, per lasciare il passo alla disperazione e alla rabbia.

Se si continua con questa velocità a uccidere la VERITA', a torturare qualsiasi anelito di LEGALITA' e GIUSTIZIA, ad alimentare incertezze ... accadrà, quello che nessuno oggi osa immaginare.

ACCADRA'!

Un popolo ridotto in miseria non vive di "ottimismo".

Peccato che nessuna delle "teste" pensanti - dei tanti acrobati del possibile - non se ne sia ancora accorta. Peccato!

Un abbraccio

Anonimo ha detto...

Sono venuta a conoscenza della sospensione di Carlo Vulpio il 9 dicembre scorso e la stessa sera, intorno alle 21,00, dopo aver letto l’ennesimo articolo dal corriere on line sulla “guerra tra procure” e invogliata dalla possibilità di “dire la tua” , ho formulato la mia: Che fine ha fatto Vulpio?
Premesso che i commenti già pubblicati erano parecchi, e anche piuttosto “carichi” (al fine di garantire apparentemente la libertà di opinione) non ho avuto remore, né ripensamenti sul mio testo:
“ Da ormai 2 anni leggo pezzi sul “caso de Magistris” a firma Carlo Vulpio. Non questa volta, …e si nota la differenza. Spero sia solo un caso”.
Il mio commento non è stato pubblicato, né la sera, né il mattino seguente a dispetto di commenti aggiunti successivamente. Che dire!!!!
Sarà per la noticina in fase di registrazione (…sarà pubblicato previa autorizzazione della redazione), sarà per la non pertinenza con la “guerra tra procure”, sarà perché in Italia l’informazione è solo un’illusione, e altrettanto la libertà di opinione; sarà perché fino a quando si useranno toni forti, linguaggi coloriti sempre e solo contro tutti e contro nessuno, fino a quando non si tocca il filo scoperto, allora la libertà di opinione è tale, in questo caso è bene “ignorare” e non dare spiegazioni.
Quanto a Santoro, io mi auguro che la settimana prossima, Carlo sia messo in condizione di parlare e non che altri lo siano a parlare di Carlo. E’ ben diverso, e ancora una volta si avrà la riprova, o la smentita, che ormai nulla è come è, ma tutto è come sembra.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Io ho firmato l'appello pro Carlo Vulpio e l'ho inserito nel mio blog.
Indecente il comportamento del direttore del Corriere della Sera.
Vale la pena di perdere il rispetto dei lettori, se non di sè stesso (ma ne dubito), e appecoronarsi alla volontà del Potere per conservare con ludibrio un posto di lavoro da parte di chi se smettesse adesso avrebbe di sicuro di che campare per tutta la vita che gli rimane ?

Anonimo ha detto...

Adesso la domanda che sorge spontanea e' : Vulpio sara' esonerato pure da scrivere della indagine di Woodcock, che gli spetterebbe come inviato speciale del Corsera?

Se si, il problema sono i comitati d'affari nelle isole felici o e' il cattivo giornalista che non se ne fa passare una, ed anzi coglie nel segno fiutando l'aria dove tutto sembra (SEMBRA) piu' tranquillo?

Da qualche giorno Vulpio e' anche una petizione on line, che rispecchia bene il senso della frase scelta dalla Redazione per introdurre il blog.

Diamoci tutti da fare e soprattutto stiamo a vedere cosa accade.

(per esempio, se la Camera dara' l'autorizzazione a procedere all'arresto del deputato lucano sospettato di prendere tangenti per il petrolio, marito di un funzionario di polizia, una delle indagate per associazione a delinquere in Toghe Lucane, divenuta celebre per le intercettazioni dove definisce delicatamente le sue colleghe salernitane che indagano sul caso Claps "due sbarbine"....).

Scommettiamo che l'autorizzazione sara' negata?