giovedì 25 dicembre 2008

Riflettendo per Natale (prima parte)




di Stefano Racheli
(Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Roma)





Cari amici del blog,

noi non ci conosciamo eppure ciò che ci unisce è talora più forte di ciò che accomuna tante persone che si frequentano abitualmente: ci lega infatti una forte passione civile (che, per fortuna, anima anche molti altri che ignorano o comunque non frequentano il nostro blog) la quale continuamente ci sprona, ci interroga, ci anima.

Ho così pensato di inviare a tutti alcuni pensieri che possano portare un qualche contributo ad una meditazione personale sulla giustizia e sulla politica.

E’, per dir così, la mia “lettera di Natale” (definirlo un regalo, mi sembrerebbe in verità eccessivo se non addirittura presuntuoso).

Credo infatti che il Natale, se non vuol essere ridotto al trionfo della paccottiglia, debba essere comunque un momento di meditazione forte: per i credenti essa avrà ad oggetto il Signore che viene; per i laici i tempi che vengono e i compiti che ci attendono. Per gli uni e per gli altri un tempo prezioso di meditazione sulla realtà e di rivisitazione delle proprie idee.

Credo doveroso rimarcare in premessa che (come sarà più chiaro nel seguito del discorso) le argomentazioni che seguono in nessun modo intendono adempiere alla funzione di grillo parlante o di maître à penser: sono solo una delle possibili forme, tra le tante, che può assumere l’impegno politico.

Nessuno è perfetto – tanto meno chi scrive – e dunque bisogna capire che le critiche non sono affatto un presupponente ergersi sugli altri, ma un contributo al corretto funzionamento del sistema democratico, nel quale il “controllo” non assume solo forme istituzionali (magistratura, opposizione parlamentare, etc.), ma anche (ancor di più?) le forme di una pubblica opinione informata e non manipolata.

Dopo questa lunga premessa, vengo al punto, anzi ai punti.

Sempre più spesso vedo qua e là accendersi barlumi di disperazione: a che serve questo nostro parlare? Come possiamo illuderci di cambiare totalmente il sistema?

Rispondo subito che, come diceva Kafka (mi sembra nel “Cacciator Gracco”): “la guarigione è una malattia che si cura a letto”.

Chiunque si illude di poter stravolgere la natura “malata”/“ambigua” delle umane cose, puntando a una piena reintegrazione tutta buona e santa, è destinato a finire male: ha, per l’appunto, una malattia che va curata a letto.

Egli è destinato, sul piano personale, a finire come il dott. Jekil, perché è quella la fine di chi, per dirla con Jung, non integra la sua “ombra”; sul piano politico poi, non potendo che coltivare il “messianesimo politico” o si sfiancherà in attesa del mondo nuovo o seminerà lutti e dolori al fine di costruire il nuovo Eldorado.

Credo più saggio battere un’altra strada: quella, per la precisione, che pensa occorra puntare a un mondo vivibile e – così come accade per le persone il cui impegno etico, restringendo gli spazi ai loro “vizi”, le rende frequentabili – occorra impegnarsi politicamente, poiché questo impegno, restringendo gli spazi all’“ombra” della società, faccia sì che il mondo non sia né perfetto né diabolico, ma, per l’appunto, vivibile.

Dunque nessuna disperazione per quel che capita nel 2008, perché i nostri padri, nel 1938, non è che se la spassassero bellamente e neppure i nostri trisavoli dovevano vivere una vita dorata se è vero, come è vero, che nel 1838 il nostro Gioacchino Belli andava scrivendo:

C’era una volta un re che dal palazzo
manno’ fora a li popoli ‘n’editto:
io so’ io e voi nun sete un cazzo,
sori vassalli buggiaroni e zitto.


Nulla di nuovo sotto il sole: sempre la solita fatica di fare da contrappeso al potere che vuole mandare ai vassalli i suoi editti.

La democrazia non è una stagione necessaria e duratura: può anche non arrivare e può addirittura dissolversi dopo breve tempo.

Non dunque miracoli, ma impegno quotidiano tenace e apparentemente minimale per restringere gli spazi all’ombra.

Già, ma, concretamente, cosa fare?

Vorrei partire dall’art. 49 della nostra Costituzione, il quale recita: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.

Ho l’impressione che questo articolo tradisca una sopravvalutazione dell’attività dei partiti da parte dei padri costituenti.

O meglio una sottovalutazione delle conseguenze che detta attività avrebbe comportato.

Mi spiego. Chi usciva dall’epoca fascista (col partito unico e tutto quel che ne seguiva o che precedeva) era naturalmente portato a identificare partiti con metodo democratico e metodo democratico con determinazione della vita nazionale, sì che, saltando il medio, ne conseguiva che i partiti erano chiamati a determinare la politica nazionale, nel che propriamente consisteva il metodo democratico.

Il che è profondamente vero o profondamente falso, a seconda che si dia per vera o per falsa un’ulteriore affermazione: che il nocciolo della democrazia siano i controlli del potere così come in precedenza ho indicato.

Comunque stessero le cose nella testa dei padri costituenti, fatto è che, nei fatti, la seconda metà del secolo scorso ha visto tutelato più il potere dei partiti che il sistema dei controlli.

Meno che meno si sono adottati i “contrappesi” necessari per bilanciare i meccanismi degenerativi che la spasmodica ricerca del consenso ha necessariamente indotto.

Al grido di “voto non olet”, tutto è stato vissuto nell’ottica della competizione elettorale e tutto, in nome di quest’ultima, è stato ritenuto lecito.

Ne è così derivato non solo che, se non tutti, certo troppi, abbiano cercato di “appartenere” a un partito (per riceverne ombrello protettivo e comunque utilità), ma che il governo più che “guidare” il popolo ha finito per esserne guidato per il tramite del dio-sondaggio.

Lo scambio avviene sulla base della seguente regola: “voi date il potere a me, io do ciò che chiedete a me”.

E’ del tutto ovvio che, essendo l’animo umano quel che è, il bene comune è andato rapidamente a farsi fottere e la stella polare è divenuto il tornaconto dei più.

Ora se questi “più” fossero tutti malvagi, ci sarebbe ben poco da fare (tranne che un’opera educativa difficilissima e dai tempi assai lunghi).

Ma il fatto è che molti tra i più sono manipolati, disinformati, illusi.

Dunque è necessario aprire loro gli occhi non solo e non tanto sulle trame dei “cattivi”, quanto, assai più, sulla complessità dei problemi, sulla “utilità” dei valori, sulla truffaldinità di molti rimedi propalati come miracolosi, e via dicendo.

Chi può compiere questa opera certamente culturale, ma, altrettanto certamente, squisitamente politica?

Non certo chi “appartiene”. Ma qui corre aprire una breve parentesi.

Se è vero che i partiti non sono la panacea, è anche vero che essi sono necessari per il convogliamento del consenso.

E se sono necessari debbono, almeno in certa misura, creare appartenenza e prospettarsi come i migliori, senza macchia e senza paura.

Bisogna accettare che tutto ciò, entro certi limiti, avvenga.

Non sto negando ciò che sopra ho affermato: sto dicendo che lo strumento-partito, per necessario che sia, ha i suoi limiti (che occorre accettare), i quali, se non contenuti, tendono a causare una degenerazione del partito (che occorre combattere risolutamente).

Non bisogna dunque combattere i “partiti” in quanto tali, ma mettere in moto delle tendenze che impediscano non già il loro limite (che esiste necessariamente), ma la loro degenerazione (che ben può essere evitata).

Chiusa la parentesi, torno ad affermare che il contrappeso alla degenerazione è l’impegno di coloro che individuano la loro politica in un impegno senza appartenenza, libero da interessi di parte, pronto alla critica (ma anche all’autocritica).

Mentre chi sceglie (legittimamente e realisticamente) l’impegno nei partiti, realizza il suo scopo con la conquista del consenso e l’esercizio del potere, color che scelgono (altrettanto legittimamente e realisticamente) l’impegno nelle forme della non-appartenenza, realizzano il loro scopo per ciò solo che non appartengono, che rinunziano all’esercizio del potere per poterne liberamente criticare le distorsioni, le ambiguità, le degenerazioni, senza pretesa di infallibilità, ma anche sine spe nec metu.

Cari amici del blog, non chiedetevi dove dovrete mai approdare: siete già arrivati.

Pensate liberamente, riflettete su ciò che fareste se foste carichi di responsabilità, e, come avete liberamente pensato, altrettanto liberamente parlate e diffondete il vostro pensiero e le vostre critiche.

Nel blog o altrove poco conta: non siamo un partito, ma se mai una “rete”.

E’, il nostro, un sogno? Può darsi, ma, come diceva, Magritte, “il mio sogno vi sveglierà”.

Credo che tutti noi si sia molto più realisti di coloro che, proclamandosi realisticissimi e concretissimi, privi di ogni utopia, ci hanno condotto in un mondo invivibile economicamente, ambientalisticamente e moralmente.

Costoro non hanno titolo alcuno per criticare i nostri sogni. Che comincino a sognare per contrapporre, come è giusto, i loro sogni, e non i loro interessi, al nostro discorrere. Che accettino in pace santa le critiche nelle quali si esercita il nostro modo di fare politica.

Già le critiche. Se mai c’è un segno dei tempi, questo è il fastidio e l’irrisione che vengono riservati a chi osa criticare il potere: dal governo all’A.N.M. (se è lecito paragonare le piccole cose alle grandi) chi critica è un comunista, un utopista (leggi: è un fesso), uno squilibrato, uno sfascista, etc etc.

La storia è vecchia: «Rispose loro quell’uomo: “Proprio questo è strano che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi?” (…) Gli replicarono: “Sei nato tutto nei peccati e vuoi insegnare a noi?” E lo cacciarono fuori» (Vangelo di Giovanni).

Il cieco nato non voleva insegnare nulla a nessuno, anzi per verità non capiva neppure ciò che gli era accaduto. Ma non sapeva mentire e diceva quel che pensava.

Ciò era intollerabile per i farisei costituiti in potere.

Il grado di democraticità di un potere lo si ricava dalla sorte riservata alle critiche.

“Eppure mi ha aperto gli occhi” proclamava il cieco nato; “E pur si muove” ripeteva testardamente Galilei.

L’uno e l’altro proponevano al Potere la “loro” verità, ma questa non fu accolta.

Per “accogliere” qualcuno o qualcosa occorre non essere ingessato nel proprio interesse e accettare il limite altrui.

Se chi sarà oggetto delle nostre critiche non farà prevalere il suo interesse; se non ci sbatterà in faccia il suo “io son chi sono e mi s’ha da portare rispetto”; se, soprattutto, in nome del nostro disinteresse sarà benevolo nei confronti dei nostri limiti e dei nostri errori, vorrà dire che il nostro impegno produrrà un effetto ben maggiore di chi si illude di modificare “dal di dentro” la logica dell’appartenenza.

Se, al contrario, non saremo accolti, state sicuri che i nostri “eppure” faranno, alla lunga, assi più rumore di qualsiasi impegno partitico, perché, come dicevano i medievali, bonum est diffusivum sui: ciò che è bene è, per sua natura, destinato a diffondersi.



18 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Dott.Racheli,
La rngrazio di cuore per questo post.
Mi fa sentire meno sola. Ci fa sentire meno soli. E, in fondo, ricchi di una sana follia che ci fa amare quel mondo vivibile al quale bramiano e che speriamo sia, un giorno, per tutti.
Tanti Auguri a Lei e agli Amici del blog
Sinceramente
Elisabetta

Cinzia ha detto...

Grazie dott. Racheli
ma oggi vorrei lasciare un messaggio parzialmente OT.
Intanto porgo gli auguri a tutti, ma proprio tutti (me compresa!), per un anno nuovo di lotta dura, spalle forti, mente salda, chiarezza d'idee e d'intenti. Tutto ciò che sarà utile ad aprire uno spiraglio in questo buio della ragione che viviamo, io mi auguro che possa accompagnarci, ma non senza il supporto di: coraggio, sana reattività e speranza.
Tutto ciò condito in salsa d'amore, perché solo un sentimento così universale e assoluto può aiutarci a ritrovare il giusto senso delle cose.

Poi voglio lasciarvi il link dell'inchiesta condotta da Salvi sulla sicurezza informatica della Giustizia, che si arricchisce ogni giorno di più di nuovi elementi.
Ve la propongo qui e ora giacché spero avrete un po' di tempo libero per leggerla e guardare i video girati da questo giornalista che, intrepido, ha preso in carico ciò che anche molti altri avrebbero potuto fare, ma hanno preferito girare le spalle (vedi Report, Travaglio e compagnia bella).

BUON 2009, buona lettura e grazie per essere qui, comunque la pensiate, perché più siamo diversi tra noi e più l'esperimento certamente e con soddisfazione di tutti può dirsi riuscito!!!

... e possiamo andarne fieri...
...almeno tanto quanto la Redazione...:-]

Cinzia ha detto...

ecco il link...

http://www.stefanosalvi.it/?p=401#11

Anonimo ha detto...

Chi crede nei valori e nell'etica della giustizia si riconosce nei contenuti del Suo post.
Il filo della legalità "in progress" fa passi in avanti se ad una informazione "scorretta" se ne
oppone quella vera e coerente allo spirito della norma. se si fa opera di verità.
Esemplare quanto appare sul sito di seguito a firma di Filippo De Lubac "Proclama per l'Italia Nostra"

http://www.ilresto.info/3.html

Grazie e Sinceri Auguri

Uno che crede nella forza della verità.

Vincenzo Scavello ha detto...

Carissimo Dott. Racheli, Buon Natale e Felice anno nuovo anche a Lei.

I contrappesi di cui parla sono il vero nocciolo della questione!

Se al piatto della bilancia delle corruttele, troppo pesante, non si contrappone il piatto della Lex, altrettanto pesante, tale da mitigare gli effetti nocivi della corruzione o del malcostume, non c'è, davvero, speranza per alcuno.

Speriamo che in tema di riforma dela Giustizia non s'intenda adottare una bilancia a piatto unico, enorme, dove c'è posto soltanto per quelle cose che devastano la convivenza civile.

In tal caso, prima o poi, sarà il popolo, con i mezzi di cui disporrà, non più attraverso la lettura e/o scrittura di autorevoli Blog, a fare "Giustizia".

E non è detto che la giustizia del popolo sia, poi, necessariamente, a tutela del popolo stesso.

E' la saggezza dunque, la misura, il saper guardare lontano, che deve guidare l'agire di chi Governa un Popolo!

Se oggi, meno male, c'è una parte di Magistratura troppo invadente è soltanto perchè esiste una parte della Politica che è troppo invasiva.

E' questa la sola, semplice, equazione su cui tutti e da tempo dibattiamo.

Un Abbraccio

Il cane di Jack ha detto...

Mi riconosco molto in questo post del dr. Racheli. Sono grato a questo blog perchè mi ha dato qualcosa da fare, in politica, che è molto difficile fare all'interno di organizzazioni. Discutere, studiare, informarmi, cercare di conoscere il punto di vista degli altri e di far conoscere il mio, dall'esterno, soprattutto senza aver nulla da guadagnarci o da volerci guadagnare.
Vorrei farci sopra qualche considerazione personale però.
Non sapevo che i medioevali credessero nella diffusività del bene. A volte sembra piuttosto vero il contrario: che il male sia pervasivo, che si diffonda con il cattivo esempio. Oppure che l'ignoranza tenda a ricoprire come un sedimento o a erodere quel poco che sappiamo o crediamo di sapere. E' molto complesso opporsi all'entropia dei processi sociali (e della propria coscienza e consapevolezza direi).
Questo compito di portare avanti la discussione, di cercare di tirare fuori dagli altri il meglio, di spalare ... i sedimenti, di ricostruire i sostegni quando sono diventati troppo sottili e fragili, potrebbe e dovrebbe essere portato avanti anche all'interno dei partiti: era forse questo il metodo democratico che vagheggiavano i padri costituenti? E' normale che vi siano partiti in cui l'opposizione interna non esiste assolutamente e altri in cui le correnti disputano tra di loro senza che all'esterno si comprenda quale sia l'oggetto "politico" del contendere?
Dall'esterno sembra tutto molto più facile, ma è più difficile incidere sulle cose. Potrebbe sembrarci, ad un certo punto, di chiacchierare a vanvera e la critica potrebbe essere che ci mettiamo a fare i moralisti e gli etici senza bagnarci i piedi, nella gestione quotidiana delle azioni di esercizio del potere: "Se voi foste al posto nostro, fareste come facciamo noi e forse anche peggio".
Cosa sarà allora nel 2009 di tutte le nostre buone intenzioni? Si trasformeranno in qualcosa di buono per tutti oppure rimarranno chiuse nei blog che non spaventano per niente il potere perchè tanto sono dei parolifici che non spostano equilibri e voti (ma anzi allontanano le opinioni dalle urne).
Allora il mio augurio pubblico per il 2009 è che riusciamo a discutere non solo su come il mondo è, ma anche sul CHE FARE per renderlo un posto più vivibile.
Il miei auguri privati sono pieni di affetto per tutti.
I.

Anonimo ha detto...

Facciamo - insieme - "rete" ed impegnamoci come portatori "SANI" di verità: smascherare le falsità e contrastare l'interpretazione di comodo delle norme .
Destabilizziamo le affabulazioni "fumose" e confrontiamoci sui "fatti" come appaiono nell'intervento di Vulpio
di seguito riportato.
http://www.carlovulpio.it/Lists/PRIMO%20PIANO/DispForm.aspx?ID=8&Source=http%3A%2F%2Fwww%2Ecarlovulpio%2Eit%2Fdefault%2Easpx

Più notizie sui fatti, più libertà, più democrazia per tutti coloro che ci credono.

Anonimo ha detto...

virtù o difetto,
cos'è l'onestà
in questo paese ¿

Anonimo ha detto...

Grazie al dott. Racheli per questo post, il cui effetto salutare mi sembra quello di una finestra che si socchiude, di uno spiraglio di luce, di possibilità, proprio perchè improntato ad un antimanicheismo realistico e sano, ovvero ben conscio di essere esente da quella "guarigione" illusoria e delirante che davvero andrebbe curata a letto.
Dentro tutti noi, frequentatori, e non, di questo blog, legati "da una forte passione civile la quale continuamente ci sprona, ci interroga, ci anima", credo sia impossibile che non lavorino, e non diano qualche pur limitato ma buon frutto, due concetti come:
restringere gli spazi all'ombra, e
ampliare quelli dei (nostri, concretissimi) sogni.
Non trovo davvero nulla da aggiungere; se non il mio ringraziamento, e tanti auguri, a tutti voi, a tutti noi.
siu

Anonimo ha detto...

Grazie Dott.Racheli, per la bella lettera natalizia.

Essa ci servirà per riflettere e prender coraggio ogni qual volta lo sconforto cercherà di prendere il sopravvento.

E adesso che Natale è passato e il "siamo tutti più buoni" non vale più, passiamo alle cose divertenti. ]8)

Grazie al blog di Nicola Piccenna, redattore de Il Resto, ho potuto leggere anche io l'interessante articolo di Carlo Vulpio dal titolo "Vento forte tra Salerno e Catanzaro".

Invito anche voi a leggerlo perchè contribuisce davvero a far capire molte cose che prima, dato che siamo cattivi e malfidati, potevamo soltanto ipotizzare.

Eheheheh...ma come stanno messi male, si vede che non c'è proprio nessuno al di fuori di certi giri, se anche per difendersi sono costretti ad esporre persone coinvolte nella vicenda.

Diventano ogni giorno più credibili. ;)

Luciana

Anonimo ha detto...

Dimenticavo di dire che "il re è senza alcun dubbio nudo".

E non serve scomodare un bambino per rendersene conto. Ormai se ne sono accorti anche gli ortaggi.

Gli stessi che dovremmo cominciare a tirare a chi si presenta al nostro cospetto, compunto e anche un pochino infastidito dalle nostre rimostranze, e che poi si sgonfia come un pallone bucato, annegando la propria dignità in un mare di frasi penose o retoriche.

Luciana

Unknown ha detto...

tutto molto interessante e stimolante, ma...
io non riesco a capire come si possa pensare che "ciò che è bene è, per sua natura, destinato a diffondersi".
Ciò che si diffonde maggiormente è ciò che riesce a raggiungere, il più velocemente possibile, più "nodi" della "rete". Se intendiamo come rete la società italiana, i nodi sono le singole persone che la compongono.
Quindi concordo assolutamente con la necessità di diffondere il più possibile informazioni corrette su ciò che è accaduto (e che sta accadendo) in Italia, ma è chiaro che opporsi alla disinformazione alimentata da uno strumento così efficace come la tv (raggiunge quasi tutti i nodi con un'efficienza spaventosa!) necessita di una grande, grandissima energia.
L'augurio è dunque che ciascun "nodo" raggiunto da un'informazione corretta diventi a sua volta centro di diffusione, la speranza è che si riescano a "contagiare" il maggior numero di "hub" (nodi caratterizzati da un numero di connessioni superiore alla media). La diffusione, in questo modo, sarà più veloce.
Buon lavoro a tutti!
;-)
A.

Anonimo ha detto...

L'intervento del Dottor Racheli mi ha fatto riflettere a lungo. Ha stimolato molte riflessioni la principale delle quali concerne il "sistema dei controlli" e, conseguentemente, la possibilità di esercizio di quei controlli attraverso la critica degli atti di tutti i poteri.

È vero: " il grado di democratici tra di un potere lo si ricava dalla sorte riservata alle critiche “.

Vorrei poter chiedere al dottor Racheli se per caso non ritenga che principale responsabile della difficoltà di esprimere critiche, specie se politiche, non era dipeso e continui a dipendere dall'atteggiamento della magistratura in ordine alla esplicazione del diritto di critica.

Se così fosse ( io ne sono convinto) la riflessione sull'intero messaggio "natalizio” andrebbe rivista con l'apertura di un dibattito che potrebbe, sì, avere un odore sulfureo (sono un avvocato), ma arricchirebbe lo scambio dialettico. Almeno credo.

Oreste Flamminii Minuto

Anonimo ha detto...

All'Avv. Oreste Flamminii Minuto (commento delle 11.41).

Illustre avvocato,

grazie innanzitutto per l’attenzione che, provenendo da una persona autorevole quale Lei è, onora il nostro blog.

Le dico sinceramente che, non avendo una visione globale della magistratura in tema di reati a mezzo stampa, mi riesce difficile dare un giudizio complessivo quale lei riesce a formulare per effetto della Sua lunga esperienza.

Posso però confermare che, dal mio piccolo angolo visuale, trovo che la giurisprudenza non sempre si faccia adeguatamente carico del ruolo costituzionale assolto dalla libera stampa e mi sembra che la bilancia penda, oggettivamente e non sempre consapevolmente, più a favore del bavaglio che della libertà.

Questo certo non ha contribuito ad accrescere il livello critico nel nostro Paese, anche perché il rischio aumenta a seconda del rango rivestito da colui che è oggetto di critica.

Ma che esistano, nei fatti, sistematicamente (nel senso cioè che è un effetto indotto del sistema) due giustizie, una per i potenti e una per i pinchi pallini qualunque, è ormai sotto gli occhi di tutti.

Certo, a mio giudizio, non è l’unica né la principale causa della caduta del livello critico con cui vengono oggi affrontate le questioni: come affermava Kant il problema di fondo è “la gran folla di chi non pensa”.

Condivido comunque senza riserve l’idea di dar luogo, su questo blog, a un serio dibattito sul tema, sì che perché tutti possano avere consapevolezza piena dei valori in gioco.

Quanto all’odore sulfureo che Lei emanerebbe in quanto avvocato, si consoli annusando quello emanato da noi magistrati: come vede nessuno è perfetto.

Molto cordialmente

Stefano Racheli

Anonimo ha detto...

Egregio Dottor Racheli,
La ringrazio di questa analisi chiara, limpida e completa.
Innanzitutto confermo come Lei dice che la sua lettera non è un regalo, ma è molto di più; in senso stretto un regalo (materiale) col tempo può anche “deteriorarsi”, mentre nessuno può mai distruggere un pensiero.
Le persone come Lei, come il dott. Lima e tante altre che comunicano non tanto per dire qualcosa di mediatico, di astratto od altro , ma per farci parte di coloro che vivono fino in fondo i principi di giustizia (intesa nel più ampio senso della parola ), di etica, di morale, che ricercano continuamente solo e soltanto la verità, ripudiando ogni forma di menzogna, dovrebbero stare altrove, ovvero nei centri di “potere” . Ciò che ho detto, in questo momento è solo un sogno, ma come dice Lei a proposito dei sogni : “..... Costoro non hanno titolo alcuno per criticare i nostri sogni. Che comincino a sognare per contrapporre, come è giusto, i loro sogni, e non i loro interessi…………”.

Auguri ancora di un Santo Natale e di un felice Anno nuovo.
Venturi Tonino - Gatteo

graziano borniotto ha detto...

Il piacere che si prova a leggere una 'riflessione' come quella del Dr. Racheli è legato alla consapevolezza di appartenere ad una rete (reale ancorchè non strutturata) di individui che condividono un certo angolo visuale sul mondo. Bene,credo che questo 2008 bisesto e funesto stia comunque producendo la necessità di impegno civile nel 2009 e in questa rete uguale per tutti.

salvatore d'urso ha detto...

Si chiede di spostare "ad altra sede" e "destinare ad altre funzioni" il procuratore di Salerno
uno dei protagonisti dello scontro con la Procura di Catanzaro sulle inchieste di De Magistris
Why Not, richiesta della Cassazione
"Trasferire il procuratore Apicella"


Luigi De Magistris
ROMA - La Procura generale presso la Corte di Cassazione ha chiesto al Csm di trasferire ad altra sede e al altre funzioni il procuratore della Repubblica di Salerno, Luigi Apicella, uno dei protagonisti dello scontro con la procura di Catanzaro legato alle inchieste dell'ex pm del capoluogo calabrese Luigi De Magistris. La sezione disciplinare del Csm si occuperà della richiesta nella Camera di Consiglio straordinaria fissata il 10 gennaio prossimo.

La "richiesta urgente" è stata inviata oggi al Consiglio superiore della magistratura per il trasferimento - si legge in una nota di Palazzo dei Marescialli - "ad altra sede e di destinazione ad altre funzioni del dottor Luigi Apicella, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Salerno". In questo modo il Procuratore Generale della Cassazione, Vitaliano Esposito, ha esercitato l'azione disciplinare, potere che condivide insieme con il ministro della Giustizia.

La Sezione disciplinare del Csm esaminerà in una Camera di consiglio a porte chiuse la richiesta di trasferimento. E' presumibile che la Procura generale della Suprema Corte abbia avviato istruttorie, non ancora concluse, su altri magistrati coinvolti nello scontro tra le due procure culminato con il blitz presso gli uffici giudiziari di Catanzaro e con il sequestro degli atti disposto dalla procura di Salerno, al quale i magistrati avevano risposto con un contro-sequestro e l'iscrizione nel registro degli indagati dei loro colleghi campani. Non è da escludere che all'atto di incolpazione con richiesta di misura cautelare urgente a carico di Apicella ne facciano seguito anche altre, nei confronti di alcuni dei protagonisti della vicenda.

A sollecitare iniziative disciplinari era stato d'altronde lo stesso Csm dopo aver ascoltato i magistrati protagonisti della inedita 'guerra' tra procure. Ad attivarsi, chiedendo le trascrizioni delle audizioni, erano stati sia la procura generale della Cassazione che il ministro della Giustizia, Angelino Alfano.

Le due istruttorie hanno proceduto parallelamente. Se il pg della Cassazione è già arrivato a una sua prima conclusione, gli ispettori del ministro Alfano - secondo quanto si è appreso - sono ancora al lavoro, pur avendo già rilevato alcuni profili sanzionabili dal punto di vista disciplinare, tra cui le modalità delle perquisizioni a carico dei magistrati di Catanzaro (uno di essi, Salvatore Curcio, sarebbe stato fatto denudare), e il sequestro di un intero fascicolo giudiziario (l'inchiesta Why not) considerato come corpo del reato.

Anonimo ha detto...

Ho appena appreso del suo blog, dr. Racheli, leggendo un articolo sul quotidiano Il Mattino. Per fortuna anche nella magistratura vi sono esempi di rettitudine e correttezza, e Lei sembra esserne una testimonanianza reale. Ma in questo Bel Paese, la memoria ce lo rammenta, gli esempi umani e professionali di lealtà, serietà, civiltà ed etica non hanno fatto mai lunga strada. Pertanto mi preoccupo per chi come Lei, come me e come tanti si ostinano a credere in un ottimismo della volontà fragile e debole, mentre la neoplasia di cui è affetta la nostra democrazia cresce a dismisura, incancrenendo sempre più ogni rivolo della società, dalla politica alla cultura, dall'economia alla sanità, dalla legalità alla giustizia.
Auguri a tutti noi, ai nostri figli, al Paese che bell un tempo fu.
Giovanni Russo - sociologo