venerdì 12 dicembre 2008

Zagrebelsky: “La Carta non è strumento di potere così Berlusconi torna a Cromwell”





da Repubblica.it
del 12 dicembre 2008




A Gustavo Zagrebelsky, costituzionalista e presidente emerito della Corte costituzionale, Repubblica chiede di riflettere ad alta voce sul significato e il valore dell’annuncio di Silvio Berlusconi: il premier vuole riformare, con la sua sola maggioranza, il Consiglio superiore della magistratura; separare in due diversi ordini la magistratura giudicante dalla requirente (i pubblici ministeri); un referendum popolare dovrebbe poi confermare entro tre mesi il disegno.

“Prima di discutere il merito – dice Zagrebelsky – qualcosa va detto sulle riforme mancate, sulle colpe, le responsabilità dei riformatori finora mancati. Mi definisco un conservatore costituzionale. Penso che il lavoro compiuto all’inizio di un ciclo politico sia sempre più apprezzabile, migliore, di un’attività in corso d’opera. E tuttavia non è che non veda come un grave deficit non aver adeguato i meccanismi di garanzia della Costituzione alle trasformazioni del sistema politico. Ne è un esempio proprio l’articolo 138 ...”.

L’art. 138 della Costituzione regola le leggi di revisione della Costituzione.

“Appunto, l’art. 138 prevede che le riforme costituzionali debbano essere approvate con un ampio consenso raccogliendo il voto della maggioranza e di una parte dell’opposizione”.

Qual era il significato di questo consenso qualificato?

“Che la Costituzione, la sua manutenzione, le sue modifiche non dovessero essere appannaggio della pura maggioranza. Poi però le leggi elettorali hanno cambiato il sistema politico, polarizzandolo su due sponde e ora chi ha il sopravvento nella competizione elettorale e conquista la maggioranza si fa da sé le riforme costituzionali”.

Salvo poi sottoporle a referendum popolare, come ha ricordato Berlusconi.

“Berlusconi ha fatto un discorso piano. Prende atto della disciplina costituzionale, si fa votare la sua riforma con la maggioranza che il sistema elettorale attuale gli ha dato, chiede al referendum l’approvazione definitiva. Anche se ineccepibile, però, questo metodo cambia profondamente l’essenza stessa della Costituzione”.

Perché, se quel metodo è previsto dalla stessa Costituzione?

“Perché ci sono due nozioni di Costituzione. La prima considera la Costituzione come strumento di chi governa. Per Cromwell, la Costituzione, è appunto Instrument of Government. Siamo qui alla presenza di Platone, Aristotele, Hobbes, Schmitt. Per venire al presente o al passato prossimo, non c’è in Sud America vincitore di elezioni, capo-popolo o colonnello, che non abbia e annunci un suo progetto costituzionale: è lo strumento di cui intende servirsi per esercitare il potere”.

Qual è la seconda nozione?

“E’ la nostra. Qui il riferimento è John Locke. La Costituzione è inclusiva. Non è scritta da chi vince contro gli sconfitti. La Costituzione non si occupa di chi sia il vincitore. Scrive principi per tutti, garantisce i diritti di tutti. Noi siamo figli di questo costituzionalismo. La nostra Carta fondamentale è nata con la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite del 1948, con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà del 1950. La Costituzione italiana si colloca in questa tradizione. E’ nata per essere inclusiva, per valere per tutti. Non è uno strumento di potere ma di garanzia contro gli abusi del potere. Berlusconi invece vuole fare il Cromwell. Può essere ancora più chiaro se ritorniamo al 138. Quell’articolo prevede che anche un accordo politico ampio possa essere bocciato da una minoranza del corpo elettorale. Come si sa, il referendum costituzionale non ha il quorum e, se vanno a votare il 20 per cento degli italiani, l’11 per cento può bocciare la nuova legge. Il progetto di Berlusconi capovolge questa logica. Non riconosce al referendum un potere distruttivo, ma pretende che sia confermativo della riforma votata soltanto dalla coalizione di governo. Diciamo che la manovra, di tipo demagogico, manomette la Costituzione, annullando lo spirito di convivenza che la sostiene, e la trasforma in strumento di governo, in strumento di potere”.

Si può dire che la riforma annunciata non fa che accentuare quella “china costituzionale” di cui lei spesso ha scritto: indifferenza per l’universalità dei diritti, per la separazione dei poteri, per la dialettica parlamentare, per la legalità.

“Sì. Un regime liberale-democratico adotta come principio ciò che dice l’articolo 16 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789: “Ogni società in cui la garanzia dei diritti non è assicurata, né la separazione dei poteri determinata, non ha costituzione”. Una Costituzione che diventa strumento di potere contraddice la separazione dei poteri. E’ quel che sta accadendo. Abbiamo già un Parlamento impotente dinanzi a un governo che impone le sue scelte con il voto di fiducia. Ora è il turno della magistratura”.

Lei condivide la previsione che la separazione del pubblico ministero dal giudice anticipa la sottomissione della magistratura requirente all’esecutivo?

“Ci sono molti aspetti discutibili nella divisione del Consiglio superiore della magistratura in due, ma uno è chiaro fin d’ora. Se un pubblico ministero non è un magistrato a pieno titolo, che cos’è se non un funzionario dell’esecutivo? E evidente allora che, secondo logica, quel funzionario dovrà dipendere da un’autorità di governo, così pregiudicando l’indipendenza della funzione giudiziaria e cancellando la separazione dei poteri. Mi chiedo: che bisogno c’è?”.

E’ inutile nascondersi che è lo spettacolo offerto dalla magistratura, con il conflitto tra due procure, ad aprire spazi a questi progetti di riforma.

“Lo spettacolo è sgradevole e la situazione in cui versa la magistratura italiana è certamente insoddisfacente. Ma mi chiedo: le proposte che si avanzano eliminano le difficoltà e i difetti o li aggravano?”.

Qual è la sua opinione?

“Per quel che ho letto, dalle inchieste di Catanzaro sono emersi collegamenti della magistratura con ambienti politici, finanziari, malavitosi. La soluzione che propone il governo – l’attrazione del pubblico ministero nell’area della politica governativa – rafforza quei legami e non elimina quindi le cause delle disfunzioni, mentre bisognerebbe lavorare per rendere effettiva l’autonomia della magistratura dai poteri economici, amministrativi, politici e, naturalmente, criminali. Il disegno di riforma, codificando una dipendenza, avrà un solo effetto: eliminerà la notizia di quei legami, non la loro esistenza. Continueranno a esserci, ma non si vedranno”.

Quali sono le responsabilità della magistratura in questa crisi?

“Il sistema costituzionale assegna alla magistratura il massimo dell’indipendenza e non sempre questa posizione è stata usata con la responsabilità necessaria. Se le cose funzionano, il merito è della magistratura. Se non funzionano, bisogna dirlo, è della magistratura il demerito”.

Quali sono le ragioni o le prassi o le convinzioni che inceppano l’autogoverno della magistratura?

“Non c’è dubbio che la formazione di correnti, che all’inizio è stata favorita da un confronto culturale (culturale era il dibattito su come si dovesse interpretare la Costituzione), ha finito per diventare strumento di promozione e di carriera. E’ una degenerazione. Se non hai una corrente alla spalle non assurgi a un incarico direttivo. Solo una corrente può proteggerti quando verrai giudicato per i tuoi errori. Mi sembra che l’autonomia non sia stata gestita nel senso per il quale è stata prevista”.

Forse anche per questo è largo il consenso per una riforma.

“Ci sono le istituzioni e gli uomini. La migliore Costituzione può essere corrotta da uomini mediocri. Una mediocre Costituzione può funzionare bene con uomini capaci. Credo che la magistratura debba fare un severo esame su se stessa. Se il sistema non funziona, non ne porta anch’essa la responsabilità?”.

Lei crede che questa riforma costituzionale alla fine si farà davvero?

“Si può sperare che nella maggioranza ci sia qualcuno che si renda conto della delicatezza delle questioni. Sono in gioco le garanzie, i diritti, i principi e l’eguaglianza del cittadino di fronte alle legge. Perché se la giustizia è controllata dalla politica, la funzione giudiziaria diventa strumento di lotta politica. Mi appare incredibile che si vada avanti su una strada così pericolosa e non ci siano voci responsabili che denuncino il pericolo, anche all’interno della maggioranza”.

Se il governo, come dice Berlusconi, tirasse diritto ...

“Siamo in una situazione tristissima. Penso che occorra far breccia nelle convinzioni collettive, spiegare all’opinione pubblica che non si buttano via da un giorno all’altro secoli di storia e di valori civili”.


di Giuseppe D’Avanzo


38 commenti:

Vittorio Ferraro ha detto...

Leggo sempre con piacere ed attenzione i libri, gli articoli e le interviste del prof. Zagrebelsky.

Grande studioso ed eminente costituzionalista.

Secondo la nostra Carta Costituzionale - e questo per una precisa e chiara scelta dei padri costituenti - il Pubblico Ministero è un magistrato: ed è parte integrante della Magistratura e dell'ordine giudiziario.

Adesso, invece, si vorrebbe, anche a colpi di maggioranza, modificare la Carta Costituzionale e portare il PM fuori dalla Magistratura e alle strette dipendenze del Governo.

Ma così facendo il PM non sarebbe più indipendente; ma sarebbe uno strumento nelle mani delle maggioranze di turno.

E' proprio quello che i costituenti vollero evitare quando posero il PM dentro l'ordine giudiziario!

Quale urgenza, poi, abbia tale riforma costituzionale non è dato sapere. Cosa centri, poi, con la risoluzione dei mali della giustizia rimane un mistero ancora più grosso.

I mali della giustizia sono ben altri!

Ma forse non vi è alcuna intenzione di risolverli; vi è solo la volontà di mantenere una giustizia a doppia velocità: in barba al principio di uguaglianza.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Ma sarà poi vero che questa riforma è prioritaria per Berlusconi ?
L'uomo ci ha abituato ai più spericolati funambolismi, cogliendo di sorpresa tutti, capo dello Stato incluso.
Questa volta i notisti politici più seri ed accreditatati scrivono di manovra intesa ad evitare una saldatura fra Lega e Partito Democratico, finalizzata all'approvazione del 'federalismo fiscale' ormai improcrastinabile.
Se è così lo sapremo presto, dopo il periodo natalizio, con la presentazione de ddl della già tanto strombazzata riforma della Giustizia da parte dell'ineffabile ministro Angiolino Alfano.
Personalmente, penso che siamo all'ultima spiaggia, espugnato l'ordine giudiziario, sottomesso il P.M. al governo, di democrazia non sopravviverà più nulla e quasi mi felicito di essere carico di anni (uno in meno del presidente del Consiglio), quindi disincantato anche se con migliori speranze di vita.
Colgo l'occasione per riferire che il ministro Sacconi avrebbe adombrato il pericolo di un crollo del "sistema Stato" a causa dell'eccesso di debito pubblico, con conseguete rischio di insolvenza dello stesso nei confronti delle obbligazioni emesse (BOT, CCT ecc.): cosa c'è di vero ?

Anonimo ha detto...

"La Costituzione è inclusiva. Non è scritta da chi vince contro gli sconfitti".

“Siamo in una situazione tristissima. Penso che occorra far breccia nelle convinzioni collettive, spiegare all’opinione pubblica che non si buttano via da un giorno all’altro secoli di storia e di valori civili”.

La Costituzione, che vi piaccia o no, è invero il prodotto di un compromesso fra:

1)Cattolici;
2)Marxisti-Leninisti-Stalinisti;
3)Liberali-Framassoni.

Un compromesso dei rappresentanti di una nazione pesantemente sconfitta in guerra, arresasi senza condizioni e assegnata, da Yalta in poi, alla sfera di influenza occidentale.

Se non ce la fossimo data, l'avrebbero comunque imposta gli Alleati, come al Giappone, e avrebbero trovato comunque persone disposte a scriverla. Questo è poco, ma sicuro.

Non è poi vero che non è stata scritta "contro" gli sconfitti: non scherziamo ! Leggete le disposizioni transitorie, per le quali Re Umberto II ha dovuto morire in esilio. E non mi dite che tutti i Presidenti della Repubblica erano meglio di Umberto, fareste ridere anche i polli ! Almeno il Re non ha voluto resistere al sospetto referendum-broglio, e avrebbe potuto legittimamente farlo, legittimamente e materialmente, giacché tutte le forze armate erano, all'epoca, profondamente monarchiche ! Ha invece preferito lasciare l'Italia in pace, nella pace da pochissimo ritrovata. Non credo proprio che altri, politici di professione di qualsiasi colore, si sarebbero comportati allo stesso modo. Non lo credo davvero !

Neppure è vero che sarebbero buttati via "secoli di storia" ... l'autore si riferisce forse agli angioini, agli aragonesi, a Carlo VIII, agli spagnoli, a Napoleone, al Papa-Re, al Re-Bomba o al diritto di uno degli staterelli italiani dell'800 ? Perché quelli sono i "secoli" di storia e di valori civili ! E la Costituzione mio padre l'ha vista nascere quando aveva già ventiquattro anni, non prima.

Mi sembra pertanto evidente che la Costituzione è, e resta, un prodotto storico, con buona pace di tutti.

Le ideologie che l'hanno in parte ispirata sono già morte e sepolte, da tempo.

Nel tempo è già cambiata più volte e necessariamente cambierà ancora, fino a scomparire ovvero ad esser sostituita da altra Costituzione, rigida o flessibile.

L'unica cosa che non cambierà, invece, sarà lo pseudo-principio della "sanctio legis". E chi ha studiato diritto romano sa bene a cosa mi riferisco.

Che volete farci, non mi piacciono le "adorazioni" o le "venerazioni" di princìpi giuridici. E' proprio il contrario di quello che fanno i popoli civili. Là non "adorano" o "venerano" la legge: semplicemente, la rispettano !

E taluni, fateci caso, non hanno nemmeno bisogno di costituzioni scritte ! Vedi il Regno Unito, ad esempio, che non ha costituzione scritta, che ha giudici esperti, selezionati senza alcun concorso pubblico simile al nostro, e il cui diritto, pure, funziona "un poco" meglio rispetto a noi.

Per concludere, citerò soltanto l'art. 63, III comma del "Constitutional Reform Act - Chapter 4" del 2005, che disciplina l'accesso in magistratura in Gran Bretagna: "A person must not be selected unless the selecting body is satisfied that HE IS OF GOOD CHARACTER".

Vi immaginate in Italia ? :-)

Mimma ha detto...

Siamo agli sgoccioli e non c'e` piu` tempo da perdere! Si scrivono pagine storiche e si fanno denunce su blogs, ma ormai non basta piu`.
Per me, semplice cittadina, la denuncia all' ONU, da parte dell' ANM, e` stata la cosa migliore che questa Associazione abbia fatto! Ma bisogna rinforzare questo appello con un largo consenso popolare ed ampliarlo al di la` della categoria. Un appello all' ONU, professionalmente scritto e fatto circolare ANCHE via internet (ma non solo) potrebbe portare a risultati in poco tempo.
Ormai l' Italia e` avvitata su se` stessa e non "sta andando" verso un regime: “e`” in pieno regime! Lamentele e denunce diventano deprimenti, oltre che inutili, se non sono accompagnate da qualche azione rivolta a cambiare la situazione. Ormai l’ Italia ha tradito tutti i criteri necessari all’appartenenza all’UE (dalla violazione dei diritti umani alla violazione delle piu` elementari norme democratiche) e forse anche l’Unione Europea potrebbe esercitare pressioni per far si` che il popolo italiano abbia almeno la possibilita` di scegliersi veramente un governo che rispetti la propria Costituzione.

E. Clarke

Anonimo ha detto...

"... e forse anche l’Unione Europea potrebbe esercitare pressioni per far si` che il popolo italiano abbia almeno la possibilita` di scegliersi veramente un governo che rispetti la propria Costituzione".

Mio cara Mimma, lasci stare l'Unione Europea al suo compito preminente di contare i chicchi delle pannocchie ! Forse non ricorda che il governo gli italiani l'hanno già scelto, e stavolta senza alcun dubbio, a differenza di due anni fa.

Se la cosa non Le piace, si consoli, pensando che è in buona compagnia.

Ma se anche Lei vuole la democrazia, deve stare alle sue regole.

La repubblica dei filosofi, che tanto piace agli individui che si ritengono "superiori", porterebbe a ben altri danni, ne stia sicuro.

Gli italiani potranno pronunciarsi con referendum sulle eventuali modifiche costituzionali. Ma se approveranno queste modifiche, le avranno volute loro. La Costituzione, in fondo, è solo una legge, un prodotto contingente degli uomini, non un "totem" eterno e immutabile !

Del resto, basta che Lei la legga: troverà il disposto per il quale TUTTO nella Costituzione può esser cambiato, tranne la sola forma repubblicana dello Stato.

Cordiali saluti.

Cinzia ha detto...

Certo che Lei, Anonimo, è un tipo ben strano!
Non sopporta la venerazione o adorazione dei principi giuridici, poi però quando c'è chi propone di fare qualcosa in concreto Lei si appella al rispetto dell'iter giuridico. Sta, in buona compagnia dice, fra quelli a cui non piace questa situazione, ma non fa altro che essere giudicante, critico e disfattista.
Naturalmente è molto più comodo stare in poltrona a elucubrare giudizi piuttosto che impegnarsi a proporre soluzioni. Questo è il limite del comfort (un limite diffuso):
nessuna esposizione/rischio -
nessuna azione/emozione,
quindi cinismo a volontà per una colta e dignitosa giustificazione a non far nulla...
il modo migliore per non commettere errori(?)... mah...
Il Taoismo non la vede proprio così e io concordo con quello.
Non fare nulla è già di per sé un'azione che ha delle cause e avrà degli effetti.
Non spererà mica di guadagnarsi il paradiso non sporcandosi le mani?!
Io m'associo a Mimma.

Vittorio Ferraro ha detto...

Vorrei soffermarmi su un solo punto dell'intervento dell'anonimo delle ore 13,51.

Scrive: "Del resto basta che Lei la legga: troverà il disposto per il quale tutto nella Costituzione può essere cambiato, tranne la sola forma Repubblicana dello Stato."

Mi permetta di dissentire.

Lei non considera la giurisprudenza costituzionale. Accanto agli articoli bisogna tenere in conto la sterminata giurisprudenza che la Corte Costituzionale ha prodotto nel corso degli anni.

Di guisa - come insegna anche la dottrina - bisogna distinguere tra i principi costituzionali fondamentali e i principi meramente costituzionali.
I primi non possono essere oggetto di revisione costituzionale, i secondi si.

Vincenzo Scavello ha detto...

Sono paradossali gli atteggiamenti di quanti dovrebbero tutelare i valori della Carta Costituzionale.

Io non potrò mai eleggere alcun Parlamentare, perchè i nomi mi vengono imposti e passano solo i primi della lista (scelti per simpatia, comodità, o interesse del Capo di turno).

Io non potrò più credere nell'inamovibilità del Giudice se questi vengono trattati come pezzi di una scacchiera la cui partita non è giocata nelle aule dei Tribunali ma, da quanto stiamo assistendo, in luoghi dove, sospettiamo, la Giustizia non alberga di certo! - De Magistris e Forleo docent -.

Io, dopo il Lodo Alfano, non credo più che la Legge sia Uguale per Tutti, perchè non lo è più!

Io non credo nell'equità fiscale se il professionista, commerciante o artigiano, che viaggia con automobili da sogno, che si concede vacanze esotiche, che possiede più case, può godere di agevolazioni fiscali, soltanto perchè presenta una denuncia dei redditi miserevole.

Accolgo con piacere il monito del Capo dello Stato sull'intoccabilità di alcuni Principi della Carta Costituzionale, ma le quattro cose di cui sopra non vìolano la Costituzione?

C'è un'altra Carta, forse, in cicolazione, di cui noi comuni mortali non conosciamo l'esistenza?

Un Abbraccio

Anonimo ha detto...

Cara Cinzia,
anche io vorrei associarmi a te e Mimma. Ma considerato che saremmo in tre ed io sono condannato in via definitiva per 416 bis, non mi sembra proprio il caso. Quindi mi associo all'anonimo sperando di convincerlo che nella scelta degli attuali parlamentari e di conseguenza dell'attuale governo lui come il resto degli italiani hanno influito poco e niente.
Facciamo un esempio? Mettiamo che B anziché insersi a capo delle liste di ogni collegio si fosse inserito in coda designando a presidente Fini o Bossi, oggi avremmo che se anche il pdl avesse ottenuto il 90% dei consensi, egli, B, sarebbe soltanto il presidente di Forza Italia.
b

Anonimo ha detto...

"Lei non considera la giurisprudenza costituzionale. Accanto agli articoli bisogna tenere in conto la sterminata giurisprudenza che la Corte Costituzionale ha prodotto nel corso degli anni.

Di guisa - come insegna anche la dottrina - bisogna distinguere tra i principi costituzionali fondamentali e i principi meramente costituzionali.
I primi non possono essere oggetto di revisione costituzionale, i secondi si".

Quando ero un giovane studente, una delle prime massime che imparai era: "In claris non fit interpretatio".

Ora, l'art. 139 Cost. recita: "La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale", con ciò significando, manifestamente, che tutto il resto, ivi compresi gli artt. dall' 1 al 12, può essere oggetto della predetta revisione.

In caso contrario, se il legislatore costituzionale avesse veramente voluto estendere il divieto di revisione ai princìpi fondamentali, avrebbe dovuto aggiungere almeno una riga all'art. 139.

Mancando ogni altro riferimento, non può invece sussistere dubbio alcuno.

Infine, tornando ai discorsi fatti in precedenza, avrebbe una bella pretesa chi volesse cristallizzare PER SEMPRE il diritto di un popolo !

Non credo, del resto, che le singole persone che sessant'anni fa votarono la Costituzione fossero così ambiziose, né così sprovvedute, da pretendere che il loro prodotto normativo, neppure in parte, dovesse durare IN ETERNO !

Spiace per i "fedeli", ma sarebbe opportuno che cercassero altre "divinità" da adorare ... :)

P.S. - La "sanctio legis" era quella formuletta apposta in calce a taluni provvedimenti normativi romani, in forza della quale si sanciva l'immodificabilità della legge. Peccato che la legge successiva, modificando il testo della legge precedente, modificava anche la vecchia "sanctio", introducendone una nuova ... e così via, tendenzialmente all'infinito !

Mimma ha detto...

."...Forse non ricorda che il governo gli italiani l'hanno già scelto, e stavolta senza alcun dubbio, a differenza di due anni fa.
Se la cosa non Le piace, si consoli, pensando che è in buona compagnia.
Ma se anche Lei vuole la democrazia, deve stare alle sue regole."

Caro Anonimo delle 13.51, parliamo di "regole":
1) come spiegato dal Dott. Alessandro Pace (http://www.associazionedeicostituzionalisti.it
/dibattiti/conflitto/pace.html)
La proprietà di emittenti televisive determina ineleggibilità parlamentare, non solo incompatibilità nelle cariche di governo…..
2) La nostra e` ancora (formalmente) una Republica Parlamentare e in quest’ ultima legislatura il Parlamento e` continuamente avvilito con leggi approvate con fiducia o con decreti senza discussione
3) La legge elettorale in vigore e` una vergogna per un cittadino democratico (per il politico che l’ ha ideata e` semplicemente una ‘porcata’)…
4) la legge Alfano….
ecc. ecc. ecc.
Proprio perche` mi piacerebbe stare alle regole non riesco ad adattarmi alla situazione presente e non capisco come sia possibbile accettarla o subirla.

Cordiali saluti
E. Clarke

Anonimo ha detto...

"Proprio perche` mi piacerebbe stare alle regole non riesco ad adattarmi alla situazione presente e non capisco come sia possibbile accettarla o subirla".

E' una vecchia domanda, cara
Mimma (o caro E. Clarke, non ho ben capito a chi rivolgermi).

Potrei risponderLe che per almeno altri cento costituzionalisti le regole non sono state violate, ma mi limito a segnalarLe uno spunto di riflessione: se la democrazia è questa, non può valere solo a favore di alcuni, e di altri no.

Tra parentesi, è anche vero, e sfido chiunque a smentirmi, che lo stesso Hitler è stato democraticamente eletto! Non per questo c'è qualcuno che si permette di criticare il principio democratico.

Si innescherebbe ora una pericolosa disquisizione sui limiti della democrazia rappresentativa nel mondo contemporaneo e sulla stolidità di dare lo stesso valore ad ogni voto, a quello dell'ultimo "sciabigotto" come a quello del grande docente universitario (i loro voti valgono allo stesso, identico, modo) ma, non volendo tornare al suffragio in base al censo, preferisco evitarla, soprattutto perché assolutamente vana, oltre che fuorviante.

In conclusione, forse val la pena ricordare una "massima" tratta da ... una confezione di chewing-gum di molti anni fa, ripresa in mille altri modi e in mille altri contesti: "Non hai vinto. Riprova! Sarai più fortunato la prossima volta".

Anonimo ha detto...

In occasione della manifestazione culturale, "Evangelici e Costituzione italiana", nella due giorni organizzata a Palazzo Ducale venerdì 17 e sabato 18 ottobre dalla Fondazione per la Cultura di Genova e dall’Associazione Piero Guicciardini, ho assistito con particolare interesse all'intervento di Elvio Fassone già Magistrato e Senatore.

L’intervento del dr. Elvio Fassone, nell’invito era indicato con il titolo: "L’anima della Costituzione e l’apporto delle formazioni politiche"

Al termine dell’intervento, gli chiesi se fosse disponibile a fornirmi una copia dell'intervento. Egli con molta semplicità mi disse che volentieri mi avrebbe inviato copia integrale dell'intervento, aggiungendo che avrei potuto disporne l'uso a mia discrezione.

Oggi ritengo che sia interessante portare a conoscenza, anche ai partecipanti di questo sito, il contenuto del brano estratto dall'intervento citato.

Eguali nella soggezione alla legge

..... La Costituzione,... non afferma che gli uomini sono uguali, ma che hanno pari dignità sociale.
Poi però precisa che in una cosa almeno sono sicuramente eguali: nella soggezione alla legge.
E’ più forte e più solenne della scritta che si legge nelle aule dei Tribunali, “la legge è uguale per tutti”. Perché, purtroppo, la legge può essere eguale per tutti, nel senso che tutti o molti la aggirano e le si sottraggono.
Invece l’essere “eguali nella soggezione alla legge” significa richiamare tutti, uomini e donne, al fondamentale principio di coerenza. Se la legge l’hai scritta “tu”, attraverso la sovranità che ti appartiene e che hai delegato ai tuoi rappresentanti nel Parlamento, allora “tu” non puoi cercare di sottrarti ad essa, nemmeno se sei potente, anzi ancor meno quando sei un potente.

E’ finito il tempo in cui il re o il signore di turno era “legibus solutus” , cioè sciolto dal vincolo che egli stesso aveva posto.

Ecco perché, quando venne scritto l’indecente “lodo Schifani” - cioè la legge 140 del 2003, che pretendeva di esentare temporaneamente dalla responsabilità penale le alte cariche dello Stato - la Corte Costituzionale non ebbe esitazioni nel fulminare la legge, così palesemente contraria al principio fondamentale sancito in apertura della nostra Carta.

E’ a questo punto che la Costituzione compie un eccezionale balzo in avanti rispetto a tutte le Carte precedenti.

Non basta scrivere che gli individui sono eguali, non basta affermare dei principi, per quanto nobili. Gli uomini saranno eguali in dignità, saranno titolari di vari diritti, ma poi sappiamo bene che, di fatto, molti di essi non li potranno esercitare. Sappiamo che le vicende della vita sono crudeli e creano delle crepe nell’eguaglianza di fondo, e queste disuguaglianze, se lasciate a se stesse, non fanno altro che ingigantire (lo sapeva l’Antico Testamento, che nel Levitico prescriveva che ogni cinquant’anni si azzerasse la situazione e tutti tornassero sulla linea di partenza).

Diritti inviolabili, doveri inderogabili

Ebbene, la Costituzione, nel capoverso dell’art. 3, assume un’iniziativa del tutto inedita. Dice che i diritti non basta enunciarli, ma bisogna renderli effettivi, e che le disuguaglianze, che contraddicono il principio di pari dignità, vanno rimosse. “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”
Lo so che questo articolo è arcinoto, che è stato ripetuto mille volte, e mille volte se ne è lamentata la mancata attuazione. Ma oggi torniamo a leggerlo, con occhi nuovi, ed a capirne la profondità. “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli”, cioè le disuguaglianze di fatto - dice l’art. 3. Non dice che la Repubblica “rimuove”, o “cerca di rimuovere”, o “rimuove compatibilmente con le risorse che ha”, o ancora che “chiede gentilmente alla globalizzazione se le permette di rimuovere le disuguaglianze”. Dice senza mezzi termini che “è compito”, cioè “è un dovere”, un imperativo al quale non ci si può sottrarre. Questa non è - come è stato detto per tanto tempo, ipocritamente - una “norma programmatica”, cioè un obiettivo, che si cerca di raggiungere, e se non ce la si fa, pazienza, sarà per domani. E’ un precetto serio, acuminato, ineludibile.
Ed a chi si rivolge questo precetto? Alla Repubblica, lo sappiamo. Ma anche qui stiamo attenti. Chi è la Repubblica? Per capirci meglio, che cos’è la “res publica”? Siamo noi, tutti noi. L’art. 3 non dice che è compito “dello Stato” rimuovere le diseguaglianze, o compito del Ministero per la solidarietà sociale, o del Tesoro, o dell’assistenza pubblica, o del volontariato, o della Confindustria, o della Chiesa, o di chi volete voi. Dice che è compito nostro, di tutti noi. Vuole che noi siamo, o diventiamo “uomini (e donne, si capisce) che salvano altri uomini”, uomini che liberano altri esseri, uomini che sono chiamati a questo perché hanno in comune radici, storia, identità, ma soprattutto “umanità”, soprattutto il sacro legame della “solidarietà”.
Questa è la grande novità della nostra Costituzione, la proposizione che nella Dichiarazione del 1776 non c’era ancora, la versione legale e solenne di quella “fraternité”, che è sempre stata considerata un sentimento - a differenza della libertà e dell’eguaglianza - e che invece nella nostra Carta è diventata una categoria di rango costituzionale.
Ecco che allora il tanto ripetuto art. 3 assume un colore nuovo. Perché la Costituzione non si ferma qui. Dopo aver detto, e scolpito in modo che nessuno possa equivocare, che “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili della persona”, la Carta si preoccupa di scrivere anche il rovescio. Non esiste un diritto in capo a qualcuno senza che, in capo a qualcun altro, ci sia un dovere. E infatti l’art. 2 sancisce che la Repubblica, oltre a riconoscere e garantire i diritti, “richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.
Il quadro allora si completa. Come i diritti sono “inviolabili” - e cioè tali che nessuno li può violare - così i doveri sono “inderogabili” - e cioè tali che nessuno si può sottrarre ad essi. E l’insieme di questi diritti e di questi doveri costituisce il “patto di cittadinanza”, che ci lega tutti, uomini e donne (impedendo le discriminazioni), giovani e anziani (altro che lotta fra le generazioni), indigeni e immigrati (altro che esseri di serie B), viventi di oggi e viventi di domani (altro che scempio del pianeta, a danno delle generazioni future).


Fraterni saluti

Stefano
Genova

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Ho riletto l'intervista rilasciata da Gustavo Zagrebelsky e davvero credo che non ci possiamo inerpicare per scorciatoie per arrivare ad affermare che tutta la costituzione repubblicana è modificabile, tranne la forma repubblicana dello Stato.
Non senza avere la condivisione delle forze di opposizione, quanto meno.
Nella nostra costituzione v'è un equilibrio fra poteri dello Stato che non non può essere turbato a favore di uno e a danno dell'altro potere.
Non occorre far ricorso a dotte disquisizioni interpretative ed appellarsi alla giurisprudenza costituzionale.
Nè vale richiamarsi ad altre forme democratiche di Stato (mi riferisco agli U.S.A., laddove vige una macchina giudiziaria che, per sua fortuna o sfortuna, non fa appello al diritto romano).
Negli U.S.A. il pubblico accusatore è elettivo, ma gli amministratori di veri e propri giganti dell'economia se sbagliano vanno in galera, da noi no, non più almeno.
Separare le carriere di magistratura requirente e magistratura giudicante significa frantumare la forza equilibrante di un potere dello Stato a suo danno e a favore di un altro potere dello Stato.
Proporre, addirittura, l'eleggibilità del P.M., come fa periodicamente la Lega, significa dire delle scemenze o, peggio, dirle per fini diversi e tipicamente di bottega.
Non si affermi con tanta facilità che tutta la Costituzione si può riformare, modificare: non è così.
Inoltre, dov'è lo spessore culturale della politica di oggi tale da consentirle di ridisegnare gli equilibri costituzionali senza distruggerli ?
Addirittura si pensa di cambiarla a colpi di maggioranza e dando al referendum popolare il solo valore confermativo che non è previsto nella Costituzione medesima.
Anzi, quel referendum, privo com'è di un quorum, ha addirittura il valore di consentire ad una minoranza dissenziente rispetto ad una maggioranza neghittosa di bocciare le modifiche assunte anche con una larga maggioranza parlamentare.
Giù le mani dalla Costituzione, giù le mani dalla Magistratura !
Non è uno slogan, ma una necessità in un ambiente culturale che già parla e scrive di post-democrazia, quando la democrazia non è compiuta nemmeno da noi.

Vittorio Ferraro ha detto...

Caro anonimo, Le sue argomentazioni continuano a non convincermi.

Un grande costituzionalista, da poco scomparso, affermava che i principi supremi dell'ordinamento sono immodificabili. Lo stesso riteneva che in tutte le Costituzioni c'è uno zoccolo duro, come tale immodificabile. Questi era Leopoldo Elia.


Cosa diversa se un popolo voglia dotarsi di una nuova carta costituzionale e riscrivere le regole del proprio vivere civile.

Ma, siccome, io ritengo che le Costituzioni nascano in determinati contesti storici, non credo che l'attuale richiede l'urgenza di un nuovo testo. Semmai, vi potranno essere delle modifiche in quei principi non fondamentali, così da porre la Carta "al passo con i tempi": si pensi al federalismo fiscale.

Hegel scriveva che ciò che è espresso nella costituzione scritta è precisamente lo spirito della nazione, qualcosa che esiste anche nei comportamenti e nei costumi, e nella coscienza degli individui.

Non venero nè ho bisogno di cercare totem; sono soltanto un laico rispettoso delle regole

Anonimo ha detto...

"Hegel scriveva che ciò che è espresso nella costituzione scritta è precisamente lo spirito della nazione, qualcosa che esiste anche nei comportamenti e nei costumi, e nella coscienza degli individui.

Non venero ne ho bisogno di cercare totem; sono soltanto un laico rispettoso delle regole"

Anch'io sono un "laico": non indosso, infatti, l'abito talare!

Battute a parte, vorrei rilevare innanzitutto che Le Sue sono legittime opinioni. E mi piace anche il tono garbato con il quale le espone. Non ho inoltre la pretesa di farLe cambiare idea, ma credo di poter evidenziare due aspetti della questione:

1) Il primo è che, a mio modesto avviso, invocare l' "auctoritas" di grandi nomi non è un espediente dialettico efficace. E neppure nuovo, a quanto mi risulta.

2) Il secondo è che, a parte il grande giudice costituzionale citato, l'altro soggetto, "tale" Hegel, è il padre morale delle più allucinate ideologie e delle più sanguinose dittature che l'umanità abbia mai visto. Riconosco in lui la superiore intelligenza, pari solo alla pedanteria che ha dimostrato componendo le sue opere, ma non condivido, modestamente, una sola "acca" di quanto ha scritto ! Solo se incontrassi qualcuno disposto a spiegarmi (in buona fede), cosa sia l' "assoluto" forse potrei cambiare opinione ... :-).

Lasciamo quindi gli "spiriti" degli idealisti al loro domicilio abituale, per favore!

Quanto sopra esposto, ribadisco di non condividere le Sue opinioni per una ragion ultima che La prego di cogliere: non mi piace questa subdola e reiterata "deificazione" della legge fondamentale e, di conseguenza, dei suoi "sacerdoti".

Vede, parlare di Carta con la maiuscola, di Valori con la maiuscola, eccetera eccetera, come di continuo appare in questo sito, sembra uno "strombazzare" retorico alquanto strano, proprio perché spesso proviene, culturalmente, da chi questa retorica in passato ha combattuto in mille modi.

Non mi fraintenda, non sono uno scettico, non dico che non possano o non debbano esistere valori. Dico soltanto che non c'è bisogno di decantarli continuamente, come non c'è bisogno che si debba continuamente "pompare" retorica su retorica, come sempre accade in questo disgraziato paese.

In breve, non posso che ripetermi: la Costituzione è la legge fondamentale della Repubblica Italiana, è già stata modificata più volte, e più volte lo sarà, come tutte le leggi fondamentali di ogni Stato al mondo, sino a scomparire.

Riguardo alla magistratura, spesso invocata e "maiuscolata" anch'essa, al di là della retorica e della piaggeria (non scordiamo in quale ipocrita paese viviamo), essa non è composta da "sacerdoti" del diritto, come ho figurato prima, ma da singole persone, le quali hanno scelto una professione che assicura loro, rispetto alla media dei cittadini, un notevole benessere economico, oltre ad un notevole potere.

In magistratura vi sono ottimi soggetti (e i migliori sono sempre, guarda caso, i più modesti), soggetti ordinari, mediocri e financo pessimi soggetti, come in ogni ambiente lavorativo.

Dire "Giù le mani dalla Magistratura" per me ha lo stesso valore di dire: "Giù le mani dagli ingegneri, dagli avvocati, dai funzionari di Prefettura, dai dirigenti, dagli impiegati, dagli operai ecc. ecc.". Perché il fare il magistrato è un lavoro, in ultima analisi.

E' sicuramente un lavoro difficile, ma resta un lavoro, che si può svolgere bene, mediocremente o anche male, secondo chi lo svolge.

I magistrati non sono eletti: sono, in senso lato, dei pubblici impiegati. Sono selezionati in base a un concorso statale, come gli altri impiegati, anche se possono decidere della vita delle persone.

E' una nobile e difficile attività ma, sempre in senso lato, quella del magistrato resta l'attività di un pubblico dipendente, ancorché disciplinata da norme particolari.

Che, poi, il politico di professione di solito sia meno "affidabile" del magistrato discende dalla semplice constatazione che è ben difficile trovare qualcuno meno affidabile di un politico, anche se recentissimamente pare che il divario si sia alquanto ridotto ...

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Ho scritto nel commento che precede: "Colgo l'occasione per riferire che il ministro Sacconi avrebbe adombrato il pericolo di un crollo del "sistema Stato" a causa dell'eccesso di debito pubblico, con conseguete rischio di insolvenza dello stesso nei confronti delle obbligazioni emesse (BOT, CCT ecc.): cosa c'è di vero ?
12 dicembre 2008 21.10".
Non mi pare ci sia stata replica.
Ciò significa che la notizia (la dichiarazione di Sacconi) è priva di fondamento; che non ne sapete niente; che non ve ne importa niente ?

Anonimo ha detto...

Gentile anonimo delle 22.27.
Molte delle cose che dici sono vere ed ancor più belle leggerle.
Ed inoltre, visto come hai trattato Hgel, pretendiamo il tuo nome! Considerato che lui ha sbagliato tutto non v'è alcun dubbio sulla tua superiorità!
b

Anonimo ha detto...

L'Anonimo che a più riprese ha scritto commentando questo post (penso sia sempre lo stesso) si è parzialmente "rivalutato" (da solo, per come ha scritto, non per ciò che ha scritto) nel suo ultimo commento qui sopra. Ma a dispetto di maniere più argomentate e tranquille, per quanto assolute, il concetto che esprime resta -a mio avviso s'intende, che è pur sempre un parere valido in quanto argomentato, anche se non mi chiamo Hegel né giudico i suoi scritti- profondamente sbagliato.

Egli scrive, contro l'argomento di Zagrebelsky "la Costituzione è inclusiva. Non è scritta da chi vince contro gli sconfitti" che è "invero il prodotto di un compromesso fra [...]".
Mi permetto di far notare che prima di tutto questo non significa che vada contro gli sconfitti: se i vincitori sono onesti, o probi, o giusti, sanno che dal canto loro devono tutelare anche gli sconfitti, perché pure questi ultimi hanno dei diritti. Foss'anche togliendo a sé stessi del potere. E se si considera "sconfitto" il Re, un Re che era talmente al di sopra di tanti Presidenti successivi (come scritto da Anonimo) da aver abbandonato il Paese in guerra dopo averlo consegnato ad un dittatore, piuttosto che il Fascismo allora si che si dovrebbe ricominciare a prendere dei punti di riferimento e dei valori precisi, da cui far scaturire una discussione che altrimenti non è salvabile. E le do un assist: se il Fascismo è stato vinto in guerra, è davvero contro di lui che è stata scritta la nostra Carta, e non solo nelle disposizioni transitorie e finali, ma in ogni articolo della stessa, che trasuda democrazia attraverso valori di uguaglianza, libertà, affermazione di diritti e doveri e separazione dei poteri. Vogliamo dire che hanno sbagliato? Vogliamo dire che l'hanno fatto apposta? Che l'hanno scritto "contro" il Fascismo piuttosto che "pro" democrazia? O forse hanno scritto con un obiettivo preciso e più alto, che solo consequenzialmente comportava per forza di cose l'andare "contro" lo sconfitto, il quale avrebbe voluto invece proseguire con la dittatura?
Quanto al Referendum tra Repubblica e Monarchia e ai suoi brogli: che c'entrano con la Costituzione? Se non ci fossero stati brogli, e se avesse vinto la Monarchia, non avremmo dovuto comunque dotarci di una Costituzione? Siamo talmente onesti come popolo da poterci permettere regole "non scritte" come gli inglesi, noi che non rispettiamo nemmeno quelle scritte di proprio pugno?

Poi scrive "se non ce la fossimo data l'avrebbero comunque imposta gli alleati". D'accordo. E' per questo che non è valida -pardon- che non le si riconosce un rispetto maggiore di quello che si nutre per le altre leggi? Perché ce la siamo data di nostra spontanea volontà dato che la ritenevamo necessaria anziché avere un'idea diversa (tipo "non serve, non la vogliamo, ma la scriviamo lo stesso perché ci costringono")?
Io guardo a quanto c'è scritto, e a cosa comporta, non al fatto che in quella situazione si riteneva o meno necessario scriverla. Guardo a cosa saremmo oggi se non ci fosse, conoscendo l'indole del nostro popolo, e invito i tanti detrattori a fare un bel volo pindarico anche in questo senso ogni tanto, oltre a pensare a tutto ciò che non va per colpa della Costituzione. Provate a pensare se non l'avessimo avuta, per sessant'anni.

Infine scrive "Mi sembra pertanto evidente che la Costituzione è, e resta, un prodotto storico, con buona pace di tutti. Le ideologie che l'hanno in parte ispirata sono già morte e sepolte, da tempo."
Mi scusi ma a me sembra evidente che la Costituzione è e resta un prodotto culturale in anticipo sui tempi, che non siamo ancora riusciti a raggiungere, nonostante viga da 60 anni. Forse i nostri pronipoti (se gli lasceremo qualcosa di questo mondo invece di distruggerlo scientificamente) saranno sufficientemente maturi da capirla, studiarla e rispettarla. Noi oggi non lo siamo ancora. Non è storia, roba vecchia. La legga la prego, guardi ciò che dice non il modo in cui non viene attuata, e poi mi dica se non sembra una navicella aliena avanti anni luce rispetto a noi, che semplicemente non riusciamo a capire né ad usare.
Le ideologie che l'hanno ispirata sono democrazia, libertà e diritti: sono morte e sepolte da tempo o non le abbiamo ancora mai avute? E se sì, è proprio una bella cosa da mantenere o non occorrerebbe cercare di farle resuscitare?

Poi aggiungo qualcosa anche su altri argomenti toccati (scusatemi, ma non posso tacere):

1- a parte quanto già detto per la Costituzione "non scritta" degli inglesi, ma secondo voi i nostri concittadini sarebbero in grado non solo di trovare qualcuno ma anche di saper fare la scelta giusta se dovessimo nominare i giudici come fanno gli anglosassoni sulla base del principio di "good character"?

2- "Forse non ricorda che il governo gli italiani l'hanno già scelto, e stavolta senza alcun dubbio, a differenza di due anni fa". Ma se io dico "scegli: vuoi una mela marcia o una mela buona?" oppure "scegli: quale delle due mele marce vuoi?" è una scelta questa? Ma da quale logica proviene "gli italiani il governo se lo sono scelto" sapendo che il governo eletto aveva anche durante la campagna elettorale (che dura ormai da quindici anni ininterrotti, e più) la padronanza della maggior parte degli organi di informazione e di costume disponibili in Italia??? Base necessaria per operare una scelta è essere consapevoli, sapere se è vero che le due mele sono così come me le descrivi o no? E' poterle vedere e tastare prima! Ed è avere davanti come minimo almeno una mela buona tra cui scegliere, se non entrambe! E lo stesso discorso vale per il referendum sulle eventuali modifiche costituzionali, che naturalmente lei ha evitato di sottolineare come non sia semplicemente "confermativo" come lo vuol far passare il nostro premier oggi.

3- infine mi permetto di segnalare che di solito "giù le mani dalla magistratura" non è come dire "giù le mani dagli ingegneri", perché proprio in virtù del fatto che si tratta di un potere democratico (che non mi risulta si possa attribuire agli ingegneri, panettieri, ecc.) che decide della vita delle persone, è opportuno che non ci si metta le mani sopra. E non da parte di Pinco Pallino, ma da parte di un altro potere democratico, che così facendo violerebbe il principio di separazione dei poteri indefettibile perché ci sia democrazia, ovunque. Se lei avesse una televisione privata, e qualcuno mirasse a controllare tutte le agenzie pubblicitarie disponibili su piazza, violando un principio del libero mercato che le permetterebbe di sopravvivere, non urlerebbe "giù le mani dai pubblicitari"???
E questo se non altro è meno importante, perché lei almeno potrebbe cambiare mestiere. Mentre nel primo caso sarebbe il popolo a dover rinunciare ai propri diritti, alla giustizia.

Silvia.

ps: io scrivo con la maiuscola i nomi che mi hanno insegnato a scuola essere "propri". Ad esempio scrivo "carta da lettere", "principio costituzionale" e "Carta Costituzionale". Ma questo continuo vedere nelle parole di rispetto degli altri una deificazione di un "totem" da adorare ha un sapore freudiano...

Anonimo ha detto...

Mi permetto di rispondere, per quanto posso, a Luigi Morsello, che chiede quanto di vero ci sia nella dichiarazione del ministro Sacconi sul rischio di insolvenza dello Stato. Il problema sollevato da Sacconi, e prontamente ridimensionato da Tremonti, esiste e può essere sintetizzato in questi termini:
la mancanza di liquidità determina restrizione del credito per tutto il sistema economico (e quindi anche per lo Stato); lo Stato necessita di risorse per far fronte alle proprie uscite, reperendole attraverso il gettito fiscale e l’emissione di titoli di stato. Stante la recessione in corso, si stima una diminuzione del gettito fiscale e quindi una maggiore emissione di titoli di stato per far fronte alle spese (correnti ed in conto capitale). Il problema è che, stante la mancanza di liquidità a livello internazionale e quindi la maggiore difficoltà di reperire risorse finanziarie, gli stati aumentano il rendimento dei propri titoli facendosi concorrenza gli uni con gli altri. L’Italia a causa del proprio debito pubblico non può aumentare sensibilmente il rendimento dei propri titoli e così è meno concorrenziale rispetto ad altri stati (come per esempio la Germania) nel mercato dei titoli pubblici (se aumentasse troppo i rendimenti non riuscirebbe a far fronte agli oneri per interessi). In sostanza si potrebbe dare il caso che le sessioni di emissioni dei titoli italiani non realizzino quanto sperato. Ciò, oltre un certo livello, determinerebbe l’impossibilità dello Stato a far fronte alle proprie spese, sia le spese correnti, come gli stipendi le pensioni ecc., che le spese per il servizio del debito pubblico. Si determinerebbe così il default dello stato (caso dell’Argentina).

Un saluto

Anonimo ha detto...

Gentile Silvia,

Solo alcuni appunti, se permette:

1) Lei afferma: " ... il Re, un Re che era talmente al di sopra di tanti Presidenti successivi (come scritto da Anonimo) da aver abbandonato il Paese in guerra dopo averlo consegnato ad un dittatore ...". Ma il mio riferimento era ad Umberto, non già a Vittorio Emanuele. Fu lui a consegnare il paese al dittatore, non suo figlio. Difatti, abdicò a favore del figlio poco prima del referendum. Tra parentesi, vorrei notare come sempre si fa cenno alla fuga del re dopo l'8 settembre, dimenticando che anche altri sovrani fuggirono, addirittura trasferendosi all'estero e ritornando sul trono dopo che gli Alleati l'avevano riconquistato per loro: vedi la sovrana olandese Guglielmina, ad esempio, che si rifugiò in Inghilterra dopo l'invasione tedesca e che soltanto dopo la liberazione ritornò a fare la regina a tutti gli effetti.
Vae victis !

2) Non ho mai detto che non si debba rispettare la costituzione, ho detto soltanto, e qui ripeto, che questa non ha un valore "totemico". Riguardo a Freud, mi scusi se vado fuori dalle righe, ma credo debba sapere che le mille scuole di pensiero succedutesi e derivanti da Freud non hanno portato ad una sola guarigione clinica di un malato di mente, apportando invece notevoli vantaggi grettamente materiali al laureato in psicologia che si fregia del titolo di "analista". Egli usa infatti la nota massima "in analisi si entra ... e si resta tutta la vita" al solo scopo di assicurarsi un cliente ... per tutta la vita ! Le uniche terapie veramente efficaci per le nevrosi sono quelle delle scuole "comportamentali". Per le psicosi endogene, è ormai accertata da tempo la loro etiologia, restando la loro terapia eminentemente chimica. Viceversa, la psicanalasi è ormai una scuola "filosofica" dispersa in mille rivoli, oltre ad essere, soprattutto, una bella fonte di reddito per molti, al di là delle stantie battute a sfondo sessuale con le quali i "fans" degli psicanalisti si difendono. Sta di fatto che prima dell'emergere della psicanalisi la vita sessuale del cittadino italiano medio era molto più sana, proficua ed "efficace" di quanto lo sia adesso, e anche questo è un dato incontrovertibile !

3) Riguardo al "good character", se questo criterio secondo Lei non può funzionare in Italia, perché lo dovrebbe il criterio del "concorso" ? Vede, come si può imbrogliare attribuendo un "good character" a chi non l'ha, allo stesso modo si può imbrogliare passando ad un concorso non chi lo merita, ma magari chi è figlio di ... nipote di ... moglie di ... marito di ... raccomandato di ... eccetera, eccetera!

4) La padronanza dei mezzi d'informazione è una vecchia storia. I casi sono due: o gli italiani sono stupidi (perché chi si fa irretire dalla televisione è stupido) e pertanto sono stupidi sempre, anche quando eleggono candidati diversi, o sono stupidi soltanto quando eleggono persone non gradite!
Del resto, è vero o no che in almeno due occasioni gli italiani hanno scelto maggioranze diverse anche quando la titolarità di fatto dei "media" era la stessa ? Vede, se uno è stupido, è stupido quando elegge Berlusconi ma è anche stupido quando elegge Prodi! Questo è poco, ma sicuro. E lo dico a prescindere dal fatto che la stragrande maggioranza della carta stampata e della televisione (Mentana, Costanzo in Mediaset, ad esempio, senza parlare di Fazio, Santoro, Floris, Dandini in Rai ... e tutti i "comici") resta sempre antiberlusconiana, che Le piaccia o no.

5) Anche un medico, più che un magistrato, decide della vita delle persone. E un ingegnere civile che progetta un ponte o un edificio, non decide forse della vita delle persone ? E anche il gommista che ci ripara le ruote della macchina deve stare bene attento a riavvitarle con cura ... questo non per svilire l'importanza della magistratura, ma per far capire che tutti nella vita dovrebbero fare il loro dovere. Basterebbe questo. Magari !

Per ultimo, una nota: anche la parola "democratico/a" è spesso abusata: non dimentichi che la Germania veramente libera era la "Repubblica Federale Tedesca", laddove la Germania veramente non libera era, guarda caso, la "Repubblica Democratica Tedesca" ...

Cordiali saluti.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Grazie Cesare, chiarimenti illuminanti e rassicuranti.
Buon Natale a tutti.

Anonimo ha detto...

COME NON VEDERE NELL'ASSENZA DI PROPOSIZIONE DI UN REFERENDUM PER L'ABROGAZIONE DELLA LEGGE PORCELLUM DI CALDEROLI IL SEGNO DELL'"ISTINTO DI MORTE" DELL?OPPOSIZIONE ? COME NON VEDERE NELL'ASSENZA DI DISCUSSIONE e DENUNCIA ALL'INTERNO DELLA MAGISTRATURA DEI PROBLEMI SOLLEVATI DALLA PROTESTA DEI NEOATU SULLA GESTIONE DEI SERVIZI INFORMATICI AD AZIENDE INGATE DA DE MAGISTRIS UN INEQUIVOCABILE SEGNO DI LABILITA'ETICO-MORALE E DI VIGLIACCHERIA ISTITUZIONALE NELLA DIFESA DELLA COSTITUZIONE?Maria Cristina

Anonimo ha detto...

Egregio Anonimo delle 23.11e degli interventi successivi,

Mi scusi ma credo che il suo intervento sia frutto di una contradictio in adjecto.

Non mi soffermo sulle sue personali opinioni storiche,non servirebbe a granchè sottolinearle il "valore" dell'ugualgianza giuridica che sottende all'idea di codice come risposta agli iura singularia,il primato della legge sulle altre fonti,il divieto del "non liquet" o la "civilità" dell'abolizione della pena di morte ad opera di quello statarello che era il Granducato di Toscana.

Il punto è un altro.

La Costituzione è si un prodotto storico,ma non è solo una fonte del diritto.La Costituzione protegge valori e questi sono eterni rebus sic stantibus.Se si vuole si può dar vita ad un assemblea costituente,ma trattandosi di materia così delicata una legge istitutiva (ovviamente costituzionale) dovrebbe essere approvata all'unanimità.Fino ad allora,quei valori, resteranno immutabili.L'atteggiamento di “divina sottomissione” come lei la chiama non è dovuto alla fonte,ma al suo contenuto,a quei valori che traduce per iscritto e a cui da dignità di fonte primaria.D'altra parte anche in campo religioso si tratta pur sempre di adorazione di valori,la differenza risiede nella origine e nella funzione:divina e finalizzata alla salvezza dell'anima l'una,laica e destinata alla salvezza della vita l'altra.Ora che lei voglia far credere che le costituzioni possono avere qualsiasi contenuto mi può stare bene,ma non accetterò mai che lei voglia far passare il concetto che questa costituzione possa aver qualsiasi contenuto perchè così non è,e non lo sarà fin quando non ci sarà una nuova costituente.

Quanto alla costituzione e all'art 139,mi duole dirglielo,ma il principio “in claris non fit interpretatio” ,e lo spiega Natalino Irti nella sua “Introduzione al diritto privato”,è un principio di carta,inesistente ed ossimorico perchè l'attività interpretativa è proprio preliminare all'essere un determinato ente semaforo “clarum”.

Mi spiego meglio

Se lei trovasse scritta su di un pacco di pasta la seguente frase “aprire con cura” si troverebbe ad affermare la sua chiarezza solo dopo averla interpretata e quindi solo dopo aver prefigurato il significato di “aprire” e dato contenuto all'espressione “con cura”.Passiamo ad un esempio un po più astruso.Immaginiamo di dover interpretare l'espressione”l'uomo non può essere soggetto a schiavitù”.Ciò vale solo per l'uomo?E per la donne e i bambini è valido?E cos'è che ci permette di qualificare un uomo?Cosa è la schiavitù?può essere considerata schiavitù lo svolgere un lavoro in condizioni disumane e per una paga che non permette il sostentamento proprio e della propria famiglia?E “soggezione” importa che sia considerata schiavitù solo quella contro voglia o vi rientra anche la soggezione volontaria all'altrui potere?

Questi sono solo degli esempi volti a palesarle come qualsiasi attività comunicativa sia in ciò stesso interpretativa.

Venendo propriamente all'art 139.Che vuol dire forma repubblicana?Cos'è che qualifica la forma repubblicana?Quando possiamo dire di trovarci di fronte a una repubblica e quando ad un oligarchia?E' la sola presenza di un parlamento in cui sono concentrati la maggior parte dei poteri a fare una repubblica o ci sono altri fattori?Può un paese in cui v'è un parlamento e il diritto di elettorato passivo viene concesso su base censitaria considerarsi una repubblica?E un paese in cui il parlamento svolga anche ed in unica istanza la funzione esecutiva e giudiziaria?E un paese in cui ci siano un parlamento un governo e un potere giudiziario distinti ed anche un l'elettorato attivo costituito da tutti i cittadini,considerarsi repubblica se viene negato il diritto di riunirsi in pubblico,di manifestare pubblicamente le proprie opinioni,di riunirsi in associazioni?Quali sono i diritti funzionali acchè una forma di governo si possa qualificare repubblicana?

Come vede “in omnibus fit interpretatio”.

Hitler è stato eletto democraticamente?Vero,ma non aveva una Costituzione rigida che ne vincolasse l'operato.Ed è proprio questo che rende la costituzione inclusiva,il costituire un limite per l'operato dei pubblici poteri.Ha reso impossibile che chiunque fosse giunto al potere potesse,forte della legittimazione popolare,”fare di una sedia un tavolo e di un tavolo una sedia”.L'esilio di Umberto è dovuto alle responsabilità storiche della casa reale,responsabilità che la sovrana Olandese Guglielmina non ha avuto dal momento che l'Olanda non ha avuto un governo dittatoriale ed è stato paese occupato,non occupante o alleato di occupanti.Lei può non condividere il giudizio su tali responsabilità,i Costituenti non la pensavano come lei.E una conferma che la nostra costituzione sia inclusiva deriva proprio dal fatto che l'esilio era dettato alla casa reale,non al partito monarchico che ha potuto continuare a partecipare alla vita politica.

Mi permetta infine di non condividere la sua considerazione sulla magistratura.

Vede è una questione di funzioni.

Non me ne vogliano i medici,gli ingegneri e gli altri professionisti che hanno permesso al mondo di essere quel posto meraviglioso che è,ma svolgono funzioni secondarie,ovvero funzioni non essenziali alla vita delle persone.La giurisdizione,diversamente,è insieme alle altre funzioni di governo garanzia al “bellum omnium contra omnes”.Può non essere istituzionalizzata,ovvero strutturata alla buona col vecchio del villaggio,ma la sua funzione è sempre esistita perchè è funzionale alla coordinazione e alla cooperazione che sono i fini di qualsiasi organizzazione sociale.

Cordialmente

Pierluigi Fauzia

Anonimo ha detto...

Elegante la Sua risposta, caro Fauzia, ma se tutto può esser interpretato e nulla è chiaro, come sembra affermare Lei, perché mai dovrei allora dar retta alla Sua opinione ?

Anche la Sua è solo un'ipotesi, secondo la Sua stessa logica.

E allora, perché mai dovrei prostrarmi come un fanatico davanti ad una nuova divinità, cartacea per giunta, senza tener conto di CHI, QUANDO e IN QUALI CIRCOSTANZE STORICHE l'ha scritta ?

La rispetterò certamente, in quanto ha valore di legge, anzi, ancor più delle normali fonti di primo grado, ma nessuno potrà mai impedirmi di attribuirle sì un valore attuale, ma anche un valore storico e quindi mutevole, per sua intrinseca natura di prodotto normativo.

Nessuno ha poi messo in discussione l'importanza della funzione della magistratura. Anzi, direi il contrario. La funzione giurisdizionale coincide, invero, con l'esercizio di un potere dello Stato. Il singolo magistrato esercita davvero un potere dello Stato. Proprio per questo deve essere selezionato con la massima cura, con la massima prudenza e con la massima imparzialità.

Ma il singolo magistrato E', e resta, lato sensu, un pubblico impiegato, a differenza del deputato e del senatore che, seppure molto spesso indegni del ruolo che rivestono, hanno una legittimazione popolare, come recita il PRIMO articolo della stessa Costituzione, e che sono investiti mediante pubbliche elezioni, a differenza dei magistrati.

Si spera soltanto che il radicato e profondo malcostume, imperante in tutti i pubblici concorsi in Italia, non abbia contribuito a portare in magistratura troppe persone indegne, come troppo persone indegne sono state portate in Parlamento. In quest'ultimo caso, però, è stato il popolo a darsi direttamente, per così dire, "la zappa sui piedi", onde non ha titolo per lamentarsi troppo, laddove del fatto che qualcuno imbrogli ad un concorso al popolo, francamente, non può esser attribuita alcuna responsabilità.

Essendo un naturale ottimista spero comunque per il meglio, anche se la mia resta solo una speranza e tale speranza è sempre più ridotta man mano che si apprendono nuove circostanze, nonostante in questo sito illustri e bravi magistrati siano pronti a giurare che il "loro" concorso resti in ogni caso l'UNICO concorso "pulito" in Italia !

Donde traggano questa fede assoluta, Dio solo lo sa ...

Ma se, infine, vuol ritenere più "importante" un magistrato di un chirurgo, a questa considerazione posso solo aggiungere che è vero, un magistrato è più "importante", nel senso che mette più "paura" del chirurgo ... salvo quando uno si trovi in sala operatoria !

Cordiali saluti.

Anonimo ha detto...

Sottoscrivo interamente il commento di Pierluigi Fauzia che mi ha preceduto, ma aggiungo qualcosa.

Prima di tutto io non ho né fatto una diagnosi né una prognosi per eventuali problemi psicologici lei dovesse avere. Per cui che la psicanalisi sia una scienza esatta e utile o meno al momento non mi riguarda.
Ho solo fatto una battuta riferendomi al fatto che molti (non solo lei) reagiscono a parole di rispetto per la Costituzione (o al fatto di scriverlo in maiuscolo) con una sorta di riflesso condizionato: in automatico l'interlocutore deve essere un adoratore pagano di una cosa che non ha senso adorare -una legge.
A parte il fatto che -parlo per me, ma credo valga per molti- non c'è proprio niente da adorare (poiché la Costituzione è pur sempre stata scritta da uomini, per quanto il risultato ottenuto sia molto più alto di ciò che si potrebbe ottenere verosimilmente da qualunque uomo medio) ma poi anche perché financo la legge in genere non va "adorata", va pretesa, rispettata, cercata, non adorata. E' quella che ci distingue dagli animali.
Solo che con questo individuare un'adorazione che non c'è si delegittima l'avversario dialettico, che viene di fatto accusato di pregiudizio, anche quando non corrispondesse a realtà. Per questo di solito è meglio argomentare che dichiarare, se si desidera criticare o prendere le distanze da uno che difende la Costituzione (o altro).

Sul discorso del concorso e della nomina per "buon carattere" entrambi truccati mi spiace ma ci torna in aiuto la legge: al di là del risultato occorre un metodo per essere sicuri che la cosa funzioni. Se io rispondo "8" alla domanda "quanto fa 3 più 5" perché li conto è diverso che se indovino ma rispondo a caso. E la legge è quella che aiuta a definire il metodo. Ci sono delle regole alla base di un pensiero scientifico, che permettono di rischiare di meno, di commettere meno errori. E' meglio misurare la lunghezza di un foglio di quaderno con un calibro o con un metro? E' meglio nominare magistrati attraverso un concorso che è difficile da truccare (anche se gli italiani sono maestri in quest'arte) e che se viene truccato può capitare anche di scoprirlo o attraverso una nomina per cui non c'è bisogno di truccare nulla, né di dare spiegazioni (quindi non si scopre niente) perché all'incaricato basta dire "secondo me lui ha un buon carattere, l'ho nominato per questo"?

Poi le chiedo -davvero senza polemica- di fermarsi un attimo a riflettere. Mi perdoni se sembro brusca ma penso che lei abbia scritto di getto senza ponderare bene le parole. Non gliene faccio una colpa, lo faccio anch'io spesso, siamo umani. Ma si fermi, rifletta e pensi, se vuole controlli, e poi mi ripeta che Mentana, Costanzo, Fazio, Floris e tutti i "comici" (non ho capito se quelli di Zelig o quelli che in tv non ci mettono mai piede?) sono contro Berlusconi. Le chiedo di ripetermelo perché voglio essere sicura che lo scrive volontariamente.
Ho lasciato fuori Santoro, ma sia chiaro che il fatto che sia apertamente antiberlusconiano non ne fa né un giornalista imparziale, né un sostenitore di altri non-berluscloni.
E lasciamo perdere il 95 % degli spazi televisivi e giornalistico-editoriali che stanno attorno al 5 % che lei mi ha elencato.
Vi prego, dite tutto quello che volete, ma non negate l'evidenza: è inutile insistere sul fatto che non ha il controllo dei media. Si può approvare o dissentire ogni cosa che Berlusconi fa (come del resto vale per tutti i viventi), ma non si può negare quello che è o che fa.
E sul fatto che gli italiani istupiditi dai media abbiano votato anche 2 volte Prodi la dice lunga sia sulla sua presunta infallibilità (di B.) sia sul livello a cui anni di bombardamenti mediatici ci hanno portato: a giocare al lotto invece di andare alle urne. Un colpo uno e un colpo l'altro senza cognizione di causa, mai. E' il discorso di prima: il metodo.

Infine una nota (in parziale contrasto anche con quanto scrive Pierluigi Fauzia) sull'importanza dell'indipendenza della magistratura rispetto alle altre categorie professionali.
Sottolineo che ho già cercato di spiegare che non si tratta di una categoria più importante delle altre perché decide della vita delle persone, infatti so benissimo che anche altre categorie lo fanno. E' invece più importante NON LEI, MA LA SUA INDIPENDENZA perché si tratta di un potere democratico, uno dei tre pilastri per evitare oligarchie e dittature, per garantire libertà a tutti, pari dignità sociale, pari diritti e pari doveri, anche davanti alla legge... ed è la sua indipendenza che garantisce l'indipendenza di tutte le altre categorie di lavoratori.
Un'altra categoria può non essere indipendente (anche se è auspicabile che tutte lo siano, ma l'avevo già detto) senza che venga pregiudicata la vita democratica di un Paese (e in effetti così è). Perché se il potere esecutivo controlla un'altra categoria (tipo quella dei medici) definendo le direzioni verso cui devono prendere la decisione medica gli specialisti, la magistratura LIBERA è lì per dire "no". Ma se la magistratura fosse sotto il controllo dell'esecutivo, potrebbe mai dire al proprio capo "no" per qualunque cosa si ponga il problema? Può mai indagare il proprio capo se lo sospetta di reati vari?
Senza contare che è ridicolo per qualunque essere pensante questo slogan propagandistico che rimbalza su tutti i media del "sotto l'esecutivo per rimediare ad una politicizzazione che non ci deve essere". Sembra di sentir dire a un diabetico di ingozzarsi di zucchero puro se si sente male, perché quello è il rimedio giusto!

Silvia.

PS: la nota sulla parola "democrazia" non l'ho capita. E' un altro riflesso condizionato al fatto che l'ho nominata per ben due volte nel mio intervento precedente? Perché non mi sembrava di avere espresso dubbi riguardo quella parola, né che se ne stesse discutendo. O vuole forse dire che la nostra Carta secondo lei non è democratica?

Cinzia ha detto...

dott. Faunzia Grazie,
veramente grazie di cuore.
Una bellissima, chiara e dotta esposizione che mi solleva dal dovermi mordere la lingua, non avendo gli strumenti e le cognizioni adeguate a rispondere, quando leggo commenti come quello a cui ha egregiamente risposto Lei. Grazie.
E' stata una provvidenziale boccata d'ossigeno ottima per ridimensionare questo clima falsamente liberale del tutto è interpretabile attraverso una sorta di relativismo fai da te.
Ogni vanno ribaditi i punti fermi.

Anonimo ha detto...

per anonimo dell'1.00
un piccolo regalo per Natale: il tuo nome!
è possibile?
O almeno, potrebbe togliermi una curiosità?... secondo me, lei non è un politico!
b

Anonimo ha detto...

Ma allora lo fa apposta! In realtà lei (Anonimo) ha capito perfettamente ogni cosa ma si diverte a raccontarci il contrario, a farsi passare per imbecille!

Al di là del fatto che che una frase come "se tutto può esser interpretato e nulla è chiaro, come sembra affermare Lei, perché mai dovrei allora dar retta alla Sua opinione?" non ha assolutamente senso, sia perché quanto esposto da Fauzia non era un'opinione bensì una spiegazione tecnica (infatti non indicava l'interpretazione giusta, elencava solo una serie di possibilità, basterebbe voler leggere), sia perché il fatto che tutto possa essere interpretato non significa che possa assumere un significato e anche il suo contrario, ma soltanto che debba essere letto all'interno del più ampio contesto che lo contiene, il quale darà sicuramente un significato univoco (o almeno due molto simili). Se io vedo una faccia aggressiva ed arrabbiatissima rivolgersi verso un viso sorpreso dò un significato alla cosa, ma se allargo l'inquadratura e vedo che la prima è solo la reazione ad una situazione di pericolo in cui con cinica ironia il secondo uomo sta puntando una pistola carica verso il primo uomo, beh, mi sembra che il significato cambi radicalmente. E che abbia più senso "interpretare" nell'ottica più ampia di un contesto piuttosto che fare gli assolutisti sul primo piano. O no?

Ma la cosa che più mi stupisce della sua ostinata ostentazione di incapacità di intendere e di volere (capacita che non credo affatto le manchino realmente, ma le torna utile farlo credere) è il suo terzo capoverso: "perché mai dovrei prostrarmi come un fanatico davanti ad una nuova divinità, cartacea per giunta [...]". Ma si può -di grazia- sapere chi è che adora la Costituzione come una divinità? Ma cos'ha mangiato e/o bevuto prima di leggere i commenti ai quali risponde? Ha finito di confondere il rispetto e l'approvazione con l'adorazione e il pregiudizio? Torni sulla terra per favore, poi ne riparleremo.

Infine, donde LEI tragga questa fede assoluta che i magistrati che scrivono qui nel blog siano convinti che il loro sia l'unico concorso pulito, beh... Dio solo lo sa (lei no di certo)!
Senza contare che nessuno ha posto la questione dell'importanza della magistratura, bensì della sua indipendenza. Ma anche su questo si è confuso.
E senza contare nemmeno che l'investitura popolare non garantisce niente: IN TEORIA possono essere eletti beceri individui sia se il popolo è manipolato, sia se non lo è ma è becero e disonesto in prima persona, sia se è onesto ma disinteressato, ecc. Poiché si tratta di una semplice "scelta" (nel felice caso in cui dovesse esserlo davvero), mentre un concorso IN TEORIA costringe i controllori a valutare i candidati sulla base di prove concrete e documentate di bravura, capacità e conoscenza.
Se poi LA PRATICA è insoddisfacente in entrambi i casi non significa che siano insoddisfacenti anche le teorie, basterebbe applicare le leggi e/o essere onesti.
Ecco, questo è l'unico punto su cui concordo con lei: basterebbe che ognuno facesse il proprio lavoro.

Cordiali saluti, ma torni a dialogare senza fingere di essere meno intelligente di quello che è, la prego.

Silvia.

ps: mi auguro di essere stata sufficientemente chiara: non intendevo insultare nessuno, ma fingere di non accorgersi di certi giochini dialettici che si mettono in atto è ormai un passatempo troppo diffuso, e mi fa ribollire il sangue.

Anonimo ha detto...

Cara Silvia, non so chi sia Lei, ma creda che se si diverte a cercare di "smontare" regolarmente quello che dico Le lascio campo libero, senza per questo dimenticare che sia Felice Lima, di cui ho la massima stima come persona e come magistrato, sia altri magistrati in questo blog più volte hanno sostenuto che il concorso in magistratura era assolutamente al di sopra di ogni sospetto !

Pertanto, scriva pure quello che ritiene opportuno: ne ha facoltà, come il sottoscritto ha la facoltà di non risponderLe più, perché non ammetto che si falsi regolarmente quello che dico e il senso di quello che dico, anche se ciò avvenisse in buona fede, il cui beneficio Le concedo, nonostante il linguaggio e il tono didattico- imperativo che adopera.

Cordiali saluti.

Cinzia ha detto...

Non se ne viene fuori.
Mi sembra che se c'è qualcosa nell'animo umano che è sistematicamente coltivato, arrivando ad ingigantirsi in maniera smisurata e producendo le più svariate forme di mostruosità intellettuale è l'ego-narcisismo, quasi sempre affiancato dalla frustrazione.
Il che può sembrare una contraddizione, superficialmente si potrebbe affermare che un ego-narcisista sia così soddisfatto di sé da essere felice, ma non è così.
In realtà per un ego-narcisista qualsiasi cosa è frustrante, perché nulla potrà mai essere all'altezza delle sue aspettative. Per altro andrebbe aggiunto che quest'ultime crescono come gramigna su un humus umano distorto e va da sé che così non se ne esce.
Diventa difficile avere uno scambio.
A questo punto non riesco neanche più a vedere in questa discussione una mancanza di volontà d'ascolto o una palese faziosità politica, solo una grande solitudine...
ma non di quelle da libro "cuore", no!
Piuttosto vedo solitudini ostinate che pensano, vogliono, credono a tutti i costi e senza dubbi di avere certezze da mettere in ogni cosa e senza mediazione, semmai dialettica pronta all'uso, ma senza possibilità d'incontro.
Come se bastasse l'incontro a provocare una resa.
Come se il dialogo non fosse uno scambio utile a dare e avere, ma una gara in cui se proprio non si può vincere che almeno non si corra il rischio di perdere la propria identità.
La solitudine è un sintomo che fa soffrire molto la nostra derelitta umanità, solo un sintomo però.
La solitudine è egoismo, paura, pregiudizio, povertà ed è così ingombrante che non lascia spazio ad altro.
Scusate se il mio commento potrà sembrarvi fuori tema, ma il mondo prima di essere fatto di politici, magistrati, giornalisti, medici, ingegneri e tutto quanto d’altro può venire in mente, è composto di materiale umano.
Ed è quel materiale umano che compie atti, opera scelte, prende decisioni.
Ecco, diciamo che letto in questa chiave forse non risulta poi tanto fuori luogo.
Oppure, se volete, prendetela pure come la dissertazione di una visionaria.
Potenza del libero arbitrio.

Anonimo ha detto...

GRANDEEEEEEEE Cinzia!!!
Però devo ammettere che con l'Anonimo sei stata un pò dura.
A me mi è simpatico, forse perché lo immagino apolitico con tendenze anticomuste!
b

Anonimo ha detto...

Cara Cinzia, condivido quello che ha scritto. Spero anche qualcun altro, ma sul punto conservo qualche dubbio.

Anonimo ha detto...

Io non sono nessuno, una semplice cittadina.
Mi dispiace aver dato l'impressione sbagliata ma non mi diverte affatto smontare regolarmente né quello che dice l'Anonimo né quello che dicono altri. Ho molte altre cose da fare e mi costa fatica perdere tempo a scrivere e leggere nel blog, infatti lo faccio sempre più raramente purtroppo. Ma non demordo perché penso che l'unico modo per ricostruire una base e partire per una nuova Italia sia il dialogo.

Se vuole, d'accordo, non risponderò più, mi lasci però dire un'ultima cosa, sul mio comportamento in questa discussione, credo di averne il diritto. Per legittima difesa, se così si può dire.

Non ho mai falsato quello che scrive lei, né altri. L'ho solo criticato. Non le ho fatto dire cose che non ha detto. Ho criticato quelle che a me paiono assolute bugie dette consapevolmente.
Mi dispiace se ho usato del linguaggio didattico-imperativo, non l'ho fatto volontariamente.
Mi sembrava che le cose che ho esposto fossero ovvie, palesi, ecco perché ho usato quel tono.

Io non ho detto mai che i magistrati qui pensano di essere passati per raccomandazione, ma dire che pensano di essere gli UNICI passati onestamente è diverso. Significa attribuirgli una supponenza che non hanno.
Ecco perché ho criticato quella sua frase.

E le altre l'ho fatto perché mi sono sentita offesa: io non adoro la Costituzione, non sono una stupida. Non sono un'imbecille con credenze pagane. Non credo nemmeno nella religione, si figuri se credo in altre cose. Dire che chi non critica la Costituzione la adora significa passarli per scemi! Io non lo sono. Non la adoro. Ma la ritengo giusta. E' così grave? E' smontare quello che lei scrive, smontare le sue opinioni, dare anche la mia?
Mi sono sentita offesa quando scrive che molti giornalisti sono contro l'attuale governo. Ma -di nuovo- sono scema? Mi nomina dei dipendenti di Berlusconi dicendo che lui li lascia lavorare ugualmente anche se sono contro di lui... mi nomina persone che non tirano fuori un argomento scottante nemmeno se glielo presenti su un piatto d'argento... e lasciamo perdere perché non voglio continuare con una polemica sterile e inutile. Ma non mi dia della cretina per favore: non mi dica balle. Non mi dica che la "stragrande maggioranza della carta stampata e della televisione" è contro questo governo: E' SUA! La prego, questa è un'offesa, non a me, ma alla mia intelligenza e a quella di tutte le persone che queste cose le vedono!
La prego, io accetto tutte le critiche e le risposte possibili, e sono dispostissima a cambiare idea se mi rendo conto di sbagliare, ma per favore c'è un limite alla decenza!

Con questo chiudo, e mi scuso con tutti se sono stata troppo pignola nei miei commenti. Non ho intenzione d disturbarvi oltre, tanto ormai (dovessero uscire altri commenti anche su altri post) sapete come la penso a riguardo.
A me sembrano argomenti di grande importanza, ma forse è meglio se lascio il posto a commentatori più diplomatici.
Mi tratterrò, e se non dovessi riuscirci prometto che il massimo che farò sarà scrivervi "no comment". Chi vorrà saprà cosa intendo.

Ancora scuse, e buone feste a tutti!

Anonimo ha detto...

A "b": grazie della simpatia!

Per quanto riguarda le mie tendenze politiche, meglio sarebbe definirmi "anarchico-individualista". Non è del tutto esatto, perché non vedo "fantasmi" ovunque e l'egoismo non mi piace, ma forse questa definizione è quella che si avvicina maggiormente al mio pensiero.

Tanti cari auguri a Te e a tutti i lettori.

Anonimo ha detto...

Scusate, mi sono accorta ora che l'altra volta non ho firmato, anche se penso si capisse che ero io.

Buone Feste, io tolgo il disturbo.

Silvia.

Anonimo ha detto...

Procedendo per interventi:

Egregio Anonimo

Chiedo scusa a lei e agli altri della poca chiarezza dell'intervento.

Proverò a spiegarmi meglio.

Un concetto non è chiaro o interpretabile.Non si possono dividere i concetti identificando come chiari quelli che non vanno interpretati e oscuri quelli che necessitano di interpretazione,dal momento che è attraverso l'attività interpretativa che un concetto diventa chiaro.

Di modo che esso è chiaro in quanto interpretato e le due cose sono l'una momento necessario dell'altra.

Non v'è chiarezza senza interpretazione.Se vi fosse dovrebbe chiamarsi pregiudizio o preconcetto,dal momento che pre-giudica come dato ovvio il significato di un'espressione.

A scanso d'equivoci:ciò non significa che tutte le interpretazioni hanno la stessa forza e la stessa dignità,e per evitare di riscrivere esattamente quanto già scritto tempo fa la rimando agli ultimi commenti di questo post:http://toghe.blogspot.com/2008/07/lordinanza-del-gip-di-verona.html

Commette un errore ,poi, nel momento in cui continua a guardare al contesto e non al testo,alle circostanze ma non al suo significato oggettivamente rintraccibile attraverso un interpretazione letterale.

Ogni testo scritto ha un suo significato letterale ricavabile da un indagine sul significato delle parole e sulla loro connessione logico-sintattica.Tale significato, proprio perchè vincolato a delle parole ,è indipendente dal contesto che lo ha prodotto.

Di ciò ne deve prendere atto.

Lei può,se lo vuole ancora, tergiversare sull'essere la nostra Costituzione contenuto,più che contenitore.Le ribadisco che si tratta di valori,non di valenza.

Sui magistrati,infine,non comprendo l'argomento.

L'ho riletto più volte,e non sono riuscito a capire a quale conclusione volesse condurmi.Posto che i magistrati e i deputati hanno legittimazioni differenti alla carica cosa dovremo dedurre?Che i politici hanno i giudici negli elettori?Oppure significa che ,siccome ci sono magistrati che hanno vinto il concorso truccando,tutta la categoria è innaffidabile?

Non capisco.

A Silvia:

La essenzialità della giurisdizione come funzione di governo ,risiede nel suo essere sempre esistita dove v'è stata una società ordinata.Le altre funzioni sociali si sviluppano dopo che sono assicurati una organizzazione e uno schema cooperativo.Prima di tale momento esse esistono come necessità dei singoli,ma mai come professioni.

A Cinzia

Cara Cinzia,

La ringrazio di cuore del garbo e della gentilezza del commento,la leggo sempre con molto piacere.Ma devo farle una precisazione:sono soltanto uno studente.

Cordialmente

Pierluigi Fauzia

Anonimo ha detto...

"Sui magistrati,infine,non comprendo l'argomento.
L'ho riletto più volte,e non sono riuscito a capire a quale conclusione volesse condurmi.Posto che i magistrati e i deputati hanno legittimazioni differenti alla carica cosa dovremo dedurre?Che i politici hanno i giudici negli elettori?Oppure significa che ,siccome ci sono magistrati che hanno vinto il concorso truccando,tutta la categoria è innaffidabile?
Non capisco".

Mi spiego.

1) Premesso che non necessariamente l'affermazione di un fatto implica una valutazione, potendo anche la stessa significare soltanto un dubbio, nel caso di specie mi riferivo a quanto detto in precedenza, ossia che un magistrato è un impiegato pubblico, a differenza di un politico, che ha una legittimazione discendente dal voto.

Assolutamente non intendevo dire che i magistrati, come categoria, non sono legittimati al loro compito istituzionale, anche se si scoprissero ancora ulteriori casi di quantomeno dubbio merito, come in tutti gli impieghi ai quali si accede mediante concorso pubblico statale.

Né volevo dire, in alcun modo, che i politici sono "migliori" dei magistrati. Credo invece che i tanto vituperati politici rappresentino bene la maggioranza del popolo italiano, con i suoi pochi pregi e i suoi tanti difetti. Così come credo che i magistrati per lo più siano preparati, e che se non lo sono lo diventino, almeno ad un livello medio, nel tempo. E che, a loro volta, rappresentino non tanto la volontà popolare, quanto il prodotto di una selezione concorsuale avvenuta in Italia. Perché, in generale e in astratto, ogni studente universitario sa bene che non è tanto la difficoltà oggettiva della domanda il vero ostacolo da superare ad un esame, quanto la benevolenza o meno della commissione esaminatrice.

Non volevo, peraltro, significare che i singoli casi di quantomeno dubbia nomina, dubbia preparazione e/o successiva condotta delegittimino automaticamente tutti gli altri colleghi. Le eventuali responsabilità sono personali, e vanno accertate caso per caso, come sempre.

2) Lei afferma:

"Un concetto non è chiaro o interpretabile.Non si possono dividere i concetti identificando come chiari quelli che non vanno interpretati e oscuri quelli che necessitano di interpretazione,dal momento che è attraverso l'attività interpretativa che un concetto diventa chiaro.
Di modo che esso è chiaro in quanto interpretato e le due cose sono l'una momento necessario dell'altra".

Dio ci scampi e liberi, se fosse così! Tutto diverrebbe incerto, opinabile, "sofistico". Tipicamente mediterraneo, oserei dire. Ma i Romani, che pure mediterranei erano, dicevano saggiamente "in claris non fit interpretatio", essendo l'accordo su questioni fondamentali necessario al vivere quotidiano e così anche all'interpretazione, che in molti casi non è necessaria, a meno che Lei non volesse significare, formalisticamente, che anche il solo leggere e acquisire significa svolgere un' attività interpretativa.

3) Lei scrive, ancora:

"Ogni testo scritto ha un suo significato letterale ricavabile da un indagine sul significato delle parole e sulla loro connessione logico-sintattica.Tale significato, proprio perchè vincolato a delle parole ,è indipendente dal contesto che lo ha prodotto.
Di ciò ne deve prendere atto".

Mi dispiace, non ne prendo atto! Troppo da “dottrina pura”. O, meglio, ne prendo atto sino a quando la legge fondamentale rimarrà vigente ... salvo prendere successivamente atto della nuova e inevitabile, modifica che interverrà nel tempo. Del resto, anche le stesse regole di interpretazione giuridica sono mutevoli, potendo mutare, a sua volta, la legge o il principio giuridico che le norma.

4) Riguardo ai "valori", Lei può infine credere che siano eterni. Ne ha facoltà. Per parte mia, preferisco, pur nella necessaria osservanza delle leggi, credere al loro carattere storico, relativo e transeunte, riservando l'eternità a ben altri "valori", di diversa fonte e diversa natura.

Cordiali saluti.