L’Associazione nazionale magistrati ritiene doveroso denunciare la gravità delle conseguenze che deriveranno dalle novità legislative in materia di processo penale e intercettazioni.
In un momento in cui la sicurezza dei cittadini è sovente evocata come priorità del paese, lascia sgomenti il fatto che il Parlamento stia per effettuare scelte che rappresentano un oggettivo favore ai peggiori delinquenti.
Le norme sulle intercettazioni sulle quali il Governo ha posto la questione di fiducia impediranno alle forze di polizia e alla magistratura inquirente di individuare i responsabili di gravissimi reati.
Basti pensare ai più recenti episodi di cronaca: gli stupri di Roma, le violenze nella clinica di Milano, le scalate bancarie alla Antonveneta e alla BNL.
In nessuno di questi casi con la nuova legge sarebbe stato possibile accertare i fatti e trovare i colpevoli.
Le intercettazioni sono uno strumento di indagine finalizzato alla individuazione dei colpevoli di gravi reati ed è semplicemente assurdo pensare che si possano fare intercettazioni solo nei confronti del colpevole già individuato.
E’ del tutto irragionevole prevedere che le intercettazioni debbano sempre essere interrotte dopo 60 giorni, anche nei casi, come un sequestro di persona, un traffico di stupefacenti o di armi, in cui il reato sia in corso di esecuzione.
La equiparazione delle riprese visive alle attività di intercettazione rappresenta un grave danno per la lotta al crimine.
Con queste norme non saranno possibili riprese visive per identificare gli autori di rapine in banca, spaccio di stupefacenti nelle piazze, violenza negli stadi, assenteismo nei pubblici uffici.
In definitiva il Governo e il Parlamento chiedono alle forze dell’ordine e alla magistratura inquirente di tutelare la sicurezza dei cittadini uscendo per strada disarmati e con un braccio legato dietro la schiena.
L’Associazione Nazionale Magistrati ha più volte manifestato la sua disponibilità a discutere delle riforme necessarie a ricercare un adeguato punto di equilibrio tra esigenze investigative, tutela della riservatezza delle persone e diritto alla informazione, avanzando specifiche indicazioni di proposta.
Il Governo e il Parlamento scelgono, invece, di azzerare ogni equilibrio sacrificando del tutto le esigenze investigative e il diritto di informazione.
Di fronte a queste norme sarebbe più serio e coerente assumersi la responsabilità politica di abrogare l’istituto delle intercettazioni piuttosto che trasformarle in uno strumento non più utilizzabile.
L’intervento sulle intercettazioni preoccupa ulteriormente se lo si legge insieme al disegno di legge sulla riforma del processo penale in discussione in Senato.
Si tratta di una proposta che non introduce le riforme necessarie ad assicurare l’efficienza del processo e la sua ragionevole durata, ma addirittura inserisce nuovi, inutili formalismi, che determineranno un ulteriore allungamento dei tempi del processo.
Il sacrosanto spirito garantista della nostra cultura giuridica viene tradito e trasformato in un “formalismo fine a sé stesso”, che spesso oscura le questioni da giudicare.
La conseguente non ragionevole durata di troppi processi si traduce di fatto nella negazione dei diritti fondamentali e in nuove forme di giustizia privata.
Ciò contrasta con l’obiettivo di accrescere il livello di efficienza del processo e di assicurare ai cittadini “decisioni nel merito” in tempi ragionevoli, nel rispetto dell’articolo 111 Cost. e senza rinunciare alle garanzie costituzionali (“dal contraddittorio all’imparzialità del giudice; dal diritto alla difesa alla presunzione di non colpevolezza”).
E’ questa, nei fatti, la morte della giustizia penale in Italia.
Roma 10 giugno 2009
La Giunta Esecutiva Centrale
2 commenti:
Nonostante le belle parole, molti magistrati non credono più nell'ANM. E' pacifico.
Sono solo parole, appunto.
Come si facevano prima le indagini quando non c'erano i telefoni? Ed ancora pensate che "i pizzini" siano nati per caso? La verità è che chi ha argomenti scottanti non usa più il telefono da tempo.
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