Dalle chat tra magistrati che sono state meritoriamente diffuse in questi giorni da pochissimi organi della stampa libera, tralasciati gli aspetti pecorecci della spartizione di poltrone d’ogni tipo, sono emerse le conseguenze dannose per la tenuta dello Stato democratico che si basa sul rispetto della volontà degli elettori a nessuno essendo concesso di abusare del proprio potere per alterane l’esito.
E’ emerso che un Ministro dell’Interno caldeggiava la scelta del Procuratore Nazionale Antimafia.
E’ emerso che tra magistrati si propugnasse la contrapposizione a Salvini, a prescindere.
C’è da sobbalzare e invece il dibattito pubblico è ridotto al minimo. Nulla di nulla, ad esempio, in TV; pochissime le testate giornalistiche impegnate su questo importantissimo fronte.
Alla magistratura associata - quella che si spartisce le poltrone – è riuscito più volte in passato di cavarsela lasciando solo chi era stato colto con le mani in pasta, indicandolo come mela marcia.
Insomma era stato facile ingannare l’opinione pubblica facendole credere che il malaffare fosse episodio occasionale che non intaccava la sostanziale salute del sistema correntizio.
Questa volta, però, le cose stanno diversamente.
Quanto sin qui pubblicato delle chat del dott. Luca Palamara lascia capire quanto enorme fosse il suo potere ed il rispetto che tutti gli tributavano, anche e soprattutto quelli delle altre correnti.
Basterà affilare la lettura di tre o quattro conversazioni per avvedersi che al dott. Luca Palamara ben può essere assegnato il ruolo di “capo” di quel sistema, in un certo periodo storico.
Che fosse un leader lo ha detto egli stesso rilasciando interviste nelle quali ha dichiarato che una moltitudine di magistrati gli si rivolgeva per rappresentargli le aspirazioni più disparate e che lui ascoltava tutti, evidentemente senza potere accontentare tutti.
Il correntismo è pertanto alle prese con l’impraticabile alibi del “capo espiatorio”: quando ad essere attinto dalle accuse di spartizione e di altre trame è un leader tutto il sistema ne risponde, non può isolare il soggetto che è stato posto al vertice dell’organizzazione. Non reggerebbe, anche perché effettivamente il dott. Palamara sentiva proprio tutti, della propria corrente e non.
Come se ne esce allora?
L’unica speranza è porre uno stop alle fonti che sino ad oggi meritoriamente hanno informato quella parte dell’opinione pubblica in grado di apprezzare la gravità del quadro sin qui emerso.
Nelle chat fanno capolino i nomi di giornalisti vicini al potere, ne traggono informazioni in cambio di qualcosa (c'è chi parla di "giornalistopoli").
Il silenzio delle maggiori testate nazionali su uno scandalo che può definirsi epocale lascia intravedere che una mordacchia, con le buone o con le cattive, verrà imposta anche a chi sino ad oggi ha informato i cittadini sulle gesta di una magistratura che indegnamente si erge a moralizzatrice della nazione.
Mordacchia che risparmierà alcuni in danno di altri, sulla base degli accordi col nuovo Palamara.
0 commenti:
Posta un commento