sabato 16 luglio 2022

“Paolo Borsellino e il puzzo mefitico di MAGISTRATOPOLI” Intervento preparato per la seduta del Comitato direttivo centrale dell’ANM 16.7.2022 Palermo



 di Andrea Reale - Magistrato 

Una consistente generazione di magistrati ha deciso di intraprendere questo bellissimo percorso professionale sull’onda emotiva delle stragi del 1992 e su quella, altrettanto forte, di Mani pulite e di Tangentopoli.

Indimenticabile uno degli ultimi discorsi di Paolo Borsellino dedicato a Giovanni Falcone e alle altre vittime della barbarie mafiosa, forse quello che più di tutti scosse le coscienze di tanti studenti universitari o di giovani laureati dell’epoca.

“Sono morti per noi e abbiamo un grosso debito nei loro confronti. Un debito da pagare gioiosamente, rifiutando di trarre dal sistema mafioso i benefici che possiamo trarne, gli aiuti, le raccomandazioni, i posti di lavoro, facendo il nostro dovere.
La lotta alla mafia era il primo problema da affrontare in Sicilia, non solo come distaccata opera di repressione, ma come movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti, specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo della libertà…….”.

Oggi il debito non solo non è stato ripagato ma si è accresciuto e sembra quasi divenuto inestinguibile.

Né vi è nulla di cui gioire o di cui essere orgogliosi, neanche dentro l’associazione nazionale dei magistrati.

La principale emergenza, all’interno del mondo della magistratura, è la MAGISTRATOPOLI nostrana: un sistema fatto di spartizioni, di lottizzazioni per appartenenza correntizia/partitica, di raccomandazioni, di “killeraggi” nei confronti dei magistrati non allineati o sgraditi, di collateralismo politico, di corruzione morale, di omertà. Un sistema para-mafioso dentro la magistratura, un vero e proprio ossimoro: la negazione della funzione e dei valori ai quali ogni singolo magistrato dovrebbe sempre ispirare l’azione.

Altro che giorno del ricordo e della commemorazione consapevole e fiera. Questo è il giorno della vergogna.

La gente non fa più “tifo” per noi (come sussurrava, felice, Giovanni Falcone a Paolo Borsellino), piuttosto ci schifa, ci reputa indegni, non crede più a noi e al nostro ruolo.

Non abbiamo fatto il nostro dovere per onorare il debito della memoria nei confronti dei nostri caduti!
Abbiamo demeritato la fiducia dei cittadini e dovremmo chiedere scusa.

Non abbiamo saputo, neanche dopo la scoperta del più grande scandalo che ha investito gli “interna corporis” dell’Ordine giudiziario, punire i reprobi.

Non abbiamo saputo procedere ad una efficace e salutare autoriforma, né a cacciare i “mercanti dal tempio”, né a reagire al “metodo mafioso” che è entrato persino dentro il mondo giudiziario.

E non siamo riusciti neanche a restituire l'agenda rossa alla famiglia Borsellino. Vergogna!

Un attuale consigliere del CSM ha già pubblicamente denunciato come “con l’appartenenza alle cordate vieni tutelato nei momenti di difficoltà, la tua attività viene promossa, vieni sostenuto anche nelle tue ambizioni di carriera e l’avversario diventa un corpo estraneo da marginalizzare, da contenere, se possibile da danneggiare… La logica dell’appartenenza è molto simile alle logiche mafiose, è il metodo mafioso che ha inquinato i poteri, non solo la magistratura”.

Un altro magistrato di grande esperienza, in una pubblicazione di qualche anno fa, ha sottolineato che "il Csm ormai non è affatto un padre amorevole per i magistrati, non è più l'organo di autotutela, non è più garanzia dell'indipendenza, ma è diventato una minaccia, perché non vi siedono soggetti distaccati, ma faziosi che promuovono i sodali e abbattono i nemici, utilizzando metodi mafiosi”.

Abbiamo accettato e conviviamo ormai da decenni con questo odore nauseabondo: un olezzo vomitevole, quel “puzzo” con il quale Borsellino definiva l'agire della criminalità organizzata mafiosa e che oggi respiriamo tristemente al nostro interno.

Dispiace constatare come sia ancora assolutamente imberbe il movimento culturale e morale che doveva coinvolgere le nuove generazioni, che sembrano troppo timide, se non già rassegnate e disfattiste.

Oggi albergano al nostro interno tutti quei vizi che, a dire di Borsellino, sostantivano quel fetore:

1) L’indifferenza, innanzitutto: una deleteria ignavia che fa scivolare addosso a tutti i magistrati anche le vicende più imbarazzanti, illegali, criminali, che connotano spesso l’agire dell’organo di governo autonomo. Indifferenza che, parafrasando Antonio Gramsci, è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Borsellino raccomandava di fare il proprio dovere. Gramsci diceva: “alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano
oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? Dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto”;

2) Il compromesso morale, fatto della complice accettazione e persino della formale giustificazione di gravissimi illeciti disciplinari, come le autopromozioni e le etero-promozioni (quelle “raccomandazioni” che Paolo Borsellino invitava a rifiutare sdegnosamente per non dimostrare connivenza con le varie mafie e per evitare riconoscenza e servilismo) per opportunismo, in attesa di una promozione o di un incarico, se non per protezione o, addirittura, per vigliaccheria;

3) La contiguità alle lobbies, a logge para-massoniche, alla partitocrazia becera, al collateralismo politico, e, dunque la complicità al Sistema.
Con enorme e dolorosa tristezza bisogna costatare che il sacrificio di magistrati straordinari come Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, che avrebbe dovuto smuovere le coscienze degli uomini e delle donne liberi, in special modo dei colleghi, sembra del tutto dimenticato nel torpore di troppe, e troppo ipocrite, “anime morte”- per non dire di veri e propri “sepolcri imbiancati”- assise sugli scranni di potere della magistratura italiana.

4 commenti:

bartolo ha detto...

intervento non condivisibile, ma , proprio per questo, Vero. Grazie!

ROSARIO RUSSO ha detto...

Chissà perché il tuo sdegno mi ha fatto pensare a questo noto aforisma!
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Étienne de La Boétie
Spero che non valga per ....l'Indipendenza della Magistratura!
Ma come giustificare che, dopo tre anni in cui le chat di Palamara sono trascritte perfino nei Baci Perugina, l'ANM si ostina a negare l'accesso perfino alle archiviazioni dei Probiviri? Dovremo chiedere a Palamara se sia stato sentito dai Probiviri prima dell'archiviazione del dott. Salvi? I magistrati non decidono delle sostanze e della vita dei cittadini ? O sono pacificabili al mio stimatissimo panettiere?

francesco Grasso ha detto...

Paolo Borsellino, come la moglie, era una persona dolcissima. Seguiva gli insegnamenti ed il comportamento di Gesù, intendeva la vita terrena come una grande missione finalizzata ad elevare la Dignità dell’uomo, per renderlo degno di presentarsi al cospetto di Dio. La ripugnante indifferenza di un popolo imbelle, ignorante, insipiente e malvagio ha voluto portacelo via, ma Paolo è fra noi. La sconcertante vicenda del gravissimo depistaggio, che si vuol far passare come un raro evento( che è invece un segnale gravissimo che ci dice a che punto siamo sprofondati), nato come i funghi, quasi naturale è invece il grattacielo dell’ignominia, che si fonda su basi molto solide, che è cresciuto lentamente, perfezionandosi nel tempo, che ha fatto della giustizia un cancro metallizzante ad esito assolutamente infausto, ossia : pura in-giustizia. La tenacia inaudita con cui viene portata avanti la riforma Cartabia, nonostante vituperata da tutti, perfino a livello mondiale, costituendo perciò una gravissima violenza contro la Società civile: la Comunità-Stato, ne è un chiaro esempio. Noi non abbiamo bisogno di nessuna legge, che come da sempre rimescola la minestra agiuggendovi condimenti sempre più tossici. I Padri costituenti ci hanno dato un Presidente della repubblica con compiti di altissimo magistrato e con strumenti adeguati per poter svolgere questo rilevantissimo ruolo. Se egli ignora le petizioni relativi a fatti ingiusti di elevatissima gravità e preferisce dedicare il suo prezioso tempo a vernare attori, calciatori ed altro, non è certo colpa delle leggi. Ci hanno dato un presidente e un p.g. della cassazione che assieme al presidente della repubblica, dovrebbero formare corpo di altissima cultura giuridica, in grado di risolvere i veri problemi della giustizia. Noi abbiamo bisogno una struttura PRIVATA(come previsto dall’art. 118, comma 4° della Costituzione) che in relazione al PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETA’, sia in grado di sostituirsi a quella pubblica, oramai in coma profondo, IRREVERSIBILE, al fine di studiare i problemi e le patologie della giustizia e quindi risolverli. E’ ovvio che la prima necessità è quella di esaminare i provvedimenti giudiziari denunciati dal Popolo Sovrano, nel cui nome si amministra la Giustizia. E’ altrettanto ovvio che se l’ufficio giudiziario di grado superiore, commette errori gravi, chiaramente dolosi, le sanzioni dovrebbero essere severissime! Ad esempio: se tizio è affetto di una patologia che causa “disgrafiai irrevesibile”,di competenza della scienza medica, ossia un difetto della scrittura preciso ed inequivocabie( si tratta di segni indiscutibili come lo sono quelli che si ricercano nei proiettili per sapere da quale pistola sono sparati) e la corte di appello a seguito di una farneticante dichiarazione di un ingegnere sostiene che tizio può guarire, così giustificando l’atto in contestazione( una serie di procure e testamento palesemente falsi con cui si è aggredito l’intero patrimonio di tizio, la corte d’appello va censurata. E la società informata in relazione all’enorme pericolo che quest’ufficio costituisce per l’intero Popolo italiano.

francesco Grasso ha detto...

Alle ore 16,58 di martedì 19 luglio 2022, saranno trascorsi trent’anni dalla spaventosa strage che ha massacrato Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta. Alcuni dei suoi familiari hanno annunciato che non parteciperanno a nessuna delle manifestazioni pubbliche e/o private, per protesta contro le istituzioni che nonostante siano trascorsi tempi biblici, quasi nulla hanno fatto per fare piena luce sulle gravissime circostanze(si tratta del più grande e scandaloso depistaggio mai visto) che hanno caratterizzato in modo vile e impressionante la gravissima strage. Personalmente non posso condividere la decisione di boicottaggio delle manifestazioni che ricordano eventi così gravi e tragici, che hanno caratterizzato la storia del nostro paese, ritenuto a giusta ragione: la “Beirut d’Europa. In pochissimo tempo calerebbe il silenzio su questi terrificanti avvenimenti, aggravando sempre più le enormi difficoltà a combatterli, rendendo così un grande servizio a chi protegge in modo chiaro e indecente i “grandi colpevoli”. Va poi posto in evidenza l’alto numero di grandi vittime dell’in-giustizia totalmente ignorati e, soprattutto, l’enorme sofferenza che ciò porta ai familiari che spesso lamentano il trattamento loro riservato: di vittime di serie b, se non z. Tuttavia non è possibile non capire e non giustificare questa amara, dolorosa e gravissima decisione presa da congiunti strettissimi di Paolo Borsellino. Infatti è stato accertato in modo chiaro e indiscutibile, perfino con Sentenze, che vi sono stati gravissimi condizionamenti indebiti da parte delle istituzioni, definite “deviate”; si conoscono i nomi e precise azioni di alcuni rilevanti personaggi che è ovviamente conducono a piani molto più alti. E’ cosa certa che è assolutamente impossibile che costoro godessero di una tale autonomia che gli potesse consentire azioni contro l’integrità morale dello stato di tale enorme consistente gravità. I congiunti di Paolo Borsellino non sono più in grado di tollerare la vile retorica di circostanza che chiara emerge in queste pubbliche circostanze, che offende chi ha aspettato per tempi lunghissimi azioni adeguate da parte dello stato. Anche perché il fenomeno della grande in-giustizia ,non solo non è stato debellato ma assume dimensioni sempre più gravi e allarmanti.