domenica 5 marzo 2023

Valutazioni non professionali.



di Nicola Saracino - Magistrato  

Ma è mai possibile che secondo il CSM quasi tutti i magistrati vadano promossi?

Uno dei luoghi comuni più abusati è proprio quello che spaccia l’elevata percentuale di valutazioni positive del merito dei magistrati come una disfunzione. 
 
Viene taciuto che la valutazione periodica non può essere vista come un concorso selettivo.
 
La selezione è avvenuta a monte attraverso uno dei concorsi da sempre riconosciuto tra i più impegnativi per i laureati in giurisprudenza. Talmente selettivo che molte volte non si coprono neppure tutti i posti banditi, una percentuale resta scoperta per assenza di “idonei”, nonostante di solito vi partecipino un numero di aspiranti almeno dieci volte superiore ai posti da coprire. 

La valutazione quadriennale alla quale ogni magistrato è sottoposto dopo aver superato il concorso di ammissione serve, innanzitutto, ad intercettare quelle ipotesi di inidoneità sfuggite alle maglie già molto strette del concorso di accesso in magistratura: si potrebbe verificare, nonostante la serietà del concorso, che qualcuno lo abbia superato per una soffiata della buona sorte, al di là dei suoi meriti effettivi. 

Basteranno pochi anni, o anche solo pochi mesi, per scoprire che Gastone non può scrivere sentenze né muovere accuse.

Ipotizzare che le valutazioni della professionalità servano a stilare una graduatoria di bravura dei magistrati è il primo degli equivoci  sui quali si agita la polemica che periodicamente fa capolino sui media. 

I magistrati si distinguono tra loro solo per diversità di funzioni, alle quali devono essere idonei. 

Nel sistema delineato dalla riforma cd Mastella le valutazioni di professionalità non servono a dare un voto all’attività del magistrato, ma soltanto a verificarne la persistente idoneità al ruolo. 

Tanto è vero che l’esito di quella verifica può assumere soltanto tre valori: positivo, non positivo, negativo. 

Non esiste, nella legge, il compito di graduare il merito del magistrato in quella specifica sede della valutazione quadriennale della professionalità. 

Per esprimere il giudizio positivo al CSM basta verificare che tutti i parametri di valutazione  raggiungano un livello di sufficienza.  

La legge non prevede, né a mio avviso ammette, che la valutazione possa spingersi ad una ulteriore graduazione dei giudizi come avverrebbe a scuola: discreto, buono, ottimo è un fuor d’opera in relazione alla funzione di quella valutazione che, s’è detto, è soltanto quella di verificare la persistente idoneità del togato a svolgere la funzione di magistrato. 

Ad un giudizio non positivo segue un periodo di ulteriore verifica di un anno ed a quello negativo di due anni per porre l’interessato nella condizione di rimediare alle “insufficienze”.

Un graduazione è prevista soltanto per queste ultime, infatti. 

Perché solo quella “grave” giustifica una valutazione negativa. 

Se, dopo il biennio previsto dalla legge, quella insufficienza non è colmata al magistrato viene tolta la toga, è dispensato dal servizio, cioè licenziato. 

Indubbia la drammatizzazione del tema. 


Per questo la legge si è presa cura di indicare specificamente le “materie” sulle quali si esercita la valutazione svolta dal Consiglio Superiore della Magistratura, esse sono la capacità, la laboriosità, la diligenza e l’impegno. Sempre la legge indica il dovere del CSM di ancorare il giudizio a dati oggettivi, per evitare che la valutazione di professionalità divenga uno strumento di indebita pressione sulla toga.

A quelle materie il CSM, con le sue circolari, ne ha aggiunte di ulteriori, non previste dalla legge e le ha chiamate  “prerequisiti”: si entra nel vago, nell’insondabile,  spesso nell’arbitrario. 

Indipendenza, equilibrio, imparzialità.

Doveri la cui violazione è già sanzionata disciplinarmente, con fattispecie punitive che di facciata dovrebbero essere “tassative”, vale a dire ben descritte dalla legge proprio per evitare l’arbitrio del giudice (che poi è sempre il CSM, in una sua articolazione). Ed il codice disciplinare già prevede autonomamente la sanzione della rimozione dall’ordine giudiziario, nei casi più gravi. 

Queste materie (i cd. prerequisiti), pur non previste dalla legge, sono quindi entrate nel vaglio quadriennale dell’attività del magistrato, purtroppo con l’avallo - non sufficientemente meditato -  del giudice amministrativo, al quale basta che il rilievo mosso dal CSM al magistrato in sede di valutazione di professionalità appaia “verosimile”, cioè non serve la prova, a differenza di quanto avviene nel giudizio disciplinare (si veda, ad es. TAR Lazio 12567/2022).   

Messa così la valutazione diventa autentica clava non regolamentata nelle mani del potere correntizio che domina al CSM, tanto da sfociare in un, vago quanto temibile, “giudizio globale sulla personalità del magistrato” (Tar Lazio, già citato). 

Il potere correntizio è qui evocato perché sovente, anzi quasi sempre, anche una valutazione di carattere tecnico qual è quella sulla professionalità viene assunta sulla base di votazioni settarie, faziose, nel senso che tutti i membri di un gruppo (di potere)  esprimono lo stesso voto.  

Perché il CSM non è come la commissione del concorso di accesso in magistratura.

Il CSM, a differenza della commissione di concorso, è elettivo, sbandiera e rivendica la sua “politicità”.

Politicità che si riversa anche in compiti che la legge vorrebbe invece esclusivamente tecnici ed ancorati a dati oggettivi.

Dopo questi cenni si può dar conto di una polemica “politica” sollevata da una pratica recentemente esaminata dal CSM e che riguardava un magistrato attinto da sospetti di collusione con ambienti criminali, sospetti del tutto fugati sia in sede penale che disciplinare: quel magistrato si era cioè difeso negli ambiti nei quali è previsto che gli si possano muovere accuse specifiche, quella penale e quella disciplinare. 

Il CSM, alla fine, ha riconosciuto il positivo superamento della valutazione di professionalità, ma “a maggioranza”. 

I componenti di un gruppo di potere magistratuale, di una corrente denominata AreaDG, volevano rimuovere quel magistrato, cogliendo l’occasione di una valutazione che una dissennata giurisprudenza amministrativa consente si svolga sulla base della mera verosimiglianza dell’addebito, esclusa ogni necessità di provare specifiche accuse. 

Di quell’opzione “politica” si fa vanto quel gruppo accusando - neppure velatamente - gli altri componenti del CSM di non affrontare la "questione morale", per giunta  in una sede puramente tecnica  quale dovrebbe essere quella in discorso, a garanzia non del singolo magistrato ma dell'indipendenza di tutti i magistrati.   

Se ne ha conferma a questo link, nel paragrafo intitolato Le relazioni pericolose di un magistrato in valutazione.  

In quel particolare caso, peraltro, s’era verificato che all’interessato - che con la valutazione negativa avrebbe perso il lavoro - non era stato in pratica neanche dato il “monito” che, per legge, deve precedere la valutazione del biennio decisivo, quello “vitale” che segue una prima valutazione negativa. 

Ciò perché, reputandosi il CSM padrone del tempo e ritardando a suo arbitrio le valutazioni di professionalità, aveva ritenuto di valutare, per licenziare un magistrato, non già il biennio che aveva fatto seguito alla  prima valutazione negativa - come espressamente pretende la legge - ma il biennio successivo al quadriennio già negativamente valutato.  

Il lettore attento, e si spera anche qualche cronista, dispone ora di strumenti di conoscenza ulteriori sul tema della valutazione di professionalità del magistrato, questione che non va decisa per “partito preso” da un CSM politico, ma sulla base della rigorosa applicazione della legge. 

3 commenti:

francesco Grasso ha detto...

Che la valutazione di professionalità dei magistrati va decisa con rigorosissima applicazione della legge, non vi può essere alcun dubbio. Che la sovrabbondante invasività del giudice amministrativo va meglio regolata, è altra cosa necessaria. A mio avviso è necessario un organo molto vasto(almeno 50 giuristi), anche privato che esamini le sentenze passate in giudicato. Troppe sono le sentenze abnormi di grave entità. Si può cominciare da quelle di alto livello da pubblicare in un albo d'oro alle quali assegnare un cospicuo premio.

bartolo ha detto...

Beh … secondo me (e già siamo nell’assurdo) in diritto è ovvio che la maggioranza del CSM si sia espressa positivamente nei confronti del magistrato in questione. Però, di fatto, come si fa a dar torto alla componente minoritaria del medesimo organismo? Si consideri, infatti, che migliaia di cittadini nelle medesime condizioni di quel magistrato non solo hanno fatto anni di carcere, ma, contestualmente, sono stati espulsi sia dal posto di lavoro, come (e in questo caso per fortuna) anche dalle stessa società (così detta) civile.

bartolo ha detto...

Per rimanere nel campo dei diritti e dei doveri: in merito alla polemica sui max processi di mafia tra la professoressa associata di procedura penale dell'Università di Palermo Daniela Chinnici e i procuratori della repubblica Pietro Grasso e Antonino Di Matteo, mi chiedo: cosa c'entrano Falcone e Borsellino tirati in ballo dai pm?
Che i max processi di mafia garantiscono i diritti degli squali incappati nelle sue reti non vi è dubbio alcuno, il problema sollevato dalla Professoressa, credo, è riferito alla garanzia dei pesciolini, quale è uno, appunto, lo scrivente. Implicato in una max-retata dell'ottobre 1993 ha subito 16 anni di processi e infine è stato riconosciuto colpevole nonostante l'avversione alla "montagna di merda". Certo, è ovvio, Grasso e Di Matteo accomunati in questo caso nella critica alla professoressa, sono separati in altri. Tipo, il mini-processo sulla trattativa. Uno ha contribuito a istruirlo sporcandosi come uno strenuo difensore in un campo di calcio pieno di fango, mentre l'altro in giacca e cravatta manovravava dall'alto del coordinamento nazionale antimafia.
Ps
Se appaio è solo per mio deficit espressivo, in realtà non sono assolutamente un difensore dei professori di procedura penale italiani, anzi, tutt'altro, cosa hanno fatto a cominciare dal caso Tortora (1983) e fino ad oggi (2023)?