lunedì 14 luglio 2008

De Magistris: la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso


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Un comunicato stampa pubblicato sul sito del C.S.M. informa che la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di Luigi De Magistris avverso la sentenza disciplinare che lo riguarda.

Nel titolo del comunicato si dice che il ricorso sarebbe stato “respinto”, ma nel corpo dello stesso si parla di inammissibilità.

Riportiamo qui di seguito quel comunicato.

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Consiglio Superiore della Magistratura


De Magistris: respinto il ricorso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

Roma – Nella riunione del Comitato di Presidenza di oggi 14 luglio, il Presidente della Suprema Corte di Cassazione, dott. Vincenzo Carbone, ha prodotto copia della sentenza, ritualmente depositata in data 11 luglio 2008 presso la Cancelleria, con la quale le Sezioni Unite della Cassazione hanno dichiarato inammissibili i ricorsi presentati dal dott. Luigi De Magistris e dal Ministero della Giustizia avverso la sentenza della Sezione disciplinare del CSM n. 3 del 18 gennaio 2008.

Si ricorda che la Sezione disciplinare, a carico del dott. De Magistris, aveva comminato la sanzione della censura e disposto il trasferimento di sede e di funzioni.
Roma, 14 luglio 2008


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In attesa di conoscere in dettaglio la sentenza, ne riportiamo una massima inviata da autorevole collega a una mailing list di magistrati.

«Il ricorso per cassazione contro le sentenze disciplinari della sezione disciplinare del C.S.M., che a norma dell’art. 24, D.Lgs. n. 109/06 va proposto nei termini e con le forme previsti dal codice di procedura penale. Deve essere presentato o fatto pervenire mediante telegramma o lettera raccomandata alla segreteria della sezione disciplinare, ai sensi degli artt. 582 e 583, c.p.p., nel termine di trenta giorni stabilito dall’art. 585, 1° co., lett. b), c.p.p., decorrente dalla scadenza del termine stabilito per il deposito dall’art. 19, 2° co., D.Lgs. n. 109/06, o dal giorno in cui è stata eseguita la notificazione o la comunicazione del relativo avviso, se il deposito è avvenuto successivamente, ovvero, con le medesime decorrenze, nel termine di quarantacinque giorni, stabilito dall’art. 585, 1° co., lett. c), c.p.p., se la sezione disciplinare, essendo la stesura della motivazione di particolare complessità per il numero delle parti o per il numero o la gravità delle impugnazioni, si sia avvalsa della facoltà, prevista dall’ad. 544, 3° co., c.p.p., di indicare nel dispositivo per il deposito un termine più lungo, non eccedente comunque il novantesimo giorno»

Se verrà confermato che questa è la decisione della Corte di Cassazione, il ricorso di Luigi De Magistris sarebbe stato dichiarato inammissibile perché depositato oltre il termine previsto dalla legge dal suo avvocato, il prof. Gilberto Lozzi.

L’inammissibilità è una formula che preclude l’esame del merito.

Quindi con tale pronuncia non si dà né ragione né torto ad alcuno; si sancisce solo che il merito non può essere esaminato.

La conseguenza, comunque, è il passaggio in giudicato della sentenza impugnata.

Può solo aggiungersi che in forza dell’art. 25 del decreto legislativo n. 109 del 2006 è ammessa la revisione contro le sentenze disciplinari nelle seguenti ipotesi:

a) i fatti posti a fondamento della sentenza risultano incompatibili con quelli accertati in una sentenza penale irrevocabile ovvero in una sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione;

b) sono sopravvenuti o si scoprono, dopo la decisione, nuovi elementi di prova, che, soli o uniti a quelli già esaminati nel procedimento disciplinare, dimostrano l’insussistenza dell’illecito;

c) il giudizio di responsabilità e l’applicazione della relativa sanzione sono stati determinati da falsità ovvero da altro reato accertato con sentenza irrevocabile.


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La foto del “palazzaccio” è di
Carlo Tonelli.

44 commenti:

Unknown ha detto...

Che fine farà ora il dott. de magistris?

Anonimo ha detto...

Ok, adesso i cittadini calabresi si aspettano che decine e decine di pubblici ministeri che hanno fatto arrestare un ingente numero di comuni cittadini in assenza di qualsivoglia garanzia costituzionale allo stesso modo vengano trasferiti dalla Calabria.
Oppure, il senso del caso de Magistris sarà: arrestate pure l'intera cittadinanza calabrese ma attenti a non toccare chi governa questa regione per conto dello Stato romano.
bene così, che festiggino pure, i porci della fattoria degli animali.
b

Anonimo ha detto...

Attenzione,perchè adesso pioveranno gli "Avete visto?" ,"E' colpevole,ne è la conferma" etc etc.

E' sempre così.

Andreotti e casi ben più eclatanti di quello di De Magistris lo hanno dimostrato.

Ma d'altra parte non possiamo condannare nessuno.

Come si può condannare qualcuno per qualcosa che non sa?


Cordialmente

Pierluigi Fauzia.

Anonimo ha detto...

Non vi è alcuna possibilità che sussista l'ipotesi di cui alla lett. B)?
Per le ipotesi di cui alle lett. a e c non credo ci siano possibilità......
Nelle mille pagine della richiesta di archiviazione non si parla anche di fatti nuovi?
E quale sarebbe il motivo di inammissibilità?
Mathilda

La Redazione ha detto...

Per Mathilda.
Abbiamo aggiunto nel post il motivo d'inammissibilità rilevato dalla Cassazione, che colpisce entrambi i ricorsi (di De Magistris e del Ministero).
Il principio di diritto non è nuovo.
La ratio che vi è sottesa è questa: è complessa la motivazione della sentenza solo se il giudice che la deve stendere, con valutazione ex ante, lo afferma nel dispositivo.
Se nulla è detto nel dispositivo, ma la sentenza viene depositata oltre i termini previsti dalla legge, la parte non ha diritto al maggior termine per impugnarla.
Il ragionamento è plausibile ma non è certo l'unico ragionevolmente sostenibile: se per redigere la motivazione il giudice ha impiegato più del tempo previsto può ipotizzarsi che il caso, con valutazione ex post, si sia rivelato più complesso del previsto, ed allora non vi è motivo per non espandere il diritto della difesa di avvalersi di un maggior tempo per la redazione ed il deposito dell'impugnazione.
Nicola Saracino

Anonimo ha detto...

scusate ma nessuno vuole dire come sembri assurdo che il ricorso sia stato presentato oltre i 30 giorni da parte del Prof. Lozzi, uno dei migliori nel campo della procedura penale?
Sarebbe come per un costituzionalista sbagliare sulla differenza tra monarchia e repubblica....
mah.....

Anonimo ha detto...

Per Anonimo delle 14.49.

Concordo con Lei.

E' assolutamente inconcepibile che un professionista di quel livello e di quella esperienza, un professore universitario di quelle competenze abbia fatto un errore tanto madornale.

Ma - salvo l'emergere di novità che ci porterebbero a cospargerci il capo di cenere e porgergli scuse infinite a vita - sembra che quell'errore l'abbia proprio fatto.

Il Procuratore Generale lo ha rilevato espressamente all'udienza di discussione.

Felice Lima

Anonimo ha detto...

Il mio commento è : "per non sapere di leggere e scrivere" scelgo sempre il termine più breve anzi possibilmente ampiamente nel termine più breve.

Anonimo ha detto...

Dopo avere acquisito ulteriori informazioni, confermo che si è trattato di un clamoroso errore professionale dell'avvocato di Luigi.

Felice Lima

Anonimo ha detto...

Anche un magistrato ha diritto ad un giusto processo.
La revisione o il ricorso straordinario.
Altrimenti questa conclusione, offerta su un piatto d'argento, è ponziopilatesca.
Alessandra

Anonimo ha detto...

Possiamo dire quindi che si è trattato di un errore che ha portato alla presentazione fuori dai tempi?

Anonimo ha detto...

Faccio una domanda per tutti i cittadini.
Se la motivazione è complessa e viene depositata oltre il termine ma non lo si afferma nel dispositivo quindi è plausibile l'inammissibilità, senza la "complessa motivazione" come si fa a redigere un ricorso nel termine già scaduto?

Alessandra

La Redazione ha detto...

E sì, purtroppo, dobbiamo dirlo.
Ma dobbiamo anche dire la soluzione adottata, pur correttamente, lascia un po' tutti nello sconcerto. Credo che persino il Giudice in questi casi - e cioè quando la sua decisione è stata sottoposta a critiche tanto pregnanti - non possa che accogliere con un senso di amarezza il mancato controllo di legittimità della sentenza, lasciando solo a lui tutto il peso della relativa responsabilità.
Nicola Saracino

La Redazione ha detto...

Per Alessandra.
Il termine per impugnare, ovviamente, decorre dal momento nel quale la parte viene a conoscenza del deposito della sentenza; solo che il termine è quello più breve, non quello maggiore previsto nei soli casi di complessità della motivazione annunciata nel dispositivo.
Nicola Saracino

Anonimo ha detto...

Grazie Dr.Saracino
del chiarimento.
Ora è chiaro anche il contenuto della legge regolatrice.
Alessandra

Anonimo ha detto...

De Magistris non ha potuto impugnare l'avocazione dell’inchiesta Why not perchè "blindata" dalla firma di Lombardi unico soggetto legittimato ad impugnare l'avocazione; quindi richiesta di De Magistris respinta prescindendo da qualsiasi valutazione del MERITO.
Il vicepresidente del CSM, Mancino, rigetta la richiesta di Pepino di discutere , se non sbaglio al plenum del CSM, l'avocazione dell’inchiesta Why not, dicendo che non comprendeva le motivazioni di quella richiesta; quindi Mancino se ne lava le mani e respinge la possibilità di chiarire nel MERITO la decisione di avocazione.
Il CSM incolpa De Magistris con motivazioni raccapriccianti che non tengono in alcun conto il contesto in cui l’azione del PM si è dispiegata, quindi non considerano il MERITO delle azioni del PM;
Oggi la Corte di Cassazione rigetta l’impugnazione di De Magistris in quanto non sono stati rispettati i termini di presentazione; quindi non si pronuncia nel MERITO della questione, quindi a nulla vale l’indagine svolta a Salerno che ha chiarito il contesto ambientale in cui il PM De Magistris operava.
In sostanza se Dolcino Favi ha commesso un piccolo errore nell’avocare l’inchiesta a De Magistris – errore che tutti possono commettere: gli uomini, e quindi anche i magistrati, sono fallaci – nessuno lo potrà mai sapere, perché NESSUNO potrà mai discutere nel merito quell’atto. Neanche Dolcino Favi fosse il monarca assoluto di Acchiappacitrulli.
Stessa cosa vale per il CSM, che non considera il contesto ambientale in cui agisce De Magistris. Adesso che il contesto è chiaro grazie all’inchiesta di Salerno che sta indagando su Dolcino Favi per rivelazione e utilizzo di segreti d'ufficio, diffamazione e calunnia (articolo di Vulpio Corriere.it http://www.corriere.it/cronache/08_giugno_13/ostacolo_de_Magistris_Dolcino_favi_728ca990-3927-11dd-acb4-00144f02aabc.shtml?fr=correlati); adesso che apprendiamo sempre dall’inchiesta di Salerno che Dolcino Favi è uno dei protagonisti, sostengono i pm Gabriella Nuzzi e Dionigio Verasani, dell'operazione di denigrazione e delegittimazione del pm de Magistris, studiata a tavolino dai vertici della magistratura lucana e calabrese in combutta con politici e imprenditori - tutta gente che adesso è indagata a Salerno (Vulpio); adesso che sappiamo tutto questo, neanche adesso possiamo valutare nel MERITO il ricorso di De Magistris alla Cassazione per vizio di forma. Se il CSM ha commesso qualche piccolo errore in quanto consesso di uomini, tale errore non potrà mai essere emendato.
Bisogna necessariamente incolparlo prescindendo da qualsiasi discussione di MERITO. Sembra una giustizia a senso unico, a nessuno interessa discutere nel MERITO il caso De Magistris. Che abbia ragione Ingroia quando dice (alla presentazione del libro di Vulpio in presenza del magistrato Clementina Forleo) che non esiste un Caso De Magistris, bensì un caso giustizia?
PS. Anche se si tratta di un drammatico errore (e mi viene veramente difficile crederlo) il ragionamento che ho cercato di svolgere penso rimanga in piedi.
Silvio Liotta

Frank ha detto...

Che poteri ha toccato quest'uomo?

Impressionante!

Joe ha detto...

Scusatemi, ma qui stiamo esaminando un paio di alberi dimenticandoci di notare la foresta! Questa decisione della Corte di Cassazione e' profondamente ingiusta, non importa quanti cavilli vengano citati.

La Redazione ha detto...

Una sola precisazione circa l'intervento di Silvio Liotta delle 16,58.

La richiesta di apertura di una pratica sull'avocazione non è stata respinta dal vice Presidente Nicola Mancino ma dal Consiglio Superiore collegialmente, a maggioranza, con il voto anche del vice Presidente.
Nicola Saracino

Anonimo ha detto...

Grazie Frank!
Tutto è contenuto nelle tue 6 parole!
b

Anonimo ha detto...

DE MAGISTRIS:PM,FIERO ESSERE PUNITO PERCHÈFACCIO MIO DOVERE
«Sono orgoglioso e fiero di appartenere a quella magistratura che viene punita perchè fa il proprio dovere e porta ossequio alla costituzione repubblicana». Così il pm di Catanzaro Luigi De Magistris, commenta, all'ANSA, la decisione della Cassazione. «Prendo atto - ha detto De Magistris - di questa decisione della Corte di Cassazione di non voler entrare nel merito di una vicenda che pretendeva, per chi ha a cuore la giustizia, ben altro intervento giudiziario».

CRO S0A S41 S42 S43 QBXU DE MAGISTRIS:PM,FIERO ESSERE PUNITO PERCHÈFACCIO MIO DOVERE(2) (ANSA) - CATANZARO, 14 LUG - «Dopo avere avuto notizia a mezzo ANSA di tale decisione - ha proseguito - spero di potere ottenere presto copia formale di tale provvedimento, in modo da incorniciarlo nel mio ufficio, unitamente alla sentenza disciplinare del Csm, in modo tale da spiegare a tutti quelli che me lo chiederanno che esistono due magistrature: una che lavora con sacrificio ed abnegazione, che pratica l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e che non piega la schiena di fronte a niente; un'altra che punisce proprio quei magistrati che individuano le deviazioni criminali all'interno delle istituzioni, magistratura compresa, e che pagano un prezzo proprio per questo. Io sono orgoglioso e fiero di appartenere a quella magistratura che viene punita perchè fa il proprio dovere e porta ossequio alla costituzione repubblicana».
Il pm di Catanzaro Luigi De Magistris continuerà a lavorare «anche da giudice», per «contribuire ad individuare le collusioni, soprattutto interne alla magistratura». Lo ha detto all'ANSA lo stesso magistrato. La sentenza della Cassazione, ha detto De Magistris, «comunque, non affievolisce nemmeno di un centimetro la mia determinazione, la mia volontà ed il mio coraggio nel continuare a lavorare, anche da giudice, e nel contribuire ad individuare le collusioni, soprattutto interne alla magistratura, che contribuiscono, in Calabria e non solo, a consolidare le deviazioni criminali interne alle istituzioni costituendo, altresì, linfa fondamentale per la criminalità organizzata dei cosiddetti colletti bianchi». «Neanche in questo momento - ha aggiunto - perdo un briciolo di ottimismo e sono certo che verità e giustizia verranno affermate anche se il costo di esse sarà per me molto alto, ma alla fine di tale processo disciplinare non resterà che il ricordo di un pessimo episodio per le sorti dell'indipendenza e l'autonomia della magistratura». «Sono vicino - ha concluso De Magistris - a tutti coloro che ogni giorno in Calabria lottano per i diritti e la legalità e li invito a non mollare mai e a contrastate con le regole dello stato di diritto la criminalità di ogni tipo che soffoca una così bella regione». (ANSA)

Anonimo ha detto...

Che siano almeno i calabresi poveri e onesti a rendere un po di giustizia a quest'Uomo, colpito nell'anima da un nemico inanimato, violento e invisibile!
Tutta la mia solidarietà.
b

Gennaro Giugliano ha detto...

Certo che la cassazione ( qualora come riferiva il dott Lima) per una diciamo leggerezza o negligenza di trascrizione dell avv di de magistris ( che con tutto quel bailame di carte penso sia il minimo che possa capitare a livello amministrativo) sta m......a se la poteva proprio risparmiare. Veramente si fa fatica mentalmente a seguire un giorno le decisioni della cassazione,un altro quelle dell'anm,un'altro quelle del csm,mi sembra che ogni organismo vada un po a fatti suoi senza nessuna convergenza,buon lavoro a tutti

Anonimo ha detto...

Ragazzi scusate, io non posso entrare addentro alle cose di legge perchè non ne capisco, però mi viene da chidervi, e mi viene da chiedere anche alla Redazione: ma non vi sembra iniqua una norma che impedisce di discutere un caso così grave solo perchè è arrivato tardi il ricorso?

E' la stessa inutilità che riscontro nella norma (gemella) che scarcera un assassino solo perchè nella terza copia degli atti del processo, recapitata al tris cugino del suo quarto avvocato, manca la macchia di caffè che invece campeggia nella prima pagina della prima copia.

I "gentiluomini" coinvolti nelle inchieste di De Magistris e anche tutti gli altri che del caso si sono così alacremente "occupati", stasera di sicuro brinderanno e mangeranno cannoli.

Spero dal profondo del cuore che il tutto gli vada per traverso.

Anonimo ha detto...

Grazie Nicola per la precisazione.

E' vero che collegialmente il CSM respinge quella pratica. Io però intendevo riferirmi – anche se in modo grossolano – alle dichiarazioni fatte dal Vicepresidente nelle quali egli, di fronte alla richiesta di Pepino di aprire la pratica sulla avocazione, risponde molto seccato: “ma per fare che cosa?” Con questo volevo ribadire che a soggetti istituzionali di grande rilievo come appunto il Vicepresidente del CSM non interessa affatto discutere nel merito un caso così controverso e scandaloso. Comunque le dichiarazioni del Vicepresidente Mancino nel caso in esame possono essere ascoltate a questo link http://toghe.blogspot.com/2008/02/il-csm-fra-bizantinismi-e-doppiopesismi.html

Anonimo ha detto...

Sarà assicurato l'avvocato di De Magistris per i danni da responsabilità professionale?
Rilevo un dispiacere da parte di molti nel fatto che, per l'errore di un legale, la parte non abbia avuto diritto ad un riesame della sua vicenda:
Mai, nella mim odestissima esperienza professionale, di fronte ad errori, anche marchiani di avvocati, ho visto reazioni simili; al contrario emergeva un certo godimento nel sanzionare il comportamento del legale come asolutamente inconcepibile.
Anche in questo caso abbiamo vittime di serie A e vittime di serie B (anzi, di promozione o addirittura, prima categoria):

io che speravo che :( ha detto...

Inammissibile.

Purtoppo è inammissibile che la verità sia un valore così poco ricercato nelle aule di giustizia.
Ma stando alle regole in ricorso sembra essere stato proposto realmente in ritardo.

E' ammissibile che questo semplice ritardo possa impedire ogni accertamento di merito?

Purtroppo si.

Quante inammissibilità in questa vicenda.
L'ultima - quella del ricorso alle sezioni unite -appare poi addirittura clamorosa nella sua intrinseca inelluttabilità.
Alla luce delle regole in vigore inammissibile appariva il ricorso ed inammissibile è stato dichiarato.

Ma se le regole erano di così semplice interpretazione, com'è possibile che il professionista al quale De Magistris si era affidato sia caduto in un errore così grossolano?
Strano che nello stesso errore sia caduto anche il Ministero.
Posso chiedere per quali ragioni ed in che termini il Ministero avea impugnato il provvedimento?

Ad essere maliziosi ci sarebbe di che pensare ...

IO speriamo che :(

Anonimo ha detto...

Cara Luciana

La disciplina sui termini è fondamentale e lo è perchè serve ad assicurare la certezza del diritto.

Il problema è questo:quando io vado da un giudice (qualsiasi:civile penale etc)ci vado perchè c'è una situazione d'incertezza intorno ad una determinata questione (tizio non paga l'affitto a caio che dice che invece gliel'ha pagato o dice che non gli deve dare proprio un bel niente,oppure tizio ha sparato a caio il quale dice che tizio lo voleva uccidere ed è stato costretto a sparare) ed è compito del giudice risolverla in modo definitivo dicendo chi ha ragione e chi torto.

Quando il giudice stabilisce per la prima volta che tizio ha sbagliato e caio ha fatto bene ha risolto quella situazione d'incertezza.

Una volta che questa piaga è stata rimarginata,il sistema,partendo dal presupposto che errare è umano,concede un altra possibilità a chi vi ha interesse,che è quella di sottoporre la stessa questione ad un giudice diverso,che però ha dei limiti a differenza del primo giudice (cioè significa che il secondo giudice,che sarebbe il giudice dell'impugnazione,alcune cose solitamente le deve dare per presupposte e quindi parte con tutta una serie di punti fermi)

Quindi dato che la questione potrebbe dirsi risolta,avendo un giudice detto chi ha ragione e chi no,è impensabile che questa situazione di possibile ulteriore incertezza (ad esempio che tizio faccia appello contro la sentenza che dice che caio effettivamente non doveva nulla) possa protrarsi all'infinito.

Per questo motivo esistono i termini.

Ora questo discorso che io le ho fatto relativamente all'appello può estendersi quanto alle ragioni di fondo anche alla cassazione.

Quanto a quello che lei dice sul fatto che è iniqua perchè strutturata in questo modo,può essere condivisibile,ma sta a lei in quanto elettrice pretendere da chi vota una risposta in tal senso.Una norma per un Giudice è una norma.Egli si deve limitare a verificare che:sia valida (cioè vigente),sia apllicabile al caso concreto,non sia incostituzionale.Oltre questo,non può e non deve andare.Chiariamoci, ciò non significa non esprimere le proprie opinioni sulla norma,significa che tali opinioni non possono condurlo ad applicare le norme che ritiene eque e non applicare le altre.

Spero di essere stato chiaro e soprattutto di non aver detto castronerie.

Cordialmente

Pierluigi Fauzia

Cinzia ha detto...

Ma non sarà possibile neanche sottoporre il ricorso ad un organo Europeo preposto a... non so neanch'io a cosa, ma l'amarezza è davvero troppa, e non essendoci altro da fare in questo paese che ormai appare come un covo di conniventi a vario livello, l'Europa mi sembra rimasta come ultima spiaggia per avere l'opportunità di un approdo Giusto.
Ammesso che ci sia davvero un luogo giuridico superiore dove approdare!

Certi che l'avvocato non si sia fatto comprare o abbia ceduto a minacce? La sua leggerezza o incompetenza in un caso spinoso e delicato come questo mi sembra a dir poco sospetta...
O forse è solo che masticare amaro fa venire brutti pensieri!

Anonimo ha detto...

X Pierluigi Fauzia

Carissimo Pierluigi, che ringrazio per la deliziosa favola dell'officina (di cui questa sentenza odierna rappresenta uno strascico indiretto)

Lo so che le leggi devono essere applicate e non contestate dai magistrati, anche da quelli che giudicano altri magistrati.
E so anche che con queste leggi "si cerca" di raggiungere la verità e la giustizia partendo da basi certe e uguali per tutti.

Purtroppo devo rilevare che in questa storia di certo e di uguale non c'è niente tranne questa sentenza finale e gli apprezzamenti al limite della minaccia riscontrati nelle intercettazioni telefoniche e indirizzati al Dott. De Magistris.

Non sono poche le "stranezze" che costellano l'intera vicenda, a partire da come sono stati sottratti i fascicoli dell'inchiesta al PM, di notte e aprendo la cassaforte del suo ufficio.
Scusate, ma non è illegale prendere gli incartamenti da una cassaforte chiusa dal legittimo proprietario?
E se è un atto illegale, non inficia tutti gli atti successivi come spesso succede per altri casi (vedi la storia della virgola)?

Ad essere processato non era "tizio" ma un Signor Magistrato, ingiustamente attaccato da destra e sinistra (questo dimostra la validità del suo lavoro).

Quando si ha la possibilità di "non decidere" per un puro vizio di forma, ecco che la giustizia e la verità hanno già preso il largo e veleggiano, insieme alle veliste specializzate, verso esotici lidi.

Credetemi, questa sentenza getta nello sconforto le genti di Calabria e di Basilicata, perlomeno ci getta gli onesti, perchè ci sono in ballo inchieste importantissime, che svelano uno scenario inquietante in quella che sembra essere una provincia "babba" distaccata dalla Sicilia, la Basilicata.


"ma sta a lei in quanto elettrice pretendere da chi vota una risposta in tal senso."

Stai a scherzà? O_o
Me stà a pijà pel kù? O_O

Adesso come adesso CHI vorrebbe cambiare una norma tanto "serenamente, pacatamente dialogante"?


"sia apllicabile al caso concreto,non sia incostituzionale"


Ma secondo me non esaminare un caso solo per un vizio di forma dovrebbe essere incostituzionale.
E' un ragionamento gravissimo, produce storture.


Spero di essere stato chiaro e soprattutto di non aver detto castronerie.

Cordialmente

Pierluigi Fauzia


Chiarissimo!
In quanto a castronerie, non saranno mai più di quelle che dico io. ;)

Anonimo ha detto...

Scusate, la tastiera ha sparato da sola senza aspettare che inserissi il nome.
L'anonimo delle 21.07 sono io.

Luciana

La Redazione ha detto...

Riportiamo questo post inviatoci epurato di alcune espressioni che riteniamo inopportuno pubblicare.
Se l'autore del messaggio non è d'accordo può chiederne la cancellazione.
La Redazione

Intervengo nella discussione perché sono un magistrato e il 1° luglio ero presente in Cassazione per la discussione del ricorso che ho presentato contro una sentenza di condanna all’ammonimento che mi è stata inflitta dal CSM, su impulso dell’ex guardasigilli Mastella, per aver scritto in una lettera a lui indirizzata che, ove non fossero stati rimossi i crocifissi dalle aule giudiziarie italiane, in ossequio alla sentenza 1.3.2000 n. 4273 della Cassazione penale che ha sancito che la loro presenza viola il principio supremo di laicità della repubblica italiana, mi sarei rifiutato, nella mia qualità di imputato, di farmi giudicare -cioè di comparire all’udienza dibattimentale- da giudici che, a causa della presenza dei crocifissi, apparivano partigiani, cioè inseriti in un’Amministrazione connotata di parzialità cattolica. Ebbene, il ricorso del collega Luigi De Magistris è stato discusso prima del mio e il suo difensore ha affrontato la questione relativa alla tempestività della presentazione del ricorso che, ridotta all’osso, consisteva nello stabilire se il termine utile per l’impugnazione fosse di 45 giorni, come optato dal difensore del De Magistris, o di 30 giorni, come sostenuto dal Procuratore Generale. La tesi della difesa del De Magistris era (e resta) tutt’altro che peregrina, sostenendosi che, se il CSM non rispetta il termine canonico di 30 giorni per il deposito della sentenza, il termine per impugnare dovrebbe essere quello stesso termine di 45 giorni che il codice di procedura penale prevede per le sentenze per il cui deposito il giudice, stante la complessità del processo, si autoassegna un termine superiore a quello, canonico, di 30 giorni.
Al di là dell’opinabilità di questa tesi -che è stata evidentemente respinta dalle Sezioni Unite della Cassazione- resta il fatto che sussiste, a mio avviso, un’evidente illegittimità costituzionale della norma, così come interpretata dalla Cassazione ai danni del De Magistris. Se il CSM, infatti, non rispetta il termine canonico di 30 giorni e, magari, deposita una sentenza di 20.000 pagine dopo 2 anni, all’incolpato sarà riservato lo spazio di 30 giorni per fare il ricorso; se, invece, il CSM si autoassegna il termine di 40 giorni, a causa della difficoltà del caso, e, poi, deposita una sentenza di 40 pagine, all’incolpato sarà riservato lo spazio di 45 giorni per impugnarla: il che è francamente illogico e lesivo del principio di eguaglianza.
Va puntualizzato che le Sezioni Unite della Cassazione Penale hanno affrontato questa questione, ritenendola infondata con sentenza 17.6.1997 n. 4: ciò non impediva, tuttavia, che le Sezioni Unite, che si sono interessate del ricorso di De Magistris, potessero oggi ritenerla fondata, rimettendo gli atti alla Corte Costituzionale.
Mi piace sottolineare che anche per il mio ricorso è stata richiesta la inammissibilità perché il deposito sarebbe avvenuto, sia a detta del Giudice relatore che del Procuratore Generale, tardivamente, e cioè in data 8 febbraio 2008.
Sto attendendo di conoscere se, per caso, anche le mie 70 pagine di ricorso per cassazione saranno vanificate -com’è avvenuto per De Magistris- con una pronuncia di “inammissibilità”: il mio ricorso, infatti, è stato depositato il 6 febbraio, e non l’8 febbraio, come ... affermato dal Giudice relatore e dal Procuratore Generale. E questo è avvenuto in ben due Cancellerie, quella di Rimini e quella di Camerino. Sarebbe inquietante che ... si rendesse così definitiva una “condanna” che -come ho scritto nel ricorso- è un insulto ai miei diritti inviolabili di libertà di difesa e di opinione. Purtroppo -ed è questa l’amara considerazione che riguarda tutti i cittadini, e non solo il de Magistris o la mia persona- la giustizia italiana è ispirata più alla forma e ai cavilli che alla sostanza: il che la rende inaffidabile, ingiusta e tragicamente simile ad una lotteria.
Luigi Tosti - RIMINI

Cinzia ha detto...

Adesso ho capito.
Sopra di loro c'è solo Dio.

Mi spiace per quello che ho pensato dell'avvocato e me ne scuso.
Però, quando le regole sono così incerte forse sarebbe meglio non correrli certi rischi, ma tenersi in condizioni di massima e assoluta ineccepibilità. Ammesso che sia davvero possibile, io non ho esperienza in merito.

Comunque è davvero triste che finisca così solo per un cavillo burocratico.
Davvero non ci si può appellare a nessuna corte europea per avere giustizia?

Questa vicenda diventa un brutto precedente, forse non sarà l'unico, ma mediaticamente è il più conosciuto. C'è chi dirà ciò che prevede Pierluigi, ma c'è anche chi dirà "Lo vedi? Tocchi i fili e muori, non ti salva nessuno, neanche la visibilità, neanche la giustizia, neanche la ragione".
E questo è anche peggio.
La sconfitta del Giusto, l’annientamento della Ragione, educa le persone (scusate se mi permetto di non escludere i magistrati stessi) al qualunquismo, alla rassegnazione, al servilismo, al silenzio.

Lasciar passare questa sconfitta, in un momento così delicato, è proprio una brutta storia…
Perdonate, ma sono molto perplessa

Anonimo ha detto...

E mentre Zapatero conquista spazi di laicità e di civiltà avanzata, da noi si perseguono metodi , appunto, clericali...in perfetta/o (al)linea(mento) con il Vescovo che ha messo alla porta il coraggioso giornalista non genuflesso; come il tosto giudice Tosti, di Camerino, che s'è buscato 6-7 mesi per essersi rifiutato di lavorare con il crocifisso in aula; che discrimina le altre confessioni.Nel 2003 è stata la madre di un alunno a inoltrare un' istanza per la rimozione del crocifisso nelle aule scolastiche, come il musulmano Adel Smith che fece clamore nelle tv e subì un'aggressione da parte di militanti di Forza Nuova. Come destò sconcerto la sentenza, in merito, del Consiglio di Stato, persino in un magistrato e Consigliere Corte di Cassazione, di ispirazione cristiana..." Le sentenze, che per la nostra Costituzione sono pronunciate «in nome del popolo italiano», devono essere, almeno nelle linee essenziali della loro motivazione comprensibili dal popolo e non in contrasto col comune buon senso. E la sentenza del Consiglio di Stato che ha sancito la legittimità della esposizione del Crocifisso nelle aule scolastiche, se è da tutti comprensibile e forse anche da molti condivisibile nel suo dispositivo, cioè nelle conclusioni cui perviene, appare astrusa, artificiosa e non in linea col “comune sentire” nella esposizione delle ragioni che dovrebbero sorreggere il verdetto. Il Consiglio di Stato ha giustificato la decisione affermando che l’esposizione del Crocifisso, quando è fatta in una sede non religiosa come la scuola, diviene un simbolo idoneo a «rappresentare e richiamare … valori civilmente rilevanti e segnatamente quei valori che soggiacciono ed ispirano il nostro ordine costituzionale, fondamento del nostro convivere civile». Il Crocifisso a scuola cesserebbe quindi di essere un simbolo religioso per trasformarsi in una espressione della laicità e dei valori costituzionali dello Stato italiano. Una tesi questa quanto meno sorprendente. Ma si è chiesto il massimo organo di giustizia amministrativa se vi è una sola persona, giovane o meno giovane e di qualsiasi cultura o fede, che guardando un Crocifisso esposto in una scuola o in un qualunque altro luogo o edificio pubblico, coglie in esso un richiamo ai «valori civilmente rilevanti» che sono alla base del nostro ordinamento costituzionale? E si è domandato tale organo se vi è un solo cittadino che riesce a non vedere nelle effigie del Cristo in croce un segno religioso? La sentenza dice poi che il Crocifisso è «un simbolo che può assumere diversi significati e servire per intenti diversi; innanzitutto per il luogo ove è posto». Ed aggiunge che in un luogo di culto esso è propriamente ed esclusivamente un simbolo religioso mentre in una sede non religiosa è atto ad esprimere per tutti i presenti valori che «connotano la civiltà italiana» ed emergono dai «principi fondamentali» e dalla prima parte della nostra Costituzione. Il Crocifisso sarebbe quindi un simbolo con significati mutevoli a seconda del luogo della sua esposizione. Simbolo esclusivamente religioso in Chiesa e di valori costituzionali a scuola dove – riconosce con qualche fatica e con molta confusione il Consiglio di Stato – ......" Il giudice Tosti, per quel che può valere, ha tutta la mia solidarietà. A me è successo di sapere, casualmente, di una sentenza 3 giorni prima della scadenza dei termini per il ricorso in appello. Il giudice unico, "svendita dell'argenteria di famiglia", si disse. Qualcuno mi può fare un solo esempio (uno!)che dimostri che un solo articolo della Costituzione (il 21 è il più violato!) sia stato applicato alla lettera? Mauro C.

Anonimo ha detto...

E' molto facile prendersela con Gesù Cristo, che ha predicato amore e perdono. Meno facile è prendersela con Maometto, vero? :) Chissà perché, la "vittima" designata è sempre e soltanto Nostro Signore. Non ulteriori commenti, non ce n'è bisogno!

Cinzia ha detto...

Ma mio caro Anonimo delle 16.56
che c'entrano Gesù Cristo e Maometto?
Qui si discuteva, per quel che ho capito io, di una questione di principio e di rispetto dei principi. Nessuno se la prende con nessun'altro... per favore non faccia la vittima per conto di Dio.
C'è n'è già stata nella storia una ben più autorevole di Lei e non credo che abbia bisogno di questo genere di difesa per non essere maltrattata o vilipesa.
Se Lei è cristiano rispetti i precetti del cristianesimo, se ci riesce avrà già fatto abbastanza e tutti le saremo grati.

Cordialmente

Anonimo ha detto...

Cara Cinzia, nessuno qua è fesso. Ho parlato chiaramente, e non di principi. Se hai orecchie da intendere, intendi. Se preferisci non intendere, sei libera di farlo, come io sono libero di scrivere quello che mi pare, fino a quando mi permetteranno di farlo, senza offendere nessuno, ovviamente.

Cinzia ha detto...

Se bastassero solo le orecchie per intendersi, io vorrei rinascere elefante.
E se bastasse dire ciò che si vuole per essere liberi, io vorrei non essere vincolata alla riflessione prima di esercitare la parola.
Ora capisco perché non mi sento libera,
penso troppo (e male).

Viva la libertà e beati gli elefanti! :)

Anonimo ha detto...

A pensare e basta non si fa peccato. Nemmeno a bis-pensare.

Anonimo ha detto...

La suprema cote è certamente insindacabile e ha certamente deciso in base ad una giurisprudenza consolidata.
Sia il ricorso di De Magistris che quello di Scotti sono stati presentati, secondo la suprema corte, fuori tempo, certamente. Ma allora come mai il Pg di Cassazione, Antonio Martone aveva proposto di accogliere il ricorso del ministro Scotti, come si legge sul web?

Anonimo ha detto...

Ignorante cerca lumi disperatamente.
Ecco cosa dispone il codice di procedura penale:
Art.544 Redazione della sentenza 1. Conclusa la deliberazione (525-528), il presidente redige e sottoscrive il dispositivo. Subito dopo è redatta una concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la sentenza è fondata.

2. Qualora non sia possibile procedere alla redazione immediata dei motivi in camera di consiglio, vi si provvede non oltre il quindicesimo giorno da quello della pronuncia (154 att.).

3. Quando la stesura della motivazione è particolarmente complessa per il numero delle parti o per il numero e la gravità delle imputazioni, il giudice, se ritiene di non poter depositare la sentenza nel termine previsto dal comma 2, può indicare nel dispositivo un termine più lungo, non eccedente comunque il novantesimo giorno da quello della pronuncia (585).
Per uno, digiuno come il sottoscritto di giurisprudenza, il CSM è obbligato(sottolineo) obbligato a depositare le motivazioni entro quindici giorni, salvo se dichiara esplicitamente di non poterlo fare in quel periodo. Non si tratta di una libertà in più, ma di un obbligo in più per il CSM. Ora, senza precisare alcunchè, il CSM ha depositato le motivazioni dopo trentadue giorni e le ha comunicate all'interessato soltanto il ventotto febbraio.
Possibile che la frase "non oltre il quindicesimo giorno" non abbia alcun valore?
Sono d'accordo che l'avvocato avrebbe fatto meglio a presentare il ricorso prima, ma non tanto per ragioni formali, ma per rispettare l'aforisma andreottiano: "a pensar male si fa peccato......".
Quanto sopra è evidentemente una interpretazione naïve di una legge facente parte di una legislazione nella quale il non addetto rischia di sprofondare.

Anonimo ha detto...

Per Anonimo delle 10.44.

Gentile Lettore,

il Suo stupore è comprensibilissimo, per un non addetto ai lavori.

La risposta tecnica al Suo quesito è la seguente.

I termini processuali sono diversi.

Una delle loro distinzioni è quella fra termini "perentori" e termini "ordinatori".

Ai termini del primo tipo sono collegate "sanzioni processuali" (per esempio le inammissibilità),

Ai termini del secondo tipo non sono collegate sanzioni processuali, ma solo, se del caso, sanzioni extraprocessuali (per esempio, quelle disciplinari).

Questo non avviene solo per le norme processuali.

Esistono anche nel diritto sostanziale norme cosiddette "imperfette" (il che giustifica il Suo stupore: sono appunto "imperfette"), alle quali a un obbligo o a un divieto non è connessa una sanzione.

Le indico una di queste norme: l'art. 147 del codice civile, che dispone "Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli".

E' ovvio che se i coniugi violano in tutto o in parte questa norma in molti casi non incorreranno in nessun tipo di conseguenza.

Dunque, la norma che dice entro quando il giudice deve depositare una sentenza è semplicemente "ordinatoria". E d'altra parte non potrebbe essere altrimenti data la montagna di lavoro che abbiamo da fare, che raramente consente di rispettare termini tanto stretti.

Sotto il post “Il testo integrale della sentenza della Cassazione sul “caso De Magistris”” abbiamo inserito una spiegazione dei termini della questione di diritto oggetto del contendere.

Gliela riporto qui sotto.

Grazie mille per la Sua attenzione e partecipazione al nostro blog.

Un caro saluto.

Felice Lima

________

Per i “non addetti ai lavori”, proviamo a fare una sintesi comprensibile della questione di diritto che sta alla base della sentenza della Corte di Cassazione sul caso De Magistris.

Gli “addetti ai lavori” ci perdoneranno alcune semplificazioni.


L’art. 544 del codice di procedura penale si intitola “Redazione della sentenza” e dispone:

“1. Conclusa la deliberazione, il presidente redige e sottoscrive il dispositivo. Subito dopo è redatta una concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la sentenza è fondata.
2. Qualora non sia possibile procedere alla redazione immediata dei motivi in camera di consiglio, vi si provvede non oltre il quindicesimo giorno da quello della pronuncia.
3. Quando la stesura della motivazione è particolarmente complessa per il numero delle parti o per il numero e la gravità delle imputazioni, il giudice, se ritiene di non poter depositare la sentenza nel termine previsto dal comma 2, può indicare nel dispositivo un termine più lungo, non eccedente comunque il novantesimo giorno da quello della pronuncia.
(…)

Quello che rileva qui è il 3° comma che dispone, come testé scritto, che “quando la stesura della motivazione è particolarmente complessa per il numero delle parti o per il numero e la gravità delle imputazioni, il giudice, se ritiene di non poter depositare la sentenza nel termine previsto dal comma 2, può indicare nel dispositivo un termine più lungo, non eccedente comunque il novantesimo giorno da quello della pronuncia”.

L’art. 585 del codice di procedura penale si intitola “Termini per l’impugnazione” e dispone:

“1. Il termine per proporre impugnazione, per ciascuna delle parti, è:
a) di quindici giorni, per i provvedimenti emessi in seguito a procedimento in camera di consiglio e nel caso previsto dall'articolo 544 comma 1;
b) di trenta giorni, nel caso previsto dall'articolo 544 comma 2;
c) di quarantacinque giorni, nel caso previsto dall'articolo 544 comma 3.
2. I termini previsti dal comma 1 decorrono:
a) dalla notificazione o comunicazione dell'avviso di deposito del provvedimento emesso in seguito a procedimento in camera di consiglio;
b) dalla lettura del provvedimento in udienza, quando è redatta anche la motivazione, per tutte le parti che sono state o che debbono considerarsi presenti nel giudizio, anche se non sono presenti alla lettura;
c) dalla scadenza del termine stabilito dalla legge o determinato dal giudice per il deposito della sentenza ovvero, nel caso previsto dall'articolo comma 2, dal giorno in cui è stata eseguita la notificazione o la comunicazione dell'avviso di deposito;
d) dal giorno in cui è stata eseguita la notificazione o la comunicazione dell'avviso di deposito con l'estratto del provvedimento, per l'imputato contumace e per il procuratore generale presso la corte di appello rispetto ai provvedimenti emessi in udienza da qualsiasi giudice della sua circoscrizione diverso dalla corte di appello.
3. Quando la decorrenza è diversa per l'imputato e per il suo difensore, opera per entrambi il termine che scade per ultimo.
4. Fino a quindici giorni prima dell'udienza possono essere presentati nella cancelleria del giudice della impugnazione motivi nuovi nel numero di copie necessarie per tutte le parti. L'inammissibilità dell'impugnazione si estende ai motivi nuovi.
5. I termini previsti dal presente articolo sono stabiliti a pena di decadenza”.


Dunque, leggendo in maniera coordinata i due articoli che ho testè riportato, il termine per impugnare è di trenta giorni nel caso di cui all’art. 544, 2° comma, che ricorre quando il giudice redige la motivazione della sentenza entro i quindici giorni successivi alla pronuncia. Ed è di quarantacinque giorni nel caso di cui all’art. 544, 3° comma, che ricorre “Quando la stesura della motivazione è particolarmente complessa per il numero delle parti o per il numero e la gravità delle imputazioni, [e] il giudice, se ritiene di non poter depositare la sentenza nel termine previsto dal comma 2, può indicare nel dispositivo un termine più lungo, non eccedente comunque il novantesimo giorno da quello della pronuncia”.

In sostanza, se la motivazione è molto complessa, il giudice può assegnarsi un termine più lungo per scriverla e, in questo caso, al più lungo termine assegnato al giudice corrisponde un più lungo termine per la parte per impugnare.

Nella vicenda De Magistris, il giudice (il C.S.M.) NON si è assegnato un termine più lungo.

Ma ha depositato oltre il termine previsto. Ossia, in ritardo.

L’avvocato di Luigi De Magistris ha sostenuto che, essendosi il C.S.M. preso più tempo per scrivere la motivazione, egli aveva diritto al termine più lungo per l’impugnazione.

Sostiene, però, la Cassazione che l’art. 585, comma 1, lett. c, non concede il termine lungo ogni colta che il giudice impiega più tempo di quanto voluto dalla legge per scrivere la sentenza, ma solo
(testualmente) “nel caso previsto dall'articolo 544 comma 3”.

E il “caso previsto dall'articolo 544 comma 3” è quello in cui il giudice, all’atto della pronuncia della sentenza, la dichiara complessa e si assegna un termine lungo per scriverne la motivazione.

Dice la Cassazione: se il giudice non ha dichiarato complessa la sentenza e non si è assegnato il termine più lungo, non ricorre il “caso previsto dall'articolo 544 comma 3”.

Né il solo fatto che il giudice abbia impiegato più tempo del dovuto a scrivere la sentenza significa da sé solo che la sentenza era complessa, perché potrebbe anche significare – e normalmente significa – solo che, avendo un grosso carico di lavoro e avendo tante sentenze da scrivere, non è riuscito a scrivere quella nei termini.

Peraltro, in quest’ultimo caso, il termine per l’impugnazione decorrerà dalla data in cui le parti riceveranno formale comunicazione dell’avvenuto deposito della sentenza.

La Redazione

Anonimo ha detto...

Anonimo delle 14,51
Desidero veramente ringraziare il giudice Felice Lima per la sua gentile ed esauriente risposta.
Chi la pensa come me si trova nella situazione psicologica di uno spettatore a cui il regista dispettoso facesse morire John Wayne proprio nel più bello dell'azione e qui Wayne non è De Magistris, ma una certa idea molto ingenua che ci possiamo fare della giustizia.
Ci si deve perdonare.

Anonimo ha detto...

Per Anonimo delle 23.58.

Gentilissimo Anonimo,

grazie di cuore a Lei per la Sua attenzione e cortesia.

Lei scrive: "Ci si deve perdonare".

Ma è ovvio che "siete" perdonatissimi :-)

Ma mi permetta di aggiungere affettuosamente ancora una cosa alla Sua riflessione sulla morte di John Waine e sulla delusione rispetto a una idea ingenua della giustizia.

Non è solo la giustizia a essere molto molto complicata. E' tutta intera la vita che è molto molto complessa.

Il malessere e l'infelicità di tanti dipendono, a mio modesto avviso, da una subcultura massmediatica che semplifica e instupidisce tutto.

Ormai l'uomo medio pensa che una vita felice sia una vita di pacchia, molto semplice, dove ami un uomo o una donna per cent'anni senza fatica e senza impegno - perchè provi per cent'anni le stesse emozioni che provavi il primo giorno - nella quale (vita) hai un lavoro bello, facile, remuneratissimo e fichissimo, nella quale il corpo è sempre forte e aitante, eccetera.

Ma una vita così primo non esiste e secondo, se esistesse, sarebbe un incubo.

Ciò che è più propriamente umano è scoprire la complessità della realtà e sforzarsi di capirne il senso.

Sono felicemente sposato da tanti anni e il matrimonio mi appare molto più bello e molto più profondo di come lo vivevo il primo giorno. Ma perchè è molto più complesso di come lo immaginavo.

Amare non è "provare qualcosa di istintivo e di superficiale per". E' una cosa più complessa e anche più difficile, ma molto molto più bella.

Pensare non è "farsi passare qualcosa per la testa".

Fare giustizia non è "decidere in un minuto se mettere pollice su o pollice giù".

Vincere un gran premio di moto non è "salire sulla moto, accendere il motore e correre".

Tutto ciò che ha un qualche valore nella vita ha una enorme ricchezza e una enorme complessità.

Un animale piccolissimo - per esempio, una di quelle formichine che calpestiamo senza neppure accorgecene - è un universo di cose complessissime e bellissime. Sulle formichine ci sono intere biblioteche.

Saremo felici solo se sapremo non solo accettare questa complessità del reale, ma proprio amarla. Perchè nelle sue pieghe troveremo la grandezza della vita e, se me lo permette, la grandezza di Dio.

Quello che dobbiamo fare e che faremo è quello che dice Shakespeare nel Re Lear: “E braccheremo il mistero delle cose come buoni segugi di Dio”.

Non soffra per la perdita del lieto fine e di una visione ingenua della giustizia.

La visione vera è più "dura", ma anche più "grande".

Paolo Borsellino - di cui oggi ricorre il 16° anniversario della morte - non assomigliava per niente a John Waine (per essere precisi, ai personaggi di interpretati da John Waine). Era enormemente meglio.

E il Cristo di cui tutti parlano spesso molto a sproposito senza saperne nulla e credendo che essere suoi seguaci serva solo ad avere un motivo in più per sentirsi la coscienza a posto, non è un Dio vincitore, che scende dal cielo con legioni di angeli e distrugge i cattivi.

E' un Dio che si riduce a uomo e si fa crocifiggere.

Se non capiamo la vittoria che c'è in questa sconfitta siamo ancora nel buio e nello smarrimento.

Se mi permette un suggerimento di lettura su questa cosa di Cristo che non viene da vincitore, Le segnalo "La leggenda del grande inquisitore", di Fedor Dostoevskij, che abbiamo riportato anche sul nostro blog a questo link.

Un caro saluto.

Felice Lima