di Stefano Sernia
(Giudice del Tribunale di Lecce)
In un precedente post pubblicato su questo blog ho cercato di spiegare perché è essenziale tutelare la pubblica opinione dagli interventi manipolativi realizzati mediante il ricorso ad un’informazione scorretta; ed ho cercato anche di evidenziare come, al fine della realizzazione di un sistema democratico, questa tutela sia un necessario corollario al principio della separazione dei poteri, che altrimenti sarebbe privo di effettività.
Vale la pena di riaffrontare ed approfondire il discorso, pregando il lettore di prendere però le mosse da quanto già scritto nel precedente post, senza la cui lettura il presente potrebbe divenire di più difficile comprensione.
Poiché la pubblica opinione si traduce in scelte elettorali, ed è il Corpo Elettorale che elegge il Parlamento, e poiché il Parlamento partecipa al procedimento di nomina o elezione di tutti gli altri Poteri dello Stato (eccezion fatta per quello giudiziario) e dei principali organi costituzionali di garanzia (che la Costituzione prevede per assicurare un sistema di reciproci controlli e contrappesi tra i poteri dello Stato, affinché nessun potere possa travalicare gli altri e non si realizzino forme di dittatura o tirannia di fatto), è assolutamente indispensabile che la pubblica opinione si formi in base ad una corretta informazione; altrimenti, chi detiene e manipola l’informazione, può impadronirsi dell’intero Stato e scardinare il sistema di controlli e contrappesi essenziale alla democraticità del sistema.
Al momento, l’eventuale (?) Grande Manipolatore incontra un serio ostacolo; infatti, per via elettorale al momento è possibile impadronirsi direttamente (o indirettamente) di tutti i poteri dello Stato, ma non agevolmente della Magistratura, della quale la Costituzione garantisce l’indipendenza dal potere politico.
Tale indipendenza è assicurata in primo luogo dalla esistenza di garanzie formali, quali l’inamovibilità del magistrato se non nei casi previsti dalla legge; e la riserva al CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA, o CSM (i cui membri elettivi sono costituiti per 2/3 da magistrati eletti dai magistrati; solo 1/3 è di nomina politica; a parte è il Presidente, che è il Presidente della Repubblica) delle decisioni che incidono sul principio d'inamovibilità e su ogni deliberazione riguardante la carriera del magistrato (promozioni; sanzioni disciplinari; diritto a trasferimenti di sede, ecc.): sicché il Magistrato sa che la sua carriera ed il suo destino (professionale ed economico: il giudice è un pubblico dipendente che vive del suo stipendio) non sono legati alla necessità di compiacere il Ministro della Giustizia o comunque il potere politico, perché questi non hanno alcun potere diretto sulla sua carriera (un discorso a parte si potrebbe fare sul potere di condizionamento indiretto, legato alla titolarità del potere di promovimento dell’azione disciplinare, che spetta al Ministro; e sui rischi connessi ad una comunque consistente presenza politica all’interno del CSM, che talora – per convergenze di interesse correntizio - dà luogo ad alleanze con componenti eletti dalla magistratura: ma il discorso è lungo e complesso, e lo si affronterà magari a parte in altra occasione).
Ad evitare che il magistrato possa poi per altra via incontrare condizionamenti di vario genere, gli è fatto divieto di svolgere qualsiasi altra forma di attività economica anche occasionale, ivi compreso in genere l’insegnamento a fine di lucro (di qui tra parentesi, l’importanza dello stipendio per il magistrato e per il Paese: un magistrato economicamente soddisfatto e sottratto alla tentazione ed alla necessità economica è un magistrato indipendente).
L’indipendenza della Magistratura è poi in particolare assicurata proprio dalle forme di accesso alla magistratura, che sono date da pubblici concorsi gestiti dal CSM, e sui quali il potere politico non ha spazi di intervento (in realtà, con l’approvazione del nuovo ordinamento giudiziario, vi è un potenziale pericolo di interferenze, atteso che la formazione dei neo-magistrati è affidata ad una scuola della magistratura per gran parte di emanazione ministeriale).
Appare del tutto evidente che, invece, laddove si addivenisse a meccanismi di scelta elettorale del giudice (come di recente da alcune parti si va ventilando), non solo si avrebbe necessariamente il risultato di una magistratura politicizzata (e cioè, si realizzerebbe appieno quel male che invece ipocritamente si dichiara di voler combattere), ma si perderebbe, ovviamente, quel requisito di indipendenza della magistratura che è una delle architravi del sistema delle garanzie costituzionali, e che assicura a chiunque che la sua situazione personale, il suo diritto o il suo torto, verranno giudicati solo per quel che sono, e senza alcuna considerazione per le implicazioni ulteriori della sentenza: l’indipendenza della magistratura, il suo essere svincolata dal potere politico, è un necessario presupposto per la realizzazione del principio della eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge.
Invece, in un sistema di nomina elettorale, poiché non sono pensabili elezioni in cui non partecipino i partiti, avremmo il bel risultato di giudici eletti per il loro orientamento politico, o peggio ancora, per il loro essere graditi alle segreterie dei partiti: possiamo immaginare con quanto beneficio per la giustizia e l’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge!
Ed un giudice, per essere eletto o rieletto, cosa dovrebbe poi fare? Non finirebbe senz’altro per piegare la sua attività alla necessità di incontrare il favore dei partiti o della pubblica opinione?
Ma in Italia la pubblica opinione è libera, matura ed informata, o quotidianamente ingannata e drogata da un’informazione talora faziosa, talora incompleta, talora servile, che spesso si piega a condurre campagne di delegittimazione della Magistratura (e non solo) quali tappe necessarie a giustificare e rendere accetti interventi che la privino della propria indipendenza e ne realizzano la controllabilità politica?
Come si vede, il tema della tutela della pubblica opinione è sempre centrale.
Altri ostacoli a che, attraverso la manipolazione della pubblica opinione, si possa pervenire ad un impossessamento totale dello Stato e dei suoi poteri, sono dati dalla circostanza che i principali ed importantissimi organi di garanzia previsti dalla Carta Costituzionale (il PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ed i giudici della CORTE COSTITUZIONALE) devono essere nominati dal PARLAMENTO con maggioranze particolarmente elevate, tali da rendere normalmente (almeno un tempo) difficile che una sola parte politica possa raggiungerle senza il consenso dell’opposizione; per capire l’importanza di tali organi, basti pensare che:
1)la Corte costituzionale (art. 134 della Costituzione) giudica della conformità delle leggi ordinarie (quelle approvate dal Parlamento con la maggioranza semplice dei votanti) alla Carta costituzionale (e cioè la legge fondamentale dello Stato, che stabilisce i diritti inviolabili ed i doveri ineludibili dei cittadini, e la ripartizione di competenze tra i poteri dello Stato), e quindi garantisce che la maggioranza politica di turno non adotti leggi che violino i diritti fondamentali dei cittadini e loro libertà costituzionali, o le competenze degli organi previsti a garanzie di queste; giudica inoltre dei conflitti tra i poteri dello Stato, allorché cioè un potere dello Stato lamenti un’invasione delle proprie sfere di competenza da parte di un altro potere; infine, giudica il Presidente della Repubblica in caso venga accusato di alto tradimento o di attentato alla Costituzione (artt. 134 e 90 della Costituzione);
2)il Presidente della Repubblica esercita una preliminare valutazione (comunemente detta, a delinearne la sommarietà, “delibazione”) di legittimità costituzionale dei disegni di legge di origine governativa e delle leggi approvate dal Parlamento (artt. 87 e 74 Cost.), potendo rifiutare e la presentazione dei suddetti disegni di legge, e la promulgazione delle leggi ritenute incostituzionali; decide lo scioglimento di una o entrambe le Camere del Parlamento (art. 88 Cost.) quando ravvisa mal funzionamenti delle stesse (ivi compresi, in ipotesi, reiterati atti di violazione della Costituzione mediante legge ordinaria) e può pubblicizzare le ragioni di tali sue scelte mediante messaggi alle camere ed alla nazione; presiede inoltre – tra l’altro – il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) che, come si è visto, è il titolare esclusivo di ogni potere in ordine alla carriera ed allo status dei magistrati ordinari.
A chiusura del sistema delle garanzie, vi è poi la c.d. “rigidità” della Carta Costituzionale, espressione con la quale si intende che la stessa può essere modificata solo con maggioranze molto elevate, spesso raggiungibili solo col concorso dell’opposizione, e con un procedimento complesso, che dovrebbe garantire la ponderatezza delle riforma: ogni camera deve approvare la legge di riforma costituzionale con la maggioranza assoluta dei suoi componenti, in due distinte votazione a distanza di tre mesi l’una dall’altra; se tale ultima l’approvazione avviene con maggioranza inferiore ai 2/3 dei membri di ciascuna Camera, è possibile indire un referendum popolare: ciò che appunto ha affossato la riforma costituzionale partorita dal penultimo Governo Berlusconi, e che avrebbe aumentato a dismisura i poteri del capo del Governo, ridotto quelli del Capo dello Stato (in primis, quello importantissimo di scioglimento delle Camere), ed aumentato notevolmente il controllo politico sulla Corte Costituzionale (i cui membri di nomina parlamentare sarebbero passati da 1/3 alla metà circa).
La nostra Costituzione è quindi la prima difesa contro la concentrazione del potere e l’avvio verso regimi autoritari.
Maggioranze forti (frutto di leggi elettorali di ispirazione maggioritaria e non proporzionali come quelle del passato) come quelle che hanno caratterizzato i governi del centro destra in realtà avrebbero agevolmente consentito stravolgimenti autoritari della Carta Costituzionale, pur talora ventilati; a ciò tuttavia hanno verosimilmente fatto ostacolo alcune circostanze.
In primo luogo, probabilmente (e fortunatamente) un certo grado di reciproca diffidenza tra le forze che tale disegno perseguono, e che hanno l’interesse a non apportare modifiche radicali e irreparabili, perché potrebbero un giorno essere loro a patirne le conseguenze per mano dell’alleato più forte.
In secondo luogo, la difficoltà di difendere davanti alla opinione pubblica una Costituzione troppo marcatamente e palesemente autoritaria, in cui si realizzasse il pur più volte ventilato assoluto controllo del potere politico sulla magistratura e sugli altri organi di garanzia, alcuni dei quali, ancora oggi, investiti di un notevole prestigio e consenso popolare (nel quinquennio successivo a “Mani pulite”, la Magistratura; attualmente, almeno il Presidente della Repubblica).
Per tali ragioni, si assiste ad una politica dei piccoli passi (fondata su continui attacchi denigratori; e su piccole riforme), che, non a caso, si concentrano pertanto proprio sugli organismi di garanzia: la Magistratura (ed il CSM, di cui pure continuamente si ventilano riforme atte ad aumentarne la componente di nomina politica, sì da aumentare le possibilità di controllo politico sulla magistratura), il Presidente della Repubblica, e la Corte Costituzionale, oggetto sia di interventi di revisione costituzionale contenuti, ma comunque in grado da incidere pesantemente sulla loro indipendenza e sulla loro operatività (si veda appunto la legge di revisione costituzionale approvata nel 2005 ed non entrata in vigore grazie all’esito negativo del referendum), sia di continui e cumulativi interventi di delegittimazione che, nel tempo, giustificheranno alla pubblica opinione la realizzazione di interventi più ampi e severi (tra i quali, eventualmente, la ventilata elezione dei magistrati quale rimedio alle inefficienze dei “giudici fannulloni”); sia infine di interventi operati con legge ordinaria, la cui legittimità costituzionale è spesso assai dubbia, ma la cui forza viene implementata attraverso massicce campagne di stampa mirate a delegittimare ed intimidire i titolari degli organi di grazia e la magistratura .
Quanto al CSM, ad es., con legge ordinaria se ne sono gravemente ridotti di numero i componenti, sì da renderne estremamente difficoltoso il funzionamento ed additarlo ad esempio di inefficienza ed incapacità gestionale dei suoi compiti (tra i quali quelli disciplinari sui magistrati): il che verrà probabilmente strumentalizzato per giustificare il trasferimento di tali competenze ad altri organi di maggiore fedeltà governativa.
Quanto alla magistratura, dopo averla continuamente delegittimata con un progressivo crescendo di accuse di politicizzazione, inefficienza, scarsa laboriosità, si sono prima approvate riforme dell’Ordinamento giudiziario tese a introdurre una strisciante gerarchizzazione della magistratura, al fine di poterne operare per tale via un controllo (attraverso il controllo sul CSM che nomina i vertici degli uffici giudiziari: il che, si noti, è stupido, perché è proprio la diffusività del potere giudiziario, il suo essere un potere acefalo e non gerarchizzato, in cui ogni magistrato decide secondo coscienza, che costituisce la migliore delle garanzie contro l’ergersi di tale potere a soggetto unico ed antagonista degli altri poteri); ed infine se ne sono ridotti temporaneamente gli stipendi – minandone così l’indipendenza economica e creando il timore di ulteriori interventi “punitivi” in futuro – e si ventila di ridurne le ferie; si ventila altresì, come si diceva, l’elezione dei magistrati (il che suona un po’ anche come minaccia di licenziamento ai giudici in servizio: non date troppo fastidio, altrimenti vi sostituiamo con quelli che piacciono a noi….).
Quanto al Presidente della Repubblica ed alla Corte Costituzionale, li si è accusati di partigianeria ogni qual volta si sono permessi di operare il loro dovuto sindacato sulle leggi emanate dal centro destra che maggiormente si ponevano in tensione con i principi costituzionali; e li si è poi fatti oggetto di quei disegni di revisione costituzionale di cui già si è detto.
Rigidità della Costituzione e meccanismi elettorali governati dalla necessità di maggioranze molto ampie non sono poi più garanzie sufficienti ad evitare profondi e gravi stravolgimenti dell’aspetto costituzionale della Repubblica (in parole povere: il nostro mondo, i nostri diritti) ad opera di partiti politici godenti di risicate maggioranze nel Paese.
Occorre infatti considerare che l’abbandono dei sistemi elettorali proporzionalistici, se ha finalmente offerto un salutare ridimensionamento del numero dei partiti politici e comunque favorito una semplificazione degli schieramenti, ha per converso reso però più facili il raggiungimento di quelle maggioranza qualificate necessarie ad approvare le modifiche della Carta Costituzionale: infatti, in un sistema maggioritario, è facile che il numero dei seggi conquistati da chi vince le elezioni sia molto maggiore di quello che le spetterebbe in base ad un sistema proporzionalistico: vediamo perché.
In un sistema proporzionalistico, i seggi conquistati sono direttamente proporzionali al numero dei voti ricevuti; se un’alleanza di partiti ha ottenuto il 35% dei voti, in Parlamento avrà il 35% dei seggi.
Nel sistema maggioritario, invece, il numero dei seggi ottenuti è proporzionale al numero dei collegi (o circoscrizioni elettorali) in cui si è vinto; la differenza non è da poco, per due ragioni principali:
1) se il numero degli elettori non è approssimativamente lo stesso in ogni collegio, ma ad es. nella maggioranza dei collegi è nettamente inferiore rispetto ad altri, basta vincere nei collegi “meno popolati” per ottenere la maggioranza dei collegi e quindi dei seggi; le continue modifiche delle leggi elettorali credo siano anche studiate a ridisegnare i collegi, in modo da moltiplicare (spezzettandoli in più collegi) quelli in cui si ha possibilità di vincere, ed accorpare in un minor numero di collegi quelli in cui si ritiene le possibilità siano a favore della opposizione;
2) il sistema, comunque, comporta notevoli storture anche laddove i collegi siano equamente composti; ed invero, il partito o schieramento di partiti che in tutti i collegi raggiungesse il 49% dei voti rischierebbe di non ottenere nemmeno un seggio, se il restante 51% dei voti andasse tutto allo schieramento avversario; questo, pertanto, col 51% dei voti avrebbe il 100% dei seggi.
Sebbene questo appena rappresentato sia solo un caso estremo (è implausibile che uno schieramento non vinca in alcun collegio), cionondimeno è facilissimo che avvenga che lo schieramento perdente si veda riconosciuto un numero dei seggi molto inferiore al numero dei voti conseguiti; se ad es. lo schieramento B riporta il 49% dei voti nell’80% dei collegi, e vince nel restante 20, conseguirà solo il 20% dei seggi.
Per la verità, le vigenti leggi elettorali hanno sempre previsto dei meccanismi compensativi, che tuttavia non sono in grado di evitare del tutto le storture evidenziate, ma solo di attenuarle parzialmente.
Oggi è pertanto facile che uno schieramento che consegua maggioranze molto risicate, e magari non abbia conseguito la maggioranza dei voti espressi, possa governare con maggioranze atte a permettergli di modificare la Costituzione e nominare in solitudine gli organi di garanzia; non osiamo pensare quel che accadrebbe se dovesse mai andare in porto anche il progetto di avere una magistratura elettiva, così scardinandosi l’unico potere non avente investitura politica!
Orbene, traendo le fila del discorso, si evidenzia così, come correttamente commentava un lettore del blog, anche un problema di leggi elettorali; il ritorno al sistema proporzionale, con uno sbarramento che precluda la rappresentanza politica in Parlamento alle forze politiche marginali, appare una soluzione di gran lunga più consona al disegno delle garanzie immaginato dalla Costituzione, rispetto all’attuale sistema di leggi maggioritarie.
Che c’entra tutto questo con la tutela della pubblica opinione?
Bene, non siamo andati fuori tema.
Il punto è che la vigilanza della pubblica opinione è fondamentale perché fallisca il disegno di stravolgimenti costituzionali, di fatto o di diritto, fondata sulla politica dei piccoli passi condotta mediante preventive campagne di delegittimazione poggiate su fatti ed argomenti falsi.
Di qui l’estrema importanza di una informazione corretta e non piegata agli interessi di parte; di qui la necessità di attivarsi a pretendere che i media ed i politici dicano il vero.
Si tratta di un’utopia senza alcun fondamento di diritto?.
No.
Nel precedente post, cui rinvio il paziente lettore, ho già richiamato la tutela a mio parere apprestata dagli artt. 656 (pubblica diffusione di notizie false e tendenziose, atte a turbare l'ordine pubblico) e 294 c.p. (attentati contro i diritti politici del cittadino), fattispecie che, tra l'altro punisce anche chi determina con l'inganno taluno ad esercitare un diritto politico in senso difforme dalla sua volontà: per fare un esempio, consideriamo il caso dell’elettore che voglia esprimere un voto utile alla soluzione dei problemi della giustizia, e lo eserciti in favore della parte politica che gli faccia credere, con doloso inganno (propalazione di notizie false ecc.) che la soluzione da lei proposta (ad es.: abolizione o ridimensionamento CSM; sottoposizione del P.M. all'esecutivo; prescrizioni brevi; riduzione stipendi o ferie magistrati) sia quella giusta.
Per rispondere alla richiesta di un lettore, riporto poi anche l’art. 2 della legge n. 63 del 1969, che disciplina la professione di giornalista:
ART. 2 - Diritti e doveri
È' diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d'informazione e di critica, limitata dall'osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede.
Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte, e riparati gli eventuali errori.
Giornalisti e editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse, e a promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti e editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori.
La violazione di tale norma è fonte di responsabilità disciplinare per il giornalista, e chiunque può fare un esposto all’ordine del giornalista che ha diffuso notizie false o esagerate, in mala fede.
Occorre, quindi, attivarsi e organizzarsi.
Stefano SERNIA
Giudice del tribunale di Lecce.
lunedì 21 luglio 2008
La tutela della pubblica opinione - II parte
Pubblicato da La Redazione alle 21.7.08
Etichette: Editoriali
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
6 commenti:
Illustre Dottore
Condivido il contenuto del articolo, preciso e specifico.
Un'unica osservazione:
L. 62/2001.
La pubblica opinione si forma anche attraverso un'informazione corretta e veritiera (per quanto possibile).
Gradirei un suo approfondimento.
Grazie
Mathilda
Le leggi di revisione della Costituzione sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera, o cinquecentomila elettori, o cinque consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza di due terzi dei suoi componenti.
Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.
(da art.138 Costituzione).
Chiedo:
per componenti si intendono "tutti"
o soltanto la "maggioranza" ?
Alessandra
Buon inizio settima a tutti.
A questo punto mi chiedo, chi tutela il cittadino nelle istituzioni?
Il Parlamento è ormai un estensione della maggioranza, deciso a tavolino per via partitica, lontano dalla gente e dai suoi bisogni. Racchiude spesso in se intrallazzi, raccomandazioni, tossici, pianisti, chitarristi, pluripregiudicati. Dovrebbe essere il massimo organo di rappresentanza popolare, ora come ora è invece un istituto astratto e poco sentito.
Il Governo è un accentratore di poteri che non s'era ancora visto, in un paese democratico.
La Magistratura è oltremodo colpevolizzata, sminuita, derisa, definita persino "Cloaca" dal Pessimo Gasparri. Come può lavorare per il cittadino se viene vista in maniera ostile, corrotta, politicizzata?
Il Presidente della Repubblica fa quel che può. Ma è troppo poco. I poteri che ha a disposizione sono ovviamente limitati, ma in ogni caso non li sfrutta a dovere. Dovrebbe essere il massimo garante di Costituzione e concetto Democratico, invece di firmare ed invocare al dialogo.
I Sindacati hanno perso di vista la missione storica, senza la capacità di riconvertirsi e carpire nuove sfide. Spesso sono un peso per lo stesso operaio. Per non parlare delle ricchezze e dei poteri acquisiti, ai limiti del lobbystico (passatemi il termine).
A questo punto cosa rimane? La Corte Costituzionale? Troppo lontana, molti nemmeno sanno cos'è.
A voi l'ardua sentenza, grazie.
Chiedo cortesemente lumi in fatto di applicabilità della norma citata al caso che ho postato come commento al suo precedente post (Fede, vedere video).
Ovvero può ravvisarsi, secondo Lei, il mancato rispetto della norma riguardo la veridicità delle informazioni ("rispetto della verità sostanziale dei fatti osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede": "una folla di scalmanati, che non era poi una folla né tanto scalmanati", al di là del dubbio utilizzo della lingua italiana, non cita alcun dato concreto sul numero di presenze e sul tipo di atti da "scalmanati"; gli insulti non citati né fatti sentire né spiegati, per la mancanza effettiva degli stessi, ma "indotti" nella mente degli spettatori; la presa di posizione pregiudiziale e non politica "Di Pietro qui non lo vorrò mai"), e il mancato rispetto della persona oggetto del racconto ("tutela della personalità altrui": Di Pietro continuamente e immotivatamente chiamato "trebbiatore di Montenero di Bisaccia" anziché col nome suo; il rispetto per le scelte del collega "per carità, Mentana può intervistare chi gli pare, ma spero abbia intervistato solo Veltroni")?
Naturalmente non voglio uscire dal seminato e cambiare argomento, ma ritengo che la veridicità delle informazioni giornalistiche, la professionalità e la buona fede dei giornalisti, siano presupposti essenziali per un'opinione pubblica "pura", pulita e non manipolata o "tutelata" da chi non dovrebbe.
Come ho già accennato in altri post la possibilità di essere bene informati è un diritto di tutti, poiché o si va a lavorare e ci si limita ad informarci attraverso i canali dei media, e quindi tocca fidarci di qualcuno, o si diventa noi stessi giornalisti e si ricercano informazioni in proprio a tempo pieno. Con buona pace della busta paga di fine mese.
Un conto è avere qualcuno di cui fidarsi, confrontare diverse campane sui fatti principali o che ci interessano di più, e verificare di tanto in tanto la buona fede del giornalista in questione per assicurarsi che sia ancora affidabile.
Un conto è impiegare otto ore al giorno per arrangiarci (senza considerare il fatto che comunque non tutti hanno i mezzi per farlo).
La democrazia non può esistere in un Paese in cui -non un conduttore tv, non un ospite, ma- un giornalista "nell'esercizio delle sue funzioni" si permette impunemente (e soprattutto senza destare scandalo alcuno, ma non esiste l'obbligatorietà dell'azione penale in questi casi?!?!?!?!) di passare le opinioni personali per fatti, di oscurare situazioni esistenti (nemmeno una sola intervista pro-manifestazione? Ma dai tempi del plebiscito siciliano per la Repubblica i potenti non hanno ancora capito che per ingannare meglio la gente non si può pretendere di vincere 100 a 0, bisogna limitarsi ad un massimo di 90 a 10?), di manipolare i fatti e utilizzare toni propagandistici (testimonial, reiterazione, immagini accuratamente scelte) per "costruire" artificiosamente una opinione pubblica che non c'è, o un fatto che non sussiste.
Silvia.
@ Alessandra:
sì, per "componenti" si intendono tutti gli iscritti alle Camere.
Silvia.
Off Topic(? neanche tanto!)
Mi premetto di segnalarvi questa orribile storia a monito degli abusi di potere che non finiscono mai di disgustarci.
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=4844
sempre confidiamo che si faccia giustizia...
...io nell'attesa ho firmato la petizione.
Posta un commento