Abbiamo concluso la prima parte di questa
storia con la constatazione che, per affrontare con qualche speranza di successo
i gravissimi problemi della magistratura, resi ormai a tutti noti dagli esisti
delle indagini della Procura di Perugia su Luca Palamara, occorre compiere due
passi tanto semplici quanto indispensabili.
Il primo di tali passi è quello di liberare
il Consiglio Superiore della Magistratura dalle correnti.
Il CSM non potrà essere libero dalle correnti
fin tanto che alle stesse sarà garantito il potere di selezionare i candidati alle
elezione dei suoi componenti.
Qualsiasi sistema elettorale che non compia
tale passo sarà, per definizione, inidoneo a raggiungere l’obiettivo di liberare
il Consiglio dall’occupazione delle correnti.
Funzionale a conseguire tale scopo è la selezione
dei candidati al CSM mediante sorteggio.
È ovvio che le correnti e la cassa di
compensazione dei loro interessi alla quale è stata ridotta l’ANM si sono
sempre fermamente opposte al sorteggio e hanno sempre indicato come normale il
sistema attuale che vede le correnti spartirsi i componenti del CSM.
Per giustificare questa vera e propria
occupazione dell’organo di autogoverno dei magistrati, correnti e ANM affermano
che il CSM sarebbe un organo di rappresentanza politica e che ciò sarebbe
dimostrato dal fatto che i suoi componenti sono eletti attraverso il voto.
Dietro tale assunto, però, si cela una vera e
propria frode alla Costituzione.
L’assoluta illogicità dell’idea secondo cui i
componenti del CSM sono rappresentanti di chi li ha eletti è disvelata
immediatamente dalla lettura dei compiti che la costituzione assegna al CSM.
Il CSM è costituzionalmente chiamato, in
attuazione delle “norme sull’ordinamento giudiziario”, a assumere,
assegnare e trasferire, promuovere e sanzionare disciplinarmente i magistrati
(art. 105 Cost.).
Sono tutti compiti assolutamente
incompatibili con l’idea della rappresentanza politica dei suoi componenti.
Rappresentante è colui che agisce
nell’interesse del rappresentato. È di tutta evidenza, però, che il CSM non è
chiamato a curare gli interessi di coloro che eleggono i suoi componenti bensì
a curare un interesse pubblico che non solo non coincide con quelli degli
elettori ma che si differenzia nettamente da tali interessi e che, non di rado,
confligge radicalmente con essi.
Basti pensare, tra l’altro, che il CSM è
chiamato ad adottare i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati.
Come si può mai pensare che chi è chiamato a
infliggere ai magistrati i provvedimenti disciplinari possa essere rappresentate
dei magistrati stessi? Se così fosse, sarebbe un vero e proprio ossimoro e si
determinerebbe un insanabile e insolubile conflitto di interessi in capo a
ciascun componente del CSM.
Il criterio che regola il rapporto tra
magistrati e componenti togati del CSM non è quello della rappresentanza bensì
quello, radicalmente diverso e apolitico, della rappresentatività.
I magistrati componenti del CSM sono,
sostanzialmente, un campione rappresentativo dei magistrati.
Ciò è espresso perfettamente dalla
Costituzione, secondo cui i componenti togati del CSM “sono eletti da tutti i magistrati ordinari tra gli
appartenenti alle varie categorie” (art. 104, co. 3, Cost.).
Dunque, una rappresentatività essenzialmente
professionale, in ragione delle diverse funzioni esercitate e dei diversi
ambiti di lavoro.
Rappresentatività che la legge potrebbe anche
declinare ulteriormente in termini territoriali o di genere ma che giammai
potrebbe contraffare in rappresentanza politica.
Infatti, i Costituenti hanno voluto, direi
anzi hanno imposto, una giurisdizione apolitica a garanzia dei più essenziali
principi dello stato di diritto e, quindi, magistrati professionali, tecnici
del diritto, selezionati per concorso e soggetti, nell’esercizio della funzione
sovrana a loro assegnato, “soltanto alla
legge”.
Dove l’attenzione deve concentrarsi tanto
sull’avverbio “soltanto” quanto sul
predicato nominale “soggetti”.
I magistrati, quindi, “sono soggetti (soltanto) alla legge” e non possono nella loro
azione perseguire liberamente i fini che ritengono più meritevoli.
Questa attività è propria degli organi di
indirizzo politico ma è preclusa alla giurisdizione e, dunque, ai magistrati
che sono chiamati a esercitarla.
Il che non significa, ovviamente, che i
magistrati non possono avere e manifestare idee politiche ma che non possono in
alcun modo piegare a tali idee l’esercizio della giurisdizione.
E ancora, non significa che i magistrati non
possono associarsi per promuovere collettivamente idee politiche ma che in
nessun modo possono farlo per piegare alle loro idee né la giurisdizione né
l’amministrazione di coloro che la giurisdizione sono chiamati a esercitare, i
magistrati stessi.
Ecco perché un CSM politico che, anziché
limitarsi all’imparziale amministrazione dei magistrati secondo la legge, viene
condizionato da organizzazioni private che si impegnano nell’imporre un “modello di magistrato” politicamente contrassegnato, è semplicemente fuori dalla
Costituzione.
Del resto, i magistrati, nominati a seguito
di concorso anonimo al precipuo scopo – oltre che di selezionare soggetti
tecnicamente preparati – di sganciare la giurisdizione e chi la esercita da
qualsiasi condizionamento politico garantendone alla base la neutralità, non
hanno alcun titolo per attribuire legittimazione politica ad alcunché.
Un CSM politico giammai potrebbe essere un
organo fatto esclusivamente da tecnici e la cui componente maggioritaria è
selezionata tra soggetti e da soggetti privi di qualsiasi legittimazione politica.
Un CSM politico dovrebbe essere formato
quanto meno da una maggioranza di politici eletti o direttamente dai cittadini
o da soggetti dotati di legittimazione politica (parlamentari).
Spesso, per giustificare il ruolo politico
del CSM si richiamano alcune sue attribuzioni e, in particolare, quella
consultiva sui disegni di legge in materia di giustizia e quella normativa in
materia di ordinamento giudiziario.
Come è evidente, si tratta di attribuzioni
che non sono previste dalla Costituzione e che sono state inserite
nell’ordinamento dal legislatore ordinario.
Inoltre, nel compito di fornire pareri non è
ravvisabile alcun profilo politico, trattandosi all’evidenza di pareri tecnici,
al pari di una miriade di altri pareri previsti dall’ordinamento.
Quanto alla funzione normativa, invece, essa
è essenzialmente frutto di un’auto-attribuzione da parte dello stesso CSM, solo
recentemente e in minima parte “sanata” da taluni riferimenti legislativi a
tale attività del Consiglio.
Ma l’ordinamento giudiziario – come si è
esposto nella prima
parte di questo scritto e come ricorda in un’intervista al
quotidiano Il Foglio del 29 maggio u.s. l’ex Presidente della
Corte costituzionale Giovanni Maria Flick – “è sottoposto a rigorosa riserva
di legge”.
Il potere normativo che, complice l’inerzia
della politica (il Legislatore), il CSM si è arrogato, è esso stesso
sostanzialmente incostituzionale e sarebbe quanto mai auspicabile che il
Legislatore si riappropriasse delle proprie esclusive prerogative in materia.
Tutto questo evidenzia come la selezione
mediante sorteggio dei candidati al CSM, oltre a costituire l’unica via per
liberare il Consiglio delle correnti, è anche perfettamente rispondente alle
esigenze di imparzialità nell’amministrazione dei magistrati e di neutralità
politica della giurisdizione.
Contro la proposta del sorteggio dei
candidati al CSM si obietta che essa sarebbe incostituzionale perché violerebbe
il diritto dei magistrati di candidarsi al CSM, ossia il c.d. elettorato
passivo dei magistrati, rappresentato come una sorta di incomprimibile diritto
assoluto.
Si tratta di un’obiezione che ha anch’essa le
sue radici nell’assunto secondo cui il CSM sarebbe un un organo di
rappresentanza politica.
Solo se fosse vero tale assunto, infatti, avrebbe
un senso l’asserito diritto di elettorato passivo di tutti i magistrati.
Ma, a prescindere dalla considerazione che
giammai il diritto di elettorato passivo può essere assoluto e illimitato (lo
stesso art. 56 Cost., che lo prevede in termini generali, ne rimette la
disciplina alla legge limitandosi a prevedere un divieto di discriminazioni),
come abbiamo visto, il CSM non è un organo di rappresentanza dei magistrati.
Non ha senso, dunque, l’idea di un
generalizzato diritto di elettorato passivo dei magistrati, che postulerebbe una
legittimazione degli elettori ad assegnare un mandato politico agli eletti.
Ma è la stessa lettera della Costituzione che
evidenzia l’inesistenza di un diritto di elettorato passivo di tutti i
magistrati.
L’art. 104, co. 4°, Cost., infatti,
attribuisce a tutti i magistrati soltanto il diritto di elettorato attivo (diritto
di eleggere), stabilendo che i componenti togati del CSM “sono eletti da tutti i magistrati ordinari”.
Non regola, invece, l’elettorato passivo e,
quanto agli “eletti”, si limita a stabilire che devono essere
selezionati “tra gli appartenenti alle varie categorie” e non certo tra
gli “appartenenti” ai diversi “orientamenti culturali” come vengono
chiamate, con formula paludata, le correnti.
La Costituzione, quindi, come già detto,
esprime un’esigenza non già di rappresentanza ma di rappresentatività
categoriale, alla cui soddisfazione il sorteggio si presta perfettamente e,
senza alcun dubbio, meglio della designazione correntizia dei candidati.
Nulla a che vedere con quanto previsto,
invece, dagli artt. 56, co. 3°, e 58, co. 2°, della Costituzione, che
disciplinano specificamente il diritto di elettorato passivo, rispettivamente,
per la Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica: il primo stabilendo
che “sono eleggibili a deputati tutti
gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto i venticinque anni di
età”; il secondo che “sono eleggibili a senatori gli elettori che hanno compiuto il quarantesimo anno”.
Fino a pochi anni fa solo pochissimi
magistrati indicavano nel sorteggio il giusto metodo di selezione dei candidati
al CSM e l’esperienza da loro compiuta, attraverso il comitato
Altra Proposta, di selezionare attraverso sorteggio alcuni candidati
in occasione delle elezioni del CSM del 2014, fu pressoché totalmente snobbata
dal mainstream mediatico-giudiziario.
Oggi, invece, sono sempre più numerosi coloro
che non solo prendono in considerazione di ricorrere al sorteggio come metodo
di selezione dei candidati al CSM ma che ritengono tale strada una scelta
opportuna e necessaria.
Ai tanti cittadini non direttamente impegnati
nel settore del diritto e ai politici di diversi orientamenti, si affianca una
schiera sempre più folta di magistrati, avvocati, professori universitari.
Da ultimo si sono registrate autorevolissime
adesioni alla proposta del sorteggio.
Tra queste, quella dell’ex Presidente della
Corte costituzionale Giovanni Maria Flick: “Se in passato nutrivo dei dubbi
– ha riferito Flick parlando della necessità di riforma delle “modalità di
nomina” dei componenti del CSM – adesso dico che si può anche pensare di
introdurre il sorteggio: a mali estremi, estremi rimedi”.
Chi invece sembra avere ingranato la
retromarcia è proprio il movimento politico che fino a pochi mesi fa, più di
tutti gli altri, sembrava consapevole del problema e dichiaratamente disposto
ad affrontarlo: il Movimento 5 stelle.
In questo senso, il Ministro della Giustizia Bonafede,
fino a meno di un anno fa, stava promuovendo un progetto di riforma che, con
l’introduzione del sorteggio come strumento per la selezione dei candidati al
CSM, avrebbe potuto realmente sottrarre alle correnti il sostanziale controllo
del Consiglio e impedire la strumentalizzazione dello stesso alle logiche
perverse compiutamente rappresentate dalle chat del telefono sequestrato a Luca
Palamara.
Improvvisamente, tuttavia, si è assistito a
un tanto repentino quanto immotivato cambio di posizione.
Spostandosi sulle posizioni reazionarie
dell’establishment correntocratico e dell’ANM – da sempre strenua oppositrice
di ogni cosa possa limitare la forza e il potere delle correnti –, il Ministro
pentastellato ha rinunciato all’idea del sorteggio dei candidati al CSM.
Non sembra un caso che questa retromarcia sia
stata annunciata, a novembre 2019, proprio al congresso dell’ANM di Genova, tra
gli applausi e il compiacimento generale dell’assise correntizia ivi radunata.
Appare inspiegabile come ciò sia potuto
accadere dopo che i fatti emersi dall’inchiesta perugina riguardante l’ex
Presidente dell’ANM Luca Palamara avevano mostrato a tutti la pericolosità del
sistema correntocratico non solo per l’imparzialità del CSM ma per
l’indipendenza e l’imparzialità della stessa giurisdizione.
Ancora più inspiegabile appare che, in questi
giorni, dopo la seconda ondata del c.d. “scandalo Palamara” – che più
correttamente andrebbe chiamato “scandalo CSM” o “scandalo
Magistratura” –, il Governo perseveri nella volontà di conservare alle
correnti il monopolio del CSM dando avvio a un progetto di riforma “fuffa”.
Infatti, la riforma proposta dal Ministro
della Giustizia – dopo le sollecitazioni accorate dello stesso Presidente della
Repubblica affinché “si approdi in tempi brevi a una nuova normativa”
che preveda un CSM “formato in base a criteri nuovi e diversi” –
costituisce una vera e propria “frode delle etichette” che non
diminuisce in alcun modo il potere delle correnti ma, se mai fosse possibile,
lo accresce ulteriormente (si leggano, al riguardo, i post di questo Blog Nonposso ma se potessi e La fuffa, ovvero la collina che partorì il topolino).
Se tutto ciò resta senza spiegazioni
apparenti, può tuttavia affermarsi con certezza che è quanto meno ingenuo
pensare di risolvere il problema del correntismo in magistratura e delle
gravissime distorsioni istituzionali connesse a tale fenomeno con una ricetta
in nessun modo indigesta e, anzi, sostanzialmente collimante con quella
propugnata dai suoi principali protagonisti, ossia l’ANM e le correnti.
Se il Ministro della Giustizia e il Governo,
su questo terreno, vogliono essere credibili e, soprattutto, vogliono impedire
il crollo definitivo della credibilità della giurisdizione devono compiere un reset
radicale dello stato della situazione e ripartire da proposte idonee a
realizzare l’obiettivo dichiarato di liberare il CSM dallo “spettacolo
indecente” portato in scena dalle correnti.
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