mercoledì 3 giugno 2020

Ora la vergogna, quando il riscatto ?


di Emanuele Picci - Magistrato




Da lungo tempo ormai, in un tribunale di Romagna un tale percorre in sella alla sua bicicletta le strade del Palazzo di Giustizia gridando a squarcia gola: "vergogna!", "vergogna!".
Lo si può sentire mentre si è immersi a scrivere o durante le udienze (a già… quelle fisiche, che ricordo!), oppure in un momento di stasi o di colloquio con colleghi, avvocati, cancellieri.

Quella voce è in grado di fendere il pensiero ed interrompere ogni utile o più leggera attività che si stia svolgendo.

In passato, a quelle grida potevano seguire un sorriso gentile, un'ironia beffarda nel pensare a chissà quali trascorsi lo avessero attraversato, alle volte anche un improperio nell'avere interrotto quel ragionamento che si stava sviluppando con fatica.

La reazione a quella voce fuori campo era la più cangiante, quasi che l'attività che si stesse facendo ne mutasse il sentimento.

In realtà, il Palazzo voleva restare dentro in sé, essere impermeabile.

Rimbalzare quella voce a chilometri di distanza.

Mentre leggevo le note scritte dell'udienza (cartolare), quella voce stamattina l'ho sentita nuovamente ma questa volta mi è entrata dentro profondamente.

Spero non solo a me.

Ho scelto di essere magistrato perché era l'unica cosa che potessi fare, a parte il musicista, sebbene mia madre desiderasse un figlio dottore (mi risuona l'Avvelenata di Guccini nella mente e penso alla stragrande maggioranza delle mamme meridionali...).

Se non avessi superato il concorso avrei continuato a fare l'avvocato oppure continuato a studiare diritto, è la cosa che mi piace di più.

Ieri sera guardavo Palamara in tv.

Sentirgli dire quelle parole, che già avevo letto, di cui ciascuno ha avuto presto consapevolezza una volta entrato in magistratura, che un collega non iscritto a nessuna corrente è più vulnerabile, mi hanno fatto rabbrividire.

Non solo essere di una o di quella corrente per "carrierismo", per "progredire" di carriera in carriera, per ottenere un trasferimento in sede preferita, per avere un ruolo più "snello" oppure per ambire ad un incarico, ma anche iscriversi per evitare "problemi", disciplinari ciechi, insomma per poter fare questo mestiere serenamente.

Bello schifo.

Bello schifo.

Questa volta quel grido "vergogna" che risuoni dentro ciascuno di noi.

In coloro che appartengono a questo o a quel fluido di corrente, che si sono anche solo scottati di striscio. A loro dico, basterebbe recedervi, scioglierla, che senza ha avere il senso di un'appartenenza, peraltro di questa natura ? Non appartenete, per caso, puramente e semplicemente a quella Costituzione su cui avete giurato ?

Forse troppo sbiadito il ricordo di quel giorno ?

Chi ha superato questo concorso sa cosa ha dovuto fare, le sue rinunce, la passione che lo ha portato dove ora è, un piccolo fuoco ci sarà, anche se flebile.

A coloro invece che, come il sottoscritto, vogliono semplicemente lavorare, che spalano fascicoli ma che non vogliono subire passivamente, a loro dico, è inutile stare a guardare dal buco della serratura.

Ci siamo anche noi dentro quella stanza, ci hanno tirato dentro. Ora basta restare al buio.

Sciogliete i vincoli correntizi.

Prima i segreti inconfessati (promozioni, avanzamenti, trasferimenti) li conosceva solo il collega a fianco e, per senso del suo pudore o per rispetto dell'altro, nulla diceva.

Adesso non è così.

I cittadini ci leggono, ci guardano per strada e ora, più numerosi che in passato, ci gridano dietro: "vergogna!".

Non aspettiamo oltre.

Potremmo pentircene amaramente, dalle parole ai fatti il passo è breve.



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