lunedì 19 aprile 2021

L'astensione come cura... Fine di una dipendenza ?



Pubblichiamo una sintetica ma acuta, e quanto mai obiettiva, analisi del risultato delle recentissime elezioni suppletive del Csm (le terze in un anno), che si sono tenute domenica e lunedì scorsi per sostituire il togato Marco Mancinetti, dimessosi dopo aver appresso di essere oggetto di un procedimento disciplinare fondato sulle  chat di Luca Palamara.   

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di Gabriella Nuzzi - Magistrato


Da qualche parte, tra i vari comunicati ufficiali, ho letto che la rinuncia al voto di oltre il 40% dei magistrati italiani è il segnale di una rinuncia alla partecipazione democratica di persone che “invece hanno scelto di non votare, per protesta, perché si era alla terza elezione suppletiva, per la pandemia, per sfiducia in reali cambiamenti”. E, di contro, che il voto di “5710 colleghi” ha rappresentato “un no chiaro al sorteggio”.

Ho letto anche reazioni scomposte, nel solco di una ideologia, diffusa all’interno della categoria degli “eletti”, che tende a emarginare ed escludere ogni pensiero non in linea al collettivismo giudiziario.

Errori, dunque, che si sommano a errori.

Il dato di verità è, tuttavia, evidente. Ed è tutt’altro che negativo.

La rinuncia al voto è soltanto ciò che è rimasto a molti. E’ l’affermazione di una forza di opposizione individuale, la volontà di riappropriarsi della propria identità e dignità professionale, l’abiura delle pratiche clientelari che devastano l’istituzione.

Qualcuno nei giorni scorsi, in vista del voto, mi ha detto: “Se so che una sostanza è velenosa non la assumo, ne sto lontana. Se non posso farne a meno di assumerla, significa che ho un problema di dipendenza e allora ho bisogno di aiuto”.

Il voto, dunque, visto non come “partecipazione democratica”, ma come una “dipendenza”.

Dipendenza patologica, per il bisogno insopprimibile di ricondursi a un collettivo, che assicuri  protezione e premi, senza il quale non si è nulla. 

Dipendenza patologica, per assenza di consapevolezza della propria identità e diversità, della potenza straordinaria di risorse individuali in grado di condurre a scelte decisive.

Personalmente credo che l’astensione abbia significato alcune cose:

-          fallimento dell’Unità Associativa;

-          fallimento della politica mistificatoria sull’azione dell’autogoverno;

-          fallimento della politica di denigrazione ed emarginazione delle minoranze.

Il che indurrebbe, ancora una volta, a riflessioni profonde sull’esigenza, fortissima, di un effettivo cambio di rotta. Un’esigenza individuale avvertita ed espressa da oltre il 40 % dei magistrati italiani, destinata sicuramente a crescere fuori dalle correnti. Un 40% che non necessariamente si identifica in gruppi strutturati.

Che il bicchiere sia mezzo pieno ?           

1 commenti:

francesco Grasso ha detto...

Una quota di oltre il 40% è evento di enorme rilevanza. Purtroppo nel caso in questione, dice poco. Sono pochissimi coloro che pur avendo la possibilità di sostenere la tesi del sorteggio, unica possibilità di poter dimostrare di volersi staccare dalla massa che oggi viene poco ben vista, nulla ha fatto. Per non dire poi che nulla fa per dimostrare di non appartenere alle fiumane delle correnti.