mercoledì 5 maggio 2021

Io so che tu sai che io so. Le “amarezze” al CSM


di Andrea Mirenda - Magistrato

Come in tutte le brutte storie, inizieremo dalla fine.

Le amarezze ungheresi? Tutti al CSM le conoscevano, eccome. E tutti, quatti quatti, hanno taciuto.

Ma quel che è più grave è che tutti hanno continuato ad esercitare serenamente le loro altissime funzioni, serenamente indifferenti all’opacità che li colpiva secondo la migliore tradizione torcicollista del correntismo.

Perché, dopo la consueta girandola di affermazioni e di smentite, ma soprattutto dopo la nota di stampa del CSM del 4 maggio 2021, possiamo finalmente affermare che Davigo effettivamente informò, magari solo verbalmente (ma vedremo più avanti se davvero le cose sono andate così…), “chi di dovere”…

Ma chi erano i “chi di dovere”?


Ovviamente noi non c’eravamo e non possiamo, quindi, essere precisissimi; tuttavia, mettendo insieme i vari e numerosi tasselli apparsi sui giornali, possiamo dire che furono, con ogni verosimiglianza, Ermini, Vicepresidente del CSM, il Consigliere del Presidente della Repubblica per gli affari dell'amministrazione della giustizia, dott. Erbani (che smentisce), il Procuratore Generale della Cassazione Salvi (che pure smentisce, riconoscendo tuttavia di essere stato informato di “contrasti” in seno alla Procura di Milano, per i quali - quali ? - subito intervenne, su Greco) ed infine i togati Cascini e Marra, il laico Gigliotti “e probabilmente anche altri” (così il Corriere della Sera).

E cosa riferì il Dott. Sottile a “chi di dovere”?

Beh, qui non pare possano esservi grossi dubbi: parlò della Loggia “Ungheria”, descritta dall’avv. Amara (credibile a Messina e a Perugia, assai meno a Milano almeno per l’ala inquisitoria di fede greca) nei noti verbali che il povero Storari gli consegnò, commettendo quello che in gergo calcistico verrebbe definito “fallo di frustrazione”.

Una Loggia, quella ungherese, di cui avrebbero fatto parte, tra gli altri, magistrati, membri del CSM e alti esponenti dello Stato; una conventicola segreta di altissimo profilo istituzionale, dedita - secondo l’Amara - a influenzare e pilotare, per quanto qui interessa, anche le nomine delle più alte magistrature.

E’ ragionevole, a questo punto, supporre che Ermini, Vicepresidente del CSM, vere o meno che fossero quelle informazioni, avesse ritenuto di non poterle occultare al Capo dello Stato, quale Presidente del Consiglio Superiore, stante la loro gravità e a prescindere dall’incerto ruolo proattivo del Consigliere Erbani.

Tutto ciò si compirà entro il mese di maggio 2020. A quella data, dunque, il P.G. della Cassazione, il Vicepresidente del CSM e, forse, lo stesso Capo dello Stato sanno del dossier “Ungheria”.

Dobbiamo, quindi, giungere al 28 aprile 2021, quando il Consigliere togato Nino di Matteo, rompendo il muro omertoso, spariglia coraggiosamente le carte e - in apertura di seduta - riferisce all’emiciclo del plico anonimo pervenutogli, contenente la copia informatica di quei verbali, privi di sottoscrizione.

Eloquente (si fa per dire…) è la risposta di Ermini, Presidente di seduta. Più o meno suona così: “grazie consigliere! E ora passiamo all’esame dei punti all’ordine del giorno”.

Con tanti saluti alla signora…!

Insomma, nessuno dei presenti che prenda la parola su quanto denunciato da Di Matteo, che si stracci le vesti, che cada dalla sedia per la sorpresa, che attesti solidarietà al Consigliere Ardita, primo destinatario di quell’oscuro dossier.

Ecco la miglior riprova di quanto a Palazzo dei Marescialli tutti, ad ogni livello, fossero da tempo ben al corrente della vicenda.

Se così stanno le cose, come temiamo avvedutamente, possiamo dire allora che trascorre quasi un anno nella totale e silenziosa inerzia della massima istituzione dell’Autogoverno.

E’ di ieri, invece, una nota di stampa del CSM in cui si rende noto che, data la segnalazione meramente verbale di Davigo (collocabile entro il maggio 2020, per quanto sopra), il Consiglio non ha ritenuto di assumere alcuna iniziativa, in difetto di atti formali proposti nel rispetto delle procedure codificate.

Roba da far cadere le braccia…

Ma come, vien fatto di dire, le massime cariche dell’Ordine Giudiziario sedenti nel Consiglio sono messe a parte – vuoi pure in modo informale e, magari, addirittura scorretto - di un dossier che, comunque, per la sua assoluta gravità, getta ombre inquietanti sulla trasparenza dell’istituzione (perché, alla fine della fiera, gli ipotetici pilotaggi in salsa ungherese non possono avere che quel destinatario) e, anziché invocare pronta chiarezza a tutela dell’Organo di Autogoverno, magari favorendo l’apertura di una classica “pratica in autotutela” (una tantum appropriata e pertinente in mezzo a mille sovente tanto inutili quanto strumentali…), esse che fanno?

Si trincerano dietro il formalistico non liquet, quasi che la segnalazione “a chi di dovere” fosse stata fatta da Mastro Cioni di Rocca Cannuccia, non già da un autorevole membro di quel Consiglio!

Un’inerzia morale che si accompagna e si completa con quella, diversa e specifica, del Procuratore Generale della Cassazione che, sebbene avesse appreso quanto sopra ancora nella primavera del 2020, mai avvertì l’esigenza - egli per primo - di investire formalmente il Comitato di Presidenza del CSM, di cui pure è membro, affinché esso richiedesse per le vie formali ogni informazione, anche in deroga al segreto istruttorio, su eventuali coinvolgimenti penali di magistrati nell’inchiesta milanese, per le iniziative disciplinari conseguenti. 

Inerzia tanto più sconcertante se correlata agli aspri contrasti in seno alla Procura di Milano, a lui resi noti, per fatti la cui rilevanza non pare escludibile a priori alla luce dell’iscrizione di più persone nel registro degli indagati di Perugia per violazione della Legge Anselmi. 

Come è possibile che il titolare dell’azione disciplinare non abbia sentito il dovere di approfondire il senso di quel duro contrasto, le cui ragioni con ogni probabilità gli vennero illustrate, onde esercitare i poteri che gli competevano?

Ma le considerazioni sin qui svolte comportano altra, assai più grave, riflessione: perché il CSM, benché ammalorato dai fatti dell’Hotel Champagne e, a seguire, dalle inerzie omertose sul dossier ungherese (con inevitabile florilegio di reciproci timori e di sospetti, in un clima di sfiducia trasversale propria del “tutti contro tutti”), ha nondimeno deciso di affrontare, con sconcertante iattanza pari solo alla sua “modestia etica”, nodi giudiziari cruciali per la vita del Paese (dalla nomina del Procuratore di Roma a quello di Perugia, passando per la Procura Generale della Cassazione, etc.), scegliendo tuttavia di permanere nel sinistro cono d’ombra proiettatogli addosso dal dossier ungherese.

Non resta, così, che prendere atto dell’irreversibile stato di coma in cui versa il nostro Autogoverno, vittima ingiusta delle fazioni che lo dilaniano e della palese inadeguatezza dei suoi componenti. 

Ci associamo, allora, a Mentana: sciogliamolo subito, come primo atto doveroso di un percorso riformista teso a recuperare il prestigio perduto e a restituire ai cittadini la fiducia nelle istituzioni giudiziarie.

Il resto è noia…

4 commenti:

bartolo ha detto...

davvero un immenso grazie.
ad illuminazione di coloro , i cittadini di serie zeta, che ancora non ricevono risposte all'appello sottoscritto dal signor grasso in merito alle vostre domande nel post: https://www.blogger.com/comment.g?blogID=8087849520761405619&postID=713465346426164228

francesco Grasso ha detto...

Che esista una conventicola più o meno segreta di altissimo profilo istituzionale finalizzata a fare quanto, oggi, ampiamente sappiamo, è cosa certa! Che una simile conventicola, dal nostro ordinamento viene considerata associazione per delinquere di altissimo profilo mafioso a natura istituzionale, finalizzata all'eversione dell'ordine democratico è cosa altrettanto certa. Ciò di cui non si riesce a capire è se esiste una loggia segreta definita "Ungheria" con una ben definita struttura e ben definiti adepti, nella quale Amara riveste un elevato ,preminente ruolo. Personalmente penso che quello che dice Amara, se non è riscontrato nel modo più serio e severo possibile, non può essere altro considerato che mera attività depistante.

francesco Grasso ha detto...

L'avv. Amara più parla e meno cose dice. Parla di una loggia coperta: "Ungheria" , costituita da 40 adepti, che porta la lista all'estero e che non intende svelarne i nomi. Ma dal momento che ne parla all'autorità giudiziaria, incombe su di lui l'obbligo assoluto, inderogabile di dire tutto. Obbligo ancora più pressante allorquando fa nomi, e solo di alcuni!!! Crede di avere il diritto di scelta sui nomi? Che può scegliere secondo i suoi interessi ? che può lanciare sibilline minacce ,soprattutto mostrare il potere di poter coinvolgere anche innocenti? E crede che noi dobbiamo credergli in nome della sua bella faccia o dei suoi nobili trascorsi ? Allorquando si coinvolge una persona oggettivamente caratterizzata da un profilo di altissimo livello etico-professionale, una persona che costituisce un BENE di altissimo interesse per l'intera Nazione, egli deve dimostrare quanto dice. Se si rifiuta, deve rispondere penalmente, in modo assoluto. In questa ripugnante faccenda ciò che è sicuro, è che si tratta di una banda di criminali, banditi con vocazione a delinquere innata, insita al sistema Siracusa.

bartolo ha detto...

La mia riflessione dopo la trasmissione di ieri sera su La sette, Formigli, è stata intrisa di tristezza e rabbia. I vertici della magistratura sono riusciti a mettere in imbarazzo il Presidente della Repubblica, un vero galantuomo delle istituzioni. Napolitano, sicuramente, in linea con l'andazzo napoletano di gestire fin dal '93 la Repubblica, sarebbe stato a suo agio. Precisamente in quel periodo ho detto prima al pm che aveva chiesto il mio arresto e poi al gip che lo aveva accolto, che quelle modalità di procedere contro inermi cittadini in un decennio avrebbero portato al collasso l'intero Paese. Non è successo per fortuna. Però, dopo trenta, è collassata la magistratura.