martedì 4 dicembre 2007

Clementina Forleo e "la Magistatura"

Pubblichiamo un articolo tratto da Aprileonline di oggi 4 dicembre 2007.

Il titolo originale dell'articolo su
Aprileonline è "Forleo, ultimo atto". Noi ci siamo permessi di cambiarlo, perchè speriamo che non sia questo l'ultimo atto.


di Jacopo Matano

La Prima Commissione del C.S.M. ha votato all'unanimità l'avvio delle procedure di trasferimento del G.I.P. di Milano. "Incompatibilità ambientale e funzionale" le motivazioni: la Forleo dovrà lasciare il capoluogo lombardo e non potrà esercitare le funzioni monocratiche.

E sulla decisione pesano i rapporti con i colleghi e le correnti della magistratura.

Si chiude il sipario su Clementina Forleo. Giù le tende, grazie a tutti e arrivederci: la Prima Commissione del C.S.M. ha deciso all'unanimità di avviare le procedure per il trasferimento d'ufficio del G.I.P., che probabilmente non potrà più svolgere funzioni monocratiche (potrà cioè far parte soltanto di organi collegiali), e sicuramente dovrà andarsene da Milano.

Il motivo, così come lo stesso provvedimento, era nell'aria da giorni. "Incompatibilità", ambientale e funzionale, termini che vanno inevitabilmente ad evidenziare come sull'intricata vicenda del magistrato che ficcava il naso negli affari dei potenti, o che voleva solo mettersi sotto i riflettori, abbiano potuto più le questioni di rapporti interni alla magistratura milanese che gli scandali Unipol e le pressioni "istituzionali" più volte denunciate e più volte ritirate a mezzo stampa, tv, radio, lettere, telefono e, in ultimo, C.S.M..

Disagio - Le parole della Prima Commissione arrivano dirette ed inequivocabili come una sentenza di ultimo grado: "Con le sue dichiarazioni alla stampa, che hanno creato ‘allarme' nell'opinione pubblica e 'disagio' negli ambienti giudiziari milanesi e che si sono 'rivelate del tutto prive di riscontro', il G.I.P. 'ha compromesso la sua possibilità di svolgere le funzioni cui è preposta con piena indipendenza e autonomia".

Il C.S.M. ha analizzato tutti i fatti ed i fattacci che ruotano intorno alla vicenda, ed ha smontato il castello di sospetti costruito in questi mesi dal G.I.P.. Inesistenti le intimidazioni istituzionali, non premeditato l'incidente in cui persero la vita i suoi genitori nel 2005, non dolosa l'inerzia dei Carabinieri brindisini, non dimostrato l' "interesse" nelle telefonate di Blandini, smontate le premonizioni di Imposimato.

Ma c'è dell' altro, perchè nelle pur circostanziate motivazioni che spingono il Consiglio a mandare via il G.I.P., sembra restare a farla da padrone un elemento leitmotiv di questa umana e giudiziaria vicenda Forleo: il "disagio" dei colleghi.

Quel disagio che ancora ieri mattina si manifestava nello scontro tra il procuratore aggiunto Spataro e la stessa Forleo sotto forma di un'istanza di ricusazione presentata dalla Procura milanese contro il magistrato sul caso Bentiwaa (la donna accusata di favoreggiamento al terrorismo islamico nell'ambito del caso Mohammed Daki), per sottolineare l'incompatibilità ad operare della Forleo "essendosi già pronunciata sul reato già contestato ai coimputati".

Quel disagio che ieri pomeriggio si era materializzato anche nelle dichiarazioni di Letizia Vacca, membro laico in quota PdCI, che aveva preannunciato l'ostracizzazione con parole di fuoco ("Dire ‘ho fatto il nome di D'Alema e per questo mi perseguitano', non è un sillogismo che può valere. Questa non è una magistratura seria, e questi comportamenti sono devastanti. I magistrati devono fare le inchieste e non gli eroi"), e aveva lasciato intendere, ancora una volta, un certo stato di confusione del G.I.P. (De Magistris? "Lui è più lucido").

Quel disagio, infine, testimoniato dall'equidistanza dell'A.N.M. ("Nei giorni scorsi è stata già espressa fiducia nell'operato del C.S.M. e sarebbe contraddittorio prendere posizione prima di quegli incontri istituzionali" dicevano ieri all'associazione) e dalla difesa a basso voltaggio di Magistratura Democratica, che ha finito per votare insieme a tutti gli altri – come da copione – a favore del trasferimento d'ufficio.

Una frattura incolmabile – La terra bruciata declamata dalla giudice brindisina, il j'accuse in solitaria che la spingeva a puntare il dito contro i colleghi, "silenziosi" quindi conniventi, il trinceramento mediatico dietro le telecamere di Santoro, la missiva "a futura memoria" a Imposimato (che dal canto suo è uno storico outsider delle correnti, colui a cui rivolgersi e confessarsi se non ci si fida più di nessuno): tutto torna per sparire definitivamente, nel giorno in cui a Palazzo Marescialli si decide che ad aver ragione non è la quarantatreenne brindisina dagli occhi sottili, ma il resto del mondo. E che la "rompicoglioni", come lei stessa ama definirsi, non "ci fa" (perché fa bene il suo lavoro), ma "ci è", e basta.

La Forleo è stata espulsa dalla macchina della giustizia, e a tirare fuori il cartellino rosso sono stati i suoi vicini di scrivania.

Sul suo caso resteranno i dubbi, e una grossa frattura di significato che, almeno nell'opinione pubblica, non verrà mai colmata.

Il G.I.P. di Milano è stata il granello di sabbia in grado di bloccare un meccanismo malato di rapporti tra mondo politico (vedi D'Alema), economico (vedi Unipol) e, in una misura rilevante, della magistratura (vedi Blandini)? Un meccanismo in grado di minacciarla, e, infine, di convincere il C.S.M. ad asportarla chirurgicamente come fosse un tumore?

Oppure è davvero un "cattivo magistrato", che cerca la notorietà, fa trapelare notizie riservate, si chiude nelle sue paranoie e finisce per fare male il proprio lavoro a discapito degli altri diecimila che lo svolgono – più o meno – correttamente?

"Cosa intendono dire?" – La diretta interessata, oggi, rilascia solo no comment. Ma ieri, sulle anticipazioni riguardo la sua "cacciata" dagli uffici milanesi, si sfogava in un'intervista al Secolo XIX: "L'inchiesta Antonveneta-Unipol è finita. E' incredibile. Adesso spero che non mi lascino sola, che qualcuno non si rassegni alle cose che stanno succedendo nel nostro Paese".

Poi chiudeva: "Dicono addirittura che non potrei più svolgere le funzioni monocratiche. Ma che cosa intendono dire ... che sono pazza?".

Il C.S.M. ha risposto eloquentemente.

Nel frattempo, giovedì toccherà a De Magistris.


2 commenti:

Anonimo ha detto...

domande:
devo forse credere che la Forleo sia diventata pazza creando inutili scompigli?
è possibile che il C.S.M. sia stato unanimamente "convinto" ad asportare il "tumore"?
Oggi molte persone si interrogano sul significato dell'unanimità del voto del C.S.M. per il trasferimento della Forleo.
Quell'unanimità sembra quasi più preoccupante dell'esito stesso della votazione.
Cosa ne pensate?

Anonimo ha detto...

Io ho l'impressione che questa scelta "muscolare" si tradurra' in un boomerang per chi l'ha prodotta.

La gente ha capito che tanta rapidita', severita', unita' di intenti - un'efficienza inusitata per il nostro Paese - soprattutto di segno contrario rispetto al comune sentire non e' cosa buona e giusta.

Ed anzi, anche coloro che mal sopportano i Giudici in generale, percependoli come l'ennesima casta di privilegiati, e che pure sono portati a provare simpatie ed antipatie, sono spinti da un moto di ribellione rispetto ad una iniziativa che ha come dichiarato intento quello di far passare per cattivi coloro che si ostinano a voler applicare la legge in modo uguale per tutti.

Spero che si alzino numerose, nette e disinteressate le voci delle persone perbene, disgustate da tanta arroganza.

Diversamente saremmo davvero al capolinea di una democrazia che e' solo vuoto nome...

Intanto, qualcuno gia' reagisce

""La prima cosa che vogliamo dire a Clementina Forleo e a Luigi De Magistris è: non mollate. La seconda: resistete. La terza: non siete soli. Il trattamento che il Palazzo ha riservato e sta riservando ai due magistrati coraggiosi è indecente.

Forleo e De Magistris hanno il torto di fare il loro dovere quindi devono essere emarginati, tartassati, sviliti, trasferiti. Forleo e De Magistris hanno avuto il torto di andare in tv da Santoro per difendersi dagli attacchi dei politici: e allora? In tv ci dovrebbero andare mille volte: perchè, come tutti, hanno il diritto di manifestare le loro opinioni e perchè ci assale la nausea se pensiamo alle castronerie, alla noia, alle balle che, invece,ogni giorno, i politici di ogni colore sparano dal tubo catodico.

La verità è che la sistematica persecuzione di Forleo e De Magistris, attuata nel formale rispetto delle procedure e quindi ancora più rivoltante, sta neutralizzando le inchieste Unipol e Why Not che i due magistrati conducevano alacremente, facendo tremare il Palazzo: oggi, di Why Not e di Unipol non parla più nessuno.

La verità è che è assordante il silenzio della politica, muta e pure cieca quando si tratta di indignarsi per il modo in cui si calpesta il lavoro die giudici. La verità è che i magistrati scomodi vengono messi in condizione di non nuocere, così la Casta continua a farsi gli affari propri, a rimanere impunita, a non pagare mai.

Lo pensiamo tutti, compreso Antonio Di Pietro che stamane ha affermato: "Stiamo andando oltre la metafora del dito che indica la luna. Qui hanno fatto scomparire direttamente la luna e ci hanno lasciato solo il dito da guardare. Ho, come sempre, il massimo rispetto per le decisioni prese dagli organi della magistratura, ma anche il legittimo sospetto che ci sia un`influenza da parte della politica nell`accanimento verso due magistrati scomodi. Il problema non è più soltanto giudiziario, è soprattutto politico. Ai cittadini ormai non interessa sapere per via giudiziaria se dei politici sono colpevoli di qualche reato, per i cittadini l`allontanamento dei magistrati che indagavano su di loro è di per sé un`ammissione della colpevolezza dei politici e l`ennesima affermazione dell`utilizzo di due pesi e due misure tra eletti e elettori".

Parole di un ministro della Repubblica, prigioniera di una nomenklatura che bada soltanto ai propri interessi. Coraggio: ancora 327 giorni di attaccamento alla poltrona e poi la pensione non ve la tocca più nessuno.""

di Xavier Jacobelli