di Felice Lima
Carissimi Amici,
vi scrivo queste righe con grandissima fatica, perché proprio mi ripugnano e le parole giuste non vengono fuori.
Ma vi prego di credere che sono inevitabili.
Vi scrivo queste righe per dirvi che ci dobbiamo fermare. Che il blog, almeno per ora, non potrà continuare. O almeno non così come è stato fino ad oggi.
Le ragioni sono molto pratiche ed è proprio questo che le rende difficili da mettere per iscritto.
E’ molto difficile rassegnarsi al fatto che anche i sogni più belli debbano fare i conti con la realtà più materiale.
In questo caso, la “realtà materiale” è che il webmaster (cioè io) non ce la fa più.
Gli impegni di lavoro sono sempre stati onerosissimi e in questi mesi, se possibile, sono addirittura aumentati. Nel mio ufficio sono andati in pensione due colleghi (eravamo sette e ora siamo cinque) che non si sa quando potranno essere rimpiazzati e noi rimasti ci stiamo facendo carico anche di una parte del loro lavoro.
Inoltre da più di un anno – cioè da quando abbiamo iniziato questa bellissima avventura telematica – il blog e i suoi “dintorni” (dei quali vi dirò fra un attimo) hanno totalmente assorbito ogni minimo spazio del pochissimo tempo libero che avevo. E così da più di un anno la mia famiglia, quando torno dal lavoro (sempre più tardi), mi vede sempre davanti a un computer o al telefono o a un convegno o alla presentazione di un libro o da qualunque altra parte, ma non nel posto dove anche un marito e papà molto impegnato ogni tanto deve pur stare.
Perché è vero che ciò che conta nelle relazioni umane è la qualità e non la quantità di esse, ma è altrettanto vero che c’è una quantità sotto la quale si va verso l’inesistenza.
E’ difficilissimo mettere un punto a questa esperienza, perché è stata ed è meravigliosa e sorprendente.
Abbiamo aperto questo blog per una necessità culturale e morale. Dunque, senza cercare di prevedere se avrebbe o no avuto una qualche forma di consenso e di successo.
Io personalmente, pur essendone l’ispiratore, pensavo sarebbe rimasto lì, come una delle tante meteore che attraversano l’immenso pianeta del web.
Temevo anche altre orribili cose: tipo che, consentendo come voleva Bruno (Tinti) che i lettori potessero intervenire liberamente e anche anonimamente, ci saremmo trovati in pochi giorni a leggere solo insulti e strampalaterie.
E invece tutto è andato in un altro splendido modo.
Il blog ha avuto un grande successo.
A oggi 260.000 lettori c.d. “unici”, che hanno letto 680.000 volte i 527 articoli che abbiamo pubblicato (1,28 articoli al giorno per più di un anno).
Un indice di attenzione e gradimento su internet che è agevolmente verificabile inserendo su Google la stringa di ricerca “uguale per tutti”. E’ già sorprendente che il nostro sito sia il primo risultato di una ricerca fondata su una frase tanti generica come, appunto, “uguale per tutti”. Oppure la stringa di ricerca “toghe.blogspot.com”: 42.100 pagine a oggi.
Ma non è questo, secondo il mio modesto parere, l’aspetto veramente importante di questa esperienza.
La grandezza di essa sta, a mio parere, nel sistema di relazioni che si è instaurato fra i protagonisti del blog e nella semplicità e naturalezza con cui ciò è avvenuto.
Il primo fatto che voglio citare è che, ammessi i commenti dei lettori anche anonimi, invece che ricevere insulti e assurdità, abbiamo ricevuto (con eccezioni talmente minime numericamente, da restare irrilevanti) opinioni, pensieri, passione, interesse, cultura, dibattito, affetto, amicizia, critica costruttiva e tanto altro.
Insomma, sapevamo benissimo che il mondo è pieno di splendide persone. Abbiamo avuto la prova che, come forse non avevamo il coraggio di sperare, tantissime di loro stanno lì, pronte a dare il loro contributo con generosità e sincerità.
Un amico carissimo che mi ha insegnato alcune delle cose che si dovevano sapere per stare su internet – Luca Salvini – anni fa ha prestato gratuitamente a lungo la sua opera (è un valentissimo informatico) per la realizzazione di una bellissima community internettiana di motociclisti, della quale ho fatto parte anch’io (TDMItalia).
Una volta gli ho chiesto: “Perché hai speso tutto questo tempo, per te prezioso, in una cosa così?”
Mi ha risposto: “Perché ho scoperto che se dai agli altri la parte migliore di te loro ti lasceranno scoprire la parte migliore di sé”.
Non so se noi siamo riusciti a darvi la parte migliore di noi. Voi ci avete dato certamente un’infinità di cose bellissime, delle quali vi sono e vi siamo profondamente grati.
Credetemi, da diverse settimane devo scrivere queste cose, ma non ci sono riuscito, perché mi sembra come di tradire le aspettative legittime di persone che mi sono davvero care: tutti voi.
Ho letto e riletto tante volte i vostri commenti e davvero mi dispiace immensamente scrivervi le cose che sto scrivendo, ma vi prego di credere che le scrivo perché è proprio necessario.
Torno al blog e ai suoi “dintorni”.
Il “lavoro” del blog non è solo quello che si vede. Non si tratta solo di scegliere e pubblicare un tot numero di articoli al mese.
Dietro quello che si vede ci sono ore di “lavoro” per un sacco di cose.
La Redazione riceve centinaia di mail, alle quali vorremmo rispondere, ma a molte delle quali non riusciamo materialmente a farlo per mancanza di tempo (e ne approfitto per chiedere sinceramente scusa a tutti per questi ritardi che a volte diventano vere e proprie omissioni).
E poi i commenti. Vanno letti tutti e molti meritano una risposta, un ringraziamento, un’attenzione.
Tutto questo richiede tantissimo tempo. Ma ci sembra che sia ciò che ha costituito davvero l’anima di questa nostra esperienza.
E poi attorno al blog e con l’occasione del blog sono venuti mille altri impegni. Partecipare a convegni. Alla presentazione di quel bellissimo libro. Eccetera.
E, ancora, ognuno di noi aveva già altri impegni pure importanti. Dagli inviti nelle scuole a parlare di legalità. Agli incontri con i ragazzi di “Addio Pizzo”. Alle relazioni tecniche su temi delicati ed eticamente rilevanti. Alle battaglie dentro la magistratura associata.
Insomma, il blog è un impegno bellissimo, ma un impegno grande. E in questo momento non riusciamo a reggerlo.
Quando lo abbiamo aperto, il nostro auspicio non era insegnare nulla a nessuno, né dire cose mai dette o talmente straordinarie da cambiare il mondo.
Il nostro sogno era provare a parlarci. Dimostrare che ci si può parlare.
E questo sogno si è realizzato.
Ci siamo parlati qui in tanti e di tante provenienze diverse.
Si sono parlati i giudici e gli avvocati; i laureati in legge e quelli di ingegneria o medicina; i laureati e i non laureati; quelli “di destra” e quelli “di sinistra”; i belli e brutti; i buoni e i cattivi.
Ci siamo detti le cose. Abbiamo discusso. Quasi sempre amabilmente. Qualche volta duramente. Sempre, mi è sembrato, costruttivamente.
Ci siamo messi in questa avventura senza sapere bene cosa avremmo scoperto.
Abbiamo scoperto che “si può”.
Che c’è spazio, opportunità e modi per incontrarsi. Per conoscersi. Per arricchirsi reciprocamente. Per scoprire cosa pensano quelli che non la pensano come noi. Per uscire dai luoghi comuni e dai discorsi corporativi (detto fra noi, abbiamo scoperto definitivamente che l’isolamento della magistratura è in parte voluto da chi la gestisce, perché, se lo si volesse, si potrebbe in tanti modi porvi fine o almeno ridurlo).
Abbiamo fatto amicizia fra tanti di noi e con tanti di voi.
Io vi ho profondamente nel cuore.
Certo a questo punto del mio discorso emerge la parte peggiore, che stava a covare lì sotto. La paura che tutto questo possa finire.
Un po’ sembra così e un po’ può anche essere così.
Ma, credo, spero, non lo sia per la parte più importante di questa bellissima avventura.
Ciò che abbiamo fatto, ciò che ci siamo detti, ciò che ci siamo dati è nostro per sempre. Non si perde. Ci ha arricchiti e ci arricchisce. Ci rende migliori. Spero.
Per me è sicuramente così.
Io credo fermamente che i primi ai quali facciamo le cose che facciamo siamo noi stessi.
Io credo fermamente che ciò che facciamo ci cambia.
Noi ci siamo fatti in quest’anno insieme tante cose belle e, dunque, sotto tanti profili non saremo più gli stessi di prima.
Siamo, saremo più ricchi.
Forse anche più generosi e più coraggiosi. Questo dovrebbe conseguire a questo esserci fatti coraggio fra noi e a questo avere scoperto quanta generosità hanno tanti vicino a noi.
Che succederà, allora, adesso?
In verità, vi confesso che non lo, perché questo piccolo blog fa da tanti mesi così tanto parte della nostra vita che non è facile immaginarcela senza.
Con Nicola (Saracino), con il quale divido la fatica “materiale” di questo lavoro, abbiamo pensato che l’unica cosa sicura è che almeno per un po’ di tempo dobbiamo assolutamente dedicare il tempo che finora è stato del blog agli altri doveri di cui vi ho detto.
Dunque, il blog non sarà “aggiornato”. O lo sarà molto meno di quanto è accaduto fino ad oggi.
Ovviamente tutto quello che c’è resterà dov’è e continueremo a pubblicare i commenti. E, quando potremo, metteremo qui le cose su cui sentiremo indispensabile un confronto fra noi. Ma, purtroppo, senza la frequenza e attualità che abbiamo cercato di assicurare fino ad oggi.
Poi, ci piacerebbe organizzare un grande e bel convegno. Così ci potremo anche incontrare e conoscere fisicamente.
Un amico incontrato proprio qui (Edoardo, che scrive con uno pseudonimo) ha in mente un libro che racconti questa esperienza.
Per “restare in contatto” abbiamo aperto una newsletter.
Se vi iscriverete, avremo un indirizzo di posta elettronica al quale mandarvi avvisi o notizie relative alle sorti future del blog.
Chi fosse interessato a sapere come funziona questa newsletter, troverà tutto spiegato a questo link.
E’ davvero difficile trovare parole per chiudere questo post.
Due sole considerazioni mi sento di proporre.
La prima è l’auspicio, la preghiera che questo post non chiuda i nostri dialoghi, la nostra amicizia. Che essa continui solida nei nostri cuori e, in un modo che ancora non sappiamo, anche sui video dei nostri computer.
In ogni caso, ogni tanto, seppure con una frequenza minore, ci scriveremo ancora. E sarà bellissimo ed emozionante, passando da queste pagine, ritrovarsi. Sapere che ci siamo ancora.
La seconda riguarda il nostro desiderio di assoluto che ci porta a stimare di meno le cose che non si presentano come “definitive” o “totalmente risolutive”.
Su internet ho letto un apologo che vi riporto.
«Un giorno un uomo camminando lungo la spiaggia, vide un bambino raccogliere qualcosa e, con delicatezza, gettarlo in mare. Si avvicinò al bambino e gli chiese: “Cosa stai facendo?” Il giovane rispose: “Rigetto le stelle marine in mare. La marea è scesa e, se non le rimetto in acqua moriranno”. L’uomo disse: “Ragazzo mio non ti rendi conto che ci sono chilometri di spiaggia e centinaia di stelle marine? La tua azione è inutile!” Dopo aver ascoltato attentamente, il bambino si chinò raccolse un’altra stella marina e la rigettò in mare. Poi sorridendo all’uomo disse: “La mia azione per questa qui ha fatto la differenza!”»
Confidando nella vostra pazienza e comprensione per le mie difficoltà, vi abbraccio con tantissimo affetto.
Felice
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