Versione stampabilePubblichiamo il testo integrale della Sentenza della Corte di Cassazione che ha dato torto alla signora Lonardo/Mastella, affermando che la sua detenzione è stata legittima.
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Sentenza n. 33843/08
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
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La Corte Suprema di Cassazione
Sezione sesta penale
Composta dai Signori:
Dott. Giorgio Lattanzi - Presidente
1. Dott. Arturo Cortese - Consigliere
2. Dott. Vincenzo Rotundo - Consigliere
3. Dott. Giacomo Paoloni - Consigliere
4. Dott. Giorgio Fidelbo - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Alessandrina LONARDO, nata a S. Giovanni di Ceppaloni (BN) il 9.3.1953; contro l’ordinanza del 28 gennaio 2008 emessa dal Tribunale di Napoli; visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso;
sentita la relazione del consigliere dott. Giorgio Fidelbo;
sentito il pubblico ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale dott. Carlo Di Casola, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
sentiti gli avvocati Titta Madia e Severino Nappi, che hanno insistito per l’accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. - Con ordinanza emessa il 14 gennaio 2008 il G.i.p. del Tribunale di S.M. Capua Vetere ha disposto, in via d’urgenza, la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di Alessandrina LONARDO, indiziata, in concorso con altre persone, del reato di tentativo di concussione continuata, dichiarandosi successivamente incompetente.
Il Tribunale di Napoli, in sede di riesame proposto dalla indagata, con decisione del 28 gennaio 2008 ha parzialmente riformato il provvedimento cautelare, sostituendo gli arresti domiciliari con la misura dell’obbligo di dimora.
Secondo l’imputazione provvisoria riportata nell’ordinanza la LONARDO è accusata di avere, nella sua qualità di presidente del Consiglio regionale della Campania, in concorso con il marito Clemente Mastella (segretario nazionale dell’UDEUR), nonché con Nicola Ferraro (consigliere regionale della Campania) e con Andrea Abbamonte (assessore regionale alle risorse umane della Campania), tutti appartenenti allo stesso partito politico, tentato di costringere Luigi Annunziata, direttore generale dell’Azienda Ospedaliera San Sebastiano di Caserta, nominato in tale incarico nel dicembre 2005 su indicazione dell’ UDEUR, a sottostare alle indicazioni fornite dai politici del proprio partito nelle scelte da compiere durante la sua attività direttiva.
2. - Il Tribunale ha ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato contestato, valorizzando una serie di intercettazioni di conversazioni telefoniche avvenute nel periodo gennaio - giugno 2007 tra i vari protagonisti della vicenda, quasi tutti politici, medici e amministratori pubblici: in particolare, oltre all’indagata, a Nicola Ferraro e ad Andrea Abbamonte, si tratta di Fernando Errico e Giuseppe Maisto (entrambi consiglieri regionali UDEUR), nonché di Luigi Annunziata, di Carlo Camilleri (esponente di rilievo dell’ UDEUR nel ter-ritorio campano e consuocero della Lonardo), di Sandro De Franciscis (presidente della Provincia di Caserta), di Massimo Agresti (medico, amico della famiglia Mastella), di Antonio Fantini. Inoltre, sono state prese in considerazione le di-chiarazioni rese da Luigi Annunziata, da Angelo Montemarano (assessore alla sanità della Regione Campania), da Felice Casucci (avvocato e consulente giuridico del Presidente della Regione Campania), da De Falco (neurologo) e da Mi-guel Viscusi (cardiologo).
In particolare, dall’ordinanza si apprende che qualche anno dopo la sua no-mina a direttore generale dell’Azienda Ospedaliera San Sebastiano, nomina voluta dal partito dell’ UDEUR al quale apparteneva, Luigi Annunziata avrebbe dato luogo a qualche malumore fra gli amici di partito, che lo accusavano di eccessiva autonomia nelle scelte di gestione dell’ente. In particolare, non avrebbe soddisfatto le richieste di Nicola Ferraro, che aveva insistito perché come primario ospedaliero fosse nominato un medico di fiducia di suo padre; lo stesso Ferraro, in altre occasioni, avrebbe richiesto di designare un certo Napoletano come capo Ufficio Tecnico e tale Fabio Sgueglia come componente del Nucleo di Valutazione dell’Azienda Ospedaliera.
Ma è la vicenda relativa alla nomina del primario di ginecologia del San Sebastiano che determina le prime vere manifestazioni di ostilità nei confronti dell’Annunziata, colpevole di non avere appoggiato la candidatura del dott. Passaretta, voluto dal Ferraro e dalla LONARDO, procedendo alla nomina del dott. Sergio Izzo, fratello di un parlamentare appartenente ad altra forza politica. Questo atto viene visto dai vertici nazionali e locali dell’ UDEUR, tra cui anche la LONARDO, come una “disobbedienza” inaccettabile, che avrebbe potuto indebolire il partito dal punto di vista politico.
Da qui l’offensiva diretta alla rimozione di Annunziata, attuata anche attraverso una campagna di stampa contraria al direttore generale.
Su iniziativa di Nicola Ferraro viene presentata un’interpellanza consiliare, in via d’urgenza, con cui si chiedono spiegazioni al governo regionale circa il possesso dei requisiti dell’Annunziata per la nomina a direttore generale. La scelta di intraprendere la via dell’interpellanza viene assunta, nella ricostruzione dell’ordinanza, dai rappresentanti locali del partito dell’ UDEUR, tra cui la stessa LONARDO; l’atto viene materialmente predisposto da Andrea Abbamonte e firmato da quasi tutti i consiglieri regionali UDEUR. Tuttavia, la discussione sull’interpellanza, fissata il 17.4.2007, non ha luogo in quanto, sempre secondo quanto ricostruito nell’ordinanza impugnata, la LONARDO e gli altri coindagati preferiscono far giungere all’Annunziata un messaggio di possibile riconciliazione, facendogli intendere, attraverso l’intermediazione di Massimo Agresti e di Felice Casucci, che l’interpellanza può essere ritirata qualora nomini De Falco e Viscusi, entrambi medici “graditi” alla LONARDO, ai posti di primariato di neurochirurgia e cardiologia dell’ospedale San Sebastiano di Caserta.
Anche in questo caso Luigi Annunziata non accetta l’imposizione e in risposta a tale atteggiamento la LONARDO ripropone la discussione dell’interpellanza, che viene fissata per la seduta del 22.5.2007.
3. - I giudici hanno, inoltre, ravvisato le esigenze cautelari nella necessità di effettuare ulteriori investigazioni e di evitare il pericolo di condotte recidivanti.
Infine, hanno ritenuto sussistente il presupposto dell’urgenza, essendo stato il provvedimento cautelare emesso dal G.i.p. del Tribunale di S.M. Capua Vetere ai sensi dell’art. 291 comma 2 c.p.p.
4. - Contro questa ordinanza l’avvocato Titta Madia, difensore di fiducia di Alessandrina LONARDO, ha presentato ricorso per cassazione, deducendo i seguenti motivi.
A) Mancanza assoluta di motivazione in ordine ai motivi posti a fondamento della richiesta di riesame con cui si evidenziava l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza: si lamenta che i giudici del riesame non abbiano preso in minima considerazione, né confutato gli argomenti addotti a difesa dell’indagata, con cui si contestava la sussistenza degli elementi che configurano il reato di concussione, cioè l’esistenza di una minaccia, diretta o indiretta, esplicita o implicita posta in essere dall’indagata, ovvero di un’attività induttiva tesa a coartare l’altrui volontà.
In particolare, nessuna risposta è stata data alle obiezioni circa il rilievo dato ai comportamenti asseritamene illeciti contestati alla LONARDO.
B) Erronea applicazione della legge penale e omessa e contraddittoria mo-tivazione in ordine alla ritenuta sussistenza degli indizi del reato di tentata concussione; viene evidenziato come le condotte contestate all’indagata non possano essere considerate idonee a ritenere la gravità indiziaria in ordine al reato di tentata concussione.
Per quanto riguarda la telefonata del 6.3.2007 si ritiene che non possa essere considerata espressione di una condotta induttiva rivolta a coartare la volontà di Luigi Annunziata, trattandosi di una conversazione con un familiare, in cui l’indagata sfoga il proprio disappunto relativo ad un contrasto politico. L’espressione “lui è un uomo morto” avrebbe un significato metaforico, che andrebbe letto nel senso di “non voglio vederlo”.
In ordine all’incontro con Angelo Montemarano, cui ha partecipato anche Giuseppe Maisto, si sottolinea che comunque si è trattato di una espressione di sfiducia e di disistima manifestata nei confronti di Luigi Annunziata all’interno di un’ordinaria attività politica di esercizio del potere di consigliere regionale.
Con riferimento, inoltre, alla interpellanza consigliare si sottolinea la natura politica dell’atto e l’insindacabilità dello stesso ai sensi dell’art. 122 comma 4 Cost., norma che tutela anche le interpellanze consiliari. L’insindacabilità non riguarda solo l’atto in sé, ma anche le finalità per la quale l’interpellanza viene formulata. In ogni caso, si sostiene che “esprimere nel negoziato politico la forza della propria rappresentanza ovvero dell’esercizio dei propri diritti o dei poteri politici allo scopo di conseguire obiettivi politici non può essere qualificato ille-cito e tantomeno può essere ricondotto al reato di concussione”. L’interrogazione consiliare, così come tutta la condotta contestata nel capo di imputazione, non può essere ricondotta ad una attività concussiva, in quanto espressione dell’esercizio di un potere non sindacabile dal giudice penale.
Si precisa, inoltre, che la LONARDO non può essere chiamata a rispondere di quegli episodi riferiti nel capo di imputazione che riguardano esclusivamente condotte addebitabili a Nicola Ferraro (il riferimento è agli episodi relativi alle pressioni per le nomine di Napoletano, Sgueglia e del medico curante del padre del Ferraro), non essendoci alcun elemento di prova che dimostri che l’indagata abbia sostenuto tali azioni, riferibili solo al coindagato.
Con riferimento all’episodio della nomina di Sergio Izzo, si sottolinea trattarsi dell’episodio che, nella stessa ricostruzione dei giudici, suscita il disappunto della LONARDO, per cui resta del tutto irrilevante ai fini della concussione, mancando condotte induttive precedenti.
Per quanto concerne, poi, la presunta richiesta di nomina ai posti di prima-riato dei medici De Falco e Viscusi, si evidenzia come la difesa della LONARDO abbia sempre rilevato la mancanza di ogni elemento probatorio al riguardo. Nelle telefonate del 18 e del 19 aprile 2007 è lo stesso Luigi Annunziata che riferisce ai suoi interlocutori di aver saputo da Agresti che la LONARDO avrebbe voluto inserire nell’azienda ospedaliera i due medici, ma si tratta di circostanze riferite de relato e che non hanno ricevuto alcun riscontro. Al contrario, è risultato che Annunziata abbia dichiarato che i due medici gli furono segnalati da Felice Casucci, il quale, sentito anch’egli, ha riferito che il nome del De Falco non era stato fatto dalla LONARDO, circostanza confermata dallo stesso De Falco. Inoltre, si rileva che anche Agresti e Viscusi hanno dichiarato che non fu l’indagata a segnalare Viscusi, ma a farlo fu l’Agresti tramite Fernando Errico.
Infine, viene contestata anche la ricostruzione effettuata dai giudici, secon-do cui la pressione sull’Annunziata fu il risultato di un gioco di squadra, mancando in atti gli elementi idonei a dimostrare l’assunto di una responsabilità concorsuale.
5. - In data 19 marzo 2008 l’avvocato Severino Nappi, nell’interesse dell’indagata, ha depositato i seguenti motivi aggiunti.
A) Genericità del capo d’imputazione e violazione dell’art. 292 lett. h) c.p.p.: la genericità della contestazione non consente di individuare in cosa sia consistita la condotta materiale ascritta all’indagata, non comprendendosi né qua-li siano i profili di illiceità collegati alla presentazione dell’interrogazione consiliare, né quali siano state le utilità conseguite, che vengono individuate nel “determinare l’Annunziata a dirigere le sue funzioni in favore degli appartenenti al partito politico dell’ UDEUR”. Inoltre, non vi è accenno ad alcuna situazione di metus in cui si sia trovato l’Annunziata, il quale, invece, ha dato dimostrazione di assoluta autonomia nell’esercizio delle sue funzioni di direttore generale.
B) Inidoneità della condotta ad integrare gli estremi del delitto di tentata concussione: viene rilevato che l’impianto accusatorio si basa sull’interpellanza presentata in Consiglio regionale, ma non tiene conto che si tratta di un atto politico, che non riveste i caratteri dell’abuso della qualità o dei poteri richiesti dall’art. 317 c.p.
L’altro elemento presente nell’imputazione è quello della campagna di stampa, ma posto che non si rinviene alcun elemento che dimostri che la LO-NARDO abbia in qualche modo partecipato ad azioni di questo tipo, viene sottolineato come neppure in astratto sia configurabile una forma di concussione attuata con simili mezzi, prescindendo dall’abuso delle qualità di pubblico ufficiale.
Inidonea a costituire un possibile elemento del delitto di concussione è anche l’espressione attribuita all’indagata nella telefonata con Carlo Camilleri, in cui avrebbe detto, riferendosi a Luigi Annunziata, “per me è un uomo morto”, in quanto la frase non è stata diretta all’interessato, sicché non si vede come possa avere avuto una qualsiasi incidenza sulla libertà di autodeterminazione dell’Annunziata stesso, posto che non risulta che questi l’abbia appresa successivamente dal Camilleri o da altri.
6. - In data 27 maggio 2008 l’avvocato Titta Madia ha depositato una memoria difensiva, in cui dopo aver premesso che l’indagata è stata rimessa in libertà, ha precisato che persiste l’interesse al ricorso ai fini dell’art. 314 n. 2 c.p.p.
Inoltre, ha ribadito il contenuto dei motivi dei ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
7. - Deve premettersi che in data 3 febbraio 2008 l’indagata è stata definitivamente rimessa in libertà a seguito del provvedimento con cui il G.i.p. del Tribunale di Napoli ha dichiarato l’inefficacia della misura dell’obbligo di dimora disposta dal Tribunale del riesame - sostitutiva degli arresti domiciliari che erano stati disposti dal G.i.p. di S.M. Capua Vetere, successivamente dichiaratosi incompetente - non avendo il pubblico ministero di Napoli avanzato alcuna richiesta al giudice competente per territorio, ai sensi dell’art. 27 c.p.p. Tuttavia deve escludersi che sia sopravvenuta una carenza di interesse al ricorso, in quanto il difensore di fiducia dell’indagata ha espressamente dichiarato che l’impugnazione proposta è funzionale all’attivazione del procedimento di riparazione per l’ingiusta detenzione, ai sensi degli artt. 314 e seg, c.p.p., con riguardo al periodo di detenzione subito per effetto della misura coercitiva inizialmente disposta. Pertanto, in questa sede l’esame del ricorso sarà necessariamente limitato alla verifica della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, la cui eventuale mancanza potrebbe giustificare il diritto all’equa riparazione per l’ingiusta detenzione subita.
8. - Nel merito si osserva che dalla lettura dell’imputazione provvisoria e dalla stessa ordinanza impugnata i fatti che vengono addebitati alla LONARDO riguardano esclusivamente l’episodio relativo al tentativo di far nominare De Falco e Viscusi ai posti di primariato di neurochirurgia e cardiologia dell’ospedale San Sebastiano. Gli altri episodi menzionati nei numeri 3), 4) e 5) dell’imputazione, che peraltro sono contestati dalla difesa, non costituiscono fatti attribuiti alla LONARDO, ma nell’impostazione dell’accusa rappresentano altrettanti casi in cui l’Annunziata non avrebbe recepito le indicazioni provenienti dal suo partito di riferimento, fatti evocativi di un sistema di controllo da parte di alcuni appartenenti all’UDEUR nelle nomine della sanità campana, rispetto ai quali tuttavia non sono stati addotti elementi che dimostrino il diretto coinvolgimento dell’indagata. Lo stesso può dirsi per l’episodio della mancata nomina di Passaretta, a cui fa riferimento Annunziata nella dichiarazione del 2.11.2007, in ordine al quale l’ordinanza non fornisce alcun ulteriore elemento probatorio indicativo della condotta tenuta dall’indagata in tale occasione.
Si tratta comunque di episodi che, nella struttura del provvedimento impugnato, contribuiscono a dimostrare la forte pressione cui è stato sottoposto l’Annunziata da alcuni esponenti del suo partito, pressione finalizzata a far sì che venissero nominati i medici di volta in volta indicati. Ciò emerge dalle numerose intercettazioni telefoniche di cui l’ordinanza ha dato conto e dalle dichiarazioni dello stesso Annunziata.
In questo contesto si inseriscono le pressioni dirette e indirette poste in essere Ball’ indagata.
Viene messo in evidenza come la LONARDO fosse stata “delusa” in precedenza dell’Annunziata per la mancata nomina di Antonio Passaretta quale facente funzioni di primario presso il reparto di ginecologia; nella deposizione del 2.11.2007 Annunziata, oltre a riferire che l’indagata in tale occasione lo avrebbe insultato, chiamato “delinquente”, ha raccontato dei suoi vani tentativi volti addirittura a negare di avere effettuato la nomina di lzzo al posto di Passaretta, descrivendo una situazione in cui la nomina di un medico non “segnalato” dal partito di appartenenza viene percepita come un atto talmente “grave”, dalle conseguenze politiche temibili, da dovere essere negato fino in fondo.
Inoltre, si evidenzia come dalla telefonata intercettata il 6.3.2007 tra LONARDO e Camilleri risulti un obiettivo “scontento” da parte della prima per la condotta dell’Annunziata, che viene ritenuto “politicamente morto”, perché in qualità di direttore generale dell’ospedale non sarebbe stato a “disposizione”.
Ancora, i giudici danno molto rilievo all’incontro tra il Montemarano, assessore alla sanità della Regione Campania, e la LONARDO, in cui quest’ultima manifestò l’intenzione di rimuovere l’Annunziata dal suo incarico, chiedendo come potesse essere realizzato tale obiettivo dal punto di vista tecnico: nell’ordinanza tale circostanza risulta confermata dalle stesse dichiarazioni rese da Montemarano, nonché dalla telefonata intercettata il 27.3.2007 tra Maisto e Annunziata.
9. - I giudici del riesame hanno giustamente valorizzato la calendarizzazio-ne dell’interpellanza contro Annunziata: secondo i giudici si tratterebbe di una “calendarizzazione strumentale al perseguimento di interessi non istituzionali”, in quanto diretta a verificare la possibilità di un cambiamento nell’atteggiamento dell’Annunziata, al quale viene proposto il ritiro dell’interrogazione qualora accetti di nominare i due medici graditi alla LONARDO, De Falco e Viscusi. L’ordinanza evidenzia come la condotta contestata presupponga “un atto di obbedienza da parte dell’Annunziata” che avrebbe dovuto sottostare ad una indebita interferenza nelle sue competenze e come sia evidente la strumentalizzazione dell’interpellanza, atto deviato nella sua funzione e volto ad esercitare un condizionamento nelle scelte del direttore generale in ordine alla struttura cui era preposto.
Nel ricorso si esclude che vi siano elementi in atti che dimostrino un tale interessamento dell’indagata per la nomina dei due medici, ma deve osservarsi, al contrario, che l’ordinanza del Tribunale ha evidenziato e bene motivato in ordine alle “prove” acquisite. Che la LONARDO volesse imporre la nomina dei due medici De Falco e Viscusi non risulta solo dalle telefonate intercettate in data 18 e 19 aprile 2007, come assumono i difensori, ma dalle stesse dichiarazioni dell’Annunziata rese in data 2.11.2007. In tale occasione l’Annunziata ha confermato in pieno il contenuto della conversazione intercettata il 18.4.2007 con il De Franciscis, conferma alla quale i giudici attribuiscono particolare significato per valutare la credibilità del dichiarante, in quanto è avvenuta prima che nel corso della deposizione fosse messo a conoscenza della stessa telefonata intercettata. Una diversa valutazione viene invece riservata alle dichiarazioni di Casucci e di Agresti: in particolare, secondo i giudici, quest’ultimo “tenta di ridurre al massimo il suo coinvolgimento nei fatti”, pur ammettendo il suo intervento come “mediatore”. E’ evidente come nella ricostruzione dei fatti contenuta nell’ordinanza e, conseguentemente, nella valutazione degli indizi di colpevolezza assumano un ruolo fondamentale proprio le dichiarazioni dell’Annunziata, che rappresenta la principale fonte d’accusa a carico dell’indagata, fonte pienamente credibile per i giudici.
Pertanto, non può condividersi quanto affermato dalla difesa della ricorrente, secondo cui la telefonata del 18.4.2007, in cui Annunziata riferisce al De Franciscis il contenuto di una conversazione avuta con Agresti, conterrebbe una dichiarazione de relato di una circostanza appresa de relato e come tale inidonea a fondare un giudizio di gravità indiziaria. Invero, si tratta di una “testimonianza” indiretta, che non soggiace alla regola di esclusione probatoria contenuta nell’art. 273 comma 1-bis c.p.p., in quanto nel caso di specie l’Annunziata, nella ricordata deposizione, ha puntualmente indicato la persona (Agresti) da cui ha appreso la notizia relativa all’interessamento della LONARDO per la nomina dei due medici. Di conseguenza, deve ritenersi che correttamente i giudici del riesame hanno utilizzato tale dichiarazione a carico dell’indagata e, dopo averla riscontrata con l’intercettazione del 18.4.2007, l’hanno ritenuta pienamente credibile, sulla base di una motivazione che, in quanto logica e coerente, non può essere oggetto di contestazione nel merito in sede di legittimità.
D’altra parte, si tratta di una giudizio cautelare, in cui il materiale probatorio non è ancora stabilizzato, per cui non può in questa sede prendersi in esame quanto dedotto dalla ricorrente in ordine a possibile millanterie di terze persone che avrebbero parlato a suo nome: di ciò nell’ordinanza impugnata non vi è traccia, per cui resta un argomento difensivo, che potrà essere speso in altro momento.
10. - In base ai fatti così come ricostruiti, attraverso uno sviluppo motiva-zionale che non presenta incongruenze ovvero salti logici, deve riconoscersi che sussistono i gravi indizi di colpevolezza richiesti dall’art. 273 c.p.p. in relazione all’ipotizzato reato di tentativo di concussione, tenendo presente che nell’accertamento incidentale de libertate “il convincimento giudiziale è esposto al flusso continuo di conoscenze (...) suscettibili di accrescersi ed evolversi con l’apporto di ulteriori informazioni che stimolano la continua verifica della capacità dell’ipotesi accusatoria di resistere a interpretazioni alternative”. Ancora recentemente le Sezioni unite di questa Corte hanno precisato che “la qualifica di gravità che deve caratterizzare gli indizi di colpevolezza attiene al quantum di prova idoneo ad integrare la condizione minima per l’esercizio, sulla base di un giudizio prognostico di responsabilità, del potere cautelare, che non può che riferirsi al grado di conferma, allo stato degli atti, dell’ipotesi accusatoria, e ciò a prescindere dagli effetti, non ancora apprezzabili, eventualmente connessi alla dinamica della prova nella successiva evoluzione processuale” (Sez. un., 30 maggio 2006, n. 36267, P.G. in proc. Spennato). A questi criteri si sono attenuti i giudici del riesame.
10.1. - La concussione richiede, come è noto, che il pubblico ufficiale abusi della sua qualità o dei suoi poteri per costringere o indurre taluno a dare o a promettere indebitamente denaro o altra utilità.
Nessun dubbio in ordine alla qualifica soggettiva dell’indagata, dal momento che all’epoca dei fatti era presidente del Consiglio della Regione Campania e in tale veste ha posto in essere la condotta incriminata.
I difensori dell’indagata contestano, però, che ricorra la condotta di abuso cui si riferisce l’art. 317 c.p. Invero, si osserva che nella specie tale requisito è rappresentato dall’uso che la LONARDO ha fatto dei suoi poteri di presidente del Consiglio regionale nella calendarizzazione della discussione dell’interpellanza avente ad oggetto la regolarità della nomina dell’Annunziata a direttore generale dell’ospedale San Sebastiano, un uso strumentale che si rivela soprattutto nella decisione, di competenza del presidente dell’assemblea regionale, di rinviare la discussione dal 17.4.2007 al 22.5.2007, rinvio funzionale ad operare, indirettamente, una pressione sull’Annunziata al fine di ottenere la nomina dei due medici. I giudici del riesame hanno bene evidenziato, attraverso il riferimento a precisi elementi probatori, da un lato le ragioni che hanno ispirato la presentazione dell’interpellanza, dall’altro la funzione che avrebbe dovuto avere il concesso rinvio della discussione. Quanto al primo punto, risulta evidente come l’interpellanza abbia rappresentato la risposta alle condotte dell’Annunziata per non aver “ottemperato” ai dicta del partito che lo aveva voluto al vertice dell’azienda ospedaliera di Caserta: l’atto ispettivo è stato presentato dal Ferraro, materialmente redatto dall’Abbamonte, sottoscritto da quasi tutti i consiglieri regionali dell’UDEUR e corrisponde alle intenzioni della stessa LONARDO, che in più occasioni aveva manifestato la volontà di “defenestrare” il direttore generale del San Sebastiano. In sostanza, si tratta di un atto che è maturato all’interno del gruppo dell’UDEUR, pienamente condiviso dall’indagata, funzionalmente diretto ad esercitare una concreta pressione sulle determinazioni future del direttore generale per indurlo a considerare le indicazioni provenienti dal suo partito.
Che non si tratti solo di un atto sanzionatorio di carattere politico, ma che sia invece proteso ad ottenere una qualche immediata utilità lo si deduce, nella coerente ricostruzione dei giudici di merito, dall’altro elemento preso in esame, quello relativo alle ragioni del rinvio o meglio del provvisorio ritiro dell’interpellanza. Ebbene, il rinvio della discussione rivela la sua vera funzione, quella di mettere alla prova l’Annunziata, in un momento in cui stava subendo una forte pressione e il suo stesso incarico di direttore generale era messo in discussione dalla interpellanza che incombeva su di lui. E’ in questa fase che l’indagata interviene, tramite gli intermediari Casucci e Agresti, per indurre Annunziata a nominare i due medici ospedalieri, ponendo come contropartita il ritiro dell’interpellanza: scrivono efficacemente i giudici di merito che la riappacificazione con la LONARDO, che viene proposta all’Annunziata dal Casucci, può verificarsi solo “mediante un atto di obbedienza” del direttore generale, sottostando cioè all’indebita interferenza nelle sue competenze.
Si tratta di una ricostruzione in cui appaiono tutti gli elementi costitutivi del reato di concussione.
L’abuso è consistito nella strumentalizzazione da parte dell’indagata dei suoi poteri quale presidente del Consiglio della Regione Campania: in tale veste ha esercitato in maniera distorta le attribuzioni del suo ufficio, piegandone le finalità e gli obiettivi per il perseguimento di interessi particolari, estranei all’interesse pubblico, peraltro violando i principi di imparzialità e di buon andamento dell’amministrazione pubblica posti, in primo luogo, dall’art. 97 Cost. Sia la presentazione dell’interpellanza, alla quale la LONARDO ha dato il suo contributo a titolo di concorso con altre persone, sia il rinvio della discussione sono condotte caratterizzate da un evidente sviamento di potere, in quanto dirette non a verificare effettivamente la sussistenza dei requisiti per la nomina dell’Annunziata all’incarico di direttore generale, ma poste in realtà all’esclusivo fine di condizionare l’attività dello stesso Annunziata, costringendolo a nominare persone gradite al partito. Lo sviamento di potere al quale si fa riferimento prescinde dalla possibilità di inquadrare la condotta dell’agente in un atto amministrativo, così come pretenderebbe la difesa della ricorrente, in quanto la condotta abusiva non deve coincidere necessariamente né con un atto amministrativo, né con uno dei vizi tipici di esso. In questo caso, lo sviamento, inteso come uso distorto del potere, costituisce il dato sintomatico della presenza dell’abuso richiesto dalla norma incriminatrice.
Destituito di ogni fondamento è il motivo con cui la ricorrente eccepisce l’insindacabilità dell’interpellanza consiliare, invocando l’art. 122 comma 4 Cost. A questo proposito deve innanzitutto ribadirsi quanto detto in precedenza e cioè che ai fini della sussistenza del reato non assume rilievo l’atto in sé, sia esso legittimo o illegittimo, ma solo l’abuso della qualità o delle funzioni (Sez. I, 16 giugno 1986, n. 2700, A.A.). Nel delitto di concussione, l’abuso dei poteri da parte dell’agente e la conseguente induzione della vittima a dare o a promettere denaro o altra utilità prescinde totalmente dalla legittimità o meno dell’attività compiuta, in quanto il requisito oggettivo del reato può essere integrato anche attraverso un atto d’ufficio legittimo e doveroso, ma realizzato per conseguire fini illeciti, in violazione dei principi di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione (Sez. Il, 16 ottobre 2007, n. 45993, Cuccia).
In altri termini non è in questione il contenuto dell’interpellanza e, quindi, la sua sindacabilità o meno, ma la complessiva condotta dell’indagata, rivolta ad ottenere un’utilità tramite l’induzione realizzata con la presentazione dell’interpellanza. Per questi motivi, nel caso in esame, non viene in considerazione l’art. 122 comma 4 Cost., che tutela la funzione dei consiglieri regionali in relazione alle opinioni espresse e ai voti dati nell’esercizio delle loro funzioni.
10.2. - Inoltre, deve ritenersi sussistente, sempre a livello di gravità indiziaria, anche l’attività di induzione. Questa non è vincolata a forme tassative, in quanto rileva solo il comportamento del pubblico ufficiale che sia caratterizzato da un abuso dei suoi poteri che valga ad esercitare una pressione psicologica sulla vittima, convincendola della necessità di dare o promettere denaro o altra utilità, per evitare conseguenze dannose. La giurisprudenza individua l’induzione in relazione a contegni e comportamenti molteplici, quali l’esortazione, la sollecitazione, la persuasione, gli impliciti messaggi comportamentali, i silenzi: si ha induzione quando il soggetto viene posto in uno stato di soggezione psicologica, comunque creata e dipendente dall’abuso della funzione, che lo determini a dare o a promettere pur di evitare un male (tra le tante v., Sez. VI, 1 ottobre 2003, n. 49538, RG. in proc. Bertolotti).
Nella specie, i “messaggi comportamentali” sono giunti all’Annunziata da più parti: ma sia il capo di imputazione, che l’ordinanza del Tribunale individuano nell’uso distorto dell’interpellanza la condotta con cui l’indagata, in concorso con altri, ha tentato di indurre Annunziata a nominare i due medici. Sia la presentazione, che il momentaneo ritiro dell’interpellanza costituiscono, come già si è detto, l’elemento materiale della condotta contestata.
10.3. - Presente nella fattispecie concreta è anche il requisito della indebita dazione o promessa di “altra utilità”, concetto che comprende tutto ciò che può rappresentare per la persona un vantaggio oggettivamente apprezzabile. Nella specie, il vantaggio è rivolto anche a terzi, cioè ai medici - estranei all’attività abusiva posta in essere dall’indagata - e avrebbe dovuto consistere nell’assicurare la loro nomina ai posti di primariato nell’ospedale di Caserta; ma soprattutto vi è anche una utilità diretta per la LONARDO e per gli altri concorrenti nel reato, che attraverso nomine di persone di propria fiducia nel campo sanitario potevano rafforzare la presenza del loro partito nelle istituzioni pubbliche, perpetuando una politica di occupazione e di spartizione clientelare nei posti di responsabilità nelle pubbliche amministrazioni, secondo criteri di appartenenza politica e non di competenza tecnica. E’ questa l’utilità che secondo i giudici del riesame ha perseguito l’indagata e la circostanza che non si trattasse di una utilità esclusivamente personale, bensì rivolta al perseguimento di una finalità per così dire “politica” non fa venire meno il reato di concussione, per carenza dell’elemento della dazione o della promessa.
La giurisprudenza di questa Corte ritiene che in tema di concussione l’espressione “altra utilità” di cui all’art. 317 c.p. ricomprende qualsiasi bene che costituisca per il pubblico ufficiale (o per un terzo) un vantaggio, non necessariamente economico, ma comunque giuridicamente apprezzabile; tale utilità quindi può consistere in un “dare”, in un “facere”, in un vantaggio di natura patrimoniale o non patrimoniale, purché sia ritenuto rilevante dalla consuetudine o dal comune convincimento (Sez. VI, 9 gennaio 1997 n. 1894, Raimondo; Sez. VI, 11 novembre 1998, n. 3513, Plotino). Nell’ampiezza dell’accezione viene ricompreso anche il vantaggio di natura politica ed infatti si è ritenuta la concussione in un caso in cui l’agente aveva ottenuto di liberarsi di un proprio avversario politico, provocandone le dimissioni con la minaccia di farlo licenziare utilizzando la capacità d’induzione, connessa con la funzione pubblica esercitata (Sez. VI, 1 febbraio 2006, n. 21991, P.G. in proc. Plotino).
Tale tipo di utilità non coincide con il vantaggio di natura istituzionale, che esclude la sussistenza del reato in quanto la prestazione, promessa od effettuata dal soggetto passivo a seguito di induzione o costrizione da parte dell’agente, giova esclusivamente alla pubblica amministrazione e persegue esclusivamente i fini istituzionali di questa, poiché in tal caso non si determina lesione per l’oggetto giuridico del reato, costituito dal buon andamento della stessa amministrazione (Sez. VI, 25 settembre 2001 n. 45135, Riccardi; Sez. VI, 27 marzo 2003 n. 31978, Molosso).
In ogni caso, nella specie non emergono elementi per scorgere finalità istituzionali nelle condotte contestate: l’utilità che si voleva ottenere era di tipo indebito, in quanto rivolta a compromettere lo stesso oggetto del bene tutelato dalla norma incriminatrice (art. 317 c.p.), che è il regolare funzionamento della pubblica amministrazione, sotto il profilo del buon andamento e dell’imparzialità, così come prescrive l’art. 97 Cost.
10.4. - Nessun dubbio, infine, sulla configurabilità del tentativo. E’ infatti pacifico che si configuri un’ipotesi di concussione nelle forme del tentativo tutte le volte in cui il pubblico ufficiale abbia compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere o ad indurre taluno a dare o a promettere denaro o altra utilità, ma senza che si verifichi lo sperato stato di soggezione della vittima. Ciò che rileva, anche in punto di accertamento della sussistenza dei gravi indizi, è la verifica della effettiva ed oggettiva idoneità intimidatoria della condotta del pubblico funzionario, restando indifferente per la configurabilità del tentativo il conseguimento del risultato di porre in stato di soggezione o di timore il soggetto concusso (Sez. VI, 5 febbraio 1996, n. 3022, Arigliano; Sez. VI, 29 settembre 2000, n. 12047, Salvatore).
Nel caso in esame la vittima ha resistito alle pressioni esercitate nei suoi confronti dalla condotta induttiva posta in essere dal pubblico ufficiale, induzione che deve considerarsi astrattamente idonea in concreto a coartare la psiche della vittima, tenuto conto delle caratteristiche dell’azione, dell’ambiente in cui è stata posta in essere e dei soggetti che vi hanno concorso, tutti personaggi di rilievo politico, locale e nazionale.
11. - In conclusione, i motivi con cui i difensori hanno contestato la sussistenza dei gravi indizi a carico dell’indagata, in ordine al reato di cui agli artt. 110, 56, 81 cpv. e 317 c.p., devono considerarsi tutti infondati.
Di conseguenza il ricorso deve essere rigettato, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 19 giugno 2008
Il Consigliere estensore - Giorgio Fidelbo
Il Presidente - Giorgio Lattanzi
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