mercoledì 26 novembre 2025

DOCUMENTO RELATIVO ALLA LEGGE COSTITUZIONALE “NORME IN MATERIA DI ORDINAMENTO GIURISDIZIONALE E DI ISTITUZIONE DELLA CORTE DISCIPLINARE”



Pubblichiamo, perché d'interesse,  il documento dell'Associazione tra gli studiosi del processo penale. 


Il Consiglio Direttivo dell’Associazione tra gli studiosi del processo penale ritiene che la legge costituzionale recante «Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare», approvata definitivamente il 30 ottobre 2025, tenda ad una più coerente e concreta attuazione del «giusto» processo penale, così come delineato dall’art. 111 Cost. Si tratta di una valutazione di sintesi che non pretende di esprimersi su ogni aspetto della riforma e che non tocca, come si conviene alla disamina su basi scientifiche, né la questione di carattere politico riguardante lo spazio riservato alla dialettica parlamentare nel procedimento di revisione costituzionale, né le polemiche di schieramento circa gli scenari suscettibili di prodursi in un ipotetico futuro (la paventata attrazione dell’organo dell’accusa nell’orbita del governo).

Pur nella consapevolezza di opinioni non sempre convergenti, qui si coglie il contributo positivo che la riforma può produrre sulla cruciale esigenza di imparzialità del giudice, posta (non tanto tra gli altri canoni del modello, bensì) «al vertice dei valori del “giusto processo”» poiché «in sua carenza tutte le altre regole e garanzie processuali perderebbero di significato» (Corte cost., sent. n. 306 del 1997).

In questa vitale materia va riconosciuta l’evoluzione di cui si è resa prima artefice la cultura giuridico-processuale, di pari passo con il maturarsi della coscienza sociale. Se, sotto il codice d’epoca fascista, era considerato accettabile persino l’accorpamento in un’unica figura (il Pretore) della duplice funzione requirente e giudicante, visto che il pubblico ministero esercitava poteri istruttori e limitativi della libertà non dissimili da quelli attribuiti al giudice, il passaggio epocale al processo penale di stampo accusatorio ha determinato la necessità di collocare il pubblico ministero in quel ruolo di parte che «meglio si addice al processo di una moderna democrazia, dove si postula il principio di parità tra accusa e difesa» (così, alla vigilia del “nuovo” codice di rito, Corte cost., sent. n. 268 del 1986). Ebbene, la svolta codicistica del 1987-’89 rappresenta il frutto genuino – merita ricordarlo – delle intuizioni, dell’impegno e della elaborazione scientifica condotta dagli studiosi del processo penale, fin dagli anni ‘60. Tuttavia, a tale riforma mancò l’ulteriore passo, in sintonia con la rinnovata struttura processuale, volto a disgiungere il pubblico ministero dal giudice sul piano della organizzazione giudiziaria; così come sfumò, all’indomani della revisione costituzionale sul «giusto processo», l’occasione di introdurre una più rigorosa tutela della «terzietà» ordinamentale dell’organo giudicante, che pure venne preconizzata nei lavori di stesura dell’odierno art. 111 comma 2 Cost. 

Tale tutela deve mostrarsi all’altezza di un principio, quello di imparzialità, da cui dipende – si è sopra rammentato con le parole della Corte costituzionale – l’essenza stessa del «giusto» processo, tanto più quando la fisionomia di quest’ultimo sia improntata al contraddittorio nella formazione della prova.

E’ conveniente che un risultato di simile levatura non resti affidato alle sole qualità personali del giudice, alla distinzione di funzioni nella dinamica del processo tra magistrato requirente e magistrato giudicante, ai rimedi contro eventuali incompatibilità, ai limiti più o meno stretti di passaggio di un medesimo magistrato-persona dall’uno all’altro ruolo durante il proprio percorso professionale. Bisogna considerare quale importanza rivestano in questo settore le stesse apparenze, indipendentemente da ciò che è: la questione se il giudice offra garanzie sufficienti per escludere ogni legittimo dubbio presso i consociati quanto alla sua imparzialità (Corte EDU, 15 ottobre 2009, Micaleff c. Malta). Non sembra dunque trascurabile il compito di spingersi fino alla soglia più elevata possibile, consentita dagli strumenti di fonte legale (sia processuale, sia di ordinamento giudiziario), nel tentativo di rimuovere le situazioni che sono o appaiono di ostacolo ad un esercizio effettivamente neutro della giurisdizione, capace di assicurare  effettività alle garanzie della difesa, del contraddittorio, delle libertà fondamentali; di evitare cioè il rischio che il giudice inclini pregiudizialmente verso le istanze dell’accusa, le quali, sia pure di natura pubblicistica, non possono nello Stato di diritto godere di preminente favore rispetto a quelle dell’imputato presunto innocente.

Nel senso appena precisato, non sembra dubbio che il massimo risultato conseguibile all’interno di un sistema che voglia mantenere fermo l’assetto burocratico della magistratura, passi anche per la separazione della organizzazione istituzionale tra giudicanti e requirenti, così da evitare (anche solo il sospetto) che la solidarietà nascente dalla condivisione di vedute, interessi, prospettive di carriera in seno al corpo unitario, gestito da un comune organo di governo autonomo, possa far velo alla necessaria equidistanza del giudice rispetto ad entrambe le parti processuali.

Del resto, bisogna ricordare alcune tra le principali storture che la concezione unitaria della magistratura – con il corollario della pretesa “imparzialità” del pubblico ministero, condensata nell’ossimoro “parte imparziale” e, per questo, della sua sostanziale assimilazione alla figura del giudice ha storicamente concorso a determinare in ambito processuale: dal riconoscimento di pieno valore probatorio agli atti d’indagine raccolti dal magistrato inquirente, causa del fallimento della riforma processuale accusatoria (Corte cost., nn. 254 e 255 del 1992); alla pretesa che fosse soltanto quest’ultimo, nell’interesse generale, a fungere da collettore delle conoscenze a vantaggio della difesa durante la fase preliminare (teoria della “canalizzazione”, secondo Cass., 18 agosto 1992, Burrafato); sino al maggior credito tributato alla consulenza tecnica del pubblico ministero, in quanto l’esperto nominato dall’accusa è ausiliario di un organo che – si dice – svolge «attività di natura giurisdizionale» e «non è portatore di interessi di parte» (Cass., 18 febbraio 2020, Barbone).

Per questo complesso di ragioni merita adeguata considerazione l’obiettivo avuto di mira dalla legge costituzionale recentemente approvata, di distinguere dal lato ordinamentale i giudici dai magistrati destinati al ruolo di pubblico ministero e di rimodellare, di conseguenza, l’assetto del sistema di autogoverno.

Si auspica infine che, in caso di conferma tramite il referendum popolare previsto dalla Carta fondamentale, le norme di attuazione della legge costituzionale in questione regolino i percorsi di formazione (sia per l’accesso al concorso, sia permanenti) di entrambe le categorie di magistrati, in modo da consentire che patrimonio comune tanto ai giudici quanto ai pubblici ministeri, al di là dello status e della funzione distinta, sia la piena consapevolezza circa la necessità di rispettare i principi di legalità penale e processuale, risultato raggiungibile – tra l’altro – attraverso un più ampio ed effettivo
coinvolgimento della componente accademica nella pluralità dei suoi indirizzi ideali, culturali e
metodologici.

Il Direttivo dell’Associazione tra gli studiosi del processo penale G. D. Pisapia: professori Adolfo Scalfati, Sergio Lorusso, Giulio Garuti, Filippo Dinacci, Mariangela Montagna, Daniele Negri, con voto contrario del prof. Michele Caianiello.

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domenica 23 novembre 2025

Riforma costituzionale della giustizia: Alta Corte e Sezione disciplinare a confronto.




di Giuliano Castiglia
Magistrato



Il Parlamento ha approvato, in seconda lettura, il disegno di legge costituzionale della c.d. “riforma della giustizia”.

In assenza della maggioranza dei due terzi, Parlamentari pro e contro ne hanno separatamente promosso la sottoposizione a Referendum, che si terrà nei prossimi mesi.

Uno degli aspetti più criticati dagli oppositori della Riforma è l’istituzione di un nuovo organo, l’Alta Corte, alla quale viene attribuita «la giurisdizione disciplinare nei riguardi dei magistrati ordinari».

Vengono criticati, in particolare, il carattere di giudice speciale dell’Alta Corte, l’impugnabilità delle sue decisioni dinanzi a sé stessa e l’assenza di una disciplina costituzionale che assicuri la maggioranza togata nei collegi giudicanti.

Si tratta, effettivamente, di uno snodo delicatissimo dell’ordinamento giudiziario e la previsione di un giudice speciale, competente sia in primo che in secondo grado, non può non destare perplessità.

Il giudizio su una qualunque riforma, tuttavia, non può mai essere assoluto. Deve essere, invece, comparativo, mettendo a confronto l’assetto vigente con l’assetto che verrebbe fuori dalla riforma.

Il sistema disciplinare imperniato sull’Alta Corte, dunque, va confrontato col sistema attualmente vigente.

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venerdì 3 ottobre 2025

Un intervento di Andrea Mirenda al XX Congresso ordinario dell'Unione Camere Penali Italiane







Una voce dissonante sul sorteggio dei componenti del CSM, qui sotto il link ed il testo.  

Sono quotidiane le conferme dei mali del correntismo,  come la recente e feroce lottizzazione delle Commissioni del CSM, una a quel gruppo di "colti", una a quell'altro. 

Le Correnti,  centri culturali   in teoria, centri per l'impiego in pratica.

Che la spartizione continui.          





DOTT. ANDREA MIRENDA
CATANIA - CONGRESSO UCPI 27 settembre 2025

Grazie.
prima di tutto, voglio ringraziarvi per l’invito: per me è stato un momento estremamente formativo, anche sul piano personale e professionale, come magistrato. Ieri ho ascoltato discorsi, come usa dire, “alti”.  E, se mi è consentito, vorrei anche aggiungere che la vostra elaborazione culturale — quella dell’Unione delle Camere Penali — è, a mio avviso, più alta e più profonda di quella che oggi riesce a esprimere l’ANM, purtroppo arroccata in una posizione difensiva, di chiusura, di “no a tutto”: una postura che, come ha ben ricordato ieri l’onorevole Morando, ha finito per impedire quello che avrebbe potuto essere un dialogo sereno e costruttivo.

Eppure, ciò che stiamo vivendo — almeno negli ultimi anni — rappresenta una straordinaria lezione di educazione civica, assolutamente trasversale alla societa civile, che avrebbe meritato di essere raccolta e condivisa da tutti. Stiamo assistendo, difatti,  — e questo è un Vostro merito — ad una straordinaria riflessione costituzionale che attraversa tutto il Paese. Perché non riguarda soltanto noi operatori della giustizia — magistrati, avvocati, studiosi — ma coinvolge fortunatamente anche i cittadini, chiamati a interrogarsi sempre più sul significato di giusto processo, di parità delle parti,  in definitiva sul senso stesso del rito accusatorio. Argomenti che, fino a poco tempo fa, erano materia quasi “esoterica”, riservata agli addetti ai lavori.

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giovedì 19 giugno 2025

Atto finale della saga: la prepotenza ha vinto!




Le puntate precedenti: 

  





Alla fine l'hanno fatta Presidente della Corte d'appello dell'Emilia Romagna!

Come ha sottolineato un consigliere a caso, Andrea Mirenda (in foto), l'hanno messa a capo dell'organo che dà i pareri sui magistrati, il Consiglio Giudiziario; del resto è una che ha mostrato di intendersene, anche quando non  doveva (che non dovesse è scritto nella sentenza che l'ha assolta:  per il giudice disciplinare brigare è un fatto bagatellare).

Imperdibile l'accorato intervento di Andrea Mirenda a questo link  (file2/4 dal minuto 29,20)  

Nordio ha pienamente ragione quando afferma che aver cacciato Palamara non ha minimante scalfito il sistema. 

Ma allora il Governo si sbrighi ad introdurre il sorteggio del CSM,  sollevando i magistrati italiani dal cappio del correntismo.  

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lunedì 9 giugno 2025

Una decisione in Consulta



 di Nicola Saracino - Magistrato 

Per mezzo secolo una legge liberticida ha leso i diritti fondamentali dei cittadini.

Il trattamento sanitario obbligatorio, al quale si ricorre quando la persona in stato di alterazione psichica necessita di cure  che rifiuta, non poteva essere disposto senza che un giudice avesse sentito l’interessato. 

Ciò perché la costrizione implica un’ovvia compressione della libertà personale sì da suggerire l’adozione di garanzie analoghe a quelle previste per chi sia accusato di un reato o sospettato di volerne commettere o per  chi sia  in procinto di essere allontanato dal territorio italiano non avendo i requisiti per permanervi. 

Del resto, ricorda la Corte (sent. n. 76/2025), l’esame della persona è previsto nei procedimenti di interdizione, di inabilitazione ed in quelli per la nomina di un amministratore di sostegno.  

Anche l’Europa ha, infine, raccomandato il massimo rispetto per i diritti fondamentali dell’individuo. 

E ci mancherebbe. 

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domenica 8 giugno 2025

Se davvero si volesse arginare il correntismo ...




... questa la via indicata da AricoloCentoUno in una recente mozione sul tema, non farisaica.  


Il Consiglio Consultivo dei Giudici Europei (CCJE), più volte occupatosi dei rapporti tra Associazioni di giudici e Governo Autonomo della Magistratura, nel 2007 suggerisce il sorteggio come metodo di selezione dei componenti dei Consigli Superiori.

Nel parere n. 23, reso il 6 novembre 2020 - sul ruolo delle associazioni di giudici a sostegno dell’indipendenza della giustizia – il CCJE definisce i giudici “le pietre angolari degli Stati fondati sulla democrazia, lo Stato di diritto e i diritti umani”.

Il CCJE sottolinea come l’indipendenza dei singoli giudici esige “non soltanto l’esclusione di ogni influenza esterna, ma anche di quella che può essere esercitata all’interno del sistema giudiziario” al fine di “contrastare le indebite ingerenze”, allorquando “si tratti di decisioni delle autorità competenti che influiscono sulla carriera dei giudici (nomina, promozione, trasferimenti, procedure disciplinari e di valutazione, etc.)”.

Ai fini del raggiungimento dei loro obiettivi è indispensabile che le associazioni dei giudici interloquiscano con queste istanze, esercitando una doverosa funzione di controllo sulla legalità di tali procedure, giammai di condizionamento.

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giovedì 17 aprile 2025

L’ingiusto processo penale telematico.







Volentieri ospitiamo l'accorato intervento di un autorevole operatore del diritto alle prese coi primi, ed a quanto pare sguaiati, vagiti del processo penale telematico. E' comunque di buon auspicio l'invocazione finale di un "giusto processo telematico" che non suona come anacronistica avversione all'evoluzione tecnologica, purché essa sia al servizio della giustizia e non il contrario.        


di Oliviero Mazza - Professore ordinario di diritto processuale penale ed Avvocato



Il frutto più velenoso della riforma Cartabia è certamente il processo penale telematico. Dietro al fascino suadente della innovazione si nasconde in realtà un Moloch tecnologico sul cui altare sono state sacrificate le garanzie del giusto processo, anche quelle che nell’ambiente analogico tradizionale sembravano intangibili.

La porta d’ingresso in questo brave new world, in cui i diritti sono confinati in un drammatico limbo esistenziale, sono due norme processuali in bianco (art. 111-bis e 111-ter c.p.p.) che delegano al potere regolamentare (il vero Moloch tecnologico) la scrittura di un processo penale parallelo, libero da vincoli, compresi quelli costituzionali. 

L’apparente insipienza del legislatore nasconde, in realtà, la callida scelta di aggirare ogni limite e di utilizzare lo sviluppo digitale quale cavallo di troia per infettare del più cupo germe inquisitorio quello che restava dei brandelli del processo accusatorio dopo la cura efficientista.

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sabato 8 febbraio 2025

Ma ve l’immaginate un CSM di sorteggiati?


di Nicola Saracino - Magistrato 


Magistrati ai quali la sorte non darebbe la forza morale e l’autorevolezza necessaria a fronteggiare i compiti cui è chiamato un consigliere superiore. 

Perché uno dei tanti mandato lì a caso non è rappresentativo, non ha un serbatoio elettorale da ringraziare e custodire. 

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domenica 12 gennaio 2025

Elezioni del Comitato Direttivo Centrale dell'ANM del 26-27-28 gennaio 2025 - Lista ArticoloCentouno

Ospitiamo le presentazioni dei candidati (in ordine alfabetico per nome di battesimo, per scelta del sistema operativo) alle elezioni del Comitato Direttivo Centrale dell'ANM dei prossimi 26, 27 e 28 gennaio 2025 della lista ArticoloCentouno, lista che non è una corrente, dato che non aspira ad avere "rappresentanti" al Consiglio Superiore della Magistratura, e che non ha un sito internet che le consenta di presentarsi agli elettori. 

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sabato 11 gennaio 2025

La fortuna aiuta.





Pubblichiamo l'intervista de Il Dubbio ad Andrea Mirenda, consigliere superiore per caso.   



La componente togata del Csm si è compattata contro la riforma costituzionale. Tutti d’accordo, tranne uno, l’indipendente Andrea Mirenda, unico ad astenersi e ad aver già vissuto sulla propria pelle il sorteggio. Che potrebbe rappresentare una soluzione, afferma, alle degenerazioni correntizie.

Lei è l’unico togato ad essersi astenuto dal voto sul parere sulla separazione delle carriere, dichiarandosi favorevole in particolare al sorteggio come strumento per riformare il Csm. Che effetti pensa che avrà, in concreto, questo intervento legislativo?


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