di Francesco Siciliano
(Avvocato del Foro di Cosenza)
L'avvocato Siciliano fa parte dell'associazione AmmazzateciTutti, sul cui sito tiene una rubrica dal titolo "La lotta per il diritto - Il Difensore Civico dei cittadini"
Sembra che Giovanni Falcone, dopo lo smantellamento e/o normalizzazione dell'attività del "pool antimafia" di Palermo abbia pensato di promuovere quale Direttore degli Affari Penali, una Procura Nazionale Antimafia e che questo sia stato uno dei motivi della sua morte. In realtà, come in molte altre vicende italiane, lo Stato non è riuscito a dare una risposta all'interrogativo del cui prodest in merito all'uccisione di Falcone.
Quello che, tuttavia, è abbastanza certo è che la creazione di una Procura Nazionale Antimafia per Falcone non significava creare una scala gerarchica tra le Distrettuali Antimafia sparse sul territorio ma semmai la creazione di una sezione specializzata che, attraverso la conoscenza dei suoi addetti fosse più in grado di contrastare organicamente il fenomeno.
Nulla quindi di inquietante rispetto all'impegno dello Stato nella lotta alla mafia, semmai una maggiore adeguatezza dell'apparato investigativo rispetto al fenomeno mafioso certamente più difficile da indagare rispetto al singolo reato arrivato all'attenzione delle procure. Allo stesso modo, finalmente, una vittoria sul piano legislativo rispetto a molte troppe sentenze "ammazzate" in Cassazione anche a causa della mancanza di un'unicità del Giudice Istruttore.
Nell'Italia Repubblicana, quindi, un processo di unificazione e di razionalizzazione dell'attività delle Procure, seppure con specifico riferimento al fenomeno mafioso esisteva e tale precedente legislativo non aveva, ovviamente, mai immaginato di strutturare gerarchicamente l'azione penale di tale procura posto che lo scopo del legislatore era quello di maggiormente dotare l'apparato investigativo rispetto al fenomeno.
Nessun riferimento quindi a esperienze pre-repubblicane quali potevano essere considerate la legge n. 2008 del 25.11.1926: “Provvedimenti per la Difesa dello Stato” in cui si affermava soprattutto l'esclusione di ogni ricorso o altro mezzo di impugnazione, sancita nel penultimo capoverso dell'art. 7.
Ovvero per andare ancora a ritroso nell'esperienza italiana di metà ottocento al caso del Piemonte, rispetto al quale, il decreto del 1814 di Vittorio Emanuele I abrogava tutti i provvedimenti presi durante il periodo napoleonico e reintroduceva il sistema delle giurisdizioni feudali che sarà abolita soltanto nel 1822 allorché sarà introdotta una magistratura gerarchicamente centralizzata suddivisa in un ordine minore di giurisdizione locale, i giudici di mandamento, aperta ai laureati in diritto, temporanea e onoraria e una superiore strutturata secondo un criterio di cooptazione nell’ambito dell’aristocrazia e comunque di categorie di persone che potessero garantirsi ampiamente il sostentamento al di fuori dello stipendio.
Tanto nell’ordinamento napoletano che in quello piemontese dell’epoca era prevista l’inamovibilità del giudice dalla sua sede tranne che per motivi disciplinari ed in entrambi furono previsti meccanismi meritocratici e controllo ministeriale.
Nessun riferimento quindi, in quel precedente repubblicano, a una gerarchizzazione della D.D.A..
D'altra parte per come affermava lo scrittore Alfredo Panzini: “la gerarchia è una regolata subordinazione ai capi". Uno dei principi del fascismo. Titolo significativo di 'rivista' fondata da Benito Mussolini (1922) e quella del Croce, che la paragona direttamente allo “squadrismo”, vale a dire “l'insieme degli esponenti dei più alti gradi della gerarchia fascista”.
A parte considerazioni di tipo politico era impossibile che l'istituzione della Procura Nazionale Antimafia potesse creare una gerarchizzazione tra i vari magistrati posto che l'art. 107 della Costituzione Italiana stabilisce che i magistrati si distinguono tra loro soltanto per diversità di funzioni (funzione giudicante propria del giudice e funzione requirente propria del pubblico ministero).
Ciò implica che, con l'indipendenza "interna", la Magistratura dovrebbe essere priva di una organizzazione gerarchica in senso tecnico, essendo il potere giudiziario esercitato in modo "diffuso" da ciascun magistrato nell'ambito della funzione svolta.
Quindi la Costituzione Repubblicana impediva ed impedisce di creare gerarchie "interne" alla Magistratura.
Sulla base di tale dettato normativo tuttavia nella passata legislatura si sono poste norme contrarie al dettato costituzionale e sulla base di tale legge delega è stato poi compiuto il capolavoro giuridico dall'attuale governo.
E' stato invero emanato il D.Lgs 106/06 il cui art. 2 recita testualmente "Titolarità dell'azione penale":
“1. Il procuratore della Repubblica è il titolare esclusivo dell'azione penale che esercita, sotto la sua responsabilità, nei casi, nei modi e nei termini stabiliti dalla legge, personalmente ovvero delegando uno o più magistrati addetti all'ufficio. La delega può riguardare la trattazione di uno o più procedimenti ovvero il compimento di singoli atti di essi. Sono fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 70-bis del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni.
2. Con l'atto di delega per la trattazione di un procedimento, il procuratore della Repubblica può stabilire i criteri ai quali il delegato deve attenersi nell'esercizio della stessa. Se il delegato non si attiene ai principi e criteri definiti in via generale o con la delega, ovvero insorge tra il delegato ed il procuratore della Repubblica un contrasto circa le modalità di esercizio della delega, il procuratore della Repubblica può, con provvedimento motivato, revocarla; entro dieci giorni dalla comunicazione della revoca, il delegato può presentare osservazioni scritte; subito dopo la scadenza del termine il procuratore della Repubblica trasmette il provvedimento di revoca e le eventuali osservazioni al procuratore generale presso la Corte di cassazione; il provvedimento di revoca della delega e le eventuali osservazioni del delegato sono entrambi inseriti nei rispettivi fascicoli personali”.
E ancor di più si è stabilito:
“Art. 3. Prerogative del procuratore della Repubblica in materia di misure cautelari”
“1. Il fermo di indiziato di delitto disposto da un procuratore aggiunto o da un magistrato dell'ufficio deve essere assentito per iscritto dal procuratore della Repubblica ovvero dal procuratore aggiunto o dal magistrato appositamente delegati ai sensi dell'articolo 1, comma 4. 2. L'assenso scritto del procuratore della Repubblica, ovvero del procuratore aggiunto o del magistrato appositamente delegati ai sensi dell'articolo 1, comma 4, è necessario anche per la richiesta di misure cautelari personali e per la richiesta di misure cautelari reali”.
Per effetto di tali norme è svanita quindi ogni valutazione da parte dei sostituti Procuratori della Repubblica i quali non sono più titolari dell'azione penale ma semplici delegati del Procuratore della Repubblica che controlla e dirige il loro operato potendo non dare assenso scritto a richieste di misure cautelari e reali.
In altri termini nessun sostituto procuratore della Repubblica può, con valutazione autonoma, richiedere misure cautelari reali o personali dovendo tali misure essere necessariamente controfirmate (rectius: assentite) dal Procuratore della Repubblica o dal Procuratore Aggiunto.
Vi chiederete cosa importa ad una associazione antimafia questo problema.
La risposta è veramente molto semplice: in un paese in cui è diffusa la convinzione della possibile impunità dai reati per effetto del difficile funzionamento della giustizia penale (per non parlare dei problemi di quella civile o amministrativa) a cui consegue un atteggiamento di diffuso scoramento delle forze dell'ordine sempre più imbrigliate nella repressione dei reati era da considerarsi veramente utile ai fini del funzionamento della giustizia la gerarchizzazione delle procure?
E' accettabile in uno stato di diritto che una norma che contrasta con l'art. 107 Cost. sia entrata in vigore e abbia anche trovato concreta e pratica applicazione? Ma soprattutto la norma in questione trova applicazione anche con riferimento alle Procure Antimafia?
"La lotta alla mafia non può fermarsi a una sola stanza, la lotta alla mafia deve coinvolgere l’intero palazzo. All’opera del muratore deve affiancarsi quella dell’ingegnere. Se pulisci una stanza non puoi ignorare che altre stanze possono essere sporche, che magari l’ascensore non funziona, che non ci sono le scale …. Io vado a Roma per contribuire a costruire il palazzo” (Giovanni Falcone, da La Repubblica, 1 marzo 1991)
19 commenti:
http://www.golemindispensabile.ilsole24ore.com/index.php?_idnodo=11545
vi segnalo questo articolo di Gherardo Colombo ricco di riflessioni e interrogativi su cui meditare.
Un saluto a tutti...
...e mi raccomando, andiamo alla manifestazione il 16 e/o 17, partecipiamo, iniziamo a contarci e conoscerci,
facciamoci vedere
...e sentire! :-)
Caro avvocato Siciliano,
ben trovato anche in questo sito.
A prescindere che io mi sento un intruso, sia in questo come in quello dove Lei fornisce pareri giuridici.
Il mio navigare dipende dalla necessità di trovare un pò di consolazione attraverso gli addetti ai lavori. Infatti, non accetterò mai di essere dichiarato mafioso: vorrei capire in termini semplici come sia possibile finire in carcere sulla base delle dichiarazioni di soggetti sconosciuti che tra l'altro non riferiscono nulla di concreto. E come sia possibile ancora che a distanza di quindici anni la giustizia non sia riuscita a terminare l'iter processuale. Dopo di ciò, visto che Lei fa parte di una associazine antimafia, vorrei anche capire se ritenete, voi come associazione, che ci possano essere e quanti di questi casi d'ingiustizia e se intendete sempre come associazione denunciarli.
Grazie e mi perdoni se chiedo molto.
bartoloiamonte@libero.it
Complimenti vivissimi per l'articolo, puntuale, equilibrato, chiaro e preciso come non mai.
Complimentoni anche al blog, a come è fatto e soprattutto agli argomenti trattati. Li tratto anch'io da profano e mi si è allargato il cuore vedendo che gente molto più preparata di me la pensi allo stesso modo su certi temi scottanti della giustizia.
Ho riportato per intero questo interessantissimo post sul mio blog http://trailrealeelimmaginario.typepad.com/
Grazie ancora e buon lavoro!!
L'alex del commento appena fatto per la cronaca è Alessandro Lunetta e vive ad un passo da Roma (Fonte Nuova). Un saluto a tutti!
Permettemi, giudici e avvocati, di segnalarvi un problema "tecnico" che forse vi sfugge, ma che ricorre sovente su queste pagine: SCRIVETE LETTERE TROPPO LUNGHE !
La gente comune non è abituata alla "bizantina" lunghezza delle vostre pur pregevoli missive.
Mi rendo che non è facile, specie per chi non è mai stato abituato alla sintesi, ma dovete "tagliare" gli scritti rindondanti, per andare subito al nocciolo del problema.
Non pretendo che vi limitiate a scrivere soltanto: "Guilty" o "Not Guilty", come scrivono i giudici anglosassoni su molte delle loro decisioni (per le quali NON ESISTE L'OBBLIGO DI MOTIVAZIONE), ma almeno siate più sintetici !
Grazie.
Per Anonimo delle 18.18
Gentile Lettore,
quello che Lei pone è un problema reale: la lunghezza degli scritti che pubblichiamo qui.
Questa caratteristica del nostro "prodotto" lo rende difficile da "vendere" e la cosa ci preoccupa.
Ma la questione non è semplice.
Per un verso, infatti, Le siamo sinceramente grati per il Suo suggerimento, perchè è di questo che abbiamo bisogno per essere migliori: che i lettori ci dicano cosa non piace loro, così che noi possiamo impegnarci a migliorare.
Per altro verso, però, accade che ci occupiamo qui di cose oggettivamente complesse e quello che a Lei appare come "lungo" è, in realtà, rispetto alla complessità dei problemi, già molto sintetico.
La questione, dunque, sembra porsi nei termini seguenti.
Per un verso, è possibile che i nostri scritti siano più lunghi del necessario. Se così fosse, ciò sarebbe certamente un loro difetto e dovremmo fare uno sforzo ulteriore per ridurne la lunghezza.
Ma, per altro verso, è possibile, invece, che la lunghezza degli scritti sia necessaria per affrontare in maniera adeguata problemi complessi.
In questo caso, non dovremmo ridurli.
Se questa fosse l'ipotesi, si imporrebbero le seguenti considerazioni.
Nel nostro Paese molte persone non vogliono hanno la pazienza di faticare "in proprio" con la mente.
Vogliono "soluzioni semplici".
Ciò spiega come molti giornali e molte trasmissioni televisive offrano sostanzialmente solo slogan e come tutto si riduca a semplificazioni abberranti: destra/sinistra, giustizialisti/garantisti, pro o contro i rumeni, eccetera.
Molti lettori comprano giornali che non spiegano proprio nulla, ma si limitano a insultare "a prescindere" questo o quello e a proporre slogan ottusi e semplicistici: "arrestiamoli tutti", "buttiamoli fuori tutti", "il governo fa schifo", "il governo è fantastico".
Anche molti blog sono così. Si rivolgono a lettori che, a seconda delle loro "posizioni", vogliono che un blog sia "solo" pro o contro De Magistris, pro o contro i giudici, eccetera e, saputo questo, sono contenti e gli basta.
A noi, sommessamente, pare che ciò non sia buono, perchè a noi sembra che non serva "schierarsi", contare chi è "pro" e chi è "contro", ma "impegnarsi", fare la fatica di "capire meglio", "partecipare costruttivamente e consapevolmente", potere scegliere.
Tutto questo, ovviamente, richiede discutere e argomentare. Scambiarsi idee e non solgan o, peggio, insulti.
Pensiamo anche che, purtroppo, non ci siano soluzioni semplici per problemi complessi.
Tutto ciò posto, sicuramente dobbiamo fare uno sforzo di ulteriore sintesi.
Intanto, rinnoviamo a Lei gratitudine per il suggerimento che ci dà e chiediamo a Lei e a tutti di dirci la Vostra opinione con riferimento alle considerazioni appena svolte, dandoci ulteriori suggerimenti.
Un caro saluto.
La Redazione
La Redazione: non sarebbe stato meglio dire "anomimo, nun ce ne fotte una m.....a della lunghezza, a noi interessa la sostanza"?? :D
Comunque per me va benissimo così: preferisco leggere di più e capire meglio (per fortuna, o purtroppo, non sono un giurista ma solo un appassionato).
Continuate così.
Sono sempre io. Mi scuso per il doppio (ora triplo) post, non mi ero accorto che c'era la moderazione.
Carissimo Lettore Anonimo,
intanto grazie davvero per la Sua pazienza e per la simpatia del Suo intervento che ci toglie dall'imbarazzo che avevamo di potere essere stati "infelici" nella risposta e di averle potuto fare torto.
Grazie davvero del Suo proseguire il confronto e la conversazione con noi.
Il problema è che noi, davvero, ci creda, non pensiamo: "Non ce ne importa un tubo :-) della questione della lunghezza ...".
Noi pensiamo, invece: "Porca miseria, questa cosa della lunghezza è un problema, ma come si fa a stringere ancora di più".
Avvertiamo il problema come un problema, ma, per un verso, abbiamo paura che se continuiamo con la lunghezza perdiamo alcuni lettori, ma, per altro verso, temiamo che se riduciamo la lunghezza, finisca tutto a semplici proclami: "quello è bravo", "quell'altro fa schifo", "ah, se ci lasciassero fare a noi", ecc..
Insomma "abbiamo un problema" e cerchiamo la soluzione migliore, che ovviamente non è facile da individuare.
Consideri anche, a nostra discolpa, che la lunghezza è una fatica anche per chi scrive.
Comunque, grazie davvero della Sua pazienza, della Sua presenza e della Sua simpatia (la Sua risposta è proprio spassosa e arguta).
Un caro saluto.
La Redazione
Sono l'anonimo delle 18.08.
Grazie a voi della Redazione per la risposta.
Tuttavia, vi prego, non prendete come assioma che non esistano soluzioni semplici a problemi complessi.
E' vero piuttosto il contrario: le soluzioni sono sempre semplici, il difficile è raggiungerle. Se qualcuno di voi ha reminescenza della matematica del Liceo, converrà senz'altro con me !
Buon lavoro a tutti voi.
P.S. all'anonimo delle 22.57 suggerisco di imparare, prima di tutto, ad esprimersi in termini non volgari. Non è mai troppo tardi ... vedrà che ne trarrà giovamento, oltre al suo stile, anche la sua capacità di comprensione, mi creda sulla parola.
C'è stato un malinteso! Io sono l'anonimo delle 22.57.
L'anonimo che chiedeva sinteticità è un altro.
dgssr
Cari amici Lettori,
restare anonimi ha certamente degli inconvenienti.
Quello che vediamo qui è uno di quelli.
Comunque, grazie della Vostra presenza (anche anonima), che consideriamo preziosa per la vita del blog.
Condividiamo pienamente l'affermazione che la volgarità è quasi sempre una "scorciatoia" che dà l'illusione di una maggiore efficacia, ma che in realtà toglie decisamente qualcosa (a volte molto) alla qualità del discorso.
Ma è anche vero che a volte un "motto", ci può stare ed è efficace.
Quanto alla questione delle soluzioni semplici, il problema è che la vita non è come la matematica.
Una volta, io che oggi scrivo per la Redazione, ho assistito a una interessantissima comferenza di un fisico, che spiegava che della oscillazione di un pendolo si conosce la formula e se ne può descrivere ogni particolare, ma che, se nel braccio oscillante di un pendolo se ne innesta un altro che oscilla a sua volta, la "macchina" assume una complessità tale da essere IMPOSSIBILE prevederne il movimento.
E la vita, ovviamente, è estremamente più complessa di due pendoli che oscillano insieme.
Qualche tempo fa ho comprato un libro sul cardiofitness per capire come era meglio fare della ginnastica un giorno si e un giorno no. Le assicuro, amico Lettore, che la questione è così complessa che ancora, dopo le 130 pagine del libro, non riesco davvero a decidere se sia meglio o no superare la mezz'ora, trasformando l'esercizio da aerobico in anaerobico.
Un caro saluto.
La Redazione
io come autore dell'articolo vorrei per prima cosa ringraziare la redazione dell'attenzione e della pubblicazione e dire all'anonimo che ha censurato la lunghezza dell'articolo che noi, piccoli operatori del diritto, abbiamo imparato a leggere libri di centinaia di pagine su un articolo del codice per cui mi apsetto che qualche tecnico dica che, invece, l'intervento più che essere giuridico è "giornalistico" (definzione spesso usata per indicare l'atecnicità del commento). Mi creda caro anonimo su questo problema dovrebbero veramente scriversi fiumi di parole cosa che i mezzi di nformazione non hanno fatto anche per fare in modo che i lettori di qualsiasi tipo possano capire il vero problema: eserciti di politici ieri giuristi indignati dell'attaco all'indipendenza della magistratura oggi legislatori di norme che da un lato ci fanno ritornare indietro negli anni e dall'atro - credo che qualche giurista difensore della funzione giudiziaria appartenente in posizione di rilievo all'attuale maggioranza parlamentare ne sia consapevole - sono in contrasto con la Costituzione. Il mio tentativo - evitando di essere definito incolto - è proprio quello di manifestare la delusione non verso che ha sempre avversato l'indipendenza della magistratura ma verso quelli che hanno caratterizzato la loro azione giudiziaria e dottrinaria proprio in difesa di tale indipendenza.
Siamo noi a essere sinceramente grati a Francesco Siciliano per la Sua presenza qui e ad auspicare che la Sua partecipazione al nostro dibattito prosegua nel tempo.
La Redazione
Caro Avvocato Siciliano,
Mi creda se Le dico che la tendenza in atto negli ultimi anni è quella di accrescere sempre di più il numero di parole contenuto nei libri di testo e nei saggi giuridici, a discapito della loro comprensione.
Provi a prendere un manuale di diritto processuale civile di trenta-quarant'anni fa e lo ponga a confronto con uno dei tomi di oggi.
Guardi anche lo stile con il quale sono scritti entrambi: è la miglior testimonianza della povertà delle nostre scuole da un lato, dall'altro della proliferazione delle cattedre, tipica del nostro paese.
Non è facile essere chiari. E' più facile scrivere tanto senza dire niente, o poco più. Non è il Suo caso, ma quello di molti interventi-fiume che ho letto sinora, anche se posso capire che forse gli stessi sono mirati ad evitare querele per diffamazione aggravata, e per questo si limitano a "girare attorno" ai problemi.
D'altra parte, occorre valutare anche il mezzo che si sta usando: questo non è un libro, un saggio o una monografia, ma una raccolta di articoli su internet. Di conseguenza, è necessario adattare gli scritti al mezzo usato e ai loro potenziali destinatari.
Certo, se si prendono ad esempio i tomi e gli incartamenti di un processo "all'italiana" il risultato sarà sempre l'opposto della sinteticità. Ma questa è un' altra caratteristica del bizantino Ottocento giudiziario al quale sta progressivamente tornando il nostro ordinamento, con la "o" minuscola, e non a caso.
Cordiali saluti.
Per Anonimo delle 12.29
Gentile Lettore,
grazie davvero del Suo prezioso contributo.
Io mi trovo totalmente d'accordo con Lei sulla "qualità" dei testi giuridici e, aggiungo, anche di moltissime sentenze.
Aggiungo, a ulteriore sostegno di quanto da Lei scritto, che in molti scritti giuridici (ma non solo) noto anche una grande povertà di contenuti teoretici. Sono sempre più frequenti gli scritti meramente "compilativi" e teroreticamente molto approssimativi.
Consideri, però, le seguenti circostanze.
Per un verso la sintesi, proprio perchè, come fondatamente scrive Lei, è "qualità".
E se è vero che chi scrive su un blog dovrebbe fare in modo di rendere più "leggibili" i suoi scritti è anche vero che scrivere qui non è una "professione" e lo si fa sottraendo (non poco) tempo al lavoro e alla vita privata.
Per raggiungere il risultato che Lei auspica, bisognerebbe lavorare giorni interi alla stesura di un testo.
Mentre chi scrive qui ha tre esigenze: farlo in fretta, cercare di evitare che sorgano equivoci e (come giustamente dice Lei) evitare una querela. Questo induce a scrivere "di getto", in maniera "alluvionale", facendo tante precisazioni e ricorrendo a molte circonlocuzioni.
Infine, consideri che (purtroppo o per fortuna) ciò che si scrive su un blog ha una "vita" relativamente breve e ha uno scopo abbastanza circostanziale.
Non si può pretendere che chi lo scrive lo tratti come gli scritti di procedura civile di Enrico Allorio.
E una cosa simile accade con le sentenze.
Ogni volta che scrivo una sentenza sono lacerato tra il desiderio di scriverla meglio, in maniera più adeguata, più chiara, più convincente, più documentata e l'esigenza di scrivere un numero di sentenze che è veramente alto in relazione alle energie mentali e materiali di un solo magistrato. Sicché le semplificazioni, il "copia incolla", la lunghezza figlia del "dove c'è il più c'è il meno" sono purtroppo in agguato.
Non si possono pretendere insieme una produzione elevata quantitativamente e una qualità eccelsa. La fatica (e l'umiliazione) quotidiana è quella della ricerca di un difficilissimo punto di equilibrio.
Un caro saluto.
Felice Lima
caro anonimo, capisco che questo mezzo non è una monografia ( e mi creda so già a priori che la definzione di molte "dottrine" sarà appunto quella di scarso pregio)tuttavia La invito a leggere molti post, non ultimo quello del dott. Rachieli sul ne vale la pena in cui probabilmente troverà espresso un messaggio così accreditante per il quale altri - purtroppo con direzioni non dello stesso tenore - hanno pensato di dovere costruire mostri di formazione ed "informazione" di massa al fine di accreditare il proprio messaggio. La prego quindi non valuti le riflessioni in funzione del mezzo a disposizione a soprattutto, visto che sembra volere alludere ad una preparazione specifica non definisca l'opera della dottrina giuridica italiana "bizantinismi" perchè altri sistemi giuridici più diretti e sostanziali non hanno prodotto nulla di eccezionale in termini di giustizia sociel.
Caro Avvocato,
Distinguerei tra l'opera della dottrina giuridica italiana di mezzo secolo fa, che faceva scuola a tutti i sistemi romano-germanici, e l'opera della "dottrina" giuridica italiana di adesso...il paragone è, con qualche rara eccezione, semplicemente impietoso !
Provi a immaginare perché...
Cordiali saluti.
caro anonimo non volevo aprire un ulteriore fronte pena la definizione di disfattista ma la verità è proprio quella da te riferita. Esisteva la dottrina giuridica, oggi esiste una produzione compilativa proveniente da cattedre universitarie probabilmente assegnate con la medesima logica che caratterizza la vita "democratica" di questo paese. E' proprio vero quando si decide di lottare qualcosa ( leggi fenomeni degenarativi in genere) non ci si può limitare al primo piano di un edificio o pensare (rectius: scegliere) che basta rifare appunto il primo piano e la facciata
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