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di Felice Lima
(Giudice del Tribunale di Catania)
da Micromega n. 4/2008
L’appropriazione indebita dei meriti
Cosa fa la magistratura associata con i magistrati integerrimi e coraggiosi quando questi vengono assassinati si sa benissimo: si appropria dei loro meriti, dando luogo all’abuso per il quale quando qualcuno si permette di chiedere conto “alla Magistratura” di qualcosa di cui debba vergognarsi, essa invoca la memoria dei suoi martiri, dicendo che “la Magistratura ha pagato a caro prezzo il suo eroismo”.
Ma non è la verità, perché non è “la Magistratura” ad essere o essere stata “eroica” e men che meno ad aver pagato prezzo alcuno per nulla; a farlo sono stati alcuni singoli magistrati, che prima di essere assassinati erano stati clamorosamente e rumorosamente isolati dai loro colleghi. Per tutti, basti citare qui le vicende del Procuratore di Palermo Gaetano Costa, lasciato solo a firmare dei fermi particolarmente “impegnativi”, e del Consigliere Istruttore Rocco Chinnici, che lasciò un diario con le prove del suo isolamento da parte dei vertici degli uffici giudiziari di Palermo. Ma certo è significativa anche la storia del Sostituto Procuratore Giangiacomo Ciaccio Montalto: all’indomani del suo assassinio un collega del suo stesso ufficio è stato arrestato perché a casa gli sono stati trovati un’arma con la matricola abrasa e un mucchio di soldi incartati in un giornale. E il Procuratore Capo, vi chiederete? Promosso Presidente di Sezione in Cassazione! E in Cassazione, come Sostituto Procuratore Generale, è andato anche il Procuratore di Palermo Giammanco, che faceva fare anticamera a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Dunque, si sa benissimo cosa fa “la Magistratura” con i magistrati integerrimi DOPO che sono morti.
Non sempre si riflette su cosa aveva fatto prima dell’omicidio e su cosa fa quando l’omicidio non accade.
La vicenda di Luigi De Magistris è un occasione per riflettere su questo.
La persecuzione disciplinare
Ho già esposto analiticamente proprio qui, su Micromega (nel numero 2/2008), le ragioni per le quali la sentenza disciplinare che ha condannato Luigi De Magistris e che contiene tutti gli addebiti che sono riusciti a immaginare a suo carico non convince per nulla e appare tecnicamente infondata.
Una sentenza, per di più, emessa al termine di un processo dall’esito preannunziato (il Consigliere del C.S.M. Letizia Vacca che annuncia trionfalmente alla stampa che Luigi De Magistris è «un cattivo magistrato» e «va colpito» (!?)) e dalle dinamiche peculiari (sorprendente rapidità del tutto; rifiuto di attendere l’esito delle indagini in corso a Salerno, ben note allo stesso C.S.M. per averne acquisito alcuni atti; il Vicepresidente Mancino che rivela il segreto della camera di consiglio, informando la stampa che la decisione è stata presa all’unanimità).
La richiesta di archiviazione di Salerno
Su tutto questo interviene adesso la Procura di Salerno che chiede l’archiviazione delle accuse a carico di Luigi De Magistris con un provvedimento di poco meno di mille pagine che, analizzando minutamente ogni cosa, non lascia scampo a chi aveva giocato tutto sul frastuono e le invettive.
Da quel provvedimento emerge fra l’altro che:
1) Il contesto ambientale nel quale Luigi de Magistris ha svolto per anni la propria attività di P.M. era oltremodo “difficile”, caratterizzato da pesanti intrecci tra magistrati di punta degli uffici calabresi (ivi compresi gli stessi vertici degli uffici requirenti di Catanzaro) e persone sottoposte ad indagini da parte dello stesso Luigi (ivi compresi altri magistrati, soprattutto lucani).
2) Da quel medesimo contesto è scaturita una vasta, articolata e provata (sì, provata!) attività di aggressione e delegittimazione di De Magistris e del suo operato, attuata con denunce ed esposti diretti non solo alla Procura di Salerno, non solo agli organi disciplinari, ma a chiunque, ivi comprese le più alte cariche dello Stato (è davvero impressionante la lettura, nel primo capitolo della richiesta di archiviazione, della quantità di esposti, denunce, interrogazioni, querele etc. che hanno investito il collega in un arco di tempo relativamente breve).
3) In tale contesto, De Magistris si è trovato nella singolare condizione di non poter fare affidamento – all’infuori della P.G. che lo coadiuvava nelle indagini – praticamente su nessuno, stanti gli acclarati rapporti dei suoi superiori gerarchici con soggetti sottoposti a indagini, “colorati” da episodi forse interpretabili anche come interferenze nelle indagini stesse.
4) Sotto tale profilo, il provvedimento dei P.M. salernitani contiene un passaggio significativo che lascia intendere che la storia non è finita e potrebbero esserci ulteriori sviluppi (solo pochi giorni fa i giornali hanno dato conto dell’iscrizione nel registro degli indagati del dr Dolcino Favi, autore dell’avocazione che un autorevole collega ha definito “impensabile”).
5) Tutto ciò premesso, pur nella condizione di delegittimazione e isolamento in cui ha operato, non è emerso che Luigi De Magistris si sia reso responsabile non solo e non tanto dei reati a lui addebitati, ma neanche di mere “irregolarità” o violazioni di norme processuali o deontologiche: insomma, il giudizio complessivo sul suo comportamento è di estrema correttezza e scrupolosità.
6) Sul punto i P.M. di Salerno hanno approfondito alcune delle vicende per le quali Luigi è stato condannato in sede disciplinare, evidenziando come quel giudizio fosse in realtà fondato non su una valutazione parametrata al rispetto delle regole processuali e ordinamentali, ma piuttosto su una generica (nonché a volte pregiudiziale e apodittica) valutazione negativa proprio del merito della sua attività giurisdizionale, in contrasto con uno dei capisaldi teorici in tema di limiti al sindacato disciplinare sull’attività dei magistrati.
7) Ancora, con riferimento ad alcune vicende particolarmente sbandierate da “media” e commentatori con la litania sui “cattivi magistrati” (mi riferisco alla nota vicenda dei fermi non convalidati o a quella ancor più famosa della perquisizione asseritamente “ipermotivata”, ma gli esempi possono moltiplicarsi), si è sottolineato, talora anche con l’autorevole avallo della Cassazione, come grossolani errori e macroscopiche illegittimità, semmai, si rinvengono negli atti posti in essere da quei magistrati che in alcuni casi hanno sconfessato le ipotesi investigative e gli atti di Luigi (ma di questi nessuno ha detto se sono “buoni” o “cattivi magistrati” …).
8) Anche quanto alle famose “fughe di notizie”, non solo è stata ribadita l’estraneità ad esse di De Magistris (ma ciò era già riconosciuto dallo stesso C.S.M.), ma ne è stato correttamente sottolineato il carattere di oggettivo pregiudizio alle indagini da lui svolte, specie quando intervenivano in momenti “caldi” dell’attività investigativa: con buona pace, anche in questo caso, di chi ha accusato Luigi di “protagonismo”.
9) Sono emersi contatti quanto meno ineleganti tra persone sottoposte a indagini da parte di Luigi e magistrati del C.S.M., ivi compreso forse anche l’estensore della sentenza di condanna emessa nei confronti dello stesso Luigi.
10) Alla luce di tutto ciò, si sarebbe tentati di attribuire un significato sinistro alla fretta con cui il C.S.M. ha voluto aprire e chiudere il giudizio disciplinare a carico di Luigi De Magistris, comprimendone gli spazi di difesa al punto da non voler neanche attendere questi pochi mesi, che oggi avrebbero consentito un giudizio più completo, che tenesse conto delle circostanze sopra indicate (peraltro ben note al C.S.M., essendo state rappresentate sia da Luigi che dai magistrati di Salerno, auditi nel corso del processo disciplinare e le cui dichiarazioni il P.G. D’Ambrosio, di cui dirò più avanti, ha cercato di non fare ammettere agli atti).
Ho tratto questa sintesi del provvedimento di Salerno da una mail del collega Raffaele Greco che si concludeva con un interrogativo: perché – scriveva su una mailing list di magistrati – oggi, mentre è in corso il congresso dell’A.N.M. e mentre si torna a discutere delle criticità del nuovo ordinamento giudiziario, specie con riguardo all’assetto delle Procure, solo pochissimi magistrati (che si contano sulle dita di una mano) si sentono di intervenire in maniera chiara su questa vicenda?
L’interrogativo non ha avuto NESSUNA RISPOSTA.
Il cancro che consuma la magistratura dall’interno
Alla ineludibile domanda sul perché la magistratura associata tutta taccia sul “caso De Magistris”, sopportando l’enorme prezzo che ciò le fa pagare in termini di totale discredito interno (presso i magistrati della “base”) ed esterno (presso l’opinione pubblica), la risposta è che vi è costretta.
L’A.N.M., le sue correnti, i maggiorenti del potere interno alla magistratura non possono parlare, perché troppi legami con gli ambienti – ancora una volta interni ed esterni al “caso” – glielo impediscono.
Si va al Consiglio Superiore della Magistratura mediante elezioni. Il consenso elettorale è gestito da gruppi – detti “correnti” – che rappresentavano molti anni fa aree culturali e ideologiche e si sono ridotti oggi quasi esclusivamente a collettori di voti.
Le correnti legittimano se stesse agli occhi dell’opinione pubblica mantenendo in vita – con un autentico accanimento terapeutico – l’Associazione Nazionale Magistrati, che oggi ormai non è altro che un involucro che serve solo a dare copertura alle correnti, unica realtà esistente.
L’A.N.M. è talmente cannibalizzata dalle correnti che da anni qualunque sia l’esito delle elezioni interne per i suoi organi direttivi, le correnti si spartiscono con un numero uguale di seggi la sua Giunta Esecutiva Centrale.
Con l’alibi dell’“unità associativa”, infatti, per moltissimi anni l’A.N.M. è stata governata da giunte unitarie, nelle quali ciascuna corrente aveva lo stesso numero di componenti indipendentemente dai voti ottenuti dalla base. In sostanza, le elezioni erano “per finta”.
La giunta attualmente in carica costituisce una novità, ma una novità “zoppa”: la Giunta dell’A.N.M., infatti, per la prima volta dopo molti anni non è unitaria, ma è comunque composta alla pari da tre correnti su quattro.
La circostanza che alle ultime elezioni del C.D.C. due delle quattro correnti abbiano subito una flessione di voti del 24% è rimasta sostanzialmente irrilevante e le due correnti in questione compongono ugualmente con lo stesso numero di componenti la Giunta.
Le correnti designano i candidati al C.S.M. e ne ottengono l’elezione.
Accade nella magistratura una cosa assai simile a ciò che accade in Parlamento: gli eletti più che eletti sono “designati”.
La programmazione del consenso, anche con appositi cartelli elettorali fra distretti, e la gestione delle liste elettorali è tale che le correnti offrono al voto un numero di candidati molto vicino a quello che pronosticano di potere fare eleggere e veicolano il consenso nel modo per loro più utile.
Gli eletti al C.S.M. sono poi talmente legati al gruppo che li ha fatti eleggere che:
- ormai nel C.S.M. non ci sono il Consigliere Tizio e il Consigliere Caio, ma, paradossalmente, scimmiottando il Parlamento, i “gruppi consiliari”;
- ormai i resoconti del Consiglio sono scritti con riferimento ai gruppi correntizi e non ai singoli consiglieri: “E’ stata approvata la tal delibera: ha votato a favore MD e contro Unicost”.
Per mantenere e incrementare il consenso della base ciascuna corrente “sponsorizza” i propri soci in tutti i concorsi interni, dai più rilevanti ai meno.
Così che quasi l’intero organigramma della magistratura risulta lottizzato correntiziamente.
Alcuni casi clamorosi
Perché le mie non sembrino accuse gratuite, citerò alcuni clamorosi casi recenti.
Il TAR Lazio, con la sentenza n. 3526 del 2008, ha annullato la delibera con la quale sono stati coperti 23 posti al Massimario della Corte di Cassazione (ufficio assai importante per molte ragioni), denunciando come essa fosse affetta da eccesso di potere, sviamento di potere, travisamento dei fatti, illogicità della motivazione.
In un intervento che si può leggere anche su internet, il Presidente della commissione del C.S.M., Mario Fresa, ha scritto fra l’altro: «Il monito proveniente dal Capo dello Stato, seguito con convinzione dall’ex Vicepresidente del CSM Rognoni e poi dal neo eletto Vicepresidente Mancino, secondo cui ancora oggi esiste un forte potere delle correnti dell’ANM che condiziona e rallenta le scelte consiliari per piegarle agli interessi localistici e dei gruppi organizzati, va pertanto condiviso in quanto espressione di un disagio dell’opinione pubblica e dello stesso corpus della magistratura».
E proprio con riferimento al concorso per il Massimario, ha aggiunto: «Invero, quando ho iniziato a leggere gli atti del procedimento, ho verificato che i fascicoli di più della metà degli aspiranti non erano ancora stati esaminati (…). Poiché le voci che giungevano negli uffici giudiziari riguardavano scontri su possibili nomi, è parso evidente che le divisioni riguardavano schieramenti precostituiti, a prescindere dall’esame dei profili professionali in forza dei quali quelle scelte dovevano essere effettuate. Il metodo operativo che veniva seguito (che non rappresentava una novità, attesa la mia pregressa conoscenza degli “interna corporis”) era quello della spartizione correntizia».
Nel luglio 2007 sono stati coperti nove posti alla Procura Generale della Cassazione e ben sei dei nove erano consiglieri uscenti del C.S.M. (divisi per correnti), la cui vittoria nel concorso è stata ottenuta con un metodo talmente increscioso che uno dei designati – il consigliere Francesco Menditto di MD – ha ritenuto deontologicamente doveroso non accettare quella nomina.
Altro caso particolarmente scandaloso, la designazione – in palese violazione di una legge che lo vietava espressamente – di un consigliere uscente del C.S.M. a Presidente di Sezione della Corte di Appello di Genova.
Il TAR ha annullato anche questa delibera, sottolineando l’evidente violazione di legge. Il C.S.M., sorprendentemente, pur di “non darla vinta” al magistrato danneggiato dalla delibera illegittima, non ha ottemperato alla decisione del TAR impugnandola dinanzi al Consiglio di Stato, che, ovviamente, ha respinto il ricorso con ulteriore perdita di prestigio e credibilità dell’organo di autogoverno, più incline (almeno in questo caso) a difendere interessi correntizi invece che la legge.
Nei giorni scorsi tre componenti uscenti del Comitato scientifico per la formazione dei magistrati sono stati rimpiazzati al termine del loro mandato. Erano uno di MD, uno di MI e uno di Unicost. I loro rimpiazzi sono, guarda caso, uno di MD, uno di MI e uno di Unicost.
Dunque, per quanto appaia paradossale, anche il “Comitato scientifico” è lottizzato.
In un contesto come questo, non stupisce che una delle telefonate intercettate riportate nella richiesta di archiviazione della Procura di Salerno sia quella fra uno dei magistrati inquisiti da De Magistris e un consigliere del C.S.M. al quale ella dà indicazioni e pone condizioni.
Il magistrato in questione – la dr Felicia Genovese – è stata poi, comunque, trasferita dalla Sezione Disciplinare del C.S.M..
Poiché è stata trasferita al Tribunale di Roma, sede ambitissima, alla quale moltissimi magistrati chiedono infruttuosamente di potere andare, un collega giorni fa, su una mailing list di magistrati, osservava sarcasticamente come la via più breve per un posto ambito possa essere anche farcisi trasferire punitivamente dal C.S.M..
Relazioni pericolose
In un contesto come questo, le “relazioni” interne fra capi degli uffici nominati correntiziamente e “grandi elettori” delle varie correnti e i vertici dell’A.N.M. e del C.S.M. sono talmente intrecciate e complesse da esservi troppe persone che possono esigere coperture o almeno neutralità.
E vi è poi il vastissimo capitolo delle “relazioni esterne”.
Il potere politico “interloquisce” con i vertici delle correnti.
Meno di ventiquattro ore dopo la sua nomina il Ministro Mastella ha incontrato i capi di tutte le correnti e ventiquattro ore dopo quell’incontro ha coperto i più importanti uffici apicali del suo ministero guarda caso con magistrati dai consolidati e risalenti legami alle correnti incontrate il giorno prima.
Capo dipartimento dell’organizzazione giudiziaria è divenuto addirittura un magistrato che fino a poco tempo prima era il Segretario generale di Magistratura Democratica.
I radicali hanno denunciato questa cosa, definendola suggestivamente come il progetto della “Pax Mastelliana”.
Quando ho invitato i miei colleghi a discutere di questa cosa, un magistrato che oggi ricopre una delle cariche di vertice dell’A.N.M. mi ha espressamente minacciato di querela, sostenendo che la sua corrente non aveva segnalato nessuno e che il Ministro Mastella i capi dei suoi uffici se li era scelti da sé (pensa le coincidenze).
E’ chiaro che in queste condizioni non si pone un problema di buona o mala fede dei singoli. E’ il sistema che produce inevitabilmente un conflitto di interessi e poi una cancrena.
Se il Ministro della Giustizia mi convoca perché sono il capo di una corrente e se enne capicorrente prima di me “hanno fatto carriera”, come potrò io, fossi anche santo, non pormi il problema di gestire i miei rapporti con il Ministro in un modo che mi renda, se non “gradevole”, almeno “non sgradevole” per lui?
E così dopo la “confusione” fra i ruoli interni si ha anche quella con i ruoli esterni.
Che dà luogo a situazioni paradossali che ritengo si commentino da sé.
Cito le due più recenti e significative.
Il collega Vito D’Ambrosio, che è stato in passato consigliere del C.S.M., si è dato alla politica e per dieci anni – fino al 2005 – è stato Presidente della regione Marche.
Dopo di che è rientrato in servizio nei nostri ruoli.
Cosa ovviamente più che legittima.
Sembrano ovvie, però, esigenze di opportunità che avrebbero suggerito di occuparlo in ruoli “discreti” (un ufficio collegiale, per esempio).
Invece viene assegnato alla Procura Generale della Cassazione e incaricato di sostenere l’accusa contro Luigi De Magistris al C.S.M. e, parallelamente, viene fatto eleggere al Comitato Direttivo Centrale dell’A.N.M.. Così che si trova ad essere il Presidente della sessione del C.D.C. nella quale il Presidente dell’A.N.M. Luerti si dimette – per ragioni ancora mai del tutto chiarite – dalla sua carica per sue relazioni (verosimilmente legittime, per carità) con uno dei principali indagati proprio delle inchieste di De Magistris.
Insomma, un corto circuito di relazioni veramente surreale.
La corrente di “appartenenza” di Vito D’Ambrosio è il Movimento per la Giustizia nato poco più di vent’anni fa per porre rimedio a questo stato di cose, nel quale si è invece perfettamente integrato.
Mentre il collega Massimo Russo fa la seguente “carriera”: pubblico ministero della D.D.A. di Palermo e Presidente della Sezione Palermitana dell’A.N.M.; da lì a vicecapodipartimento nel Ministero Mastella; da lì ad Assessore regionale alla Sanità nel nuovo governo regionale siciliano.
Un altro corto circuito impensabile.
Anche lui del Movimento per la Giustizia.
Il gravissimo deterioramento del contesto di riferimento e la degenerazione del potere hanno reso sempre più deplorevoli le relazioni pericolose fra magistrati e detentori di potere politico ed economico.
Il gravissimo deterioramento delle condizioni dell’amministrazione della giustizia, la sua sempre maggiore inefficienza, la sempre maggiore afflittività delle condizioni di lavoro dei giudici peones rendono ormai insostenibile e inaccettabile un sistema di gestione del potere interno che quelle inefficienze non solo non combatte, ma addirittura produce: se i capi degli uffici giudiziari vengono scelti secondo logiche di spartizione correntizia e non di attitudini e merito, come potrà mai invertirsi la deriva che sta portando al collasso gli uffici giudiziari?
Con alcuni colleghi abbiamo proposto un rimedio minimo all’intreccio di interessi – personali e corporativi – di cui ho detto: la previsione di radicali incompatibilità fra i diversi ruoli del “potere interno”.
A nostro modesto parere, a chi si candida o comunque assume cariche nell’associazione devono essere preclusi per sempre incarichi nel governo – “interno” ed “esterno” – e viceversa.
E chi si candida o comunque assume cariche in questo o in quel fronte del “potere interno” non deve continuare ad avere – come accade oggi – condizioni di favore per “carriere parallele”, che contrappongono magistrati curvi per decenni su quintali di fascicoli polverosi ad altri che passano da una Direzione generale a una commissione di concorso, da un assessorato a un posto di sottogoverno.
Queste proposte sono state respinte rabbiosamente dall’intero establishment correntizio e noi siamo stati accusati di “sfascismo”, “grillismo”, “qualunquismo”.
Nel concreto contesto contemporaneo, poi, credo che si imporrebbe una regola per la quale chi va a fare politica non possa poi tornare nei ruoli della magistratura.
Intanto, tutta l’Italia assiste al paradosso per il quale, mentre Falcone e Borsellino, morti, possono essere “usurpati” della loro storia, ottenendo che non si ricordi più che essi furono isolati e osteggiati dalla “magistratura”, De Magistris, vivo e innocente, costituisce uno scandalo insanabile che disonora la corporazione, rendendo ridicolo qualunque tentativo di recupero di credibilità con il solo ormai stantio espediente della dialettica “ANM/governo”.
Anche sotto questo profilo la situazione complessiva del sistema costituisce una novità non compresa e non prevista dai capicorrente.
In passato casi come quello di De Magistris (perché ce ne sono stati tanti) venivano risolti “spazzando via” il magistrato “scomodo”. Lo si bollava con una sentenza disciplinare adatta alla bisogna, lo si trasferiva e si attendeva che, in breve tempo, venisse dimenticato (Carlo Palermo fu mandato da Trento a Trapani e neppure dopo scampato a una strage terribile venne mai “riabilitato” e se ne andò via dalla magistratura nella disattenzione generale).
Stavolta la cosa non ha funzionato.
I cittadini calabresi avevano sopportato troppo. Gli amici della “magistratura” “disturbati” da De Magistris ne avevano fatte di troppo sfacciate. E così c’è stata una ribellione popolare.
Internet, poi, ha consentito di diffondere documenti e analisi del processo disciplinare che, per la prima volta, è stato criticato apertamente anche da magistrati, che, a prezzo di ostracismi e anatemi, hanno deciso di violare il tabù per il quale “i panni sporchi si lavano in famiglia”, ritenendo che la critica delle dinamiche dell’autogoverno non può oggi fare alla magistratura più danno di quanto gliene fanno i suoi vertici con le loro prassi distorte.
E così inesorabilmente il re è rimasto nudo e non rassegnandosi alla destituzione si aggrappa a soluzioni impossibili, come, da ultimo, dare della “pazza” a Clementina Forleo, scavalcando “a destra” la proposta di Berlusconi sui test psicoattitudinali.
Non so come finirà. Ma mi sento certo che questa classe dirigente della “magistratura” è arrivata al capolinea. Non solo perché, come era chiaro da tempo, rappresenta ormai solo se stessa e celebra congressi deserti e tristi. Ma perché si è svelato l’artificio. E molto difficilmente troverà qualcuno disposto a crederle quando si spaccerà per l’ennesima volta come tutrice dei sacri valori della giurisdizione.
Speriamo che in qualche luogo e in qualche tempo – alla fine di quest’epoca buia di illegalità al potere, di intercettazioni vietate, di indulti e sanatorie, di tolleranza zero con i morti di fame e complicità con i faccendieri di stato – la società civile torni a reclamare spazi di vera indipendenza per i giudici. Non per la “magistratura” come corporazione, ma per i singoli giudici come addetti a una funzione costituzionale.
di Felice Lima
(Giudice del Tribunale di Catania)
da Micromega n. 4/2008
L’appropriazione indebita dei meriti
Cosa fa la magistratura associata con i magistrati integerrimi e coraggiosi quando questi vengono assassinati si sa benissimo: si appropria dei loro meriti, dando luogo all’abuso per il quale quando qualcuno si permette di chiedere conto “alla Magistratura” di qualcosa di cui debba vergognarsi, essa invoca la memoria dei suoi martiri, dicendo che “la Magistratura ha pagato a caro prezzo il suo eroismo”.
Ma non è la verità, perché non è “la Magistratura” ad essere o essere stata “eroica” e men che meno ad aver pagato prezzo alcuno per nulla; a farlo sono stati alcuni singoli magistrati, che prima di essere assassinati erano stati clamorosamente e rumorosamente isolati dai loro colleghi. Per tutti, basti citare qui le vicende del Procuratore di Palermo Gaetano Costa, lasciato solo a firmare dei fermi particolarmente “impegnativi”, e del Consigliere Istruttore Rocco Chinnici, che lasciò un diario con le prove del suo isolamento da parte dei vertici degli uffici giudiziari di Palermo. Ma certo è significativa anche la storia del Sostituto Procuratore Giangiacomo Ciaccio Montalto: all’indomani del suo assassinio un collega del suo stesso ufficio è stato arrestato perché a casa gli sono stati trovati un’arma con la matricola abrasa e un mucchio di soldi incartati in un giornale. E il Procuratore Capo, vi chiederete? Promosso Presidente di Sezione in Cassazione! E in Cassazione, come Sostituto Procuratore Generale, è andato anche il Procuratore di Palermo Giammanco, che faceva fare anticamera a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Dunque, si sa benissimo cosa fa “la Magistratura” con i magistrati integerrimi DOPO che sono morti.
Non sempre si riflette su cosa aveva fatto prima dell’omicidio e su cosa fa quando l’omicidio non accade.
La vicenda di Luigi De Magistris è un occasione per riflettere su questo.
La persecuzione disciplinare
Ho già esposto analiticamente proprio qui, su Micromega (nel numero 2/2008), le ragioni per le quali la sentenza disciplinare che ha condannato Luigi De Magistris e che contiene tutti gli addebiti che sono riusciti a immaginare a suo carico non convince per nulla e appare tecnicamente infondata.
Una sentenza, per di più, emessa al termine di un processo dall’esito preannunziato (il Consigliere del C.S.M. Letizia Vacca che annuncia trionfalmente alla stampa che Luigi De Magistris è «un cattivo magistrato» e «va colpito» (!?)) e dalle dinamiche peculiari (sorprendente rapidità del tutto; rifiuto di attendere l’esito delle indagini in corso a Salerno, ben note allo stesso C.S.M. per averne acquisito alcuni atti; il Vicepresidente Mancino che rivela il segreto della camera di consiglio, informando la stampa che la decisione è stata presa all’unanimità).
La richiesta di archiviazione di Salerno
Su tutto questo interviene adesso la Procura di Salerno che chiede l’archiviazione delle accuse a carico di Luigi De Magistris con un provvedimento di poco meno di mille pagine che, analizzando minutamente ogni cosa, non lascia scampo a chi aveva giocato tutto sul frastuono e le invettive.
Da quel provvedimento emerge fra l’altro che:
1) Il contesto ambientale nel quale Luigi de Magistris ha svolto per anni la propria attività di P.M. era oltremodo “difficile”, caratterizzato da pesanti intrecci tra magistrati di punta degli uffici calabresi (ivi compresi gli stessi vertici degli uffici requirenti di Catanzaro) e persone sottoposte ad indagini da parte dello stesso Luigi (ivi compresi altri magistrati, soprattutto lucani).
2) Da quel medesimo contesto è scaturita una vasta, articolata e provata (sì, provata!) attività di aggressione e delegittimazione di De Magistris e del suo operato, attuata con denunce ed esposti diretti non solo alla Procura di Salerno, non solo agli organi disciplinari, ma a chiunque, ivi comprese le più alte cariche dello Stato (è davvero impressionante la lettura, nel primo capitolo della richiesta di archiviazione, della quantità di esposti, denunce, interrogazioni, querele etc. che hanno investito il collega in un arco di tempo relativamente breve).
3) In tale contesto, De Magistris si è trovato nella singolare condizione di non poter fare affidamento – all’infuori della P.G. che lo coadiuvava nelle indagini – praticamente su nessuno, stanti gli acclarati rapporti dei suoi superiori gerarchici con soggetti sottoposti a indagini, “colorati” da episodi forse interpretabili anche come interferenze nelle indagini stesse.
4) Sotto tale profilo, il provvedimento dei P.M. salernitani contiene un passaggio significativo che lascia intendere che la storia non è finita e potrebbero esserci ulteriori sviluppi (solo pochi giorni fa i giornali hanno dato conto dell’iscrizione nel registro degli indagati del dr Dolcino Favi, autore dell’avocazione che un autorevole collega ha definito “impensabile”).
5) Tutto ciò premesso, pur nella condizione di delegittimazione e isolamento in cui ha operato, non è emerso che Luigi De Magistris si sia reso responsabile non solo e non tanto dei reati a lui addebitati, ma neanche di mere “irregolarità” o violazioni di norme processuali o deontologiche: insomma, il giudizio complessivo sul suo comportamento è di estrema correttezza e scrupolosità.
6) Sul punto i P.M. di Salerno hanno approfondito alcune delle vicende per le quali Luigi è stato condannato in sede disciplinare, evidenziando come quel giudizio fosse in realtà fondato non su una valutazione parametrata al rispetto delle regole processuali e ordinamentali, ma piuttosto su una generica (nonché a volte pregiudiziale e apodittica) valutazione negativa proprio del merito della sua attività giurisdizionale, in contrasto con uno dei capisaldi teorici in tema di limiti al sindacato disciplinare sull’attività dei magistrati.
7) Ancora, con riferimento ad alcune vicende particolarmente sbandierate da “media” e commentatori con la litania sui “cattivi magistrati” (mi riferisco alla nota vicenda dei fermi non convalidati o a quella ancor più famosa della perquisizione asseritamente “ipermotivata”, ma gli esempi possono moltiplicarsi), si è sottolineato, talora anche con l’autorevole avallo della Cassazione, come grossolani errori e macroscopiche illegittimità, semmai, si rinvengono negli atti posti in essere da quei magistrati che in alcuni casi hanno sconfessato le ipotesi investigative e gli atti di Luigi (ma di questi nessuno ha detto se sono “buoni” o “cattivi magistrati” …).
8) Anche quanto alle famose “fughe di notizie”, non solo è stata ribadita l’estraneità ad esse di De Magistris (ma ciò era già riconosciuto dallo stesso C.S.M.), ma ne è stato correttamente sottolineato il carattere di oggettivo pregiudizio alle indagini da lui svolte, specie quando intervenivano in momenti “caldi” dell’attività investigativa: con buona pace, anche in questo caso, di chi ha accusato Luigi di “protagonismo”.
9) Sono emersi contatti quanto meno ineleganti tra persone sottoposte a indagini da parte di Luigi e magistrati del C.S.M., ivi compreso forse anche l’estensore della sentenza di condanna emessa nei confronti dello stesso Luigi.
10) Alla luce di tutto ciò, si sarebbe tentati di attribuire un significato sinistro alla fretta con cui il C.S.M. ha voluto aprire e chiudere il giudizio disciplinare a carico di Luigi De Magistris, comprimendone gli spazi di difesa al punto da non voler neanche attendere questi pochi mesi, che oggi avrebbero consentito un giudizio più completo, che tenesse conto delle circostanze sopra indicate (peraltro ben note al C.S.M., essendo state rappresentate sia da Luigi che dai magistrati di Salerno, auditi nel corso del processo disciplinare e le cui dichiarazioni il P.G. D’Ambrosio, di cui dirò più avanti, ha cercato di non fare ammettere agli atti).
Ho tratto questa sintesi del provvedimento di Salerno da una mail del collega Raffaele Greco che si concludeva con un interrogativo: perché – scriveva su una mailing list di magistrati – oggi, mentre è in corso il congresso dell’A.N.M. e mentre si torna a discutere delle criticità del nuovo ordinamento giudiziario, specie con riguardo all’assetto delle Procure, solo pochissimi magistrati (che si contano sulle dita di una mano) si sentono di intervenire in maniera chiara su questa vicenda?
L’interrogativo non ha avuto NESSUNA RISPOSTA.
Il cancro che consuma la magistratura dall’interno
Alla ineludibile domanda sul perché la magistratura associata tutta taccia sul “caso De Magistris”, sopportando l’enorme prezzo che ciò le fa pagare in termini di totale discredito interno (presso i magistrati della “base”) ed esterno (presso l’opinione pubblica), la risposta è che vi è costretta.
L’A.N.M., le sue correnti, i maggiorenti del potere interno alla magistratura non possono parlare, perché troppi legami con gli ambienti – ancora una volta interni ed esterni al “caso” – glielo impediscono.
Si va al Consiglio Superiore della Magistratura mediante elezioni. Il consenso elettorale è gestito da gruppi – detti “correnti” – che rappresentavano molti anni fa aree culturali e ideologiche e si sono ridotti oggi quasi esclusivamente a collettori di voti.
Le correnti legittimano se stesse agli occhi dell’opinione pubblica mantenendo in vita – con un autentico accanimento terapeutico – l’Associazione Nazionale Magistrati, che oggi ormai non è altro che un involucro che serve solo a dare copertura alle correnti, unica realtà esistente.
L’A.N.M. è talmente cannibalizzata dalle correnti che da anni qualunque sia l’esito delle elezioni interne per i suoi organi direttivi, le correnti si spartiscono con un numero uguale di seggi la sua Giunta Esecutiva Centrale.
Con l’alibi dell’“unità associativa”, infatti, per moltissimi anni l’A.N.M. è stata governata da giunte unitarie, nelle quali ciascuna corrente aveva lo stesso numero di componenti indipendentemente dai voti ottenuti dalla base. In sostanza, le elezioni erano “per finta”.
La giunta attualmente in carica costituisce una novità, ma una novità “zoppa”: la Giunta dell’A.N.M., infatti, per la prima volta dopo molti anni non è unitaria, ma è comunque composta alla pari da tre correnti su quattro.
La circostanza che alle ultime elezioni del C.D.C. due delle quattro correnti abbiano subito una flessione di voti del 24% è rimasta sostanzialmente irrilevante e le due correnti in questione compongono ugualmente con lo stesso numero di componenti la Giunta.
Le correnti designano i candidati al C.S.M. e ne ottengono l’elezione.
Accade nella magistratura una cosa assai simile a ciò che accade in Parlamento: gli eletti più che eletti sono “designati”.
La programmazione del consenso, anche con appositi cartelli elettorali fra distretti, e la gestione delle liste elettorali è tale che le correnti offrono al voto un numero di candidati molto vicino a quello che pronosticano di potere fare eleggere e veicolano il consenso nel modo per loro più utile.
Gli eletti al C.S.M. sono poi talmente legati al gruppo che li ha fatti eleggere che:
- ormai nel C.S.M. non ci sono il Consigliere Tizio e il Consigliere Caio, ma, paradossalmente, scimmiottando il Parlamento, i “gruppi consiliari”;
- ormai i resoconti del Consiglio sono scritti con riferimento ai gruppi correntizi e non ai singoli consiglieri: “E’ stata approvata la tal delibera: ha votato a favore MD e contro Unicost”.
Per mantenere e incrementare il consenso della base ciascuna corrente “sponsorizza” i propri soci in tutti i concorsi interni, dai più rilevanti ai meno.
Così che quasi l’intero organigramma della magistratura risulta lottizzato correntiziamente.
Alcuni casi clamorosi
Perché le mie non sembrino accuse gratuite, citerò alcuni clamorosi casi recenti.
Il TAR Lazio, con la sentenza n. 3526 del 2008, ha annullato la delibera con la quale sono stati coperti 23 posti al Massimario della Corte di Cassazione (ufficio assai importante per molte ragioni), denunciando come essa fosse affetta da eccesso di potere, sviamento di potere, travisamento dei fatti, illogicità della motivazione.
In un intervento che si può leggere anche su internet, il Presidente della commissione del C.S.M., Mario Fresa, ha scritto fra l’altro: «Il monito proveniente dal Capo dello Stato, seguito con convinzione dall’ex Vicepresidente del CSM Rognoni e poi dal neo eletto Vicepresidente Mancino, secondo cui ancora oggi esiste un forte potere delle correnti dell’ANM che condiziona e rallenta le scelte consiliari per piegarle agli interessi localistici e dei gruppi organizzati, va pertanto condiviso in quanto espressione di un disagio dell’opinione pubblica e dello stesso corpus della magistratura».
E proprio con riferimento al concorso per il Massimario, ha aggiunto: «Invero, quando ho iniziato a leggere gli atti del procedimento, ho verificato che i fascicoli di più della metà degli aspiranti non erano ancora stati esaminati (…). Poiché le voci che giungevano negli uffici giudiziari riguardavano scontri su possibili nomi, è parso evidente che le divisioni riguardavano schieramenti precostituiti, a prescindere dall’esame dei profili professionali in forza dei quali quelle scelte dovevano essere effettuate. Il metodo operativo che veniva seguito (che non rappresentava una novità, attesa la mia pregressa conoscenza degli “interna corporis”) era quello della spartizione correntizia».
Nel luglio 2007 sono stati coperti nove posti alla Procura Generale della Cassazione e ben sei dei nove erano consiglieri uscenti del C.S.M. (divisi per correnti), la cui vittoria nel concorso è stata ottenuta con un metodo talmente increscioso che uno dei designati – il consigliere Francesco Menditto di MD – ha ritenuto deontologicamente doveroso non accettare quella nomina.
Altro caso particolarmente scandaloso, la designazione – in palese violazione di una legge che lo vietava espressamente – di un consigliere uscente del C.S.M. a Presidente di Sezione della Corte di Appello di Genova.
Il TAR ha annullato anche questa delibera, sottolineando l’evidente violazione di legge. Il C.S.M., sorprendentemente, pur di “non darla vinta” al magistrato danneggiato dalla delibera illegittima, non ha ottemperato alla decisione del TAR impugnandola dinanzi al Consiglio di Stato, che, ovviamente, ha respinto il ricorso con ulteriore perdita di prestigio e credibilità dell’organo di autogoverno, più incline (almeno in questo caso) a difendere interessi correntizi invece che la legge.
Nei giorni scorsi tre componenti uscenti del Comitato scientifico per la formazione dei magistrati sono stati rimpiazzati al termine del loro mandato. Erano uno di MD, uno di MI e uno di Unicost. I loro rimpiazzi sono, guarda caso, uno di MD, uno di MI e uno di Unicost.
Dunque, per quanto appaia paradossale, anche il “Comitato scientifico” è lottizzato.
In un contesto come questo, non stupisce che una delle telefonate intercettate riportate nella richiesta di archiviazione della Procura di Salerno sia quella fra uno dei magistrati inquisiti da De Magistris e un consigliere del C.S.M. al quale ella dà indicazioni e pone condizioni.
Il magistrato in questione – la dr Felicia Genovese – è stata poi, comunque, trasferita dalla Sezione Disciplinare del C.S.M..
Poiché è stata trasferita al Tribunale di Roma, sede ambitissima, alla quale moltissimi magistrati chiedono infruttuosamente di potere andare, un collega giorni fa, su una mailing list di magistrati, osservava sarcasticamente come la via più breve per un posto ambito possa essere anche farcisi trasferire punitivamente dal C.S.M..
Relazioni pericolose
In un contesto come questo, le “relazioni” interne fra capi degli uffici nominati correntiziamente e “grandi elettori” delle varie correnti e i vertici dell’A.N.M. e del C.S.M. sono talmente intrecciate e complesse da esservi troppe persone che possono esigere coperture o almeno neutralità.
E vi è poi il vastissimo capitolo delle “relazioni esterne”.
Il potere politico “interloquisce” con i vertici delle correnti.
Meno di ventiquattro ore dopo la sua nomina il Ministro Mastella ha incontrato i capi di tutte le correnti e ventiquattro ore dopo quell’incontro ha coperto i più importanti uffici apicali del suo ministero guarda caso con magistrati dai consolidati e risalenti legami alle correnti incontrate il giorno prima.
Capo dipartimento dell’organizzazione giudiziaria è divenuto addirittura un magistrato che fino a poco tempo prima era il Segretario generale di Magistratura Democratica.
I radicali hanno denunciato questa cosa, definendola suggestivamente come il progetto della “Pax Mastelliana”.
Quando ho invitato i miei colleghi a discutere di questa cosa, un magistrato che oggi ricopre una delle cariche di vertice dell’A.N.M. mi ha espressamente minacciato di querela, sostenendo che la sua corrente non aveva segnalato nessuno e che il Ministro Mastella i capi dei suoi uffici se li era scelti da sé (pensa le coincidenze).
E’ chiaro che in queste condizioni non si pone un problema di buona o mala fede dei singoli. E’ il sistema che produce inevitabilmente un conflitto di interessi e poi una cancrena.
Se il Ministro della Giustizia mi convoca perché sono il capo di una corrente e se enne capicorrente prima di me “hanno fatto carriera”, come potrò io, fossi anche santo, non pormi il problema di gestire i miei rapporti con il Ministro in un modo che mi renda, se non “gradevole”, almeno “non sgradevole” per lui?
E così dopo la “confusione” fra i ruoli interni si ha anche quella con i ruoli esterni.
Che dà luogo a situazioni paradossali che ritengo si commentino da sé.
Cito le due più recenti e significative.
Il collega Vito D’Ambrosio, che è stato in passato consigliere del C.S.M., si è dato alla politica e per dieci anni – fino al 2005 – è stato Presidente della regione Marche.
Dopo di che è rientrato in servizio nei nostri ruoli.
Cosa ovviamente più che legittima.
Sembrano ovvie, però, esigenze di opportunità che avrebbero suggerito di occuparlo in ruoli “discreti” (un ufficio collegiale, per esempio).
Invece viene assegnato alla Procura Generale della Cassazione e incaricato di sostenere l’accusa contro Luigi De Magistris al C.S.M. e, parallelamente, viene fatto eleggere al Comitato Direttivo Centrale dell’A.N.M.. Così che si trova ad essere il Presidente della sessione del C.D.C. nella quale il Presidente dell’A.N.M. Luerti si dimette – per ragioni ancora mai del tutto chiarite – dalla sua carica per sue relazioni (verosimilmente legittime, per carità) con uno dei principali indagati proprio delle inchieste di De Magistris.
Insomma, un corto circuito di relazioni veramente surreale.
La corrente di “appartenenza” di Vito D’Ambrosio è il Movimento per la Giustizia nato poco più di vent’anni fa per porre rimedio a questo stato di cose, nel quale si è invece perfettamente integrato.
Mentre il collega Massimo Russo fa la seguente “carriera”: pubblico ministero della D.D.A. di Palermo e Presidente della Sezione Palermitana dell’A.N.M.; da lì a vicecapodipartimento nel Ministero Mastella; da lì ad Assessore regionale alla Sanità nel nuovo governo regionale siciliano.
Un altro corto circuito impensabile.
Anche lui del Movimento per la Giustizia.
Il gravissimo deterioramento del contesto di riferimento e la degenerazione del potere hanno reso sempre più deplorevoli le relazioni pericolose fra magistrati e detentori di potere politico ed economico.
Il gravissimo deterioramento delle condizioni dell’amministrazione della giustizia, la sua sempre maggiore inefficienza, la sempre maggiore afflittività delle condizioni di lavoro dei giudici peones rendono ormai insostenibile e inaccettabile un sistema di gestione del potere interno che quelle inefficienze non solo non combatte, ma addirittura produce: se i capi degli uffici giudiziari vengono scelti secondo logiche di spartizione correntizia e non di attitudini e merito, come potrà mai invertirsi la deriva che sta portando al collasso gli uffici giudiziari?
Con alcuni colleghi abbiamo proposto un rimedio minimo all’intreccio di interessi – personali e corporativi – di cui ho detto: la previsione di radicali incompatibilità fra i diversi ruoli del “potere interno”.
A nostro modesto parere, a chi si candida o comunque assume cariche nell’associazione devono essere preclusi per sempre incarichi nel governo – “interno” ed “esterno” – e viceversa.
E chi si candida o comunque assume cariche in questo o in quel fronte del “potere interno” non deve continuare ad avere – come accade oggi – condizioni di favore per “carriere parallele”, che contrappongono magistrati curvi per decenni su quintali di fascicoli polverosi ad altri che passano da una Direzione generale a una commissione di concorso, da un assessorato a un posto di sottogoverno.
Queste proposte sono state respinte rabbiosamente dall’intero establishment correntizio e noi siamo stati accusati di “sfascismo”, “grillismo”, “qualunquismo”.
Nel concreto contesto contemporaneo, poi, credo che si imporrebbe una regola per la quale chi va a fare politica non possa poi tornare nei ruoli della magistratura.
Intanto, tutta l’Italia assiste al paradosso per il quale, mentre Falcone e Borsellino, morti, possono essere “usurpati” della loro storia, ottenendo che non si ricordi più che essi furono isolati e osteggiati dalla “magistratura”, De Magistris, vivo e innocente, costituisce uno scandalo insanabile che disonora la corporazione, rendendo ridicolo qualunque tentativo di recupero di credibilità con il solo ormai stantio espediente della dialettica “ANM/governo”.
Anche sotto questo profilo la situazione complessiva del sistema costituisce una novità non compresa e non prevista dai capicorrente.
In passato casi come quello di De Magistris (perché ce ne sono stati tanti) venivano risolti “spazzando via” il magistrato “scomodo”. Lo si bollava con una sentenza disciplinare adatta alla bisogna, lo si trasferiva e si attendeva che, in breve tempo, venisse dimenticato (Carlo Palermo fu mandato da Trento a Trapani e neppure dopo scampato a una strage terribile venne mai “riabilitato” e se ne andò via dalla magistratura nella disattenzione generale).
Stavolta la cosa non ha funzionato.
I cittadini calabresi avevano sopportato troppo. Gli amici della “magistratura” “disturbati” da De Magistris ne avevano fatte di troppo sfacciate. E così c’è stata una ribellione popolare.
Internet, poi, ha consentito di diffondere documenti e analisi del processo disciplinare che, per la prima volta, è stato criticato apertamente anche da magistrati, che, a prezzo di ostracismi e anatemi, hanno deciso di violare il tabù per il quale “i panni sporchi si lavano in famiglia”, ritenendo che la critica delle dinamiche dell’autogoverno non può oggi fare alla magistratura più danno di quanto gliene fanno i suoi vertici con le loro prassi distorte.
E così inesorabilmente il re è rimasto nudo e non rassegnandosi alla destituzione si aggrappa a soluzioni impossibili, come, da ultimo, dare della “pazza” a Clementina Forleo, scavalcando “a destra” la proposta di Berlusconi sui test psicoattitudinali.
Non so come finirà. Ma mi sento certo che questa classe dirigente della “magistratura” è arrivata al capolinea. Non solo perché, come era chiaro da tempo, rappresenta ormai solo se stessa e celebra congressi deserti e tristi. Ma perché si è svelato l’artificio. E molto difficilmente troverà qualcuno disposto a crederle quando si spaccerà per l’ennesima volta come tutrice dei sacri valori della giurisdizione.
Speriamo che in qualche luogo e in qualche tempo – alla fine di quest’epoca buia di illegalità al potere, di intercettazioni vietate, di indulti e sanatorie, di tolleranza zero con i morti di fame e complicità con i faccendieri di stato – la società civile torni a reclamare spazi di vera indipendenza per i giudici. Non per la “magistratura” come corporazione, ma per i singoli giudici come addetti a una funzione costituzionale.
23 commenti:
Illustre dr. Lima
La sua analisi è precisa e reale in ogni parola.
Sinceramente le esprimo tutta la mia stima per il coraggio che ha espresso nel dire le cose come stanno.....Lei sa che posso comprendere bene i passaggi del suo articolo.
Ma ora a cosa dovremo assistere?
Ad un procedimento disciplinare nei suoi confronti?
Ad un trasferimento punitivo realmente tale?
Lei non deve restare solo e non basta la solidarietà che le viene espressa dai ns. commenti.
La ns. solidarietà non può nè proteggerla nè sorreggerla poichè non abbiamo forza. Siamo migliaia, e forse milioni, ma non siamo una forza.
Contare sul risveglio di qualche coscienza al potere? credo sia soltanto utopia.
Si riguardi dr. Lima e sia pronto a ricevere gli attacchi....come + volte ho detto io ci sono e credo che come me tanti ci saranno.
Sempre la solita Mathilda
Era ora che qualcuno esprimesse questi concetti.
E' sempre più manifesta la necessità di trovare correttivi al sistema per evitare che si producano queste situazioni che certamente, anche solo a voler considerare il piano dell'immagine, non tranquillizzano.
Le incompatibilità sono già un buon correttivo, ma a mio avviso occorre introdurre un sistema di selezione su criteri oggettivi (o anche mediante sorteggio) dei magistrati da inviare al CSM o nei posti di fuori ruolo.
E' curioso, da questo ultimo punto di vista, che anche chi - abbiamo il coraggio di dire anche questo, non senza qualche ragione - tuona contro i magistrati politicizzati poi annovera soggetti provenienti dalla magistratura tra le proprie fila e sceglie per incarichi ministeriali soggetti che, evidentemente, sono ritenuti più "vicini" di altri.
Sarebbe un bel passo, nella direzione a parole auspicata, quello di un azzeramento di questi incarichi e di un conseguente rimpiazzo con gli anzidetti criteri.
Ma forse la sola politicizzazione che interessa è quella degli "altri", in casa propria si può chiudere un occhio, ed anzi guardare bene a certe cose.
Mi è sembrato di leggere cose già scritte in un disco rigido che porto con me da anni.
Per ora mi limito a proferirLe solo APPLAUSI e nessun altro commento. Mathilda le ha già dato il su in bocca al lupo.
Mi associo.
Qualcosa però sta cambiando, si sente un vento di aria fresca.
Ieri sera ho appreso da una rete nazionale che un magistrato romano fortemente correntizzato è sotto inchista a Perugia per avere avuto rapporti un po' troppo confidenziali con Cecchi Gori. Della notizia, che stamattina pensavo sarebbe stata diffusa con maggiore risalto da TUTTI i TG, si è persa traccia. Strano.
Carissimo Dott. Lima mi è tale è il mio apprezzamento nei suoi confronti che mi sobbarcherei un viaggio ad hoc a Catania al solo scopo di stringerle la mano e dirle: FORZA. Nel mio piccolo e da conoscitore dell'interno di certa magistratura ivi compresa di quella che assume che "i panni sporchi si lavano in casa" posso solo dirle che predico nel deserto da almeno 5 anni. Mi sono confrontato più volte con suoi giovani e preparatissimi colleghi ai quali ho rappresentato il mio pensiero sulla magistratura "rappresentativa" esortandoli a non cercare di farsi spazio solo attraverso i provvedimenti (come dovrebbe essere) ma di cercare visibilità attravero i canali istituzionalizzati.
Siete la maggioranza, ma ovviamente siete fuori dai meccanismi di potere. Spero che per una volta Davide possa quanto meno impensierire Golia.
Batterlo sarebbe un po' troppo. Ma magari nel frattempo si riuscirebbe a respirare un po' di aria fresca, e chi sa che si possa anche evitare di fare il funerale a quella idea di giustizia giusta che accomuna la stragrande maggioranza ei cittadini.
Fino ad oggi scherzando con i miei clienti dicevo loro che certe cause, quelle un po' più articolate, dovevano essere incardinate presso il foro di Lourdes. Da domani proverò a suggerire anche il foro alternativo di Catania.
Perdonerà l'eccesso di complimenti ma penso che una bella iniezione di fiducia non possa che far bene a Lei ed a chi Le dà supporto.
IO ho sempre sperato ed oggi spero un po' di più
Dottore Lima, GRAZIE!
Non ho parole!
Verrò a Catania, se me lo permette, per stringerLe la mano!!!
b
Gentile Dottore,
complimenti anche da parte mia. Non avrebbe potuto esprimere il disagio di tanti magistrati onesti con parole più appropriate e coraggiose.
Paola Risi
PS.
Anche se non c'entra nulla con questo articolo mi permetto di dare un consiglio alla redazione (che potrà anche omettere d puublicare questo commento).
Perchè non valutate l'opportunità di inserire un link che dia la possibilità di veicolare l'esistenza di questo blog tramite posta elettronica. Un qualcosa del tipo: "segnala questo sito ad un amico".
Potremmo fare un po' di "proselitismo" (in senso buono) e magari diventare ancor più numerosi .
Sono uno dei pioneri del diritto su internet.
Fui, in compagnia con un magistrato, l'ideatore del primo sito di un Tribunale su internet.
Il sito nacque in assoluta economia e con il solo placet del CSM, ma senza una sua intrinseca ufficialtà. Oltre a quella esperienza vidi nascere i primi siti di diritto, ricordo l'impegno del Dott. Brugaletta di Catania (mi sembra) e quello dell'Avv. Gianluigi Ciacci di Roma. Ne faccio i nomi conservando un ottimo ricordo sia delle loro persone che del loro impegno, e sono certo che si non risentiranno per la citazione. A Modena o giù di lì s(mi sembra a Vignola) si diede molto da fare anche un giovane (per allora) avvocato, Solignni, che aveva ideato un sito che detta vita alla prima mailng list di cultori del diritto.
Sono passati circa 12 anni da allora, ed il Vs. blog rievoca in me quelle prime esperienze e l'entusiasmo che le accompagnò.
Non sarebbe male organizzare una sorta di "happening" (magari in Sicilia) aperto a tutti coloro che vogliano anche solo guardarsi in faccia e dire: io sono quello ...).
Magari ci si sentirebbe un po' meno soli. Poi chi sa. Una cosa tira l'altra
Un caro saluto a Voi tutti
PS. Segnalo un errore nella parte riepilogativa posta in calce al presente post. Mentre sono già arriati 6 commenti la pagina principale ne riporta sempre uno solo.
Diagnosi Felice. Prognosi infuasta.
Non c'è speranza. La nostra generazione ha consumato tutto il consumabile. Pure la speranza.
Mortificatamente avv. Cosimo Saracino.
caro dottor Lima, sono una qualuque cittadina stanca di questo sistema fatto di connivenze e soprusi ai danni dei più deboli ed indifesi.E per più deboli non intendo parlare di quei ceti che ogni giorno, sempre di più, fanno fatica a "tirare avanti la carretta", ma di quelle persone che prive di spirito critico "bevono come oro colato" tutto ciò che viene propinato loro dai mass- media, oramai asserviti al potere (non ha importanza se di destra o di sinistra,tanto sono tutti uguali!).
Viaggiando in internet in cerca di informazioni " meno filtrate", mi sono imbattuta nel vostro blogger. L'ho trovato estremamente interessante,soprattutto per chi non contentandosi della semplice e superficiale conoscenza dei fatti, vuole approfondirla. Faccio a tutti voi i miei complimenti per quello che fate, ma soprattutto perchè lo fate credendoci.
E' fondamentale per un semplice cittadino come me sapere che non tutto è "marcio", che esiste ancora qualche magistrato "super partes" che si batte per quello in cui crede.
Vi prego continuate nella vostra opera e non vi fate ingoiare dal sistema. Abbiamo bisogno di pensare che esista ancora gente onesta che crede nelle istituzioni e si impegna affinchè tutti i cittadini vengano rispettati in egual misura nei loro diritti fondamentali.
Egregio Dr.Lima,
la sua lucida analisi alla luce anche degli ultimi avvenimenti mette in risalto la necessità che le cose così non possono più andare avanti.
"Prima o poi arriva l'ora in cui bisogna prendere una posizione che non è nè sicura, nè conveniente, nè popolare: ma bisogna prenderla, perchè è giusta". M.L.King
Ma chi lo deve fare? aggiungo io.
Alessandra
C.S.M. assolve GIP Forleo per UNIPOL
Non ha violato suoi doveri.
Alessandra
Probabilmentesi sono resi conto della figura ... che avevano fatto con il collega De Magistris.
Questo si che si chiama parlar chiaro. L'ammiro veramente molto.
I.
Grazie Dott. Lima...
Queste sacrosante parole non possono far altro che tentare di curare i mali che affliggono questo paese... e in questo caso i mali all'interno dell'intera magistratura...
Parlarne... scrivere... scoperchiare il tombino e fare uscire tutta la puzza... questo aiuta al cambiamento... a capire cosa c'è che non va...
Le sue soluzioni le straquoto...
Scommetto che le risposte di diniego siano state molto simili a quelle date dai politici nei confronti di chi critica il sistema politico e la casta...
Continui a scrivere con questa forza... e spero che altrettanti si uniscano al coro di chi vuole un cambiamento serio e democratico del sistema...
Sono con lei... e con tutte le persone oneste che sognano di vivere un paese civile.
Accidenti che quadretto!
Io La ringrazio, come tutti gli altri e spero proprio che Lei oltre ad essere onesto e coraggioso sia fondamentalmente ottimista.
Senza una massiccia dose d'ottimismo mi chiedo come potrà resistere nella fossa dei serpenti!
Da ogni parte fondante di questo stato arriva chiara prova dell'abbondante superamento di ogni limite di guardia. Il nostro è un paese malato, corrotto, indolente che ha perso completamente la forza dell'ingenuità.
L'attività dei veri e rari oppositori di questa sciagurata situazione è in continuo pericolo e spesso si vanifica nella mancanza di ascolto da parte della gente comune.
Il Popolo non esiste più (altro che riscossa!), esistono solo persone isolate, smembrate dall'affanno di una vita triste e priva di soddisfazioni, ottuse dal bisogno di dimenticare e sognare qualcosa di meglio.
Confido nel Suo ottimismo perché, come vede, il mio è piuttosto esaurito. Non che questo freni la forza che vorrei mettere nelle azioni, mi getterei nel fuoco se servisse a qualcosa, ma è il senso d'inutilità che mi consuma.
Le faccio una montagna di auguri, anzi un vulcano che spero erutti sulle coscienze sopite e l'aiuti a vincere quelle battaglie, che poi sono anche nostre.
Ma come Mathilda anch'io La esorto ad essere vigile, sono momenti bui e gente come Lei finisce facilmente nel mirino dei potenti.
E' vero che il nostro sostegno non ha abbastanza forza da essere incisivo, ma il nostro abbraccio virtuale spero almeno che Le scaldi il cuore e addolcisca le amarezze!
Grazie ancora per esserci
Ancora una volta, grazie. Grazie per la chiarezza con cui ricorda i fatti. Grazie per non cedere ad alcuna retorica, di quelle che servono a tutte le corporazioni per nascondere le malefatte ed alimentare il proprio potere. Grazie per aver sottolineato, ancora una volta, quanto la vicenda De Magistris sia emblematica di quanto è accaduto tante, troppe volte negli anno passati. Nomi noti e meno noti. Eroi buoni per le celebrazioni post mortem, mentre per quelli che si è riusciti ad eliminare in altro modo, senza tritolo, rimane il silenzio, la lontananza, il non essere mai esistiti.
E' questo che accomuna le tante vittime delle ingiustizie, i familiari delle vittime, a quei magistrati che hanno tentato di dare risposta a quel bisogno profondo di giustizia, che non è giustizialismo, ma, prima di tutto, bisogno di verità.
In Basilicata, la mia regione, ci sono famiglie che attendono da tanti anni la verità su una scomparsa o su una morte misteriosa e c'è un sistema, fatto di magistrati, esponenti delle forze dell'ordine ed alti rappresentanti istituzionali) che si è mosso, in alcuni casi, per nascondere e depistare. Anche su questo sistema ha concentrato la sua attenzione Luigi De Magistris. E' parte dell'inchiesta Toghe Lucane. Anche per questo è colpevole un magistrato, colpevole di non aver perduto il senso di un lavoro che incrocia una domanda di giustizia. Ben sapendo che dare risposta a quella domanda, in molti casi, può significare il passaggio da una vita sospesa, legata ad una violenza subita, ad un'ingiustizia, ad una ritrovata dignità, quasi una rinascita. Grazie ancora, caro giudice Lima, perchè nel suo impegno si legge chiaro l'obiettivo: che nessun giudice sia solo, schiacciato dallo stesso sistema che nega verità e giustizia alle vittime. Che quelle vittime siano al primo posto, che quei lutti non si piangano più in solitudine, che la giustizia non sia più un ossessione, quasi una colpa, per chi la invoca e per chi quelle voci proprio non riesce a nasconderle, neanche sotto montagne di carte, di codici, di regole. Grazie.
Cari amici,
e, fra gli altri, in particolare, Mathilda, Gabriele, "Io speriamo", Bartolo, Paola, Alessandra, Isidoro, l'avv. Saracino, Cinzia e Rosario, grazie di cuore per l'apprezzamento e l'incoraggiamento.
In questi tempi sono decisamente preziosi. Anzi, indispensabili.
Tutti ci chiediamo, infatti, ogni giorno se ciò che facciamo sia in qualche modo utile o no o se stiamo solo donchisciottescamente combattendo contro i mulini a vento.
Quanto alle preoccupazioni di Mathilda e Paola e al pessimismo di Cinzia, credo sia doveroso che precisi alcune cose.
Prima di farlo, devo però ringraziare ancora di cuore per questa ulteriore manifestazione di affetto che è la preoccupazione per le conseguenze delle mie/nostre iniziative.
Venendo al dunque, ci tengo a dire che faccio le cose che faccio nella più totale e serena consapevolezza delle conseguenze di ciò che faccio.
Peraltro, ho una storia professionale molto lunga e complessa e ho già combattuto in altri anni battaglie molto violente e dolorose, molte delle quali ho perso molto dolorosamente, pagando tutto intero il prezzo delle sconfitte.
Ho già conosciuto molto bene la delusione, lo sconforto, la paura, il danno, il tradimento, l'ingiustizia. Dunque, se e quando ne veranno ancora, spero di non restarne né scandalizzato né sopraffatto.
Dunque, non c'è nulla di ingenuo o velleitario in ciò che insieme ad altri stiamo facendo.
Sappiamo quali sono le regole TRUCCATE di questa partita.
Ma il costo di quelle sconfitte e la paura di altre hanno "pesi" diversi a seconda di quali sono i valori di riferimento che ci muovono.
Quando Stefano (Racheli) proprio un anno fa si è messo in testa che "dovevamo fare qualcos'altro"; quando Bruno (Tinti) ha detto che era indispensabile scrivere un libro; quando Nicola (Saracino) ha deciso che una battaglia di legalità dentro la magistratura passava inevitabilmente attraverso la difesa dei colleghi ingiustamente perseguiti; quando io ho proposto di aprire un blog; quando Andrea (Falcetta) ha deciso che ci sarebbe stato anche lui; quando tanti altri hanno dato e danno il loro contributo, ciò che avevamo come riferimento non era cosa sarebbe stato di noi, ma cosa ci avrebbe fatto stare bene nell'anima.
Alcuni - noi fra questi, ma tantissimi altri in tanti ruoli della società, in tante età e classi sociali - vivono meglio venendo sconfitti che non avendo combattuto.
Noi crediamo fermamente nella frase di Martin Luther King che normalmente sta in cima alla homepage del blog: "Prima o poi arriva l'ora in cui bisogna prendere una posizione che non è né sicura, né conveniente, né popolare: ma bisogna prenderla, perchè è giusta”.
Io non sono affatto ottimista.
Penso con George Orwell che "Siamo impegnati in un gioco in cui non possiamo vincere. Alcuni fallimenti sono migliori di altri, questo è tutto".
Ma è anche vero che giunge un momento in cui ci si deve chiedere: ma in fondo, che ci potranno fare mai?
Non farci fare carriera? (ed è ovvio che non faremo carriera, come non l'abbiamo mai fatta prima d'ora)
Trasferirci a un altro ufficio?
Ridurci lo stipendio?
E questo sarebbe peggio di portarsi appresso il rimorso della viltà e della complicità?
Una grande parte della forza dei cattivi è che possono contare sulla paura dei buoni, che ingigantisce i pericoli e fa perdere di vista la gerarchia dei valori.
La mia modesta esperienza è che è sempre stato più bello avere fatto ciò che si doveva fare e prendersene le conseguenze, che schivare le conseguenze e conservare per sempre il rammarico di non avere fatto tutto quello che si doveva fare.
Cari Amici, i "cattivi" di oggi sono davvero solo dei nani nell'anima.
Come diceva G. Bernanos, "degli spaventosi mostri non sviluppati, dei moncherini d'uomo", che si credono giganti.
I primi ai quali facciamo ciò che facciamo siamo noi stessi.
E' importante non perdere, ma molto più importante non perdersi.
E quando si è costretti a scegliere, non perdersi è la cosa migliore che possa capitare.
Non so se quello che stiamo facendo servirà o no, non so se migliorerà o no il mondo e in che misura.
So che migliora un po' noi. E non è poco.
Di tutte le cose più preziose, la verità è la prima e quella fondante.
Tutto intero il male si fonda sulla menzogna.
Tutto intero il mondo - interiore ed esteriore nel quale vivono questi nani al potere (e non mi riferisco solo al Presidente del Consiglio, ma alle centinaia e centinaia di perlamentari, avvocati, magistrati, giornalisti, professori, senza la cui complicità tutto ciò che sta accadendo non potrebbe accadere) - è solo una enorme impostura, una falsa ricostruzione di un mondo che esiste solo nelle loro meschinità e che per sopravvivere ha un disperato bisogno di inventare ogni giorno bugie sempre più grandi e di perseguire e uccidere ovunque anche il minimo residuo di verità.
Fateci caso, mentono continuamente su tutto.
Tutto ciò non darà, purtroppo, a loro neppure un briciolo della serena felicità dei giusti.
Ancora Bernanos, nel suo "Dialoghi delle carmelitane", fa spiegare così a suor Costanza, che con le sue consorelle sta anadando ingiustamente al patibolo, perchè non ha paura: "E dopo? che cosa faranno più di Nerone o di Tiberio? Il colmo dei travestimenti non è forse la morte ignominiosa del Signore? Hanno travestito da schiavo e inchidato sul legno come uno schiavo il padrone del Creato: la Terra e l'Inferno riuniti insieme non hanno potuto andare più in là di quella mostruosa e sacrilega birbanteria. Dare gli uomini in pasto alle belve o trasformarli in torce, non fa pensare ad un'orribile farsa? Oh! certo, la sofferenza e la morte ci stupiscono sempre, ma agli occhi degli Angeli che cosa possono significare quelle orribili buffonate? Indubbiamente ne riderebbero, se gli Angeli potessero ridere ...".
Il primo compito che ci dobbiamo porre davanti è fare felici noi stessi.
E il primo ingrediente di qualunque felicità è avere l'anima in pace. Il pensare che, in mezzo a mille peccati e con una montagna di errori, abbiamo fatto ciò che sembrava si dovesse fare.
Vi abbraccio con affetto.
Felice Lima
Gentile dottor Lima...
ha visto il sito della Associazione Nazionale Magistrati? Ha visto che in alto a destra ci sono sette Rose rosse? E se clicca sulle rose scorreranno i nomi dei magistrati morti.
Non so se sa che significato ha questa cosa.
Felice Lima scrive: è importante non perdere, ma molto più importante non perdersi.
Ogni uomo - non solo chi fa il magistrato - ha una coscienza, e solo rispettandola potrà essere soddisfatto della propria vita.
Seguire la propria coscienza è una scelta naturale e come tale doverosa, a prescindere dai risultati e dalle conseguenze.
Chi perde la propria coscienza, perde innanzituto sè stesso ed il senso della propria vita.
Grazie a questo blog che costituisce un riferimento importante per non perdersi nelle bassezze e nelle deficienze dalle quali è fortemente contrassegnato l'attuale associazionismo giudiziario.
"....Una grande parte della forza dei cattivi è che possono contare sulla paura dei buoni, che ingigantisce i pericoli e fa perdere di vista la gerarchia dei valori...."
Questo passaggio del ragionamento di Felice mi appartiene profondamente, sentire di averlo in comune con altri (credo quasi tutti gli amici del blog) mi consola e mi rassicura : è ora che tutti si abbia la consapevolezza piena del fatto che se si soccombe non è mai soltanto per "merito" dei prepotenti ma anche, e spesso in gran parte, per "colpa" della nostra paura di combattere.
Mio nonno era siciliano, purtroppo lo conosco soltanto dai racconti di mio padre.
Lui diceva sempre una cosa molto simile a quella che dice Felice, a proposito di prepotenze, regimi (era antifascista), così motivando il proprio non chinare mai il capo davanti a nessuno...lui diceva sempre di non avere mai paura perchè "più sono grossi e più fanno il botto quando cascano".
Un bel giorno le regole "truccate" di questo gioco saranno sotto gli occhi di tutti, e questo avverrà anche grazie a questo "rivoluzionario" blog nel quale le forze si sommano invece di dividersi dipanando ombre, incomprensioni, illuminando la parte (che si vorrebbe volutamente nascosta) dell'intero sistema Giustizia.
Quel giorno i grossi "cascheranno" e faranno un gran botto.
Quel giorno, finalmente, la legge sarà Uguale per tutti.
Io ci credo, se non lo credessi possibile non sarei qui, ci credo perchè leggo nei commenti e nelle domande dei cittadini una consapevolezza che significa aprire gli occhi, la volontà di comprendere per poter fare qualcosa, guardare oltre lo scoop e tentare di capire approfondendo i meccanismi e gli equilibri.
Da due anni ormai faccio a scuola di mio figlio delle conversazioni sulla Costituzione, ho parlato ai bambini della quinta elementare (la lezione si chiamava "Facciamo che..", per far notare ai bambini che essi stessi prima di iniziare un qualsiasi gioco sentono la necessità di stabilire delle regole, senza le quali giocare sarebbe impossibile) e poi a ragazzi di prima, seconda e terza media : voi non avete idea di quanta lucida curiosità, assolutamente scevra da ogni contaminazione emozionale o politica, dei ragazzi così giovani sappiano esprimere e comunicare nelle proprie domande, molti di loro forse domani saranno dei giuristi, il futuro è, ed è sempre stato, nei giovani ed è per loro che si deve continuare nonostante tutto questo cammino di educazione e divulgazione.
Lo ripeto, io ci credo.
Ed anche voi.
Un abbraccio forte
Andrea Falcetta
Per la Redazione e in particolare per il Dottore Lima e tutti coloro che scrivono su questo blog, Grazie che ci siete!
Non mollate: nel leggervi mi viene un coraggio che non immaginavo di avere!
b
E' sempre emozionante entrare in questo blog.
Vedere che ci siano persone che hanno ancora l'umiltà di sentirsi piccoli. Persone che hanno idee, così raro ormai, ormai ci sono fazioni non idee.
Il discorso che voi fate su buoni e cattivi richiama le analisi di Paolo Freire frutto delle sue esperienze in america latina.
"La pedagogia dell'oppresso, come pedagogia umanistica e liberatrice, avrà due momenti distinti. Il primo, in cui gli oppressi scoprono il mondo dell'oppressione e si impegnano nella prassi a trasformarlo; il secondo, in cui , trasformata la realtà oppressiva, questa pedagogia non è più dell'oppresso e diventa la pedagogia degli uomini che sono in processo permanente di liberazione."
(Paolo Freire, La pedagogia degli oppressi, Mondadori, Milano 1971)
In estrema sintesi, affinchè esista l'uno (l'oppressore) è necessario che esista l'altro (l'oppresso). Nella maggior parte dei casi è una relazione biunivoca, nel nostro caso lo è sicuramente. La nostra classe dirigente è figlia delle logiche e della cultura che pervadono la nostra società. Dal bidello di una scuola, al consigliere comunale, dal capoclasse al parlamentare, dal più forte del gruppo al più intelligente, chiunque ha un potere lo usa per se e per favorire i suoi "amici". Coloro che non riescono a raggiungerlo (il potere) sono le vittime, gli oppressi. Ma invece che cercare la ridistribuzione di esso cercano il potere per poterlo sfruttare a loro volta per se e per i loro amici. Questa è la logica delle fazioni.
Quante persone conoscete che hanno lottato per diritti che andassero contro i loro interessi? Conoscete Uomini che si sono battuti per ideali che avrebbero peggiorato la loro situazione ma costruito un equilibrio più giusto? Io ne conosco molto pochi, quasi nessuno.
Finchè l'oppresso si sentirà tale e impotente, nulla cambierà.
Finchè l'oppresso tenterà di diventare a sua volta oppressore, nulla cambierà.
Grazie ragazzi!
Alessandro Cuboni
Gentile Dott. Lima, sono un cancelliere che non ha mai (in 20 anni) sentito un magistrato dire le cose che lei ha detto. Ho visto spesso suoi colleghi così concentrati sul "numero" dei loro provvedimenti da non far caso agli esseri umani che danno, bene o male, ausilio al loro lavoro. Ho sentito magistrati ripetere la storia della carenza del personale di cancelleria anche quando lo stesso personale ammetteva che si contendeva il poco lavoro che c'era. Ho visto indifferenza, sguardi rivolti altrove per non curarsi dell'atmosfera arrogante di certi uffici giudiziari. Ho visto cerimonie senza senso, le inaugurazioni dell'anno giudiziario, come obbligo di celebrare per il defunto (la giustizia, la rettitudine)un funerale solenne all'anno. La giustizia quasi non esiste più ma ha diritto ad essere ricordata, auspicata per il futuro. E i giudici che sono stati ammazzati, che sono saltati in aria, che non hanno fatto ritorno a casa e chi li aspettava è rimasto solo, chi ne curerà seriamente e ogni giorno il ricordo?
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