martedì 22 luglio 2008

Approvato il lodo Alfano

E' stato, dunque, approvato il “lodo Alfano”; questa legge viene usualmente collegata dalla stampa al concetto di immunità; si tratta di una temporanea immunità processuale delle quattro alte cariche (i Presidenti della Repubblica, delle due camere, del Consiglio). Gli illeciti eventualmente commessi restano tali e sono astrattamente punibili, solo che è differito il tempo della celebrazione del processo alla fine del relativo mandato. L'immunità sostanziale, invece, esclude la stessa punibilità del fatto.


Una premessa per capire: la distinzione tra procedimento e processo.

Il sistema processuale penale vigente si caratterizza per la netta distinzione dell'attività giudiziaria in due ambiti: le indagini preliminari ed il processo vero e proprio.
Le prime si svolgono sotto la direzione del PM e sono volte a raccogliere gli elementi di accusa (ed anche di difesa) per stabilire se sia necessario procedere al dibattimento oppure chiudere la vicenda con una richiesta di archiviazione. Siamo nel “procedimento”.

Si attiva il “processo” soltanto con uno degli atti in virtù dei quali il soggetto indagato acquisisce la diversa veste di “imputato” (art. 60 c.p.p.): si tratta, solitamente, di una richiesta del PM con la quale, decidendo di promuovere l'azione penale, egli sollecita il giudice a fissare la data di un'udienza (preliminare o dibattimentale) nella quale discutere del caso.

Tutto ciò che è “a monte” di tale attività, quindi, non rientra nel concetto di processo ed è racchiuso nel diverso ambito delle indagini preliminari.

Il testo del lodo Alfano non lascia spazio a dubbi: la sospensione riguarda soltanto il “processo”, tanto da potervi rinunciare esclusivamente un “imputato”. Risultano, al contrario, estranee alla sospensione le indagini preliminari il cui svolgimento resta connotato dai consueti caratteri di obbligatorietà. Sarà quindi necessario procedere alle indagini preliminari anche nei confronti delle alte cariche, sia pure con i limiti già previsti dagli artt. 68, 90 e 96 della Costituzione.

Se, com'era stato annunciato, l'intento di questa legge era quello di evitare il disagio arrecato dall'onere di difendersi, quando ciò riguardi una delle alte cariche dello Stato, può affermarsi che esso è raggiunto solo parzialmente. Infatti l'attività difensiva si esplica anche nel corso delle indagini preliminari: ad esempio nella partecipazione agli atti cd. garantiti, che si devono svolgere alla presenza del difensore; nell'espletamento delle indagini difensive; nei ricorsi contro eventuali misure cautelari di carattere reale (sequestri); nella partecipazione alle udienze dell'incidente probatorio.

La formulazione della legge, invece, esclude soltanto che possa celebrarsi il processo e, in definitiva, che si possa pervenire alla pronuncia di una sentenza (di condanna o di assoluzione).


Per consentire a ciascuno di formarsi un'idea circa la compatibilità costituzionale di questa legge, riportiamo, oltre al testo del lodo Alfano, anche il testo dell'art. 1 della legge n. 140 del 2003 (cd lodo Schifani) e un estratto della sentenza della Corte Costituzionale n. 24 del 2004 che ne aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale.

Lodo Alfano
Art. 1.
    1. Salvi i casi previsti dagli articoli 90 e 96 della Costituzione, i processi penali nei confronti dei soggetti che rivestono la qualità di Presidente della Repubblica, di Presidente del Senato della Repubblica, di Presidente della Camera dei deputati e di Presidente del Consiglio dei ministri sono sospesi dalla data di assunzione e fino alla cessazione della carica o della funzione. La sospensione si applica anche ai processi penali per fatti antecedenti l’assunzione della carica o della funzione.
2. L’imputato o il suo difensore munito di procura speciale può rinunciare in ogni momento alla sospensione.
3. La sospensione non impedisce al giudice, ove ne ricorrano i presupposti, di provvedere, ai sensi degli articoli 392 e 467 del codice di procedura penale, per l’assunzione delle prove non rinviabili.
4. Si applicano le disposizioni dell’articolo 159 del codice penale.
5. La sospensione opera per l’intera durata della carica o della funzione e non è reiterabile, salvo il caso di nuova nomina nel corso della stessa legislatura né si applica in caso di successiva investitura in altra delle cariche o delle funzioni.
6. Nel caso di sospensione, non si applica la disposizione dell’articolo 75, comma 3, del codice di procedura penale. Quando la parte civile trasferisce l’azione in sede civile, i termini per comparire, di cui all’articolo 163-bis del codice di procedura civile, sono ridotti alla metà, e il giudice fissa l’ordine di trattazione delle cause dando precedenza al processo relativo all’azione trasferita.
7. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai processi penali in corso, in ogni fase, stato o grado, alla data di entrata in vigore della presente legge.
8. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.









Legge n. 140 del 2003 (lodo Schifani)

Articolo 1.
1. Non possono essere sottoposti a processi penali, per qualsiasi reato anche riguardante fatti antecedenti l'assunzione della carica o della funzione, fino alla cessazione delle medesime: il Presidente della Repubblica, salvo quanto previsto dall'articolo 90 della Costituzione, il Presidente del Senato della Repubblica, il Presidente della Camera dei deputati, il Presidente del Consiglio dei Ministri, salvo quanto previsto dall'articolo 96 della Costituzione, il Presidente della Corte costituzionale.
2. Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono sospesi, nei confronti dei soggetti di cui al comma 1 e salvo quanto previsto dagli articoli 90 e 96 della Costituzione, i processi penali in corso in ogni fase, stato o grado, per qualsiasi reato anche riguardante fatti antecedenti l'assunzione della carica o della funzione, fino alla cessazione delle medesime.
3. Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti si applicano le disposizioni dell'articolo 159 del codice penale.




Corte Costituzionale Sent. n. 24 del 2004.

4. - La situazione cui si riconnette la sospensione disposta dalla norma censurata è costituita dalla coincidenza delle condizioni di imputato e di titolare di una delle cinque più alte cariche dello Stato ed il bene che la misura in esame vuol tutelare deve essere ravvisato nell'assicurazione del sereno svolgimento delle rilevanti funzioni che ineriscono a quelle cariche.
Si tratta di un interesse apprezzabile che può essere tutelato in armonia con i principi fondamentali dello Stato di diritto, rispetto al cui migliore assetto la protezione è strumentale.
È un modo diverso, ma non opposto, di concepire i presupposti e gli scopi della norma la tesi secondo la quale il legislatore, considerando che l'interesse pubblico allo svolgimento delle attività connesse alle alte cariche comporti nel contempo un legittimo impedimento a comparire, abbia voluto stabilire una presunzione assoluta di legittimo impedimento. Anche sotto questo aspetto la misura appare diretta alla protezione della funzione.
Occorre ora accertare e valutare come la norma incida sui principi del processo e sulle posizioni e sui diritti in esso coinvolti.
5. - La sospensione in esame è generale, automatica e di durata non determinata.
Ciascuna di siffatte caratteristiche esige una chiarificazione.
La sospensione concerne i processi per imputazioni relative a tutti gli ipotizzabili reati, in qualunque epoca commessi, che siano extrafunzionali, cioè estranei alle attività inerenti alla carica, come risulta chiaro dalla espressa salvezza degli artt. 90 e 96 della Costituzione.
Essa è automatica nel senso che la norma la dispone in tutti i casi in cui la suindicata coincidenza si verifichi, senza alcun filtro, quale che sia l'imputazione ed in qualsiasi momento dell'iter processuale, senza possibilità di valutazione delle peculiarità dei casi concreti.
Infine la sospensione, predisposta com'è alla tutela delle importanti funzioni di cui si è detto e quindi legata alla carica rivestita dall'imputato, subisce, per quanto concerne la durata, gli effetti della reiterabilità degli incarichi e comunque della possibilità di investitura in altro tra i cinque indicati. E non è fondata l'obiezione secondo la quale il protrarsi dell'arresto del processo sarebbe da attribuire ad accadimenti e non alla norma, perché è questa a consentire l'indefinito protrarsi della sospensione.
6. - Da quanto detto emerge anzitutto che la misura predisposta dalla normativa censurata crea un regime differenziato riguardo all'esercizio della giurisdizione, in particolare di quella penale.
La constatazione di tale differenziazione non conduce di per sé all'affermazione del contrasto della norma con l'art. 3 della Costituzione. Il principio di eguaglianza comporta infatti che, se situazioni eguali esigono eguale disciplina, situazioni diverse possono implicare differenti normative. In tale seconda ipotesi, tuttavia, ha decisivo rilievo il livello che l'ordinamento attribuisce ai valori rispetto ai quali la connotazione di diversità può venire in considerazione.
Nel caso in esame sono fondamentali i valori rispetto ai quali il legislatore ha ritenuto prevalente l'esigenza di protezione della serenità dello svolgimento delle attività connesse alle cariche in questione.
Alle origini della formazione dello Stato di diritto sta il principio della parità di trattamento rispetto alla giurisdizione, il cui esercizio, nel nostro ordinamento, sotto più profili è regolato da precetti costituzionali.
L'automatismo generalizzato della sospensione incide, menomandolo, sul diritto di difesa dell'imputato, al quale è posta l'alternativa tra continuare a svolgere l'alto incarico sotto il peso di un'imputazione che, in ipotesi, può concernere anche reati gravi e particolarmente infamanti, oppure dimettersi dalla carica ricoperta al fine di ottenere, con la continuazione del processo, l'accertamento giudiziale che egli può ritenere a sé favorevole, rinunciando al godimento di un diritto costituzionalmente garantito (art. 51 Cost.). Ed è appena il caso di osservare che, in considerazione dell'interesse generale sotteso alle questioni di legittimità costituzionale, è ininfluente l'atteggiamento difensivo assunto dall'imputato nella concretezza del giudizio.
Sacrificato è altresì il diritto della parte civile la quale, anche ammessa la possibilità di trasferimento dell'azione in sede civile, deve soggiacere alla sospensione prevista dal comma 3 dell'art. 75 del codice di procedura penale.
7. - Si è affermato, per sostenere la legittimità costituzionale della legge, che nessun diritto è definitivamente sacrificato, nessun principio costituzionale è per sempre negletto.
La tesi non può essere accolta.
All'effettività dell'esercizio della giurisdizione non sono indifferenti i tempi del processo. Ancor prima che fosse espressamente sancito in Costituzione il principio della sua ragionevole durata (art. 111, secondo comma), questa Corte aveva ritenuto che una stasi del processo per un tempo indefinito e indeterminabile vulnerasse il diritto di azione e di difesa (sentenza n. 354 del 1996) e che la possibilità di reiterate sospensioni ledesse il bene costituzionale dell'efficienza del processo (sentenza n. 353 del 1996).
8. - La Corte ritiene che anche sotto altro profilo l'art. 3 Cost. sia violato dalla norma censurata.
Questa, infatti, accomuna in unica disciplina cariche diverse non soltanto per le fonti di investitura, ma anche per la natura delle funzioni e distingue, per la prima volta sotto il profilo della parità riguardo ai principi fondamentali della giurisdizione, i Presidenti delle Camere, del Consiglio dei ministri e della Corte Costituzionale rispetto agli altri componenti degli organi da loro presieduti. Né vale invocare, come precedente e termine di comparazione, l'art. 205 cod. proc. pen. il quale disciplina un aspetto secondario dell'esercizio della giurisdizione, ossia i luoghi in cui i titolari delle cinque più alte cariche dello Stato possono essere ascoltati come testimoni.
Non è superfluo soggiungere che, mentre vengono fatti salvi gli artt. 90 e 96 Cost., nulla viene detto a proposito del secondo comma dell'art. 3 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, che ha esteso a tutti i giudici della Corte Costituzionale il godimento dell'immunità accordata nel secondo comma dell'art. 68 Cost. ai membri delle due Camere. Ne consegue che si riscontrano nella norma impugnata anche gravi elementi di intrinseca irragionevolezza.
La questione è pertanto fondata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.
Resta assorbito ogni altro profilo di illegittimità costituzionale.
9. - La disposizione direttamente impugnata si inserisce in un contesto normativo le cui articolazioni, per quanto riguarda i primi due commi - che si riferiscono, rispettivamente, alle due situazioni della non sottoponibilità a processo e della sospensione dei processi eventualmente già in corso - sono dirette alla medesima, sostanziale finalità, hanno lo stesso ambito soggettivo di applicazione ed entrano in contrasto con gli stessi precetti costituzionali. Pertanto, in via conseguenziale ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la dichiarazione di illegittimità costituzionale deve estendersi anche ai commi 1 e 3, non direttamente impugnati, dell'art. 1 della legge n. 140 del 2003: al comma 1 per le ragioni appena dette, ed al comma 3, concernente la sospensione della prescrizione per il tempo di applicazione delle misure di cui ai primi due commi, perché lo stesso, caducati i precedenti, non ha alcuna autonomia applicativa.

23 commenti:

Anonimo ha detto...

Ineccepibili le riflessioni giuridiche offerte dalla redazione, specialmente nel aver posto alla attenzione dei cittadini la differenza tra procedimento penale e processo penale.
Complimenti.
Francesco Messina

Anonimo ha detto...

E mica è tutto.

http://www.ansa.it/opencms/export/site/visualizza_fdg.html_730142191.html

2008-07-22 20:04
"INCOMPATIBILE", IL CSM TRASFERISCE DA MILANO FORLEO
ROMA - Deve lasciare Milano il gip dell'inchiesta sulle scalate bancarie Clementina Forleo. Lo ha deciso a maggioranza il plenum del Csm, che ha disposto il suo trasferimento d'ufficio per incompatibilità ambientale.

Luciana

Anonimo ha detto...

Parafrasando Francis Scott Fitzgerald:
si drovrebba capire che questo "sistema corrotto" è ormai senza speranza. Ma, tuttavia, dobbiamo essere decisi a cambiarlo.

Il Magistrato Roberto Scarpinato, espone la sintesi della sua analisi nel seguente sito.

http://www.radioradicale.it/scheda/258653/la-nascita-della-seconda-repubblica-sul-sangue-di-falcone-e-borsellino

Cordialità
Stefano

Anonimo ha detto...

Un giorno nero per la democrazia italiana, ed una luce in fondo al tunnel non si vede, anzi, si attende l'imminente ""riforma"" della giustizia....

Anonimo ha detto...

Facendo seguito, in un certo senso, all'intervento di Enrico:

Forse ricordo male, anzi sicuramente sarà così, ma mi pare infatti che alla realizzazione del piano a suo tempo elaborato da Gelli & soci, Rinascita nazionale, mi pare si chiamasse, manchi per l'appunto solo la c.d. riforma della giustizia, ossia l'asservimento ufficializzato della magistratura al potere esecutivo. Per il resto, le "riforme" in senso autoritario ed autocratico dello Stato, mi sembra che siano state già realizzate tutte, in questi anni, e fatte digerire ai cittadini che anzi in alcuni casi anzi (vedi sistema elettorale maggioritario)le hanno salutate e caldeggiate come autentiche riforme democratiche.
Ma, ripeto, forse ho i ricordi un po' confusi. Se qualche lettore più attento e documentato riesce a linkarlo o a riportarlo, il mitico piano di cui sopra, sarebbe oggi una lettura davvero interessante.

Avvilito-Inkazzato

Anonimo ha detto...

Non mi è chiaro un passaggio e gradirei lumi al riguardo.
Quali conseguenze può avere sull’economia del processo, nel momento in cui sarà possibile celebrarlo, l’eventuale necessità di ripetere ex novo alcuni atti già compiuti durante le indagini preliminari?

Anonimo ha detto...

Visto che la sospensione del processo può essere anche rifiutata, Berlusconi avrebbe l'opportunità per dimostrare che il "dolo" Alfano non è la solita legge ad personam per difendersi dai processi. Mah! E' facile invece che nella fretta abbiano confuso procedimento e processo... La gatta frettolosa partorisce gattini ciechi...
Purtroppo il disegno politico che sottosta al suo comportamento va in ben altra direzione e, dopo le esplicite accuse di Tavaroli della ex Security Telecom, anche molti altri parlamentari vorranno almeno uno scudo che li protegga dalla grandine giudiziaria che potrebbe abbattersi sui loro comitati d'affari.
Antigone

Anonimo ha detto...

Anche se "off topic", desidero indicare un esempio concreto di ciò che ho scritto durante la discussione avuta con Silvia e altri bloggers riguardo ai metodi di demistificazione delle notizie comunicate tramite i media.
Ho selezionato due trasmissioni radiofoniche della RAI nel corso delle quali io sono intervenuto per cercare di confutare le tesi di alcuni giornalisti.
Ho voluto indicare questi esempi anche per contrastare l'idea che ci sia una generalizzata tiepidezza nell'affrontare certe problematiche e che si abbia il costante timore ad avvicinarsi ai limiti di quei recinti mentali entro i quali qualcuno (anche noi stessi) tende a chiudere.
Non è così.
Segnalo quindi le due trasmissioni.
La prima è Zapping di lunedì 7 luglio scorso.
http://www.radio.rai.it/radio1/zapping/elenco.cfm?first=11&Q_PROG_ID=107&Q_TIP_ID=1206

L'intervento del giornalista che mi ha spinto a intervenire è al minuto 11.30. Il mio intercento è al minuto 51.49.
Naturalmente, per ascoltare, bisognerà cliccare su "ascolta"; poi basta muovere il "cursore" delimita il tempo per raggiungere velocemente i punti della trasmissione desiderati.

L'altra trasmissione è Prima Pagina del 15 luglio scorso.

http://www.radio.rai.it/radio3/primapagina/ascolta_archivio.cfm

Anche qui, dopo aver cliccato su "ascolta", basta andare con il cursore dopo un'ora 10 minuti e 30 secondi per ascoltare il mio intervento.

Francesco Messina

Anonimo ha detto...

Ripeto l'indirizzo di Prima Pagina (nella prima indicazione, dopo "/primapagina/" seguono le parole "ascolta_archivio.cfm").

Per cui l'indirizzo completo è questo
http://www.radio.rai.it/radio3/primapagina/
ascolta_archivio.cfm

Francesco Messina

Anonimo ha detto...

Gentile Dottore Francesco Messina,
Complimenti per i suoi interventi.
Posso farLe una doanda in privato?
b
ps
è inerente gli stessi appunti che Lei giustamente ha rivolto ai giornalisti con riferimento al fatto che non chiedono conto a B quando annuncia una conferenza stampa ...

Anonimo ha detto...

Caro Avvilito-Inkazzato,

non ricordi male, anzi secondo me hai perfettamente ragione.
Il link che cerchi dovrebbe essere questo:
http://www.misteriditalia.it/loggiap2/ilpiano/P2(piano).pdf

Saluti.

Anonimo ha detto...

Se proprio non è possibile farla in pubblico, me la ponga in privato..:-)

Francesco Messina

Anonimo ha detto...

caro Bartolo, non privarci del piacere di leggere la risposat del Giudice Messina...
ti ci metti pure tu, adesso, a fare inciuci? :-)
con simpatia, sei un grande. Grazie anche a Francesco

Anonimo ha detto...

Ok, ma solo perché incoraggiato dall'anonimo delle 11.52.
Gentile dottore Francesco Messina,
mi è piaciuta la sua "reprimenda" ai giornalisti che non hanno chiesto conto a B della circostanza che aveva annunciato una conferenza stampa per esternare i nomi dei giudici sovversivi e poi puntualmente come è sua abitudine non lo ha fatto.
Mi permetta (approfitto, spero non troppo, della sua bontà come ho già fatto nei giorni scorsi) di chiederLe nella Sua Qualità di rappresentante dell'ANM, come mai questa non ha mai nulla da dire quando alcuni suoi colleghi le combinano grosse nei confronti dei signor nessuno e nonostante ciò fanno carriere brillanti; poi, ancora, altri nel pieno rispetto delle regole indagano signori tutto ed immediatamente diventano cattivi magistrati. E' vero che neanche in questi casi l'ANM parla, ma solo perché non può farlo considerati i silenzi reticenti dei primi casi. Mi perdoni se tiro in ballo sempre il caso dell'altro giorno, ma esso è sintomatico del mio ragionamento (peraltro alquanto confuso) "il Gip che nel 1993 ha firmato il mandato d'arresto nei confronti del signor nessuno accusato tramite riconoscimento fotografico da uno sconosciuto; si è guardato bene, invece, dal firmarlo nei confronti di un noto politico nazionale nonostante, nei confronti di questi, le accuse erano più circostanziate: ebbene, quel Gip, che a distanza di tre mesi ha scarcerato il signor nessuno, sempre egli a distanza di un anno è stato anche Gup. E nel rinviare a giudizio, il signor nessuno, si è limitato a non citarlo nemmeno nell'ordinaza. Conclusioni:(l'80% di quegli imputati sono stati tutti assolti, circa 100) quel Gip oggi è Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia.
chiedo perdono per la confusione.
b

Anonimo ha detto...

Caro Bartolo, sono assolutamente d'accordo con Lei.
E' ovvio che non posso dare valutazioni sul caso Lei mi sottopone perchè non conosco fatti e carte processuali.
Sono altri poi i soggetti proposti al controllo sulla bontà dell'azione dei magistrati (procuratori generali e CSM).
Ma questo non toglie che, per quel che può valere il mio giudizio, io non solo auspico ma PRETENDO che gli organi istituzionali e la stessa ANM siano rigorosissima nel controllo e nella denuncia di comportamenti professionalmente scorretti o superficiali da parte di colleghi.
E questo proprio perchè non sono abituato a distinguere fra signor nessuno e facce note, dovendo prestare la medesima profonda attenzione a tutti (dietro ogni carta processuale ci sono persone, sentimenti, passioni, aspettative, dolori, sofferenze, speranze)

Naturalmente, come Lei comprende, una cosa sono i provvedimenti abnormi, superficiali, scritti con termini e modalità difficilmente comprensibili per il cittadino che situazione da contrastare.
Un'altra cosa, invece, sono i provvedimenti formalmente corretti attraverso i quali il giudice espone il proprio convincimento.
Quei provvedimenti possono non essere condivisi da altri magistrati in altre fasi procedimentali o in altri gradi di giudizio, ma questo è fisiologico in ogni giudizio penale o civile.
Quello che deve essere accertato è la correttezza e la congruità delle argomentazioni giuridiche proposte, non le soluzioni in concreto.
Se ragionassimo in modo diverso oggi non avremmo riconosciuti alcuni diritti che hanno una diretta origine giurisprudenziale (si sono formati cioè con sentenze innovative e che sono apparse "diverse" rispetto al pensiero precedente).
Mi riferisco al diritto alla salute, al diritto alla riservatezza, alla tutela dei contraente debole, alla tutela del consumatore, alla tutela dei lavoratori, alla tutela dell'ambiente come diritto dei singoli cittadini etc.
I giudici che negli anni 60 e 70 innovarono queste tematiche furono considerati "eretici" rispetto al pensiero consolidato dell'epoca per il quale questi diritti non necessitavano della tutela che poi è stata loro riconosciuta.

Tengo a precisare qualche aspetto della mia professione che non è sufficientemente conosciuto.
Da alcuni anni tra molti magistrati è avvertita come più urgente la necessità di essere comprensibili in ordine al risultato del nostro lavoro.
Per chi come me questa esigenza ha sempre avvertito, si è trattato di affinare ulteriormente il contatto e lo scambio di informazioni con altre branche scientifiche, specialmente quelle che curano la comunicazione e il linguaggio; e questo per essere sempre meno autoreferenziali e sempre più autorevoli (non autoritari), basandosi sulla "qualità" del servizio che si rende alla comunità di cui si è parte.
Se c'è stato un errore (non so se, oramai, più rimediabile) da parte della mia categoria lo si deve rintracciare nel suo non essere stata sufficientemente comprensibile a tutti, nel suo essersi rintanata in una difesa romantica e titanica (nella migliore delle ipotesi) delle proprie prerogative; nel non essersi sforzata nel farle diventare patrimonio cognitivo e di passione civile per tutti cittadini.
Bisognava avere il coraggio di rompere quegli schemi all'interno dei quali ognuno (anche i magistrati) avevano le proprie certezze e le proprie sicurezze; anche perchè non c'è certezza abbastanza duratura e inattaccabile se essa non viene anche costantemente valutata, condivisa e fatta propria attraverso una riflessione più vasta a cui vanno invitati i propri simili.

Ciò posto Bartolo, mi pare che oggi esista anche un problema di proporzioni.
Se la magistratura in passato non è stata abbastanza rigorosa al suo interno, non vi è dubbio che la qualità e la quantità degli attacchi e delle mistificazioni che sta sopportando porta ad una ineludibile verità: che è il controllo che, comunque, la magistratura ha esercitato negli ultimi 50 anni in Italia è proprio ciò che si vuole eliminare; non si vogliono certo eliminare le neghittosità, le debolezze, le collusioni della categoria che, pur NON endemiche e diffuse, sono state tranquillamente tollerate per lunghi anni.

Francesco Messina

Anonimo ha detto...

Se mi posso permettere l'ultimo commento del Dr.Messina andrebbe pubblicato su qualche giornale e diffuso. Grazie.
Alessandra

Anonimo ha detto...

Grazie dottore Messina!
Sono certo che un giorno (neanche tanto lontano) una Commissione parlamentare d'inchiesta (non dell'attuale parlamento), a differenza di B che annuncia di rivelare i nomi dei giudici sovversivi senza poterlo fare perché è una menzogna, valuterà l'operato di un congruo numero di magistrati che ha operato in spregio ad ogni principio di civiltà giuridica. E, non poche volte, ha delegato persino i suoi poteri all'arbitrio degli organi investigativi. Forse era necessario per la lotta a tutte le mafie; o almeno, questo era il loro nobile intento. Ad oggi, però, i risultati non sono altro che, tragici risultati!
GRAZIE, ancora, per la sua Gentilezza.
b

Anonimo ha detto...

Lodo Alfano, Napolitano promulga la legge.
Alessandra

Anonimo ha detto...

Gentile Dott. Messina,
in quanto alla discussione sugli insulti ho risposto a seguito di quel post, e poi ci sono stati altri interventi.
Ma vorrei chiarire che sono certa (per ciò che ho letto da parte sua in questo blog, e per fortuna anche da parte di molti altri) che non tutti in Italia tendono a costringersi da soli in recinti sempre più stretti.
Il punto che volevo sviscerare è che purtroppo è una situazione sempre più diffusa. Così come i cosiddetti "riformisti di sinistra" vengono costantemente invitati al dialogo e a non fare ostruzione su temi che meriterebbero una rivoluzione popolare, per i quali dovrebbe essere già troppo accondiscendente chi si limita ad una severissima ostruzione, anche in campo comunicativo siamo in questi anni un po' regrediti. Ci "sacrifichiamo" nei toni e nei termini (o lo chiediamo agli altri) per paura di essere attaccabili.

E questo in tutti i contesti, anche se in alcuni è più facile notarlo (ad esempio nella satira, dove le parolacce dovrebbero essere concesse -attenzione: parlo di satira, non di comicità, chiedere ad un premio Nobel del calibro di Fo, tanto per citarne uno- e non appena vengono pronunciate sentiamo un irrefrenabile desiderio di sobrietà, è come se ne avessimo paura, orrore).

Altra cosa ancora è l'utilizzo "pervertito" dei termini della lingua, scientificamente introdotto per scopi precisi di delegittimazione di tutta la lingua in sè.
Altra cosa è il tentativo di far sparire i congiuntivi (ventilato spesso anche da qualche linguista) perché tanto nessuno li usa né li conosce.
O l'inserimento di strafalcioni impensabili nel vocabolario perché divenuti popolari (non parlo di semplici neologismi, ma di strafalcioni veri e propri, spesso introdotti dai giornalisti per fare sensazione, o da qualcuno dei tanti signor nessuno cerebralmente vuoti che affollano i salotti televisivi).
La delegittimazione della lingua porta la possibilità di tutti di dire di tutto, anche insulti, tanto "erano in un'altra accezione". E le altre modifiche qui sopra riportate non sono un semplice segno del passare dei tempi, e del mutare della lingua, no. Sono un tentativo di cancellare regole corrette ed utili e nemmeno troppo difficili solo perché siamo in maggioranza talmente ignoranti e sfaccendati da non averle mai imparate e/o applicate. Sono un inserire linguaggi privi di significato, privi di corrispondenza semantica nella nostra quotidianità per non fare la fatica di utilizzare termini già esistenti, o per il gusto di sentirsi creatori di qualcosa, o per lo sfizio di autogiustificarsi ogni volta che non siamo in grado di affrontare una situazione data.

Scusate tutti lo sfogo, forse sono un po' pessimista. Ma io sinceramente vorrei essere propositiva, non solo critica.
Riuscissimo -tramite l'uso, ma anche tramite altre iniziative, tutte quelle possibili, che nemmeno riesco a immaginare- a diffondere l'utilizzo di termini, locuzioni, tempi verbali esatti nel loro significato vero, a diffondere la cultura, anzi: la Cultura... smetterla coi toni accesi che fanno audience, ri-costruire argomentazioni solide per ogni banalissimo pensiero (oggi si procede solo a slogan)... forse se facessimo diventare "di moda" tutto questo si potrebbe poi ottenere una tale consapevolezza da parte -non di tutti, bensì- della "massa", cioè della maggioranza, che poi nessuno più si sognerebbe di seguire le "mode", di non pensare con la propria testa, di pretendere l'omologazione di tutto e tutti per poter considerare l'attendibilità di tutto e tutti.

Ovviamente a parte questo bellissimo blog che ce l'ha già questa missione (nascosta), ma è un po' "di nicchia" (conosco gente della mia età o della generazione prima della mia che se sfoglia un giornale cerca di desumere il contenuto degli articoli dalle foto per la pigrizia di non leggere nemmeno le didascalie, o che non si interessa né di politica né di cultura né di civiltà per paura di rattristarsi all'accorgersi di ciò che succede nel mondo, e quando mai gente così leggerà "uguale per tutti"?).

E' utopia?

Silvia.

Anonimo ha detto...

Cara Silvia, per prima cosa prendo atto che hai (a mio parere, positivamente) cambiato prospettiva su qualche contenuto della nostra precedente discussione.
Già il porsi in un'ottica di complessità della realtà mediatica e di azioni conseguenti e adeguate a questa complessità, significa affrontare in modo nuovo il problema.
Giustamente tu hai scritto che c'è differenza fra comicità e satira.
Io aggiungo che c'è differenza fra comicità, satira, denuncia civile e denuncia tecnico-giuridica.
I linguaggi devono essere calibrati con riferimento a ciascuno degli specifici argomenti e dei peculiari contesti in cui vengono affrontati.
La nota manifestazione di Piazza Navona aveva preso spunto da istanze civili e che riguardavano la "cristalleria" istituzionale (se mi passi la metafora).
Quindi necessitava di linguaggi, contenuti e atteggiamenti conseguenti.
Sarebbe stato improvvido (ed è stato improvvido) mischiare contenuti, stili e registri linguistici diversi.
Non dimenticare poi il problema della c.d. "agenda setting" negli spazi di informazione italiani.
Alcune notizie o sono completamente pretermesse, o sono posizionate nel palinsesto in ordine strategico per catturare: ora per catturare l'attenzione dell'utente, ora per depotenziarne l'impatto conoscitivo.
Ne è un evidente esempio il fatto che durante i TG Nazionali spesso si preferisce dare notizia e filmati che riguardano l'ultimo gioco a premi e di intrattenimento come (ad es. La botola), dandogli uno spazio temporale "immenso" secondo i criteri della comunicazione televisiva, mentre si preferisce tacere su fatti ben più rilevanti perchè si ottenga un giudizio informato dei cittadini su fatti importanti per la propria vita.
Capisci, quindi, che con un minimo di accortezza, quando si organizza qualcosa bisogna anche prevedere quale sarà il modo in cui esso verrà raccontato.
E questa è questione non di poco conto perchè, come affermano da decenni gli studiosi della comunicazione", un fatto esiste se e in quanto è raccontato.
Realtà e comunicazione non sono due entità distinte, separate e autonome, ma l'una (la realtà) dipende dall'altra.

Sulla necessità di usare linguaggi adeguati sono assolutamente d'accordo con te.
Magari punterei molto sulla precisione linguistica più che sul puro "bello stile".
L'esperto del linguaggio è colui che ha la capacità di essere linguisticamente preciso e duttile.
Ma questo è un discorso molto complesso che è difficile fare in questa sede.

Mi limito a una considerazione finale.
Si dice con esattezza che l’italiano burocratico è l’italiano dei semicolti.
E' bene ricordare che quello burocratico è uno stile che ha avuto anche una sua evoluzione.
Basta pensare ai precedenti modelli: prima la lingua del melodramma, poi quello della burocrazia e, infine, quello dei moderni sistemi mediatici.
Per fare un esempio della inadeguatezza linguistica e della scarsa professionalità che alligna nel nostro sistema "informativo-formativo" (si fa per dire), oggi spesso si continua a parlare con straordinaria leggerezza di "assoluzione per prescrizione" (che è una affermazione che se detta nel corso dell'esame di procedura penale da uno studente di giurisprudenza comporterebbe il suo giusto allontanamento -in malo modo- dall'aula).
Ma tutto ciò, a ben vedere, non è casuale, a parte i singoli casi di oggettiva e inconsapevole ignoranza.
Come ha affermato in modo folgorante Pier Vincenzo Mengaldo la distanza abissale fra i diversi linguaggi costituisce il paradigma della lontananza, nel nostro Paese, fra le classi sociali.
E' un solco che è stato scavato per secoli e che continua a produrre vecchie nuove disuguaglianze. Le ultime sono ancora più inquietanti perché, per fare un esempio, il giornalista o il “brigadiere che viene spinto ad usare il linguaggio burocratico punta, in realtà, a realizzare una autonoma scalata sociale; e una volta che si impadronisce di quel lessico è convinto di averla realizzata, mentre, invece, conoscerà solo la “parodia” di quella lingua, continuando così ad essere inconsapevole rotella di un ingranaggio che continuerà a schiacciarlo”.

Francesco Messina

In uno straordinaria opera Pier Vincenzo Mengaldo

Anonimo ha detto...

"La democrazia non può ritirarsi dal sistema in generale, rifugiandosi in alcuni luoghi soltanto.
Ma da qui si può e si deve comunque ripartire, soprattutto se la voce dei cittadini e dell’opposizione riuscirà a trovare i toni forti e giusti di cui abbiamo bisogno".
Sono le parole conclusive di un articolo di S.Rodotà:" IlPrincipe e la legge" pubblicato in questo sito.L'ho riletto più volte perchè vi ho ritrovato molta parte del mio pensiero.Le disquisizioni sul linguaggio burocratico e non sono utili sicuramente,ma restano un esercizio ancora squisitamente intellettuale.Credo che sia arrivato il tempo, per tutti i cittadini che credono ancora in questo paese e nella democrazia,di ritrovare,come giustamente scrive Rodotà ",i toni forti e giusti".In tutti i luoghi in cui viviamo la nostra quotidianità dobbiamo usare toni forti e giusti per comunicare con gli altri ed ampliare il dissenso democratico di cui lo stato attuale della nostra società necessita.
Graziella Mattaliano

tanino ferri ha detto...

D'accordo che questo sito, per corretta opportunità, vuole apparire come la moglie di Cesare, ma qualunque opinione, soprattutto su fatti espressione di iter politici, dà intrinsicamente una valutazione sul personaggio di una parte o di un'altra, che ha sponsorizzato quel fatto. Come si fa a parlare delle legge ve...gna (lodo Al....) senza dare nessuna connotazione politica?

Anonimo ha detto...

Risponderanno che non è una valutazione politica, ma una valutazione basata sul buon senso. In ogni caso, che non è una valutazione partitica, ma politica in senso lato, e che pertanto è perfettamente legittima.