Riportiamo da Camerepen@alionline, rivista dell’Unione delle Camere Penali Italiane un articolo dell’avv. Oreste Flamminii Minuto.
Si tratta di uno scritto davvero prezioso e molto significativo è che esso sia datato 27 ottobre 2006. Sono passati due anni e l'articolo è ancora di strettissima attualità, perché i problemi messi in luce dall’avv. Flamminii Minuto si sono solo aggravati.
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di Oreste Flamminii Minuto
(Avvocato)
da Camerepen@alionline
Non dirigo più questo “sito”. Per la verità non l’ho mai diretto: mi sono limitato a fare – come specificato in alcuni post - il “curatore”, e non mi è parso corretto intervenire con continuità sui contenuti e sul merito di diversi articoli che ho pubblicato. Solo qualche nota di dissenso, appena accennato, proprio perché non vi era “una linea editoriale” da difendere o, più semplicemente da divulgare.
Ora, però, sono tornato “libero” e penso di poter esporre alcune idee, nella convinzione e nella consapevolezza della loro apparente “non ortodossia”. E dal momento che quello che sto per dire posso farlo senza dover chiedere a nessuno il permesso per la pubblicazione (non mi è ancora stata tolta la chiave di accesso al sito) ne approfitto in maniera forse non troppo corretta.
Lo riconosco, ma la tentazione è troppo forte e dunque ….
Dunque !
Da diversi anni sembra (dico: sembra) che l’unica ossessione della nostra associazione sia la separazione delle carriere Non c’è Congresso, Convegno, riunione conviviale in cui non si parli della separazione delle carriere. Ed è giusto che se ne parli. Ma, forse, se si facesse una riflessione più approfondita si potrebbe scoprire che l’ “ossessione”, non solo non risolve il problema, ma contribuisce a “non risolverlo affatto”.
Intendo dire che il “problema” ormai è tale che ciascuno di noi pensa che la soluzione sia la separazione e che una volta ottenuta in virtù di una statuizione normativa (possibilmente irrevocabile, vale a dire con norma costituzionale) il problema stesso non esista più.
Da diversi anni, invece, io vado sostenendo che la separazione delle carriere non risolverebbe affatto il “problema” in quanto non è la carriera del PM, ma la terzietà del giudice che è -in definitiva- in discussione. E’ il perverso legame culturale che lega Giudici e PM che va reciso. E per reciderlo non basta certo una disposizione di legge.
Nelle interminabili discussioni tra amici ho sempre portato a esempio quello che accadeva nella vigenza del reato di oltraggio. Per far dichiarare l’arbitrarietà del comportamento del pubblico ufficiale era necessario avere l’appoggio di una consorteria di santi e non era affatto certo che anche in questo caso si riuscisse a far assolvere il tapino sventurato che aveva avuto la sfortuna di discutere con un pubblico ufficiale.
Quello che è in ballo, dunque, è la concezione del “cittadino” da parte della magistratura. E’ in discussione il ruolo della magistratura in una società libera in uno con la concezione degli “associati” in quella stessa società (cittadini e non sudditi), il ruolo dello Stato e di chi lo rappresenta che non può essere valutato alla stregua di una logica della appartenenza. Lo Stato non è una lobby, né un’associazione di privilegiati. Lo Stato è il cittadino e il cittadino è lo Stato.
A queste mie considerazioni è stato sempre risposto (con una certa sufficienza): “Si è vero ! Hai ragione. Ma da una parte bisogna pur cominciare. Cominciamo, allora, con lo stabilire per legge che PM e Giudici sono “due cose diverse”. Il “resto” verrà in seguito”.
E l’errore sta proprio in questo. Il “resto” non verrà mai o, perlomeno, non verrà fino a quando non si sarà compreso, da parte di tutti, che Giudicare, Accusare e Difendere sono funzioni diverse (o se si preferisce funzioni analoghe nella loro diversità) che presuppongono “l’indifferenza” di chi giudica !
L’obbiettivo (il primo obbiettivo) non è dunque la separazione delle carriere, ma la “terzietà del Giudice”. E si badi bene: non è un gioco di parole. Puntare il dito sugli effetti perversi di una situazione anomala è politicamente molto più efficace che denunciarne le cause. E gli effetti perversi dipendono da formazioni di base, culturalmente diverse.
Dopo una prima sommaria, superficiale formazione universitaria, che non può neppure definirsi di “base” per la mancanza di problematiche sulla diversità dei ruoli nell’ambito della giustizia, senza alcuna analisi della comune cultura della legalità e della giurisdizione, le strade dell’avvocatura e della magistratura divergono in maniera evidente e netta.
E qui sta la causa delle deviazioni culturali che ne conseguono.
Carlo Guarnieri scrive nella sua breve relazione per il centro Studi Marongiu: “… Quello di cui abbiamo bisogna è una cultura della legalità che inglobi tutti: pubblico ministero e giudice ma anche fra magistrati e avvocati. Il nostro assetto è da questo punto di vista seriamente carente, specie da quando le facoltà di giurisprudenza hanno visto declinare la loro capacità di fornire una “cultura comune” ai propri laureati. Quindi, se si vuole che i protagonisti del processo siano in grado di “intendersi” e condividere principi comuni, una più accentuata formazione comune è necessaria .... Va perciò valorizzata la formazione post- laurea, rendendola comune a tutte le professioni legali. Per tutte queste ragioni è importante che la Scuola della magistratura possa iniziare a funzionare al più presto, con programmi adeguati e con l’apporto indispensabile dell’accademia e dell’avvocatura”.
E ancora : “… si tratta di ricreare un tessuto comune fra le professioni legali – magistratura, avvocatura e università – un tessuto che negli ultimi decenni ha subito troppe lacerazioni, con gravi danni per il buon funzionamento del processo e per la stessa difesa dei diritti dei cittadini. Del resto, a ben vedere, la stessa magistratura avrebbe tutto da guadagnare da relazioni più strette con le professioni giuridiche ed in particolare con l’avvocatura. Infatti, acquisterebbe un formidabile difensore della sua indipendenza, fatto che le permetterebbe di emanciparsi in buona misura dalla necessità di organizzare “pellegrinaggi” presso le varie chiese della politica …” (Carlo Guarnieri “I fondamenti politici e tecnici della separazione delle carriere”).
Se, dunque, il vero problema è la riacquisizione da parte del Giudice della sua effettiva indipendenza, la strategia da seguire concerne non più “la separazione delle carriere”, ma “la terzietà del Giudice”. E questo dovrà essere lo slogan delle future e imminenti battaglie.
24 commenti:
Ahimè, anche il laureato in giurisprudenza non può che limitarsi a leggere e tentare di capire, ma un commento in una materia così tecnica davvero è impresa ardua, alla quale io non mi accingo per difetto di competenza.
Posso limitarmi solo ad osservare che hanno scritto due celebri avvocati e che si attende la replica dei magistrati interessati a questo blog, oltre quello che commenta la redazione dello stesso.
Loro si che sono chiamati in causa.
Infine, credo che le truppe corazzate di Berlusconi faranno strame di ogni possibile resistenza e che molti magistrati, quelli che non lo hanno ancora fatto, si adegueranno, diventeranno anche loro sudditi del Principe, parlo di sudditanza psicologica.
In tutto questo bailamme gravissime sono le responsabilità del ceto politico, che non si oppone, anzi gradisce sotttrarsi al controllo di legalità della magistratura.
Quindi, in carcere vi finiranno solo i poveracci, com'è sempre stato, tranne la fantastica stagione di Mani Pulite.
Sono un direttore di carcere in pensione, per 40 anni ne visto accadere di ogni specie, ivi compreso il "decennio degli anni di piombo", mi mancava quello che sta accadendo oggi, ne avrei fatto volentieri a meno.
Lo dico con molta tristezza.
Quanto precede vale anche per il post dell'articolo dell'avvocato Bàrbera, molto più recente di quello dell'avv. Flamminii Minuto.
Gentile Avvocato,
ha scritto delle sacrosante verità.
Il guaio è che da decenni, ormai, tra avvocati e magistrati si è instaurata una forte e dura competizione a chi ne combina di più grosse (indegnità) sempre ed esclusivamente contro chi è il più debole!
All'indomani del mio arresto, quando ho cominciato a rendirmi conto di cosa mi fosse successo, ho stilato una classifica degli "Ordini" che meritavano essere appellati da miserabili: al primo posto ho messo gli avvocati, al secondo i medici, al terzo giudici e così via....
b
Carissimo Bartolo, rispetto la sua... rabbia.
Però, se mi permette, non bisogna generalizzare.
In tutte le categorie ci sono dei "miserabili"; e, certamente, anche nella mia ve ne sono. Ma vi sono anche tanti avvocati (medici, giudici...) che esercitano la professione con dignità e rispetto degli altri.
Un caro saluto.
A differenza del dott. Morsello, ritengo che chiunque possa capire ed elaborare un pensiero, talmente chiaro e conciso (come un "corto di cronaca") risulta l'intervento dell'avvocato Minuto... di cui condivido il tutto. Basti che qualcuno inverta quella penosa statistica di Mannheimer (che sguardo da "furbetto...in quel "Vespa...io") su quanti non interessi il problema giustizia, il 52% (6 anni fa, adesso chissà quanti di più) che invece parla di calcio. Impresa ardua, missione impossibile? Più facile indirizzare "nel mezzo del cammin per ritrovarsi in una selva oscura(ta)" che sulla "retta via"? Costa più fatica ...come tutte le cose giuste, tutti i mestieri, le professioni se fatti e assolti con impegno affinché pochi o nessuno abbia da ridire su un certo operato che deve solo e semplicemente tener conto del fruitore del SERVIZIO! E non del contrario...E non ci sono parametri di valutazione che tengano se non s'inocula una certa "cultura" quale linea guida di una coscienza etico-professionale: altrimenti soggetti a critiche, che non vuol dire entrare nel merito tecnicistico, ma riprendere i comportamenti...persino "perversi". Così come ad un'ingegnere o architetto non mi permetterei mai di obiettare su calcoli strutturali (l' "essere") ma posso farlo, eccome (a dispetto di Massimo Fuksas:"Più etica e meno estetica"...ma se anche "La giustizia è bellezza", secondo Zoia?) sull'aspetto architettonico, dignitoso:l' "apparire", come per il giudice.
Lei, avv., scrive ",,,si parli della separazione delle carriere. Ed è giusto che se ne parli. Ma, forse, se si facesse una riflessione più approfondita si potrebbe scoprire che l’ “ossessione”, non solo non risolve il problema, ma contribuisce a “non risolverlo affatto”."-----Infatti sono 15 anni che se ne parla...io. nel mio piccolo, l'ho detto 6 anni fa sul Corriere (parlando anche di avv."maestri" del cavillo..)----
E poi, "...non è la carriera del PM, ma la terzietà del giudice che è -in definitiva- in discussione. E’ il perverso legame culturale che lega Giudici e PM ...Puntare il dito sugli effetti perversi di una situazione anomala..."----E qui mi coglie un certa "invidia": Lei ha scritto 2 volte "perverso/i"...io per averlo detto a voce, su atti verificabili, inconfutabili, il cancelliere ha alzato il tono di voce e mi ha minacciato di denuncia (ma guarda caso era lo stesso che 20 anni prima ha "collaborato" per far prescrivere i 3 recuperi di credito, ho ancora i 3 fogli di carta da bollo del mandato in bianco, con solo le mie firme, di £ 700); mai stato denunciato, le mie invece sempre archiviate, perché non ho citato il 408? lo faccio apposta, come l'avv. B*****o &...sul caso dei fidanzatini di POLICORO e dintorni; ma se continuo a girare e sindacare nel tribunale, un giorno o l'altro succederà?; solo "arbitrario"?-----Giusto, al caso, il termine "l'ndifferenza", ma dopo essere entrato, da avvocato, nelle parti con dovuto distacco.
Al dottor Morsello, che, giustamente, risente di qualche malcelata frustrazione per non aver avuto ospiti "eccellenti" in celle-studio tipo De Lorenzo, dico che non conosco nemmeno come è fatta l'entrata di un penitenziario, ne ho visto uno in costruzione in un posto sbagliato (su terreno argilloso e sotto il costone di un monte?) in occasione di un'autoperizia per "curiosità" nell' 86: uno smottamento del terreno argilloso ha comportato una spesa - per arginare il terreno con palificazioni e paratie in c.a. - aggiuntiva di 5 miliardi ai 20 previsti, e in più 1/2 miliardo circa per vetri antiproiettili, per coprire le guardie esposte al tiro di eventuali cecchini appostati in alto sul pendio.Oltre a ing.ri e geologi chissà se c'entrava il direttore...Cordiali saluti Mauro C.
P.S. X b...concordo: prima i medici (ora li snobbo) e ora il resto della triade hegeliana: tesi, (anti)tesi e (sin)tesi a rovinarti l'esistenza!
Caro Bartolo,
questo è stato possibile perchè non è mai esistita - nei vari ambiti professionali - una severa e convinta Condotta Etica, allargata e condivisa.
Per questo, ogni tanto, piangiamo gli eroi che si ribellano e che, immancabilmente, soccombono.
Ci siamo allontanati, ormai da tempo, dai capisaldi del pensiero Democratico. Dell'Umanesimo, poi, rimane qualche schiarita traccia in qualche manuale di Storia e di Letteratura.
Sempre più, in un crescendo parossistico, si fa breccia il motto "Homo omini lupus", letteralmente: "l'uomo è un lupo per l'uomo", che ci ricorda l'uso della violenza - espressa sotto infinite forme - per giustificare l'istinto di sopravvivenza e/o di sopraffazione.
Oggi, ne sono convinto, non esiste, tranne se non guardiamo le cose a parti rovesciate, un istinto di sopravvivenza tale da giustificare quello che sta accadendo. Un istinto di sopraffazione c'è ed è drammaticamente radicato nel cuore di molti uomini di tutte le categorie professionali di appartenza.
E' radicato, fortemente radicato, nei Palazzi che, similmente a quanto avviene nelle strade, vedono scorazzare bande organizzate, con l'unico scopo di demolire e non di costruire!
E così vediamo demolita la nostra Carta Costituzionale che, reinterpretata ad uso e consumo di pochi, diventa una "Carta" che sancisce un principio devastante: "I Cittadini - tutti i cittadini -non sono uguali di fronte alla Legge".
L'istinto di sopraffazione è dunque quotidianamente giocato sul tavolo di quanti godono dell'esercizio del potere, ma non siamo ancora in prossimità del baratro! Quando avverrà, l'istinto di sopravvivenza busserà al cuore della gente che, nel frattempo, dovrà tenersi lontana da pericolosi effetti narcotizzanti!
Per questo siamo quì a scambiarci pensieri, opinioni e preoccupazioni; per tentare di non farci sorprendere, definitivamente, dal sonno. Ognuno con le proprie convinzioni, anche diverse, e va bene così!
Il problema non è la separazione o meno delle carriere, il partito unico o il presenzialismo! Il problema serio, invece, è la seduzione corporativa (nell'eccezione più deleteria). Ogni uomo, qualsiasi sia il suo ruolo sociale e professionale, deve semplicemente ricordarsi e difendere la convinzione di essere UOMO e non LUPO!
Un Abbraccio
Sono veramente "piccolino" ed emozionato GRAZIE!
In verità io non ce l'ho con nessuno! E, con il mondo intero!
Alla mia scoperta di questo Blog, di magistrati, ho chiesto loro di mettere in rete il mio caso, come come un caso ipotetico, per fare su di esso delle discussioni. Ero curioso di sapere, attraverso le analisi di tanti esperti, quanti avrebbero avuto il coraggio di asserire che fosse un caso realmente accaduto. Mi hanno risposto, e molto cortesemente, i motivi per cui non avrebbero potuto farlo. Avevano ed hanno ragione!
b
Con un processo penale che prevede i tre gradi di giudizio e la possibilità della revisione del processso, la rabbia di bartolo sarebbe giustificata solo se fosse stato riconosciuto innocente.
Non mi pare di ricordare che lo abbia detto.
Il dott. Morsello conosce i propri limiti.
Lei Mauro (chi ?) li conosce i suoi ?
Se si, dichiari di essere anche lei un tecnico del diritto, con quale veste e facciamola finita.
Bene, caro sig. Mauro Vattelapesca (comodo l’anonimato, vero ?), confesso che non ero riuscito a leggere tutto il suo commento.
Colpa mia, ho difficoltà a leggere argomentazioni svolte in modo così contorto.
Lei mi tira in ballo due volte, la prima per dire che sono un ignorante (non ha usato questa parola, ma il concetto è questo), la seconda per dire che sono affetto da una malcelata frustrazione per non avere avuto ospiti eccellenti in celle studio tipo De Lorenzo.
Ho diritto di replica.
Non mi devo giustificare per avere dichiarato, con molta onestà intellettuale e modestia personale, di non esser capace di svolgere un commento all’articolo dell’avv. Flamminii Minuto.
Ciò, gentile Mauro Vattelapesca, non significa che io non ci abbia capito niente, ma solo che non sapevo trovare alcun motivo di non condividerne i contenuti.
Certo, non sono nemmeno attrezzato culturalmente per svolgere delle argomentazioni di non condivisione.
Mi devo spiegare ? Mi spiego.
Se si è d’accordo, basti dire: sono d’accordo.
Se non lo si è allora si che occorre dimostrare il motivo della non condivisione.
Inoltre, chi frequenta i blog, io addirittura ne ho aperto uno, sa che non sono graditi di O.T. (off topic), i ‘fuori tema’, come lei ha fatto.
Devo aggiungere che se è vero che ho dichiarato che non sono attrezzato culturalmente per commentare l’articolo dell’avv. Flamminii Minuto, ma ancor più quello dell’avv. Bàrbera, ciò non significa che io sono un ignorante totale.
Se ne vuole avere la prova non ha che da andare sul sito online Diritto & Giustizi@ della Giuffrè e cercare i miei contributi, ne troverà una sessantina, qualcuno anche fuori della mia preparazione professionale (lei sa che sono stato un direttore di carcere per 40 anni).
Quanto alla mia frustrazione, davvero questa accusa mi fa sorridere.
Posso solo dirle che io ho attraversato il ‘decennio degli anni di piombo" (mai sentito parlare ?), detenuti “eccellenti”, sia sul versante della pericolosità sociale (leggasi mafia – ricorda gli arresti del maxiprocesso di Giovanni Falcone: 12 furono assegnati al carcere da me diretto -, camorra, sacra corona unita, ‘ndrangheta, terrorismo di destra e di sinistra), sia su quello dei politici corrotti dell’era (gloriosa) di Mani Pulite, ne ho avuto più di uno.
Aggiungo che nelle carceri da me dirette per 40 anni (1967/2005) si sono verificati solo due suicidi, entrambi “non eccellenti”.
Per chiudere, stia pur certo che nelle carceri da me dirette nessuno è mai stato suicidato, ne fossi stato io il direttore non sarebbe accaduto.
Ma sopratutto, non sprechi con me il suo sarcasmo, non mi tocca, mi annoia solamente.
Gentile Luigi,
Lei ha ragione!
Io sono colpevole riconosciuto da tre gradi di giudizio!
Le sfugge un piccolo dettaglio, però, che la sua "forma mentis", non riuscirà mai a cogliere: sono mafioso in quanto signor "nessuno"! Sa chi da forza e potenza ai veri "mafiosi"? (Oltre a corrotti e collusi naturalmente)! Quelli come Lei che, in perfetta buona fede, s'intende, "conformisti", credono solo a quello che vedono o gli fanno vedere ad arte i professionisti di cui già 20 anni fa parlava un certo Signore di Racalmuto!
Perdoni lo sfogo, non riesco proprio a farmene una ragione.
bartolo
A Bartolo: ho toccato un nervo scoperto e me ne dispiace.
Ma non posso accettare il suo giudizio che mi qualifica un credulone che crede a tutto ciò che gli fanno credere i 'professionisti dell'antimafia'.
Leonardo Sciascia commise un questo errore storico clamoroso, ispirato ancor oggi non si sa da chi, che attaccava in particolare Paolo Borsellino, quando fu nominato Procuratore della Repubblica a Marsala al posto di un dottor Alcamo, più anziano di lui, rimasto del tutto sconosciuto. Tra l'alto, l'incarico a Marsala era strategico nella lotta alla mafia, nel 1991 chiede ed ottiene il ritrasferimento a Palermo come aggiunto.
L'articolo di Sciascia fu pubblicato dal Corriere della Sera del 10 gennaio 1987, nel quale attaccava anche Leoluca Orlando Cascio, allora sindaco di Palermo.
Ma erano evocati anche Giovanni Falcone e il pool antimafia di Palermo.
Credo che Sciascia si sia pentito di quel suo temerario ed infondato articolo, ma morì prima delle stragi di Capaci e di via D'Amelio, se fosse stato ancora vivo avrebbe sentito anche rimorso, credo: i professionisti dell'antimafia non fanno carriera facendosi ammazzare.
Sono questi i professionisti dell'antimafia che hanno carpito la mia buona fede e di tanti altri italiani onesti ?
Ne sono orgoglioso io.
lei invece mi par di capire che ha subito una condanna penale, non è colpa mia, non scarichi su di me il suo rancore, interroghi sè stesso semmai.
P.S.: sono di origine siciliana, difficile essere ancora un credulone, sopratutto dopo 40 anni di carcere.
Non la credo capace di valutare la mia "forma mentis".
Caro sig. Morsello, Lei ha equivocato, ha travisato e ribaltato il tutto.
Lei mi mette in bocca ciò che non ho detto e che nemmeno si possa riferire a certi concetti... Leiinvece dimostra di essere prevenuto. Lungi da me il sol pensiero di volerle dare dell' "ignorante" o quantomeno che potesse avere dei "limiti": io invece ho solo generalizzato, e questo sì che mi rabbia, su quel 52% che non interessa un tema di così tale rilevanza sociale e che così rende gioco facile ai mistificatori dell'informzione.
Nel trascrivere la frase, "... risente di qualche malcelata frustrazione...", Lei ha saltato "giustamente", nel senso (per me) che avrebbe desiderato, giustamente (per quegli ideali di giustizia che quasi tutti auspichiamo), vedere in cella meno ladri di polli e più colletti bianchi. D'accordo, a chi lo dice!E pertanto non si deve - e non gli si chiede - affatto "giustificare".
A meno che Lei non voglia formulare delle accuse al fine di "mettermi in isolamento"; per cui non ne vedo il bisogno: posso togliere il disturbo da solo, senza "secondini".
L'unico appunto che poteva farmi era sulla ipotetica responsabilità che potesse avere un direttore nel caso volesse(o dovesse) collaborare nella costruzione di una struttura carceraria, qualora si verificassero quegli errori grossolani...
"...nessun suicida, ne stato suicidato..." E chi mai l'ha detto? Ma quale sarcasmo? Stia tranquillo, abbiamo ben compreso che Lei non è responsabile della "morte di Cagliari"...semmai la colpa è stata delle ferie, lunghe... del pm.
P. S.: A proposito, non è che sia Lei "fuori tema"... non ha detto che "gli avvocati vogliono dare del tu ai magistrati"? E poi,si sappia, con gli "eccellenti" non ho nulla che mi accomuni.
Caro Luigi,
e infatti, non sono io a valutarla; e Lei che si ostina!
I "professionisti" a cui si riferiva Sciascia, in seguito, hanno occupato lo Stato. E quelli come Lei li hanno serviti ed ancora li servono. Successivamente alle morti di Falcone e Borsellino, che seppur toccati dalla definizione dello scrittore, non ne erano assolutamente i destinatari (vedi le scuse postume di Orlando a Sciascia, di qualche anno fa, sempre sul Corriere della Sera) quei "professionisti", divenuti intanto corvi che si sono abbevarati con il sangue delle stragi, hanno scalato il potere politico con il "grido" a squarciagola: "la mafia fa schifo"!
E comunque (solo per Lei) sappi che io sono stato condannato sulla base delle dichiarazioni di persone a me totalmente sconosciute, loro sì "mafiosi criminali" incalliti!
bartolo
p.s.
se le sembro acido chiedo scusa,
ripeto, non ho nulla contro nessuno, men che meno contro di Lei che ripeto mi è persino simpatico!
p.s.s.
il riconoscimento è avvenuto tramite l'esibizione di foto.
Per Mauro, con riferimento al Suo commento delle 18.21.
Gentilissimo Mauro,
Leggo sempre con piacere le Sue argute ricostruzioni dei fatti dei quali siamo testimoni in questi tempi e La ringrazio di cuore della Sua presenza fra noi.
Mi permetta di dissentire, però, da uno dei passaggi del suo intervento delle 18.21.
Lei ha scritto:
"Stia tranquillo, abbiamo ben compreso che Lei non è responsabile della "morte di Cagliari"...semmai la colpa è stata delle ferie, lunghe... del pm".
Mi permetta di dirLe che la detenzione di Gabriele Cagliari risulta essere stata del tutto legittima e che Cagliari si è suicidato.
Nel più totale rispetto della sua tragica scelta e nel dolore per un fatto tanto grave e tanto tragico, voglio dire che l'unico responsabile della sua morte è stato lui.
Se io pronuncio una sentenza contro Tizio e la sentenza è legittima e Tizio, per qualunque ragione, ritiene di suicidarsi per le conseguenze della mia sentenza, io non sono il "responsabile" della sua morte.
Così come non è responsabile della morte di un ragazzo che si suicida a quattordici anni perchè è stato bocciato il professore che lo ha bocciato.
E non è responsabile del suicidio di un uomo straziato da pene d'amore la donna che lo ha lasciato.
La morte di Gabriele Cagliari è stato un evento tragico, ma sotto nessun profilo, a mio modesto parere, se ne può dare la colpa ai magistrati e trovo estremamente disonesto - e non mi riferisco minimamente al Suo commento - che a suo tempo e dopo il potere abbia fatto di Cagliari un martire.
Nella lettera che ha lasciato ai suoi cari, Cagliari scrive, fra l'altro, che la sua carcerazione sarebbe stata illegittima perchè mai lui sarebbe potuto fuggire.
Fa impressione questa cosa perchè è stata la stessa che dissero coloro che in Parlamento si opposero alla cattura di Craxi. Dissero che era impensabile che potesse fuggire.
I fatti hanno dimostrato che Craxi fuggì, dandosi a una latitanza durata per sempre e, paradossalmente, denominata "esilio" e qualificata come "eroica".
Ma questo - bisogna prenderne atto - è il Paese nel quale viene definito "eroico" dai più alti vertici dello Stato, il silenzio di Vittorio Mangano, condannato in primo grado per duplice omicidio e altro.
Un caro saluto.
Felice Lima
Era facile prevedere che Mauro C. (adesso conosciamo le iniziali del suo cognome, nel suo precedente commento, per la sua ‘complessità’ non l’avevo notato) avrebbe replicato in modo piuttosto scombiccherato, per cui ho conservato il file del precedente botta e risposta.
Bene. Nel suo precedente commento lei insinuava che nella c.d. “autoperizia” (una categoria evidentemente inventata da lei) della costruzione di un carcere nel 1986 con la seguente frase “Oltre a ing.ri e geologi chissà se c'entrava il direttore...Cordiali saluti Mauro C.”.
Vede, le faccio l’onore di citarla fra virgolette.
Ebbene, lei non ne sa proprio niente di pubblica amministrazione e specificamente di costruzione di nuove carceri.
Mi devo prendere la briga di dare qualche elemento di storia.
All’inizio del ‘decennio degli anni di piombo’ l’amministrazione penitenziaria si trovò del tutto impreparata a fronteggiare il fenomeno del terrorismo, che accentuava la proteste dei detenuti circa la necessità di una nuova legge penitenziaria, la precedente disciplina era datata al 1931 ed era contenuta in un complesso di norme regolamentari, infatti si chiamava “Regolamento per gli Istituti di Prevenzione e Pena”: non aveva la dignità e la forza cogente della legge ordinaria.
Quando nelle carceri esplose la violenza furono guai seri. Vi furono episodi a catena di rivolte che percorsero un po’ tutte le carceri. Inoltre, l’evasione di Renato Curcio dal carcere di Acqui Terme, incredibilmente facile, convinse i governanti dell’epoca di varare un programma di edilizia penitenziaria, durato oltre vent’anni, e non è bastato. Inoltre, per ottenere stanziamenti direttamente a favore dell’amministrazione penitenziaria fu necessario ricorrere ad un espediente: costruirli in elementi di c.a. prefabbricati, il che consentiva di non assegnare i fondi al Genio Civile poi evoluto (si fa per dire) in Provveditorato alle OO.PP. mentre ciò che restava (la polpa, come per Alitalia) passava alle regioni.
Ci siamo fin qui? Bene.
Il sistema di appalti usato fu quello delle c.d. “chiavi in mano”, sicuramente non il migliore, ma il più rapido.
I direttori di carcere non c’entravano per nulla con le nuove costruzioni: chiaro ? Siccome alcuno di essi era per così dire ‘curioso’ fu impedito a tutti di mettervi il becco.
Altra cosa invece quando le nuove costruzioni venivano consegnate, quasi sempre con collaudi provvisori. Allora si che c’entravano i direttori ed io ricordo che per il primo che misi in funzione (passaggio dei detenuti dal vecchio al nuovo carcere), feci così tante segnalazioni (almeno un cinquantina) per cui mi fecero fuori quando si aprì il muro di cinta (una fessura dalla base che all’apice di otto metri misurava 15 centimetri: era evidente che era un problema di statica): fui trasferito perchè avevo dato troppo clamore alla vicenda.
Col che la sua insinuazione, almeno per quanto riguarda me, è sistemata. Ma lo è per tutti i direttori, perché non ci fu permesso di curiosare.
Il direttore non c’entrava, la sua insinuazione era trasparente.
Prima lei aveva detto che io, “giustamente” ecc.
Sa, lei non può dire a me cosa è giusto e cosa no.
Primo perchè è un anonimo, non ha il coraggio di dire chi è, una C. iniziale del suo cognome, l’intero suo nome e cognome non mi direbbero nulla se non accompagnati da chiare specificazioni: chi è, cosa fa, cose le è accaduto in passato ecc.
Poi perché le frustrazioni nessuno le può attribuire ad un altro.
Inoltre, i chiarimenti postumi sono inutili. Lei ha scritto: “Al dottor Morsello, che, giustamente, risente di qualche malcelata frustrazione per non aver avuto ospiti "eccellenti" in celle-studio tipo De Lorenzo …”.
Le pare che questa frase avesse un significato equivoco ? No, davvero, meno che mai quello che poi le attribuisce postumo, appunto: “…nel senso (per me) che avrebbe desiderato, giustamente (per quegli ideali di giustizia che quasi tutti auspichiamo), vedere in cella meno ladri di polli e più colletti bianchi.“.
È un tentativo ingenuo di girare, surrettiziamente, la frittata. Lei ha scritto ben altro prima.
Infine, col commendo cui sto, per l’ultima volta, replicando lei mi considera “prevenuto”. Nei confronti di chi o di che cosa ? Nei suoi confronti ? Non la conosco. Nei confronti di cosa allora ? Non mi so dare una risposta. Non desidero nemmeno darmela.
Lei dovrebbe, come facevano un tempo le persone ammalate di fegato, biliose, “passare la acque a Fiuggi”, ma non credo che le gioverebbe.
Gentilissimo dottor Lima,
anzitutto Le chiedo sommessamente scusa e ringrazio per l'attenzione;
in verità l'avevo previsto che sarei stato accusato di "delitto preterintenzionale", mentre non avevo alcuna intenzione di iniziare a "litigare". Sono stato, inopinatamente, trascinato dal signor Morsello che ripetutamente ha insistito sui "suicidi" senza che qualcuno l'abbia tirato in ballo. La mia è stata una battuta, le virgolette per dire di un qualunque "Cagliari", che ebbe una forte risonanza mediatica, una ribalta televisiva e di opinione pubblica proprio per la polemica suscitata dal Pm De Pasquale, cui fu fatto credere che le ferie avessero prevalso al punto di far trascurare una persona sotto custodia cautelare da 4 mesi e mezzo.
Con profonda rinnovata stima, cordiali sauti. Mauro C.
Desidero informare il giudice Lima che il suo collega Mario Almerighi ("Tre suicidi eccellenti - Castellari -Cagliari - Gardini - Nuova inziativa editoriale - 2008) sembra non essere tanto certo, non della verità processuale, ma di quella storica.
La ricostruzione, prudentissima, dei fatti che Almerighi fa nelle tre vicende, una delle quali accaduta nel carcere d S. Vittore, lascia spazio a forti dubbi e perplessità, ad incertezze se non addirittura carenze investigative.
Se non l'ha ancora fatto le consiglio di leggerlo.
Poi continuerà a rispettare le sentenze, di archiviazione come suicidi, ma forse coltiverà un po' di più l'arte del dubbio, come ogni magistrato giudicante dovrebbe fare, anche se talvolta non ne ha nemmeno il tempo.
Qualora dovesse dare una replica a questo commento, una preghiera, non mi dica che è noioso.
Bartolo, piantiamola lì,si rassegni: lei non è riuscito a dimostrare la sua innocenza, forse per colpa di una difesa non efficace.
Quanto all'altro argomento, si informi meglio: i bersagli diretti di Sciascia furono Borsellino e Orlando Cascio, ma investiva tutta l'attività del pool antimafia di Caponnetto e Falcone, l'allusione al maxiprocesso era trasparente.
Anche i grandi scrittori commettono errori, quello di Sciascia fu gravissimo, ma fu 'ispirato' e non si sa ancora oggi da chi.
Per Mauro C. (commento delle 0.25)
Caro Mauro,
La prego di credere che non mi doveva assolutamente scuse alcune.
Dunque, non accetto quelle che mi porge :-)
Avevo premesso con sincerità che La leggo sempre con piacere, proprio perchè restasse chiaro che la mia obiezione non era in alcun modo "ostile".
Mi sono permesso quella replica per una sola ragione.
Perchè è del tutto legittimo e anche molto utile avere dubbi su tutto.
Quello che, a mio modesto parere, non va tanto bene - ma non è un problema Suo, è proprio un fatto ormai di cultura diffusa - è che, credendo (in buona o malafede) che si tratti di "dubbio" intanto si emettono sentenze in danno di persone non raggiunte da alcuna prova.
E' del tutto legittimo avanzare dubbi di ogni genere sulla morte di Cagliari, ma al momento dare dell'assassino al pubblico ministero è atto non fondato su alcuna evidenza.
La ragione per la quale questo è rilevante in Italia e il motivo che mi ha spinto a sottolinearlo - lo ribadisco senza alcuna intenzione ostile nei Suoi confronti - è che se io oggi avanzassi dubbi di un certo tipo su questo o quel parlamentare mi beccherei una querela. Mentre parlamentari e presidenti del consiglio si possono permettere di dare dei "killer della Uno bianca" a questo o quel magistrato o a tutti.
A me pare del tutto legittimo e anzi estremamente utile e costruttivo che si critichi il lavoro dei giudici.
Invoco, però, per i giudici le stesse "garanzie" che per gli altri.
Sulla morte di Gabriele Cagliari si può ipotizzare di tutto, ma, lo ripeto, allo stato manca qualsiasi prova che lo abbia ucciso il pubblico ministero.
Finché non si troverà quella prova, si può dubitare, si può ipotizzare. Non si può condannare il pubblico ministero.
La ringrazio davvero per la Sua attenzione.
Un caro saluto.
Felice Lima
Ok Luigi,
chiudiamola qua!
Mi rassegno ad essere un perdente!
Però, appresa la predisposizione alle ispirazioni cui era sensibile Sciascia, mi piacerebbe sapere da chi è stato ispirato nella stesura de “Il giorno della civetta” ed in tutte le altre opere che ha sentito il bisogno di tramandarci!
b
Per il signor Morsello.
Guardi che ha sbagliato a chiosare (si direbbe "ha toppato"): la sede più rinomata ("la fonte più attendibile") per la cura del fegato è Chianciano (Fiuggi lo è per i reni, a meno che si pensi, sbagliando, a dolori derivanti dalla colonna lombare: quelli sì che ne ho sofferto...e nemmeno la famigerata Abano andava bene...quando le "diagnosi" non sono "attendibili"): lì sì che ci sono stato, con degli amici, ma non per il fegato, che con mia meraviglia ancora regge, se i valori delle transaminasi sono "inconfutabili".
Prendo atto che Lei per aver segnalato (doverosamente)dei vizi progettuali/costruttivi abbia poi subito delle spiacevoli conseguenze: e questo gliene rende merito e vanto. Ma, le ripeto, che non so come è fatto un cancello e una cella di un carcere, non ho mai avuto occasione...una volta ci son passato davanti e non mi sono fermato nemmeno per curiosità, mi domandavo solo se in caso di costruzione il direttore non facesse o devesse fare quello che Lei ha tentato di fare: di prassi.
Infatti anche il famoso cardiochirurgo Azzolina, che combatteva con politici e amministratori Asl, non è riuscito mai a portare a termine il "Suo" Ospedale; ai politici stava meglio Marcelletti... dopo i fatti di cronaca La Stampa aprì un Forum che è stato chiuso il giorno dopo, con soli 4 post?
Sai Bartolo, non è mai accaduto che io non abbia avuto l'ultima parola, nel rapporto dialettico con persone di pari intelligenza, esperienza e cultura alla mia.
Con quelli superori a me non mi cimento nemmeno, so essere umile.
Il giorno della civetta è del 1961.
Lo sciagurato articolo contro i professionisti dell'antimafia è del 1987.
Fra i due intercorrono 26 anni.
Nel 1961 la mafia non era minacciata da nessuno.
Nel 1987 invece sì.
Sciascia resta un grande scrittore, a prescindere, nonostante quello scivolone.
@ Mauro. E' vero, a 70 anni la memoria mi balla un po'.
Chiarisco.
Io non ho segnalato vizi progettuali/costruttivi: non ne avevo la competenza, essendo laureato in giursprudenza.
Ho segnalato disfunzioni reali, che non potevano essere ignorate, dopo che il carcere è stato messo da me in funzione, una volta consegnato all'amministrazione penitenziaria.
Aggiungo che il direttore del carcere non ha nulla a che col carcere in costruzione, nulla.
Chiarisco ancora che io ho fatto solo il mio DOVERE, che non è prassi ma obbligo giurdico-morale.
L'ho fatto consapevole di ciò cui andavo incontro.
@ Bartolo faccio presente, dopo il rabbuffo somministratomi dal giudice Lima, che io ho scritto male il mio pensiero, che è questo.
Io mi sono sempre confrontato con persone che io ritenevo possedessero intelligneza, cultura ed esperienza pari alla mia.
Dialogando con lei Bartolo, io mi sono considerato alla pari con lei o, se vuole, ho considerato lei mio pari.
Se così non fosse stato, non avrei dialogato affatto.
Chiarisco ancora che quando leggo i lavori del giudice Lima (ricordo un suo intervento a difesa di Luigi De Magistris, che io usai a piene mani per un mio contributo), mi rendo conto di non potermi contrapporre, perchè non alla sua altezza.
Lo faccio, ma con molta prudenza e mi arrendo facilmente, sia pure non acriticamente.
Quando io mi sono contrapposto ad un mio collega direttore, difficilissimo che io mi sia arreso, avendo spesso ragione.
Mi sono contraposto a lei o lei si è contrapposto a me (non è importante capirlo con esattezza), ugualmente non mi sono arreso.
Mi auguro di essere stato compreso.
Uso, per farmi capire meglio, una faccina !
:-)) (sorriso sincero).
Mi scuso per essere stato impreciso.
Caro Luigi,
ribadisco la simpatia già espressa!
Un amichevole Saluto
bartolo
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