martedì 12 maggio 2009

Bruno porta in scena la giustizia


Parte oggi la nuova avventura di Bruno Tinti, che porta in teatro i temi trattati nel suo ultimo libro “La questione immorale”.

“XL EXTRA LEGEM. Giustizia su misura” di e con Bruno Tinti con la regia di Franco Travaglio, in scena in anteprima nazionale a Teatro Due di Parma oggi 12 maggio 2009 alle ore 21.00.

A questo link maggiori dettagli e la mappa stradale per trovare il teatro.

A questo link il commento di Bruno.

Qui sotto, cliccando su “Continua – Leggi tutto l’articolo” la presentazione dello spettacolo da parte di Bruno e quella del regista, che è Franco Travaglio.


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Pigliamola da lontano. In qualsiasi Paese, se due persone non vanno d’accordo possono risolvere il loro problema solo in due modi: applicano una legge che dà ragione ad uno e torto a un altro; oppure fanno a botte e vince il più forte.

Non c’è un’alternativa. O c’è una legge e la si rispetta; o la legge che si applica è quella del più forte.

Ora, questa cosa la sappiamo tutti; solo che la capiamo di solito in un modo un po’ restrittivo: il più “forte” è quello più forte muscolarmente o più forte perché è armato.

Tendiamo a credere insomma - perché in questo senso c’è una forte e maliziosa pressione dei padroni dell’informazione – che la “forza” sia solo quella delle armi. Così, quando qualcuno dice che la forza ha prevalso, noi pensiamo alla forza della mafia, alla violenza del terrorismo, allo strapotere dell’esercito e roba simile.

Ma la “forza” non è solo quella.

In una società complessa, come sono tutte quelle nelle quali viviamo, la “forza” ha tante facce.

C’è la forza del denaro, naturalmente. Chi ha più soldi si può procurare gli strumenti più adatti, le autorizzazioni necessarie, le opportune garanzie, gli avvocati più preparati.

E c’è anche la forza del ceto sociale cui si appartiene. Un modesto artigiano non ha mai lo stesso “potere” del funzionario dello Stato o dell’avvocato di affari.

E c’è la forza del gruppo religioso di appartenenza, del partito politico in cui si milita personalmente o cui appartiene l’amico o il parente, della loggia massonica, del branco di ragazzi del quale si fa parte, della tifoseria con la quale si va alla partita, dell’associazione culturale o para-culturale etc..

Questa “forza” viene impiegata ogni giorno, in ogni occasione, da un numero sterminato di cittadini che si servono della “forza” per violare le regole.

Allora. I giudici servono a questo: a fare rispettare le regole.

Per la verità questo compito, in un Paese complessivamente sano, nel quale il rispetto del regole sia tendenzialmente diffuso, non è particolarmente gravoso. In Paesi di questo genere il ruolo della magistratura non è molto rilevante; e l’esigenza di averne una con particolari qualità non si pone proprio.

Nel nostro Paese, dove il rispetto delle regole è pochissimo diffuso il giudice ha compiti parecchio più difficili.

Soprattutto perché, naturalmente, chi non rispetta le regole è, in genere, chi ritiene di poterselo permettere; dunque il “forte”, quello che conta sull’impunità e sul successo delle sue prevaricazioni.

Ed è quindi fatale che vi sia una contrapposizione feroce tra il giudice e la “forza”.

L’amministrazione della giustizia quindi serve ai deboli. A coloro che non hanno la forza sufficiente a procurarsi da sé ciò a cui hanno diritto; oppure a non vedersi strappato via quello a cui hanno diritto.

Per questa gente il ricorso al giudice è l’unico strumento che ha per ottenere ciò che gli spetta.

Naturalmente, anche per loro c’è un’alternativa: rivolgersi a un qualche “potere forte”.

Quindi la “forza” è in concorrenza con la “giustizia”.

Ma non serve solo a questo la giustizia. Serve anche a far sì che si sia in democrazia. E anche questa cosa non è proprio capita bene da tutti.

Se chiediamo a un campione più o meno nutrito di persone che cosa pensa che sia la democrazia, ci sentiamo inevitabilmente rispondere che la democrazia è la possibilità di scegliere chi ci governa. In sostanza saremmo in democrazia se e quando scegliessimo chi governa.

Già detta così, dovremmo concludere che il nostro non è un Paese democratico visto che non siamo mai stati e oggi siamo ancora meno liberi di scegliere chi governa: le liste elettorali vengono fatte non da noi, ma dai partiti (i “poteri forti”); e, con la legge elettorale attuale, gli elettori non possono neppure dare la preferenza a questo o quel candidato, perché i candidati se li decidono le segreterie dei partiti.

Ma il motivo reale per cui, in fondo, non viviamo in un Paese propriamente democratico è un altro.

La democrazia non è solo un metodo di scelta del governante; fondamentalmente, è un metodo di esercizio del potere.

Questa cosa non ce la dicono mai; tutti (tutti i politici) continuano a riempirsi la bocca con il fatto che loro sono i rappresentanti del popolo che deve essere felice perché ha avuto la fortuna di poterli eleggere “liberamente” (mah). Ma il punto è che democrazia non significa solo questo: significa che nel Paese in cui i cittadini sono così fortunati da potersi eleggere i loro rappresentanti, poi tutti sono trattati ugualmente e le leggi si applicano a tutti, anche a coloro che le fanno.

Se ci pensiamo un po’, in Italia, oggi, non c’è tanta democrazia.

Il potere legislativo e quello esecutivo sono nelle mani delle stesse persone (chi governa ha anche il controllo del Parlamento). E questa gente sempre più spesso fa le leggi che servono a lei, non quelle che servono ai cittadini.

Ecco perché il giudice, nel nostro Paese, si trova nei guai. Perché è ancora libero dal controllo dei “poteri forti”; e quindi è rimasto l’unico strumento per quelli che non hanno “forza” per far valere i propri diritti.

Il giudice è “ancora” libero.

Ma fino a quando; e cosa si dovrebbe fare perché resti libero?

Ma un giudice “libero” non è sufficiente: occorre ancora che possa davvero fare il giudice, amministrare Giustizia; altrimenti la sua “libertà” sarebbe inutile.

E allora la domanda successiva è: cosa si dovrebbe fare perché il giudice possa davvero amministrare Giustizia?

Questo spettacolo prova a rispondere a queste domande.


Bruno Tinti



Lo spettacolo è una serie di conversazioni sulla giustizia in Italia, contrappuntato da interventi musicali ispirati alle colonne sonore della grande stagione cinematografica della commedia all’italiana.

Una sorta di film-affabulazione a episodi da cui esce una visione dell’amministrazione giudiziaria italiana – e quindi uno spaccato del nostro Paese – tra il grottesco e l’indignato.

Traendo spunto dalla sua esperienza sul campo, Bruno Tinti fotografa lo stato della pratica giudiziaria italiana tramite una serie di episodi, provocazioni, divulgazioni e dimostrazioni, di fronte alle quali ci si trova spiazzati e sorpresi, a volte addirittura increduli.

La stessa frase “La Giustizia E’ Uguale Per Tutti” che leggiamo in molte aule di Tribunale o il concetto stesso di Giustizia e i simboli iconografici con i quali siamo abituati a raffigurarla, andrebbero aggiornati dopo la visione di Toghe Rotte.

Lo spettacolo non si limita però alla critica dello status quo, propone anche una serie di rimedi, normali in qualsiasi altro Paese e utopistici nel nostro, caratterizzato da una classe dirigente per molti versi impegnata a non far funzionare la macchina giudiziaria.

La comparazione dei sistemi giudiziari delle principali nazioni occidentali fornisce in questo senso una valida alternativa, spazzando via molti luoghi comuni, così come l’analisi del problema delle intercettazioni svela il vero proposito delle riforme annunciate: garantire la privacy di pochi, non di tutti i cittadini italiani.

Il problema della certezza della pena viene poi sviscerato da una sorta di bizzarro gioco di società: “Come uccidere la moglie e vivere felici”, che spiega come sarebbe possibile per un efferato uxoricida beneficiare dei tanti sconti, premi, indulti, servizi sociali, attenuanti, etc. e non scontare praticamente un solo giorno di carcere.


Franco Travaglio





6 commenti:

salvatore d'urso ha detto...

Dopo l'ultima censura che l'altro giorno ha colpito Vauro e la Borromeo nell'intervista tenuta nel programma "L'era glaciale" di Daria Bignardi ho trovato pubblicato su facebook il vedio della Borromeo dove da invece la sua versione dei fatti in contrapposizione a quella data da Marano che giustifica tale censura con il rispetto della "Par Condicio"...

http://www.facebook.com/pages/Beatrice-Borromeo/102174080103?sid=c0719f8cc0dd1caf024a8d151ae8ac5e&ref=search#/video/video.php?v=81408623317&comments

Credo inoltre che questa preziosa e coraggiosa giornalista meriti il nostro rispetto e il nostro appoggio... quindi rivolgo un piccolo appello per dimostrare solidarietà alla Borromeo con un gesto che potrebbe sembrare insignificante ma che forse per la Borromeo potrebbe rappresentare uno stimolo a continuare su questa strada e cioè di iscriversi alla sua rubbrica come fan.

Anonimo ha detto...

il libro è ben fatto e si legge in un soffio. In bocca al lupo! una collega (ancora in servizio) di Bruno Tinti

salvatore d'urso ha detto...

Pino Masciari sequestrato!

http://iosonosaviano.ning.com/profiles/blogs/pino-masciari-sequestrato

Carmela Salvaggio ha detto...

Spero farete poi una sintesi. Mi piacrebbe tanto esserci,ma Palermo è più lontana di quanto sembri.grazie a voi tutti.

bartolo ha detto...

O.T.
Leggete cosa scrive sui giornali (rubrica lettere, non immaginatevi la prima pagina) una diciottenne sui mali della Calabria: altro che cattedrali (scusate volevo scrivere cattedratici) che imbastiscono musei della Ndrangheta con fondi pubblici, finanziati dalla stessa Ndrangheta!
DALLA RUBRICA LETTERE DE IL QUOTIDIANO DELLA CALABRIA:

Contro le convenzione della vita sociale;un grido d’allarme per i giovani calabresi

Sono una diciottenne studentessa calabrese che da qualche anno milita nei circoli giovanili del PDL.
L’idea di scrivere questa critica all’intero sistema politico è nata in me proprio in questi intensi giorni elettorali,dove ancor di più mi è capitato di confrontarmi con le persone e dove una rabbia fortissima hanno scatenato dentro di me le loro parole.
Mi chiedo:è possibile che la maggior parte dei giovani di oggi vive nell’apatia assoluta?
Definisco i miei coetanei senili,cioè vecchi d’animo e inetti perchè si accontentano,si adattano senza ribellarsi alla politica che li manipola e gli prelude il loro stesso futuro.
La colpa di questa situazione è soprattutto dei loro genitori,che hanno trasmesso questo insuccesso ai figli,impedendogli di reagire,inculcando loro che l’unica strada per andare avanti è stare dietro a questi quattro”mafiosetti locali”.
Avete letto bene,mafiosi ho chiamato quasi tutti i politici calabresi,la vera ndrangheta sono loro,quanti brogli sono stati fatti in Calabria da politici facendoci credere che di mezzo c’era la mano della mafia.
Un esempio:l’omicidio Fortugno,a Locri,dove è stata la politica a creare questa vittima causata dalla sua stessa mala-gestione.
I ragazzi di Locri,inizialmente con il movimento “Ammazzateci Tutti”avevano individuato che il marcio stava nella politica e si sono ribellati ma dopo poco gli stessi colpevoli sono riusciti a spostare la loro attenzione e quella dei riflettori sulla mafia.
Dai tempi di Giulio Cesare le cose vanno avanti così,dove non ci sono altre soluzioni che fare i “lecchini”,ma non è possibile cambiare questa rotta?Far sentire la nostra voce?
Se siamo tutti compatti siamo molto più forti di loro,dobbiamo uscire da questo tunnel che non ci porta da nessuna parte,siamo in una gabbia e come dei leoni dobbiamo abbattere queste sbarre e farci sentire.
Parliamoci chiaro,destra o sinistra che sia a godere di questa nostra staticità saranno solo e sempre loro e voi…resterete sempre i loro servi che all’occorrenza vi contatteranno fingendosi amici promettendovi che se vinceranno le elezioni avrete in cambio quel posto di lavoro che avete concordato…quante menzogne,poveri noi!!!
Basta solo riflettere un attimo per trovare riscontro nelle mie parole in questo senso:posti di lavoro c’è ne sono ben pochi dove i politici al massimo possono inserire i loro figli,nipoti e amanti.
Pensiamo ai cento raccomandati di “Sviluppo Italia”,i dirigenti regionali senza titolo per occupare quella poltrona,la gestione finanziaria della cosa pubblica che si dedica a progetti di società inesistenti finalizzati al nulla,con da una parte le istituzioni e dall’altra il privato che usufruisce di questi finanziamenti tutti a discapito dell’energia dei giovani che non trovano nessuna praticità nel territorio.
Poi in Calabria si fanno tanti convegni dove si parla tanto di premiare la meritocrazia…scusate ma questa non è mafia?
Io la chiamo così,faccio un altro esempio:gli oscuri poteri che hanno impedito al magistrato De Magistris di proseguire le sue indagini.
Finiamola con questi ”lecchinaggi”,hanno davvero stufato perché i politici devono volare alto,si devono dedicare al sociale non al singolo cittadino,contrariamente i risultati sono evidenti a tutti.
Continuare così non ha senso,arriveremo allo sfascio totale,dove solo loro si godranno la vita tra scorte inutili,villone e vacanze da nababbi.
Naturalmente tutto spesato da noi cittadini perché il denaro molto spesso viene sottratto per i loro capricci personali alla:depurazione dei mari,alla beneficenza oppure conferenze fatte dal comune di Cosenza alle 10:30 del mattino di giorni lavorativi con affluenza pari a zero oppure in questi momenti di crisi organizzare la cittadinanza onoraria ai bersaglieri di stanza,con una partecipazione a livello nazionale di tutta la gerarchia militare che comporta un contributo nullo alla cittadinanza solo tanto denaro speso che andrebbe utilizzato il altro modo per fronteggiare lo squallore di una regione alle deriva.
Concludo dicendo che sono cosciente di non aver scoperto “l’acqua calda” ma le mie parole vogliono significare un grido d’allarme per tutti i miei coetanei e scoprire quanti hanno il coraggio di ammettere che la pensano come me perché sono sicura che siamo in tanti.
Io amo la politica ma non i politici,per tutte le persone che la pensano come me:senza questa politica schifosa non esisterebbe neanche la mafia,potete contattarmi al mio indirizzo e-mail fiorentina90@hotmail.it per confrontarci,discutere e perché no creare un movimento giovanile contro la corruzione che diventi sempre più grande..

Fiorentina Melicchio

Anonimo ha detto...

Caro Dr.Tinti
a Lei l'onore di aver scoperchiato questo vaso di pandora.
Qualcuno lo doveva fare prima o poi.
Ho scoperto questo blog per caso, dopo aver letto della pubblicazione del Suo "Toghe Rotte" cercando in internet l'Editore.
Me lo lessi in treno tutto d'un fiato.
Ora porta in scena la commedia di questa tragedia.
Le faccio il mio "in bocca al Lupo"e....non credo che Le tireranno pomodori.
Mi chiedo, da pessimista quale sono se la (IN)GIUSTIZIA diventa letteratura non se ne faranno tutti una ragione?
Ma, forse no, è meglio parlare, denunciare, essere sempre vigili, non far passare niente inosservato, commentare, criticare con tutti i mezzi anche con il teatro.
Con affetto
Alessandra