domenica 3 aprile 2022

Non candidato, eppure eletto.



di Nicola Saracino - Magistrato 

Il “mantra” dell’incostituzionalità del sorteggio temperato per l’elezione dei componenti del CSM viene ripetuto tante volte quante si pensano necessarie affinché un'affermazione, sebbene non argomentata, risulti alla fine vera. Per sfinimento. 

S’è pure detto che ove approvata, la riforma elettorale del CSM che s’affidasse al pre-sorteggio dei candidati, troverebbe ostacolo in fase di promulgazione, quasi ad anticipare il pensiero del Presidente della Repubblica al riguardo. 

Il quale, in uno dei suoi ultimi interventi sul tema, ha ricordato che “Il Consiglio (Superiore della Magistratura) riveste un ruolo di garanzia imprescindibile nell'ambito dell'equilibrio democratico.”. 

Garanzia: è la parola chiave. 

Non è vero che nella Costituzione ogni volta che venga evocata un’elezione sia postulata anche la corrispondente candidatura alla carica elettiva.

Questo avviene senz’altro per le elezioni politiche, visto che il “diritto” cd. di elettorato passivo spetta a tutti i cittadini almeno venticinquenni (art. 56, 3° comma, Cost.) per la Camera e quarantenni per il Senato (art. 58, Cost.). 
Più in generale, l’art. 51 Cost. assegna a tutti i cittadini la possibilità di accedere alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. 

Ma quando l’elezione riguardi soggetti od organi che non devono attuare un indirizzo politico quanto piuttosto esser garanti di tutti, e quindi prescindere dalle divisioni ideologiche, ecco che il Costituente s’è guardato bene dallo scimmiottare congegni buoni per la politica, anche quella territorialmente decentrata (art. 122 Cost., quanto alle Regioni), ma del tutto inadeguati in altri casi.
 
E quali?  

 
Il primo riguarda proprio il Presidente della Repubblica che incarna l’unità nazionale (art. 87 Cost.) ed è, senz’altro, “eletto” dal Parlamento in seduta comune nella speciale composizione prevista per quest’unico atto (art. 83 Cost.). Ma nessuna norma Costituzionale lascia spazio all’idea di un diritto di “elettorato passivo” sulla cui base organizzare e proporre candidature spontanee e magari una campagna elettorale rivolta ai “grandi elettori”. Anzi, può affermarsi che l’esperienza costituzionale insegna che non hanno chance di successo, non sono ben viste, le autopromozioni per la più alta carica dello Stato. 

Un altro organo super partes al quale la Costituzione espressamente assegna un ruolo di “garanzia” è la Corte Costituzionale i cui quindici giudici sono “nominati” per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento in seduta comune e per un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrative. I giudici della Corte costituzionale sono “scelti” tra i magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria ed amministrative, i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo venti anni d’esercizio (art. 135 Cost.). 
Eccettuata l’ipotesi dei giudici di nomina presidenziale, l’unica che rispecchia propriamente il concetto della nomina senza evocare l’idea dell’elezione dato che a scegliere è uno solo, negli altri casi la “scelta” avviene per elezione. 

Per i giudici la cui scelta è rimessa al Parlamento ed alle “supreme magistrature” è intervenuta una specifica legge costituzionale (22 novembre 1967, n. 2) volta a disciplinare proprio l’"elezione" ed anche tale normativa non suggerisce in alcun modo l’idea di candidature spontanee a presidio di un diritto di elettorato passivo che stona tutte le volte che si è chiamati alla costituzione di organi le cui funzioni debbano essere connotate da, almeno apparente, neutralità politica, a garanzia di tutte le posizioni ideologiche. Ciò che si verifica quando il compito assegnato all’organo, pur elettivo, sia quello di garantire l’applicazione imparziale delle norme (costituzionali, innanzi tutto).
 
Anche in tal caso non è dato, a memoria, ricordare di campagne elettorali messe in piedi per giungere allo scranno di giudice della Consulta, sarà anche per scaramanzia ma non porta bene. 

Veniamo al nostro.

Per l’art. 104 Cost., il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica. Ne fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione. Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, e per un terzo dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

Balza agli occhi che proprio al garante dell’unità nazionale sia assegnato il compito di presiedere quell’organo (collegiale) mentre di solito, nel caso di assemblee elettive di carattere “politico”, la scelta del presidente è sempre rimessa alla loro autonomia. 

Non si può, pertanto, teorizzare che il Costituente abbia voluto coinvolgere il Presidente della Repubblica in un’assemblea di carattere “politico”, divisa in fazioni interne. 

L’affannosa ricerca di un sistema elettorale classico, fatto di collegi territoriali più o meno ampi, col ricorso al proporzionale piuttosto che al maggioritario, non ha mai prodotto risultati adeguati al dichiarato scopo di limitare il “correntismo”, uscitone viepiù rafforzato. Sono gli stessi meccanismi elettorali ad imprimere un carattere politico anche dove esso dovrebbe escludersi.  

I timori verso l’idea del sorteggio temperato scontano un approccio esclusivamente teorico al problema, piuttosto serio, al cospetto del quale ci si trova. Dovrebbero, i dubbiosi, interrogarsi innanzi tutto sulla “costituzionalità” del “sistema” nella sua attuazione pratica, quella che ha determinato il "monito" del Capo dello Stato volto al superamento della tremenda attualità.
  
E’ quello il risultato cui il Costituente tendeva, legittimava il Sistema?

No. 

Proprio dall'idea di adeguare il sistema elettorale del CSM alla Costituzione nasce la proposta di selezionare gli eleggibili, in numero tale da preservare la possibilità di scelta dell’elettore, attraverso il loro preventivo sorteggio tra magistrati di tutte le categorie. 

Si tratta - non è un azzardo - di un intervento legislativo costituzionalmente imposto. 

Infatti, il vaglio di costituzionalità dell’ipotesi che tragga formalistiche conclusioni dal dato testuale dell’art. 104 Cost. - peraltro affatto univoco - senza tener conto del “prodotto” dei due sistemi da mettere a confronto, non rende giustizia al disegno costituzionale della giurisdizione perché, guardando al dito e non alla luna, rispetta, sovrastimandolo, il solo dato letterale e quindi valorizza una singola disposizione col risultato di tradire il quadro complessivo.

E’ maturo il tempo per sottoporre a verifica di costituzionalità non soltanto la norma astratta ma anche il suo portato pratico, cioè l’atteggiarsi, in concreto, dell’organizzazione della giurisdizione e quindi il prodotto partorito dal voto di cui all’art. 104 Cost., così come sino ad oggi disciplinato in modo alquanto disattento.

Contro il sorteggio temperato si evoca un predominante diritto di elettorato passivo da riconoscere a ciascun magistrato e non solo a quelli sorteggiati, sebbene in numero tale da consentire la successiva scelta degli elettori. Come se il compito del CSM fosse quello di dar libero sfogo ai progetti ideologici di ciascuno in materia di giurisdizione: proprio ciò che non deve essere, di questo s’impone la presa di coscienza. 

Sempre che al Consiglio Superiore della Magistratura voglia riconoscersi, col Presidente della Repubblica, un ruolo di “garanzia” democratica e, sia consentito aggiungere, costituzionale. 

E se l'Ordinamento Costituzionale espressamente ammette elezioni senza candidati a maggior ragione non esclude che gli eleggibili siano selezionati senza dar libero sfogo a pulsioni politiche che mal si addicono agli organi di garanzia.


2 commenti:

francesco Grasso ha detto...

Ciò è certo, chiaro ed ineccepibile. L'art. 104 cost. dice: La magistra costituisce un ordine autonomo e indipendente. Un ordine con ampi poteri con carattere di sovranità, ma non un potere sensu stricto, in quanto non deve essere una sorta di apparato centralizzato che agisce e si esprime con una sola voce, così come hanno voluto e vogliono le "correnti". L'autonomia(101cost.) è riferita ai singoli magistrati e deve essere ampia, tale da garantire una piena indipendenza nell'esercizio delle funzioni giurisdizionali, da condizionamenti di altri poteri esterni, interni, così come accade con questi sistemi che tanto combattiamo, e aggiungo io, soprattutto da loro stessi, ovvero dai loro interessi.

bartolo ha detto...

Faccio una riflessione (psicotica). I magistrati antimafia più potenti della seconda Repubblica pare siano stati, o sono, Di Matteo, Gratteri e Pignatone ...eppure, lontani dal sistema e dalle correnti. Nessuno dei tre, però, ha minimamente toccato quei fili dell'alta tensione con centrale-elettrica proprio al CSM (Di Matteo in un solo caso ed è uscito scosso, anche se, per fortuna, non fulminato). Perché un dato è certo, non per sminuire i tre valorosi magistrati, ma con Falcone e Borsellino, in loro luogo, difficilmente il "sistema" si sarebbe guardato il didietro allo specchio. Magari nel terzo libro, se deciderà di scriverlo Palamara, da esilio francese o americano lo sapremo. Fino ad allora, con buona pace di questo nobile Blog, e del sorteggio temperato, ci dobbiamo rassegnare ai marchesi del grillo.