lunedì 31 dicembre 2007

Contrada, il Dottor Morte


di Marco Travaglio
(Giornalista)

tratto da Voglio Scendere

Sulle “ragioni umanitarie di eccezionale urgenza” che hanno indotto il cosiddetto ministro della Giustizia Clemente Mastella a istruire immediatamente la pratica per la grazia a Bruno Contrada, condannato definitivamente sette mesi fa a 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, bastano le considerazioni di Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo: “Il giudice di sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere si è pronunciato il 12 dicembre contro il differimento della pena del Contrada poichè le patologie dello stesso potrebbero essere curate in carcere o in apposite strutture esterne. Se peraltro tutti gli affetti di patologie come il diabete dovessero avanzare domanda di grazia e ottenerla in tempi così rapidi, il sovraffolamento delle carceri sarebbe rapidamente risolto”.

Se poi Contrada non avesse avviato lo sciopero della fame, ma avesse continuato a nutrirsi, le sue condizioni di salute sarebbero senz’altro migliori.

Il detenuto malato dev’essere curato, nell’infermeria del carcere o in ospedale, secondo le leggi vigenti, non essendo la grazia una terapia anti-diabete.

Quanto alle ragioni giuridiche di un’eventuale clemenza, sono ancor più deboli di quelle umanitarie.

Mai è stato graziato un personaggio di quel calibro condannato per mafia. E mai è stato graziato un condannato a distanza così ravvicinata dalla sua condanna (Contrada ha scontato 7 mesi dei 10 anni previsti).

Si è molto discusso, a proposito di Adriano Sofri, se il candidato alla grazia debba almeno chiederla o possa riceverla d’ufficio, se debba accettare la sentenza o la possa rifiutare: ma, se anche prevalesse la seconda tesi, sarebbe ben strano graziare un signore, stipendiato per una vita dallo Stato, che ha dipinto i suoi giudici come strumenti in mano alla mafia per condannare un nemico della mafia, giudici al servizio di “un manipolo di manigoldi, di criminali, di pendagli da forca che hanno inventato le cose più assurde mettendosi d’accordo”.

E tuttora chiede la revisione del processo. Graziarlo addirittura prima dell’eventuale revisione significherebbe usare impropriamente la clemenza per ribaltare il verdetto della Cassazione: un’invasione di campo del potere politico in quello giudiziario.

Ultimo punto: sollecitata per un parere dal giudice di sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere, la Procura di Palermo ha risposto che Contrada non risulta aver mai interrotto i suoi rapporti con Cosa Nostra, ragion per cui si ritiene che potrebbe – una volta libero – riallacciarli.

Restano da esaminare le possibili ragioni “politiche” di tanta fretta.

Ragioni che risalgono alle sua lunga e controversa carriera di poliziotto e agente segreto alle dipendenze dello Stato, ma al servizio dell’Antistato.

Già capo della squadra mobile e della Criminalpol di Palermo, già numero tre del Sisde (alla guida del dipartimento Criminalità organizzata) fino al Natale del 1992, quando fu arrestato, Contrada è indicato come trait d’union fra Stato e mafia non solo da una ventina di mafiosi pentiti, ma pure da una gran quantità di autorevolissimi testimoni.

A cominciare dai colleghi di Giovanni Falcone, che raccontano al diffidenza che il giudice nutriva nei confronti di “‘u Dutturi”: i giudici Del Ponte, Caponnetto, Almerighi, Vito D’Ambrosio, Ayala. E poi Laura Cassarà, vedova di Ninni (uno dei colleghi di Contrada alla Questura di Palermo assassinati dalla mafia mentre lui colludeva con la mafia).

Tutti a ripetere davanti ai giudici di Palermo che Contrada passava informazioni a Cosa Nostra, incontrando anche personalmente alcuni boss, come Rosario Riccobono e Calogero Musso.

Nelle sentenze succedutesi in 15 anni, si legge che Contrada concesse la patente ai boss Stefano Bontate e Giuseppe Greco; che agevolò la latitanza di Riina e la fuga di Salvatore Inzerillo e John Gambino; che intratteneva rapporti privilegiati con Michele e Salvatore Greco; che spifferava segreti d’indagine ai mafiosi in cambio di favori e regali (come i 10 milioni di lire accantonati dal bilancio di Cosa Nostra, nel Natale del 1981, per acquistare un’auto a un’amante del superpoliziotto); che ha portato al processo falsi testimoni a sua difesa.

Decisivo il caso di Oliviero Tognoli, l’imprenditore bresciano arrestato in Svizzera nel 1988 come riciclatore della mafia. Secondo Carla Del Ponte, che lo interrogò a Lugano insieme a Falcone, Tognoli ammise che a farlo fuggire dall’Italia era stato Contrada, anche se, terrorizzato da quel nome, rifiutò di metterlo a verbale. Poi, in un successivo interrogatorio, ritrattò.

Quattro mesi dopo, Cosa Nostra tentò di assassinare Falcone e la Del Ponte con la bomba all’Addaura.

Nemmeno Borsellino si fidava di Contrada. E nemmeno Boris Giuliano: finì anche lui morto ammazzato. Il che spiega, forse, lo sconcerto dei familiari delle vittime della mafia all’idea che lo Stato, dopo aver speso 15 anni per condannare Contrada, impieghi 7 mesi per liberarlo.

Ma c’è un ultimo capitolo, che sfugge alle sentenze: uno dei tanti tasselli che compongono il mosaico del “non detto”, o dell’“indicibile” sulla strage di via D’Amelio, dove morì Borsellino con gli uomini della sua scorta (ancora oggetto di indagini della Procura di Caltanissetta, che pure ha archiviato la posizione di Contrada).

Quel pomeriggio del 19 luglio ‘92 Contrada è in gita in barca al largo di Palermo con gli amici Gianni Valentino (un commerciante in contatto col boss Raffaele Ganci) e Lorenzo Narracci (funzionario del Sisde).

Racconterà Contrada che, dopo pranzo, Valentino riceve una telefonata della figlia “che lo avvertiva del fatto che a Palermo era scoppiata una bomba e comunque c’era stato un attentato. Subito dopo il Narracci, credo con il suo cellulare, ma non escludo che possa anche aver usato il mio, ha chiamato il centro Sisde di Palermo per informazioni più precise”.

Appreso che la bomba è esplosa in via d’Amelio, dove abita la madre di Borsellino, Contrada si fa accompagnare a riva, passa da casa e, in serata, giunge in via d’Amelio.

Ma gli orari - ricostruiti dal consulente tecnico dei magistrati, Gioacchino Genchi - non tornano.

L’ora esatta della strage è stata fissata dall’Osservatorio geosismico alle 16, 58 minuti e 20 secondi.

Alle 17 in punto, cioè 100 secondi dopo l’esplosione, Contrada chiama dal suo cellulare il centro Sisde di via Roma.

Ma, fra lo scoppio e la chiamata, c’è almeno un’altra telefonata: quella che ha avvertito Valentino dell’esplosione.

Dunque, in 100 secondi, accadono le seguenti cose: la bomba sventra via d’Amelio; un misterioso informatore (Contrada dice la figlia dell’amico) afferra la cornetta di un telefono fisso (dunque non identificabile dai tabulati), forma il numero di Valentino e l’avverte dell’accaduto; Valentino informa Contrada e gli altri sulla barca; Contrada afferra a sua volta il cellulare, compone il numero del Sisde e ottiene la risposta dagli efficientissimi agenti presenti negli uffici solitamente chiusi di domenica, ma tutti presenti proprio quella domenica.

Tutto in un minuto e 40 secondi.

Misteri su misteri.

Come poteva la figlia di Valentino sapere, a pochi secondi dal botto, che – parola di Contrada – “c’era stato un attentato”? Le prime volanti della polizia giunsero sul posto 10-15 minuti dopo lo scoppio. E come potevano, al centro operativo Sisde, sapere che era esplosa una bomba in via D’Amelio già un istante dopo lo scoppio? Le prime notizie confuse sull’attentato sono delle 17.30.

Escludendo che la figlia di Valentino e gli uomini del Sisde siano dei veggenti, e ricordando i rapporti del commerciante con i Ganci, viene il dubbio che l’informazione in tempo reale l’abbia data chi per motivi – diciamo così – professionali, ne sapeva molto di più.

Qualcuno che magari si trovava appostato in via D’Amelio, o nelle vicinanze, in un ottimo punto di osservazione (magari il Monte Pellegrino, dove sorge il castello Utveggio, sede di misteriosi uffici del Sisde in contatto con un mafioso coinvolto nella strage e poi frettolosamente chiusi). E attendeva il buon esito dell’attentato per poi comunicarlo in tempo reale a chi di dovere.

Forse, prima di parlare di grazia a Contrada, si dovrebbe almeno pretendere che dica la verità su quel giorno.

Altrimenti qualcuno potrebbe sospettare – con i parenti delle vittime – che lo si voglia liberare prima che dica la verità.

28 dicembre 2007

22 commenti:

Anonimo ha detto...

Da: http://partecivile.spaces.live.com
CAINO E ABELE NON SONO UGUALI
CAINO E ABELE NON DEVONO MAI ESSERE UGUALI!
Mastella sta valutando la possibilità di concedere la grazia per Bruno Contrada, l’ex dirigente del SISDE condannato a dieci anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Un atto dovuto, sostiene il Guardasigilli, e subito si scatena la giusta disapprovazione dei familiari delle vittime della Mafia. Lo Stato non deve usare la pietà per i reati di Mafia, specialmente se commessi da chi doveva difendere gli interessi del Paese ed ha, invece, preferito passare dall'altra parte della barricata.
L'Italia, in questi ultimi anni, è stata protagonista di una grande campagna di civiltà per la moratoria universale della pena di morte denominata"Nessuno tocchi Caino", ma in Italia qualcuno deve avere capito che si trattava di un'altra cosa! - La grazia a Contrada è uno schiaffo pubblico a tutte le vittime della Mafia e al faticoso divenire dei tanti familiari che spesso si sentono, a giusta ragione, abbandonati dallo Stato. Tutta l'umana considerazione per la salute di chiunque e in casi particolari ci sono altri strumenti Normativi che possono permettere la scarcerazione per gravi motivi di salute, ma ACCIDENTI! LA GRAZIA NO'! - E se la prostata, il diabete o il cuore di tanti mafiosi peggiorassero all'improvviso sarebbe UN ATTO DOVUTO concedere la grazia ai vari Brusca, Riina, Provenzano? - Siamo costernati di fronte all'offesa che si arreca, con questo provvedimento, alla MEMORIA di tanti servitori dello Stato e di tanti cittadini che non si sono voluti piegare alla logica perversa della criminalità.
Cosa vuol dire, caro Ministro Mastella, la GRAZIA!!! - Non basterebbe concedere a CAINO gli arresti domiciliari? E' mai possibile che non ci lasciate respirare un solo giorno in piena tranquillità? E' mai possibile che quando decidete di "pensare" in grande, partorite solo cazzate? (chiedo scusa, ma di questo si tratta).

Anonimo ha detto...

Non cedo che le cose siano così lineari come descritte nell’articolo del Dott. Travaglio.
Se così fosse perché un Corte d’appello (prima del rinvio della Cassazione) l’ha dapprima assolto.
E’ antico brocardo che i«in claris non fit interpretatio». Se la colpevolezza del Dott. Contrada fosse così «solare» per-chè ben cinque giudici (da presumere non meno preparati dei colleghi che l’hanno condannato) hanno ritenuto di assolverlo con formaula piena?
Qui a Taranto ci sono stati in poco tempo ben tre casi di «poveri cristi» (solo quelli di cui hanno parlato i giornali) che sono strati condanti ingiustamente ed hanno scontato chi 13, chi 10, chi 8 anni di reclusione ingiusta. Eppure, prima della «scoperta» della loro innocenza non vi erano dubbi sulla loro colpevolezza.
Perché non concedere a Contrada la revisione del processo visto che in questo caso dubbi, pure «ufficiante», persistono?
Grazie per avermi postato.
Saracino Cosimo
(Avv. del Foro di Taranto)

"Uguale per tutti" ha detto...

Gentilissimo Avv. Saracino,

siamo noi che ringraziamo Lei del Suo intervento e della Sua attenzione, che ci sono graditissimi.

Aggiungiamo che siamo pienamente d'accordo con Lei sul fatto che ci sono tanti casi di errori giudiziari e che, se vi sono i presupposti per una revisione del processo, essa va certamente riconosciuta al dr Contrada.

Il problema è che qui non si discute di una revisione, sulla quale si pronunceranno i magistrati competenti, ma di una "grazia" e fa male vedere come sempre più sistematicamente la politica si attivi per vanificare le poche sentenze di condanna che dovrebbero essere eseguite nei confronti di persone che hanno potere o, comunque, appartengono a categorie "privilegiate".

Noi non pensiamo nulla né di bene né di male nei confronti del dr Contrada. Chiediamo solo che si rispettino le sentenze passate in giudicato, altrimenti davvero l'amministrazione della giustizia resta totalmente priva di senso.

La Redazione

Anonimo ha detto...

HO NOTATO CHE QUESTA SOLLEVAZIONE GENERALE ALLA RICHIESTA DI GRAZIA HA SORPRESO TUTTI GLI INTERESSATI DELLA RICHIESTA CHE FORSE SAREBBE PASSATA INOSSERVATA NEL FESTAIOLO PERIODO NATALIZIO.
Il Presidente l'ha prontamente passata al Ministro Mastella che si era reso disponibile ad una rapida esecuzione. L'immediata dichiarazione di Rotondi Segretario DC "Si proceda senza se e senza ma sulla via della grazia per Bruno Contrada uomo delle istituzioni e persona che sta soffrendo dietro le sbarre ".
Ora si racconta che nessuna grazia era stata richiesta.
Ma in che paese viviamo?
Basta affidare al tam tam della TV qualsiasi cavolata che dal Presidente in giù si attivano per modificare leggi a articoli del codice che ormai confliggono fra di loro.
E i fatti tutti i fatti e i morti ammazzati non interessano a nessuno e li dobbiamo rileggere qui
MENO MALE.
Comunque abbiamo capito che non dobbiamo più lasciar operare impunemente tutta questa classe politica collusa ma dobbiamo vigilare e urlare tutti i giorni tutto quello che vogliamo contestare con tutti i mezzi.
Alessandra

Anonimo ha detto...

Bruno Contrada è vecchio e malato. Considerati i tempi non rapidi della Giustizia, seppure la Redazione ha ragione in linea di principio, temo che non sopravviverà a lungo.
La grazia rimane, a mio avviso, l'unico provvedimento da prendere in un caso tanto controverso e urgente, dove persiste un ragionevole dubbio.
Aggiungo infine che l'uso di un'espressione quale "dott. morte" da parte di Travaglio mi lascia fortemente perplessa.
Colgo l'occasione per salutare cordialmente e augurare un sereno anno nuovo al Dott. Lima, alla Redazione e a tutti i lettori.
Paola Risi, Genova

Anonimo ha detto...

p.s.: vorrei chiedere al sign. Travaglio se non attuerebbe anche lui uno sciopero della fame essendo disperato ed essendo innocente. Dopo un decennio di dolorose vicende processuali che lo hanno visto carcerato in via preventiva per 31 mesi e assolto perché il fatto non sussiste in sede di Appello.
Paola Risi

"Uguale per tutti" ha detto...

Cara Paola,

grazie dei Suoi auguri, che ricambiamo di cuore.

Quanto ai problemi che Lei pone, nel ringraziarLa ancora del contributo prezioso che offre al dibattito, proponendo un'idea diversa dalla nostra, ci permetta di farLe due osservazioni.

Lei scrive:
"Bruno Contrada è vecchio e malato. Considerati i tempi non rapidi della Giustizia, seppure la Redazione ha ragione in linea di principio, temo che non sopravviverà a lungo".

Ma deve considerare:

1. che l'udienza del Tribunale di Sorveglianza è fissata per il 10 gennaio: dunque, "i tempi della giustizia" in questo caso sono brevissimi;

2. che il dr Contrada pratica uno sciopero della fame e rifiuta il ricovero in ospedale.

Lei comprende l'assurdità e la disonestà di un atteggiamento con il quale per un verso si invoca la grazia e la si pretende subito per ragioni di salute e, per altro verso e contemporaneamente, si nuoce deliberatamente alla propria salute.

Lei scrive ancora:
"p.s.: vorrei chiedere al sign. Travaglio se non attuerebbe anche lui uno sciopero della fame essendo disperato ed essendo innocente. Dopo un decennio di dolorose vicende processuali che lo hanno visto carcerato in via preventiva per 31 mesi e assolto perché il fatto non sussiste in sede di Appello".

Attualmente a carico del dr Contrada vi è una sentenza di condanna passata in giudicato.

Dunque, per lo Stato Italiano il dr Contrada è colpevole senza altra precisazione possibile.

Se ognuno che si dice innocente avesse diritto alla grazia, le carceri sarebbero vuote.

Invece sono piene.

Ma da esse escono continuamente quelle poche "persone importanti" che ci entrano, perchè la maggior parte delle persone importanti non ci entra proprio.

Questo sembra infine e sempre purtroppo il problema. Che in Italia la legge, la giustizia, la politica, la stampa, i lettori, i cittadini non sono uguali per tutti.

Mille cari auguri ancora a Lei e a tutti.

La Redazione

Anonimo ha detto...

Cara Paola Risi
tra i commenti postati alla lettera di Salvatore Borsellino troverà anche il mio, a proposito di Bruno Contrada.
So che non le piacerà il mio accostamento ad Adriano Sofri, così come a molti lettori del blog non piacerà che un avvocato che si schiera a fianco di un giudice (Forleo) e di un PM (de Magistris), possa poi con la stessa energia sostenere le ragioni di un poliziotto condannato per mafia (Contrada) e di un extraparlamentare(Sofri) condannato (a mio parere ingiustamente) per l'omicidio di un galantuomo quale era senza alcun dubbio Luigi Calabresi.
Forse la storia nel suo corso spesso violento ha la capacità di travolgere sempre i migliori, in qualsiasi schieramento si trovino.
O forse siamo noi esseri umani che non sappiamo leggere e capire la storia di cui siamo insieme vittime ed artefici.
Ma sono abituato all'idea che ragionare liberamente comporta trovarsi quasi sempre soli, di modo che su questo specifico argomento, in questo blog, certamente io sono in disaccordo sia con chi vorrebbe Contrada morto da condannato che con chi lo vorrebbe assolto e/o graziato prima che sia troppo tardi.
Legga se ha tempo il mio commento e poi provi a rispondermi : perchè tacere ancora, verso la fine della parte terrena della propria esistenza?
Perchè del suo piano di riconversione del SISDE in funzione antimafia ha parlato Lino Jannuzzi e non Contrada stesso?
Perchè nessuno osa analizzare i rapporti di De Gennaro con la parte vincente della Polizia e dei Servizi?
Perchè la moglie di Contrada chiama "Caino" proprio De Gennaro, ma non ne spiega mai il motivo?
Perchè Paolo Borsellino (è un mio eroe, vi prego non si azzardi alcuno a dubitarne, a dieci anni avevo Zorro e altri coraggiosi come lui, a 34 anni avevo Borsellino ma me lo hanno ammazzato, CE lo hanno ammazzato purtroppo) parlò genericamente di "saldatura" senza indicare tra chi tale saldatura si stava realizzando?
Provi lei a rispondere.
Vediamo se siamo sulla stessa lunghezza d'onda.
Anche se temo che, dopo questo ennesimo mio "scomodo" intervento, animato da una quasi infantile voglia di meglio comprendere,su temi così caldi come quelli sopra citati rimango e rimarrò sempre più solo ed anzi, mio malgrado, avrò guadagnato qualche altro pò di ostilità.

Cordialmente

Andrea Falcetta

Anonimo ha detto...

Gentile redazione "uguale per tutti",
nel ringraziarvi per l'opportunità che mi date di leggere tanti illuminati scritti su temi di giustizia, verso la quale mi sento aramai un ossessionato da un quindecennio di attesa, vorrei segnalarvi che sul caso Contrada apparite un pò sbilanciati verso il giustizialismo. Mi permetto tale giudizio in quanto mi sembra notare che ci tenete tanto all'imparzialità e fate riferimento esclusivamente al rispetto rigoroso della legge. Quindi, a mio avviso, in questo caso, oltre all'articolo del sig. Travaglio dovreste ospitare qualche altro del senatore Iannuzzi sul medesimo Contrada. Nell'esplicitare che a me risultano entrambi antipatici, colgo l'occasione per inviare a voi e a tutti i visitatore di questo splendido blog gli Auguri più sinceri di un Felice 2008, all'insegna di una giustizia finalmente uguale per tutti, de Magistris e Forleo inclusi.
bartoloiamonte@libero.it

"Uguale per tutti" ha detto...

Andrea Falcetta, nel suo commento qui sopra, ha fatto riferimento ad altro suo commento inserito in calce a un intervento di Salvatore Borsellino sullo stesso argomento della grazia a Contrada.

Chi volesse leggere il commento di Andrea, ma anche altri, fra i quali alcuni di Paola Risi, trova il tutto cliccando qui.

La redazione

"Uguale per tutti" ha detto...

Per Bartolo Iamonte.

Caro Bartolo,

grazie della Sua presenza fra noi e del contributo che dà al nostro dibattito.

Ci permetta di "approfittare" del Suo commento qui sopra per esprimere alcune nostre convinzioni, che ispirano il blog.

1. Tutti quelli che scriviamo qui crediamo che il rispetto per le opinioni altrui e il desiderio e interesse al confronto delle opinioni anche diverse non voglia dire "non avere idee" o essere disposti a "cedere" su ciò che ci sembra vero e giusto.

La nostra idea di "confronto", in sostanza, è l'esatto opposto di quella dei talk show televisivi.

Lì, quando trattano un tema, invitato dieci persone del tutto diverse fra loro (a volte anche del tutto "fuori posto") e a ognuno fanno dire qualcosa in fretta, per un paio di minuti, in modo che alla fine non si è capito niente e il "dibattito" è servito solo all'audience.

Qui esponiamo le nostre idde, difendendo quelle di cui siamo convinti.

Il blog ha una sua "linea editoriale" e suoi contenuti specifici. Nel blog si possono pubblicare poche cose e poche alla volta e, quindi, scegliamo quelle che esprimono le nostre idee.

Questa "difesa" delle nostre idee non vuol dire disprezzo per le idee diverse dalle nostre né disinteresse per il confronto.

Ma non renderemmo un servizio all'informazione e alla verità se, per cortesia, non fossimo sinceri nel dire ciò che crediamo vero.

E d'altra parte chiediamo ai nostri lettori di fare lo stesso.

Non siamo d'accordo con Paola Risi, ma siamo contentissimi che Lei difenda qui la Sua posizione e davvero ci auguriamo che "non molli", perchè, come abbiamo scritto tante volte, solo da un confronto sincero e rispettoso può nascere qualcosa di buono.

E ovviamente "rispettoso" non significa "arrendevole" né "compiacente".

2. Siamo convintamente antiegeliani. Pensiamo che NON sia vero che la verità sia necessariamente una sintesi fra tesi e antitesi.

Quando dobbiamo spiegare a una nostra figlia perchè è meglio che scelga una professione eticamente sana, le diciamo le nostre ragioni in tal senso, ascoltando le sue. Ma non reputiamo necessario farla parlare con una suora e con una prostituta, perchè giunga a convincersi di qualcosa che sia "una via di mezzo". Questo di sentire una suora e una prostituta è un espediente disonesto dei già citati talk show. E non è affatto uno strumento per arrivare più vicini alla verità.

Per questo non ci sembra doveroso pubblicare qui Iannuzzi che non stimiamo proprio per nulla e pubblichiamo Marco Travaglio che, al contrario, stimiamo molto.

Rispettiamo sinceramente la Sua posizione di antipatia verso Marco Travaglio, ma non la condividiamo per nulla e non possiamo, per cortesia nei Suoi confronti, recedere dalle nostre convinzioni.

3. Crediamo che uno dei mali della società attuale sia la mistificazione dei concetti e l'abuso delle parole.

Lei dice che sul caso Contrada siamo "sbilanciati verso il giustizialismo". Ci permetta di dirLe che questo è decisamente un abuso dei concetti e delle parole.

L'esecuzione di una sentenza di condanna pienamente legale è "giustizia" e non "giustizialismo".

Trova una definizione di "giustizialismo" sul dizionario della lingua italiana di De Mauro, cliccando qui.

4. Lei aggiunge: "Mi permetto tale giudizio in quanto mi sembra notare che ci tenete tanto all'imparzialità e fate riferimento esclusivamente al rispetto rigoroso della legge. Quindi, a mio avviso, in questo caso, oltre all'articolo del sig. Travaglio dovreste ospitare qualche altro del senatore Iannuzzi sul medesimo Contrada".

Ripensandoci, converrà con noi che chiedere il "rispetto delle sentenze" è cosa certamente rispettosa della legge.

E siamo sicuri che sarà d'accordo con noi che "imparzialità" non è "cerchiobottismo".

Se avere delle opinioni - anche forti - significa non essere "imparziali", allora non c'è modo di battersi per qualcosa.

Se quando uno dice che la mafia è responsabile di una parte del degrado del Paese, qualcun altro potesse accusarlo di essere "fazioso" e pretendere che sia pubblicata l'opinione che ha sul punto Totò Riina, per dare prova, così, di obiettività, allora saremmo perduti.

E Lei Bartolo sarà certamente d'accordo su questo.

A noi pare, in definitiva, che bisogna smetterla di ridurre tutto a un gioco delle parti, a una guerra fra bande, a un conflitto di fazioni e provare tutti, per un verso, a capire e, per altro verso, ad argomentare in modo che chi ci ascolta o ci legge possa valutare la fondatezza delle nostre opinioni e delle nostre battaglie.

Dopo di che ci sarà il nostro blog e ci sarà il blog di chi pensa che Contrada vada graziato. E chi vorrà leggerà il nostro, chi vorrà l'altro e molti li leggeranno entrambi.

Questo blog non vuole in alcun modo essere "fazioso", ma non vuole neppure in alcun modo essere "neutrale".

Questo blog nasce con la speranza di "dare un contributo"; è scritto con "passione"; ha degli "obiettivi".

Tutto questo è scritto con chiarezza e trasparenza.

Non inganniamo nessuno. Non facciamo giochetti di parole. Non ci nascondiamo dietro contorsioni lessicali. Non ci sottraiamo al confronto. Ci assumiamo le responsabilità che servono.

Ma non facciamo "da sponda" a nessuno. Non ci prestiamo a servire cause che non condividiamo. Non rinunciamo a difendere quelle in cui crediamo.

Il tutto, ci creda, con il massimo rispetto di tutti e, nei limiti della nostra umana debolezza, con un desiderio sincero di umiltà e di cortesia verso tutti.

Speriamo che questi "punti programmatici" non La allontanino da noi, perchè riteniamo la Sua presenza una ricchezza per il nostro blog.

Mille auguri a tutti per il nuovo anno.

La Redazione

Anonimo ha detto...

Il caso Contrada mi sembra un caso complesso su cui si dovrebbe evitare di parlare affrettatamente. Penso che esso vada affrontato con pacatezza e soprattutto con una buona conoscenza dei fatti. Credo che si debba sfuggire a questa logica del dibattito i cui tempi sono dettati dagli organi di stampa, i quali peraltro come è stao detto giustamente più volte su questo blog disiformano più che informano. E’ necessario conoscere i provvedimenti che si citano e non ritengo che sia coretto estrapolarne ad arte alcuni brani. Ho letto su www.radiocarcere.com il provvedimento con cui il magistrato di sorveglianza ha rigettato la richiesta di differimento della pena. Onestamente da questo provvedimento risulta chiaramente che Contrada è gravemente malato e che le sue condizioni sono al limite della compatibilità con il carcere. Forse vi potrebbero essere i presupposti per concedergli almeno la detenzione domicliare. Benficio che eprò di fattio non è concedibile per chi è condannato per associazione mafiosa. Non capisco perché un mafioso debba essere trattato apriopristicamente più duramente che un assasino senza che si possa verificare concretamente la sua posizione. Sofri e Bompressi entrambi condannati per l’omicidio di un commissario di polizia godono di un trattamento migliore di quello riservato a Contrada che nessun omicidio ha commesso. Peraltro ho molti dubbi sulla colpevolezza di questi poiché i loro processi sono stati caratterizzati tutti da qualche sentenza di assoluzione. E se è vero che la condanna deve essere pronunciata ogni oltr ragionevole dubbio, penso che questo dopo una sentenza di asoluzione pronunciata da una Corte di appello non sia più superabile.
Carlo Lancellotti

Anonimo ha detto...

Rimarrò sempre con voi perché ho tanta sete di capire.
Ho espresso in maniera poco chiara la mia opinione, cercherò di esplicitarla sperando di non complicarla ulteriormente: intanto, la mia antipatia verso Travaglio e Iannuzzi non voleva essere assolutamente offensiva, come anche l'"accusa" rivolta a voi di aver capito che propendiate al giustizialismo. E' soltanto che non riesco mai a capire perché la giustizia arrivi a presentare il suo conto ai criminali quando questi, oramai, sono resi inermi o dalle nuove leve o dalla stessa natura che intanto continua inesorabile a fare il suo corso, senza favoritismi nei riguardi di alcuno. Lo stesso motivo della nascita del vostro blog indica che la giustizia va migliorata nell'uguaglianza rispetto ad ogni cittadino ma anche, credo, debba intervenire per abbattere la cancrena mafia nel mentre questa si trova in attività; alla sua fine, mentre le sue cellule mutano in altro male, l'accanimento terapeutico contro le vecchie non ha lo stesso valore.
Grazie e ancora Auguri di Buon Anno Nuovo, bartolo iamonte.

Pietro Gatto ha detto...

Sul caso Contrada concordo con chi suggerisce moderazione e previa conoscenza dei fatti. Mi piacerebbe confrontarvi con voi sui seguenti punti:
1) problema grazia. Sono d'accordo sul fatto che essa non deve essere intesa come strumento per cassare sentenze altrimenti divenute definitive, tantomeno se esse riguardano personaggi più o meno noti o eccellenti. Le impugnazioni ordinarie e straordinarie (cioè, per i non addetti ai lavori, la revisione) assolvono allo scopo di rimediare all'errore giudiziario. La grazia, dunque, non si attaglia al caso Contrada.
2) D'altro canto, dovrebbero un po' vergognarsi tutti quelli che, in questi giorni, hanno augurato a Contrada di morire in carcere. Sono atteggiamenti culturali che fanno a pugni, se non altro, con qualche centinaio di anni di conquiste di cultura giuridico-filosofica;
3) problema sentenza definitiva. Ovviamente va rispettata, ma - almeno per me - qualsiasi sentenza non è un talmud: essa può essere criticata anche se è definitiva, altrimenti non si comprenderebbe perché è lo stesso legislatore a prevedere lo strumento della revisione.
4) Sotto questo aspetto, consiglio soprattutto ai non addetti ai lavori di andare a guardare (cfr. casocontrada.blogspot.com) sulla base di quali prove Contrada è stato condannato.
5) Agli addetti ai lavori rispondo che, se è vero che le sentenze vanno rispettate, è anche vero che esse risentono del contesto normativo all'interno del quale esse sono emesse. Nessuno può negare che la giurisprudenza sull'art. 192 c.p.p. abbia vissuto momenti sicuramente non degni di uno stato di diritto, e che, personalmente, le motivazioni del giudice di primo grado sul caso della supposta intercessione di Contrada per la concessione della patente a Bontade a me fa venire i brividi.
6) c'è stato o non c'è stato, come alcuni adombrano e come Andrea Falcetta sembra far notare, un problema nella "gestione" dei pentiti? Ci sono stati vincitori e vinti all'interno delle forze dell'ordine su tale tema? Sono un quisque de populo, ma qualche cosa mi suona strana e non vorrei fosse fatta passare soltanto per dietrologia interessata.

Carlo Verdi ha detto...

Sono stato fortemente impressionato dall'art. del dott. Travaglio sul caso Contrada.
In primo luogo dissento dalla definizione del detenuto Contrada come "dottor morte."
Che significa?
Non mi pare che il detenuto Contrada sia stato condannato per omicidio.
Cosa giustifica l'uso di tale disumana definizione nei confronti di un vecchio ammalato che continua a proclamarsi innocente e che potrebbe anche esserlo?
O una sentenza di condanna impedisce al condannato di proclamarsi innocente e la sola affermazione della propria innocenza rende inapplicabile l'istituto della grazia?
E quali sarebbero le ragioni giuridiche del provvedimento di clemenza per il dott. Travaglio; forse essere simpatici e belli?
A me pare che la grazia, per definizione, trovi applicazione ai condannati nei confronti dei quali comporta un condono totale o parziale della pena.
Non c'è grazia senza condannato, dunque.
E non mi pare che le ragioni giuridiche di un'eventuale clemenza - di cui parla Travaglio senza indicarle - consentano di assumere che la clemenza vada riservata ai condannati per alcuni reati e non per altri.
Anzi, mi risulta che la grazia sia stata concessa ad un condannato per omicidio a pena detentiva maggiore di quella che sta scontando Contrada e che, in quel caso (Bompressi) si sia – giustamente, secondo me – tenuto conto pure delle precarie condizioni di salute del detenuto.
Dunque non reputo corrette le affermazioni di Travaglio sul punto.
A mio giudizio la procedura prevista per la concessione del provvedimento di clemenza deve fare il suo corso e non vedo perchè il semplice disbrigo della pratica faccia rabbrividire tanti commentatori.
Lo Stato affermerebbe forse meglio la sua forza e la sua efficienza se la pratica non fosse istruita prima della morte del detenuto?
Lasciamo al detenuto Contrada il diritto di proclamarsi innocente e di protestare in tutti i modi che riterrà opportuni contro l'ingiustizia (a suo dire) subita e rifuggiamo dalla tentazione di scagliarci tutti insieme contro il cattivo di turno, al quale negare sia il diritto di proclamarsi innocente, sia quello di scioperare, sia quello di ottenere il veloce esame della richiesta di grazia (che, ovviamente, non significa garanzia della concessione della clemenza).
Per non parlare poi delle non meglio precisate "ragioni politiche" che giustificherebbero tanto zelo delle istituzioni a favore di Contrada,a dire di Travaglio.
C'è forse un'associazione a delinquere formata dal Ministro, dal Capo dello Stato e da altri criminali che si muovono all'unisono a sostegno della grazia per ragioni inconfessabili?
Le affermazioni di Travaglio mi lasciano molto perplesso.
Mi chiedo: da dove derivano tali granitiche certezze? Non occorre forse più prudenza quando si giudicano gli altri, siano essi detenuti, alte cariche dello Stato o persone comuni?
Che dire poi del richiamo al parere della Procura di Palermo sui rapporti attuali di Contrada con la mafia?
Chi lo conosce? Che valore ha? Come ha potuto difendersi dal suo contenuto il detenuto Contrada?
Certo, se esiste, sarà valutato nell’ambito del procedimento pendente.
E ancora, che verità deve dire Contrada su “quel giorno?”
Deve proclamarsi colpevole rinunciando alla sacrosanta (che non significa fondata) battaglia per l’affermazione della sua innocenza?
Perché, forse chi si professa innocente non può ottenere la grazia?

Al dott. Lima

Leggo in un suo commento “Lei comprende l'assurdità e la disonestà di un atteggiamento con il quale per un verso si invoca la grazia e la si pretende subito per ragioni di salute e, per altro verso e contemporaneamente, si nuoce deliberatamente alla propria salute.”
Non condivido il Suo giudizio.
Un uomo disperato giunto alla fine della vita dopo aver perso la battaglia più importante non può essere giudicato con tanta severità per le iniziative che assume, a maggior ragione se affetto da depressione.
Questi atteggiamenti a me non sembrano assurdi o disonesti, ma mi ispirano soltanto pietà.
Non sono i comportamenti di chi persegue un fine illecito, ma i gesti disperati di un uomo vinto.

Tutti potremo dolerci di un eventuale errore giudiziario (se un giorno sarà accertato);nessuno, credo, potrà mai pentirsi di aver trattato un uomo, anche il peggiore degli uomini, con umanità.


Cordialmente

Carlo Verdi

Anonimo ha detto...

Gentile Carlo (Verdi),

Le assicuro che ho la più grande comprensione e compassione per il dr Contrada.

Le assicuro anche che sono fermissimamente convinto che i detenuti vadano trattati con la massima umanità.

Le aggiungo che io penso che in Italia la situazione delle carceri violi gravemente i doveri che abbiamo nei confronti dei detenuti. E addirittura che il fatto che in carcere ci siamo per l'80% solo poveri cristi viola anche gravemente molti doveri che abbiamo nei confronti dei non detenuti.

Ciò posto, quello che cerco di difendere è solo l'elementare principio per il quale "la legge è uguale per tutti". Mentre lo scrivevo, mi rendevo conto dell'assurdità di ciò che ho scritto.

In Italia la legge NON è uguale per tutti.

Dunque, dico meglio, il principio che vorrei difendere è quello per il quale "la legge dovrebbe essere uguale per tutti".

Dunque, io non chiedo per il dr Contrada nulla se non che egli sia trattato come vengono trattati tutti gli altri che si trovano nella sua condizione.

Riconosco a chi è condannato tutti i diritti che la legge gli riconosce.

Trovo che sia malato un Paese nel quale l'imputato può non solo difendersi, ma anche accusare i suoi giudici di ogni nefandezza e chiedere una grazia senza chiederla, invocando una condizione di grave malattia all'aggravamento della quale concorre positivamente, rifiutando le cure, eccetera, eccetera, eccetera.

Felice Lima

Carlo Verdi ha detto...

Gentile dott. Lima,
mi sembra che non abbia risposto alle questioni che ho posto.
Io non credo che il giornalista Travaglio sia l’emblema di chi auspica che la giustizia sia eguale per tutti e le sentenze vadano sempre rispettate, prima tra tutte quella relativa al caso Contrada.

Mi sembra, infatti, che per Travaglio la Cassazione (e quindi la giustizia che essa amministra) non sia uguale per tutti, ma vada invocata come supremo giudice a seconda dei casi e cioè solo quando se ne condividono le statuizioni.
La Corte, in particolare, se condanna Contrada impone assoluto rispetto, perché è facile trincerarsi dietro la definitività della condanna per accanirsi contro un vecchio moribondo.
Quando, però, la Cassazione assolve Carnevale non è più da condividere, perché in tal caso il cattivo per antonomasia, il "cassasentenze" resta tale e chi se ne frega del giudicato assolutorio.
Sarà il frutto di uno dei tanti complotti, come quello che – statuisce con ulteriore giudizio non rivedibile il severo Travaglio – è stato ordito a favore di Contrada.

Ma questo doppio metro di valutazione che spesso scade nel pettegolezzo non lo condivido.
Legga, dott. Lima questo articolo
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=15454
e mi dica se condivide l’opinione di Travaglio, per il quale la Letizia Vacca va esposta al pubblico ludibrio con questo lapidario giudizio
“Quali sarebbero poi, per la Vacca, i buoni magistrati? Non occorre domandarglielo. Basta vedere come vota al Csm: sì al ritorno in Cassazione del pensionato Carnevale, che cassava le condanne dei mafiosi e definiva Falcone un cretino; sì alla nomina di Carbone - contestato perché insegnava all’università senza il permesso del Csm, doppio stipendio - a 1° presidente di Cassazione”

Dunque la Cassazione se condanna Contrada è un giudice assolutamente affidabile ed intoccabile, al punto tale che il condannato non può ottenere la grazia.
Se lo stesso giudice assolve Carnevale, però, questi resta l’ammazzasentenze.
E se il primo presidente viene reputato idoneo a svolgere le sue funzioni dal CSM, non fa nulla, perché resta un cattivo giudice che insegnava all’università senza permesso.
E chi se ne frega dell’autonomia di giudizio dell’organo preposto a valutare i giudici.

E, tornando a Contrada, basta un “parere” della procura di Palermo per dire che non si può escludere che se il detenuto vecchio e malato se uscisse dal carcere riprenderebbe le sue cattive frequentazioni: dunque la grazia gli va negata a tutti i costi.

Mi pare che questi giudizi lapidari siano ipocriti e perciò inattendibili.

Ribadisco, quindi, l’invito a trattare il vecchio detenuto Contrada con l’umanità che esige il suo stato.
Per non parlare, al di là della grazia, della pena che va scontata ma deve essere uno strumento di riabilitazione del condannato.
Quale riabilitazione per un vecchio morente?

Auspico che l’umanità sia eguale per ogni detenuto; non nel senso di negarla ad ognuno, ma al fine di garantire un trattamento compassionevole ed umano a tutti.

Scusi i toni insolitamente accesi, ma il suo spazio anima la passione e stimola il confronto.
E di questo la ringrazio ancora, anche quando non condivido le Sue opinioni

Cordialmente

Carlo Verdi

Anonimo ha detto...

Gent. Dott. Falcetta,
ho letto il Suo commento all'articolo dell'Ing. Borsellino con vivo interesse e attenzione, e La ringrazio per avermi risposto. Il Suo tentativo di comprendere meglio la vicenda di Contrada, inserendola nel contesto più ampio della politica internazionale e nazionale, mi sembra senz'altro plausibile. Chiunque voglia cercare di valutare i fatti con animo il più possibile imparziale, distaccato, e interessato solamente ad avvicinarsi alla verità di questa complessa vicenda (ammesso che ciò sia possibile), non può evitare di imbattersi nelle seguenti questioni:
1) E'innegabile che il 1992, anno in cui ha avuto inizio la tormentata vicenda giudiziaria di Contrada, ha rappresentato un anno cruciale per la storia della nostra Repubblica, che comportò una vera e propria rivoluzione politica. Mi permetto di ricordare alcuni degli avvenimenti principali: in Sicilia viene assassinato il più potente esponente della Dc andreottiana, Salvo Lima; Falcone e Borsellino vengono uccisi; a livello nazionale alle elezioni politiche la DC subisce per la prima volta una clamorosa sconfitta; scoppia il caso Tangentopoli e Craxi e molti esponenti di spicco della DC vengono inquisiti. E’possibile che fra questi eventi non esista alcun nesso?
2) A chi giovò la vicenda di Tangentopoli? E chi, oltre alla Mafia, può aver tratto vantaggio dall’arresto e incriminazione di un dirigente di polizia stimato e competente come Bruno Contrada?
Per quanto riguarda l’arresto di Bruno Contrada, mi sembra plausibile che possa inquadrarsi anche nel contesto di una lotta per la supremazia fra diversi apparati dello Stato, in questo caso la Direzione Investigava Antimafia (D.I.A.), diretta da Giovanni de Gennaro, e il SISDE, a capo del quale era Contrada. Proprio nel 1992 infatti, anno nel quale la D.I.A. aveva appena iniziato a operare, secondo quanto ricostruito dai due giornalisti Lino Jannuzzi e Dimitri Boffa (si vedano in proposito i seguenti link: http://www.brunocontrada.info/iduepoliziotti.php e http://www.loccidentale.it/node/3362 , si stava discutendo di convertire il SISDE in struttura per il coordinamento della lotta alla criminalità organizzata, con funzione analoga, quindi, alla D.I.A. A partire dal 1992, fanno inoltre notare i due giornalisti, la carriera di Giovanni De Gennaro conobbe una rapida ascesa e i collaboratori di mafia, non più gestiti dall’Alto Commissariato per la lotta alla Mafia, bensì proprio dalla D.I.A., iniziarono ad avanzare le loro accuse, mai manifestate precedentemente.
Lei mi domanda come mai Contrada non abbia mai parlato del piano di riconversione del SISDE, come mai si sia chiuso in un ostinato silenzio. Contrada ha sempre velatamente fatto allusione a colleghi ed esponenti delle istituzioni che avrebbero in qualche modo contribuito alla sua condanna, indirizzando in malafede le indagini.
Ha tuttavia sempre precisato di non voler fare nomi per senso di lealtà allo Stato, ma oltre a questo suo ritegno, più o meno condivisibile, temo che vi sia da parte sua anche il timore di attirarsi ulteriori, potentissime inimicizie e, perché no, di non essere creduto, forse per le verità inaudite che custodisce. Per quanto invece attiene alla moglie di Contrada, la signora Adriana in realtà spiega l’accusa mossa a De Gennaro di essere l’ispiratore del complotto ordito ai danni del marito motivandola con l’ambizione di questi, che avrebbe visto in Contrada un ostacolo per la sua ambizione e nella lotta alla mafia un trampolino di lancio per la propria carriera (cfr. l’articolo di Jannuzzi “I due poliziotti”, al link precedentemente citato). Quanto alla questione della “saldatura”…immagino - ma si tratta di una mia del tutto soggettiva ipotesi, naturalmente -che Borsellino volesse alludere a un nuovo accordo, un nuovo equilibrio raggiunto fra politica, criminalità dedita agli appalti e alla finanza, e organi di informazione superficiali e, talvolta, conniventi. Dell’instaurarsi di questa “pace” siamo testimoni tutt’oggi: la criminalità organizzata continua indisturbata i suoi traffici in regime di collaborazione con ambienti corrotti delle istituzioni e non uccide più i magistrati che si oppongono a questo stato di cose, preferendo, come abbiamo visto di recente nel caso della dott.ssa Forleo e del dott. De Magistris, screditarli e isolarli.
La ringrazio per la Sua cortese attenzione e La saluto cordialmente,
Paola Risi

Anonimo ha detto...

Condivido in pieno le argomentazioni di Pietro Gatto e Carlo Verde e noto con soddisfazione la stima reciproca che si scambiano col dottor Lima. In effetti tra gli stessi giudici che compongono l'Ordinamento giudiziario, si è creata una spaccatura, provocata, a mio avviso, da una informazione che oramai da decenni continua a drogare l'opinione pubblica dell'intero Paese. Anziché informare correttamente sui vari fenomeni complessi capaci di sovvertire le nostre istituzioni, come le mafie, si prestano invece ad essere delle veline dei vari e diversi "potentati" a discapito delle vere inchieste giornalistiche che dovrebbero integrare la rete di organismi e istituzioni, nucleo centrale di una vera società civile.
Il pericolo più grosso che si corre è che questa spaccatura tra magistrati integgerrimi, crei una contrapposizione tra coloro che sono indotti a vedere fantasmi mafiosi dappertutto e coloro che non credendo ai fantasmi si attengono al rigoroso rispetto delle leggi (Forleo, de Magostris ecc..ecc..). Tanti magistrati (Falcone e Borsellino esclusi) sono famosi solo perché impegnati sul fronte antimafia e questo basta per far si che a nessun politico passa minimamente per la testa di attaccarli. Ma anche a nessuno di questi, passa per la testa di attaccare il politico. Così accade che magistrati alla Forleo e de Magistris nel momento in cui si trovano a svolgere il proprio dovere trattando allo stesso modo chiunque si macchi di una qualsiasi ipotesi di reato, sia esso mafioso o presidente della Repubblica, venga destituito nell'indifferenza generale.
Mi perdonino lorsignori se mi sono permesso tanto, ma ho scritto di getto quello che sento.
Grazie che mi permettete di leggervi.
bartolo iamonte

Anonimo ha detto...

La grazia è uno strumento destinato a soddisfare straordinarie esigenze di natura umanitaria, assicurando garanzia alle istanze provenienti dai principi di giustizia sostanziale che possono, in casi eccezionali, porsi in antitesi al rigore della legge.
Non capisco perciò in base a quale assunto (che è presente nelle vs. argomentazioni) la grazia potrebbe vanificare una sentenza di condanna (vale a dire: anche con una grazia Contrada rimarrebbe colpevole per la giustizia).
In base al vs. assunto la grazia quale istituto eccezionale non dovrebbe più esistere giacchè la grazia non può non andare a beneficiare che un soggetto condannato perchè ritenuto colpevole e non può certo andare a beneficiare un innocente perchè altrimenti non sarebbe stato condannato!

"Uguale per tutti" ha detto...

Per V. Di Lernia.

Gentile Lettore,

proviamo ad aiutarLa a comprendere ciò che nel Suo commento dice di non comprendere.

1. Lei scrive:
"La grazia è uno strumento destinato a soddisfare straordinarie esigenze di natura umanitaria, assicurando garanzia alle istanze provenienti dai principi di giustizia sostanziale che possono, in casi eccezionali, porsi in antitesi al rigore della legge".

Dunque, non la si può concedere a Contrada, non essendoci nel suo caso alcuna, come dice Lei, "straordinaria esigenza umanitaria" (ma solo alcune normali esigenze di salute autoprodotte da uno sciopero della fame del detenuto e peraltro già soddisfatte tanto che il Tribunale di Sorveglianza ha potuto affermare che in nulla le condizioni del Contrada sono ostative alla sua detenzione), né il suo caso è in alcun modo, come dice Lei, "eccezionale", trattandosi di una situazione uguale a migliaia di altre: detenuto con condanna definitiva in età avanzata (purtroppo, ce ne sono una infinità).

2. Lei si chiede come la grazia a Contrada possa "vanificare la snetenza di condanna" e noi glielo spieghiamo.

La grazia è un istituto "eccezionale" che andrebbe abrogato. Ha radici antiche in strutture politiche predemocratiche. La grazia è del Re.

In uno stato democratico la grazia non ci dovrebbe essere e, se ce ne fosse bisogno, dovrebbero essere previste e predeterminate eventuali forme di clemenza, delle quali disciplinare legalmente i presupposti.

Finché c'è, essa si può considerare costituzionale (e in tal senso si è espressa la Corte Costituzionale) solo a certe condizioni.

E' accaduto così che si sia data la grazia, per esempio, a persona che, condannata a pena detentiva lunghissima ne abbia scontata la maggior parte, dando prova di emenda e, in coerenza con questa emenda, abbia riconosciuto lo Stato, la sentenza, le sue responsabilità e abbia chiesto perdono e, appunto, grazia.

Nel caso di Contrada, Lei vorrebbe la grazia per una persona che ha scontato una parte infinitesima della pena inflitta, che non riconosce le sue responsabilità, che non riconosce la giustezza della sentenza (tanto da coltivarne la revisione), che insulta i giudici che l'hanno emessa, che, addirittura, SI RIFIUTA DI CHIEDERLA LA GRAZIA CHE VUOLE, perchè considera il chiederla troppo onore reso a chi gliela dovrebbe concedere.

A noi sembra evidente che, così stando le cose, dare la grazia a Contrada singificherebbe solo vanificare - o meglio dileggiare - la sentenza di condanna.

E a proposito di ciò che Lei scrive sul punto (magari perchè poco esperto in queste materie), deve sapere che le sentenze di condanna non contengono solo l'affermazione della responsabilità (ché altrimenti non sarebbero "di condanna", ma "dichiarative"), ma anche, appunto, una condanna all'espiazione di una pena.

Solo con l'espiazione della pena la sentenza è stata rispettata e non è stata vanificata.

Speriamo di averLa aiutata ad avere chiarezza sul tema.

Un caro saluto.

La Redazione

P.S. - Ci può indicare quali sarebbero nel caso di Contrada quelli che Lei chiama "principi di giustizia sostanziale" che dovrebbero giustificare la grazia, escludendo, ovviamente, l'affermazione che le sentenze siano sbagliate, affermazione che sarebbe in contrasto con il rispetto delle sentenze medesime (che Lei ha invece affermato) e, peraltro, palesemente infondata come ulteriormente ribadito dalla motivazione della sentenza con la quale la cassazione ha respinto l'istanza di revisione del processo?

Anonimo ha detto...

Per chiarire l'intervento precedente, non ho mai affermato che nel caso di Contrada non ricorrano le straordinarie esigenze umanitarie, anzi sono proprio queste le motivazioni che giutificherebbero, a mio avviso, il provvedimento di grazia. Le stesse, in poche parole, che giustificarono la grazia concessa a Bompressi, condannato a quasi 20 anni di carcere. Anche in quel caso, per quanto mi risulta, il condannato si professava innocente, nè, a causa di ciò, chiese perdono alla famiglia Calabresi.
Per quanto riguarda la pena scontata vi è evidentemente un errore nell'articolo di Travaglio, in quanto risulta che Contrada abbia scontato 2 anni e 7 mesi di carcere, pari quindi al 27% circa della pena comminata e non un periodo infinitesimale.
Certamente se la Redazione ritiene che la grazia andrebbe abolita, in quanto prerogativa esclusiva del Re, non ne discutiamo nemmeno, ma al momento essa è ancora prevista dal nostro Diritto Costituzionale ed è giustamente condizionata alla presenza di certe condizioni che non risultano essere, proprio in ragione del caso precedentemente esaminato, il riconoscimento della sentenza e la richiesta di perdono, tanto è vero essa può essere concessa anche senza diretta richiesta dell'interessato.
Grazie dell'ospitalità e della cortese risposta.



Grazie per l'ospitalità e la cortese risposta