di Marco Travaglio
(Giornalista)
da L’Unità del 24 dicembre 2007
Questo non è un attacco alla magistratura, all’A.N.M., al C.S.M..
È un tentativo di riflettere criticamente, a cuore aperto, magari con l’aiuto degli stessi magistrati sull’evoluzione (o involuzione) che sta subendo, quotidianamente e silenziosamente, il rapporto fra magistratura, potere e società civile.
Parto da alcuni dati di fatto.
Nel 2006, alle ultime elezioni per il C.S.M., il 28,7 per cento delle toghe non ha espresso alcun voto valido (tra astenuti, bianche e nulle).
Significa che ben 2600 magistrati non si riconoscono più in alcuna corrente.
Due mesi fa, alle ultime elezioni per l’A.N.M., le due componenti più dinamiche, Magistratura Democratica e Movimento per la Giustizia, hanno subìto una dura batosta a vantaggio dei conservatori di M.I. e dei centristi di Unicost.
Ora l’A..N.M. è retta da una giunta monocolore di minoranza in mano alla corrente maggioritaria, Unicost (che, conscia delle difficoltà del momento, ha scelto come presidente e segretario nazionale due quarantenni: Simone Luerti e Luca Palamara).
Intanto sulle mailing list delle correnti si accende un focoso dibattito intorno ai cosiddetti «casi De Magistris e Forleo».
In estate lo scontro aveva riguardato lo sciopero prima annunciato e poi revocato in extremis contro la legge Mastella sull’ordinamento giudiziario che assorbe gran parte della Berlusconi-Castelli e, per certi versi, la peggiora.
Da una parte i fautori della «riduzione del danno», dall’altra gli intransigenti a ricordare i quattro scioperi indetti dell’A.N.M. sulla controriforma dei giudici quando al governo c’era Berlusconi e a criticare gli eccessi di prudenza (o di collateralismo) col centrosinistra attualmente al potere.
Sullo sfondo, gli imbarazzi per la «pax mastelliana» furbescamente conquistata dal Guardasigilli con la distribuzione (o lottizzazione) di poltrone ministeriali tra esponenti di tutte e quattro le correnti, progressiste e conservatrici.
E, in parallelo, il successo di alcuni libri e blog molto critici su questo andazzo, una sorta di «effetto casta» (per esempio, «Toghe rotte» del procuratore aggiunto di Torino Bruno Tinti o i siti del giudice catanese Felice Lima e di altri «cani sciolti» della magistratura).
Quando la politica imbocca la strada delle «larghe intese», di solito a farne le spese sono i poteri di controllo: a cominciare dalla magistratura e dalla stampa.
Fu così nel 1997-98, ai tempi della Bicamerale, ma allora proprio la libera stampa e la magistratura indipendente, pesantemente attaccate, tennero dritta la schiena in difesa dei princìpi costituzionali minacciati dalla controriforma bipartisan. Che alla fine saltò.
Questa volta invece la normalizzazione sembra avvenire non più «contro», ma «con» la magistratura organizzata e ufficiale, chiamata a collaborare al «taglio delle ali», allo spegnimento delle voci dissonanti, all’emarginazione di chi crede troppo in una «giustizia uguale per tutti» e dunque disturba i manovratori.
Il che, se fosse vero, sarebbe gravissimo, perché la magistratura non può rispondere a criteri di opportunità politica, graduando la sua autonomia e la sua indipendenza (interna ed esterna) a seconda delle «esigenze superiori» del momento.
Attenzione: qui non si tratta di oscuri complotti, di turpi «intelligenze col nemico». Ma semplicemente di un clima generale che va nella direzione della normalizzazione, della corsa al centro, della prudenza a ogni costo, del «sopire e troncare», del «chi te lo fa fare in questo momento?».
Un clima che si respira dappertutto, nei palazzi della politica, dell’alta finanza, dei grandi giornali, e che il singolo magistrato può scegliere se assecondare o contrastare.
Ben sapendo quali saranno le conseguenze: se asseconda, viene applaudito e fa carriera; se contrasta, magari perché si sta occupando di dossier delicati e non intende voltarsi dall’altra parte, viene attaccato, ispezionato, malvisto dagli stessi colleghi, sanzionato o sabotato dai superiori, trascinato dinanzi al C.S.M. nel silenzio generale, anche del suo sindacato.
Appena insediata, il 5 dicembre, la nuova giunta dell’A.N.M. s’è presentata con uno sconcertante comunicato che invitava i magistrati alla «prudenza» e la politica a «non strumentalizzare» le vicende Forleo e De Magistris, dalle quali l’A.N.M. prima si chiamava fuori («non spetta a noi dire chi ha ragione e chi ha torto né fare il tifo»), ma poi interveniva a piedi giunti criticando i due reprobi senza nominarli: «Non si può dare il messaggio che solo un singolo magistrato è in grado di combattere il potente di turno perché così non si rassicura l’opinione pubblica».
Vero, se non fosse che a Catanzaro il procuratore capo ha tolto a De Magistris l’indagine «Poseidone» appena questa ha investito il forzista Pittelli, socio in affari del figliastro dello stesso procuratore; se non fosse che il procuratore generale reggente ha avocato a De Magistris l’inchiesta «Why Not» appena questa ha investito il ministro Mastella; se non fosse che Letizia Vacca, vicepresidente della I commissione del C.S.M. che deve decidere sul trasferimento di Forleo e De Magistris, ha già sentenziato che «è necessario che emerga che sono due cattivi magistrati» e che «non sarà colpita soltanto la Forleo», ma anche altri.
Contro questa gravissima violazione del riserbo e anticipazione del giudizio (per molto meno il giudice è ricusabile), l’A.N.M. non ha speso una parola.
E non è vero - come invece sostiene - che «l’A.N.M. non è mai intervenuta nel merito delle questioni sottoposte a inchieste disciplinari»: basti pensare ai durissimi comunicati emessi a suo tempo in difesa del pool di Milano contro le azioni disciplinari avviate dai governi Prodi e Berlusconi.
La stessa A.N.M., retta dai quarantenni Luerti e Palamara, è tornata di recente a farsi viva per difendere giustamente la Procura di Napoli, accusata di far parte dell’«armata rossa delle toghe» a proposito dell’inchiesta Berlusconi-Saccà, peraltro perforata da una fuga di notizie prima della fine delle indagini.
Se l’A.N.M. avesse speso le stesse parole in difesa del gip Forleo, attaccata e insultata per tutta l’estate da sinistra e destra per l’ordinanza sulle scalate bancarie, avrebbe dissipato i sospetti di usare due pesi e due misure a seconda del colore degl’interessi in gioco.
E avrebbe dato serenità della Forleo che invece, sentendosi assediata e lasciata sola, ha denunciato in tv e agli organi competenti il proprio isolamento.
Una parola chiara contro gli attacchi alla Forleo, magari accompagnata da una «pratica a tutela» da parte del C.S.M. (com’è appena avvenuto in difesa dei pm di Napoli), avrebbe evitato tanti sospetti e guai successivi.
Invece sulla Forleo l’A.N.M. ha taciuto, salvo accorgersi improvvisamente di lei l’altro giorno, quando Anno Zero s’è occupato del suo caso e della telefonata Berlusconi-Saccà.
La nota del 21 dicembre è stupefacente: «Mentre il presidente della Repubblica autorevolmente si appella al principio di leale collaborazione tra tutte le istituzioni e al recupero del senso del limite e del rispetto reciproco, alcuni media pubblicano i files audio di intercettazioni telefoniche interne a una indagine penale ancora in corso e altri trasmettono versioni sceneggiate di note vicende oggetto di procedimenti penali e disciplinari che coinvolgono magistrati. La magistratura associata raccoglie il preoccupato appello del Capo dello Stato a che non si accenda una nuova e deleteria spirale, dannosa per le istituzioni politiche, per la magistratura e quindi ultimamente per i cittadini e stigmatizza operazioni mediatiche e spettacolari che possano alimentare il pericolo (...). Solo la prudente e responsabile applicazione delle norme e delle garanzie, in vista di un autentico fine di giustizia a cui sono tenuti tutti i magistrati è il vero segno di indipendenza che qualifica positivamente il doveroso controllo di legalità».
A parte le gravi inesattezze (l’intercettazione Berlusconi-Saccà non è affatto «interna a un’indagine ancora in corso», ma contenuta nell’atto di chiusura indagini notificato agli indagati), stupisce il continuo invito alla «prudenza» a magistrati e giornalisti: ma chi l’ha detto che, per indagare e per scrivere, si debba essere «prudenti»?
Lo scopo del magistrato e del giornalista è la verità, non la prudenza e il quieto vivere.
A meno che non si voglia affidare il controllo del potere a migliaia di Brunivespa.
Stupisce poi l’attacco a una trasmissione che, con un esperto del calibro del professor Franco Cordero, ha cercato di fare luce su una vicenda oscura come quella che coinvolge il gip Forleo, dando la parola a tutte le parti in causa.
È vero che la magistratura associata ne è uscita maluccio.
Ma l’informazione non è l’ufficio stampa dell’A.N.M. o del C.S.M. E comunque non spetta all’A.N.M. «stigmatizzare» programmi o commenti sgraditi.
A meno che, si capisce, l’A.N.M. non si senta parte di una missione normalizzatrice, cioè tutta politica, nell’ambito delle «larghe intese».
Ma questo non vogliamo nemmeno ipotizzarlo.
Se però qualcuno ci aiutasse a non pensarlo mai, saremmo tutti più tranquilli.
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Sulla reazione dell'A.N.M. alla trasmissione Anno Zero del 20 dicembre, abbiamo scritto in questo blog qui e qui.
8 commenti:
Grazie a Travaglio per le sue analisi sempre chiare e precise.
Grazie alla redazione e tanti auguri di Buon Natale a tutti, sperando in un 2008 migliore.
Purtroppo il Sig.Travaglio ha ragione molto molto di frequente.Mi imbarazza sapere che il mio Paese è dominato da una minoranza di individui che hanno intrecciato,e così,preso in mano i poteri forti che reggono uno Stato.Politica,economia e magistratura.In scacco una nazione intera.Il 2008 ahimé non sarà un anno migliore,le prospettive sono piuttosto agghiaccianti.Stessi politici,stessa informazione e stessa mentalità di noi cittadini.La responsabilità è nostra,noi votiamo,noi facciamo finta di nulla davanti a palesi ingiustizie e siamo sempre noi a non volerci informare.Ovviamente non tutti siamo così,ma se ci troviamo in una situazione simile significa che la maggioranza è così.Spero il 2008 sia diverso,con più persone che ragionano e meno che pensano solo al proprio orticello.
Alla redazione vanno i miei migliori auguri di un felice Natale,siete una luce per chi purtroppo è circondato dal buio.
Sig.Travaglio tantissimi auguri,spero il Natale Le riservi tanta felicità,se la merita,dopo tutto quelo che mi ha fatto scoprire.Buon Natale a tutti quelli che l'Italia la vogliono cambiare sul serio.
La cosa che meno sopporto in queste vicende è che si debba essere cauti, si debbano esprimere perplessità, dubbi, si debba discutere, ipotizzare. Intostare l'acqua, come si suol dire. Eppure le cose sono evidenti. C'è qualcosa di preoccupante che non quadra. La magistratura non sembra indipendente dalla politica. Visto? Anch'io divento cauto e dico 'sembra'. Perché? Diciamo le cose come stanno: la magistratura e la politica non sono indipendenti. I casi Forleo e De Magistris sono terribilmente evidenti ed emblematici. Ecco perché sono davvero preoccupato. L'unica soluzione ormai è deposta nelle mani di chi fa informazione. È l'unica speranza. Purtroppo però i giornalisti come Travaglio sono mosche bianche. È preciso dovere di chi ha la 'conoscenza', di chi conosce certi meccanismi interni, di rendere partecipi tutti. Per questo ringrazio i curatori di questo blog. Non sparite, mi raccomando: c'è bisogno dell'informazione fatta da persone autorevoli e addette ai lavori come voi. Grazie e buon Natale.
Condivido tutto di quanto ha scritto Travaglio, anche le virgole, e mi fa piacere che questo blog cominci ad avere spazio anche sulla stampa nazionale, laddove la stampa più o meno di regime (ma non certo dove scrive Travaglio) in genere giocherella a ignorare le verità scomode che circolano su internet.
Questo è il "sito del giudice catanese Felice Lima", come ha scritto Travaglio, ma siamo in tanti con lei dottor Lima: magistrati, avvocati, semplici cittadini vogliosi di partecipazione e verità e spesso indignati.
Un buon Natale a tutti!
Augurissimi a tutta la redazione di Buon Natale e Buon Anno 2008 e grazie per la vostra presenza in rete,vi abbraccio
Gennaro
Come ha notato il nostro amico "Catone", nell'articolo di Marco Travaglio si fa un riferimento a questo blog in un modo che potrebbe far pensare che esso sia "mio".
In realtà, in questo blog io sono solo quello che, con il solito inglesismo, si chiama "webmaster".
Per chi non è avvezzo a questa terminologia "internettocratica" :-), il "webmaster" è colui che materialmente "scrive" il sito.
Ci vuole uno che si prenda la briga di imparare un po' di codici html e cose simili. E' toccato a me.
Ma il blog non è "mio", ma di tutti coloro con i quali abbiamo deciso di metterlo su e ne condividiamo la fatica e la responsabilità morale e giuridica.
Volendo "identificare" dei "ruoli", c'è un gruppo di "fondatori" e un più ampio gruppo di "redattori" e "collaboratori".
Ma la cosa fondamentale alla quale teniamo moltissimo è che questo è "solo" un blog e vuole non essere un "gruppo", sicché non c'è alcun "organigramma", non ci sono "cariche" né "incarichi" e c'è la massima trasversalità.
Scrive qui chi vuole, quello che vuole e finché vuole.
Accettiamo addirittura anche i commenti "Anonimi" (sebbene ci farebbe piacere che i loro autori li firmassero).
Non abbiamo messo un elenco di "responsabili" del blog, perchè essendo la maggior parte di noi giuristi, sappiamo quante precisazioni poi si debbano fare per lasciare chiaro chi risponde di cosa.
Dunque, ciascuno risponde degli articoli che firma.
A volte si deve scrivere qualcosa a nome della Redazione. Poiché non si possono consultare tutti ogni volta che si deve scrivere una cosa, chi lo fa si fa interprete delle linee decise insieme dal "gruppo", a volte, nei casi un po' "delicati", consultando per via telematica (abitiamo in città anche molto lontane fra loro) una sorta di "Comitato di Redazione".
Ciò posto, il blog è mio quanto lo è di Stefano Racheli, di Stefania Babagallo, di Lavinia Spaventi, di Bruno Tinti, di Nicola Saracino, di Andrea Falcetta, di Vanna Lora, e di tanti altri.
Felice Lima
Grazie a Marco Travaglio, a quei pochi giornalisti liberi come lui, grazie ai blog come questo se riusciamo ad avere informazioni che altrimenti non avremo mai da chi informazione dovrebbe fare (stampa e TV)Basta pensare al direttore di un certo settimanale che pagò decine e decine di migliaia di euro per comprare delle foto compromettenti di un personaggio politico e nasconderle in un cassetto della scrivania per toglierle dalla circolazione. Possiamo chiamarla stampa libera questa? Grazie ancora di cuore a Travaglio e alla redazione grazie di esistere. Gabriele Bianchi
Well said.
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