sabato 24 maggio 2008

In memoria di Giovanni Falcone. Riflessione sulle colpe – di ieri e di oggi – del C.S.M. e dell’A.N.M.


di Uguale per Tutti

Ieri è stato celebrato il 16° anniversario della morte di Giovanni Falcone.

Per rendere attuale e fecondo il sacrificio di Giovanni Falcone non si può tacere come la sua storia professionale sia stata condizionata non solo da nemici esterni, ma anche e in maniera in tanti passaggi decisiva da scelte e iniziative del Consiglio Superiore della Magistratura e di quello che nella magistratura viene in questi tempi complessivamente definito come il “circuito dell’autogoverno”.

E non si trattò – come riduttivamente a volte si sembra credere – solo della delibera con la quale a Giovanni Falcone venne preferito Antonino Meli nella direzione dell’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, ma anche di altre iniziative.

Il tema è di attualità purtroppo da sempre.

Cose simili a quelle che hanno riguardato Giovanni Falcone sono successe anche all’epoca dell’assassinio di Rocco Chinnici (nelle prossime settimane riproporremo il contenuto del c.d. “diario” del Consigliere Chinnici, ritrovato dopo la sua morte) e poi all’epoca dell’attentato a Carlo Palermo, che causò la strage di Pizzolungo, e poi in tante altre occasioni.

E accade ancora oggi, nell’epoca delle vicende Forleo e De Magistris e non solo (perché non meno rilievo del modo con cui il C.S.M. gestisce i suoi poteri disciplinari ha il modo con cui gestisce, per esempio, quelli di nomina dei dirigenti degli uffici giudiziari).

Ha scritto Felice Lima in un articolo di questo blog dal titolo “Luigi De Magistris e ‘la magistratura’”:

«Cosa fa la magistratura associata con i magistrati integerrimi e coraggiosi quando questi vengono assassinati si sa benissimo: si appropria dei loro meriti, dando luogo all’abuso per il quale quando qualcuno si permette di chiedere conto “alla Magistratura” di qualcosa di cui debba vergognarsi, essa invoca la memoria dei suoi martiri, dicendo che “la Magistratura ha pagato a caro prezzo il suo eroismo”.

Ma non è la verità, perché non è “la Magistratura” ad avere pagato con il sangue il suo eroismo; a farlo sono stati alcuni singoli magistrati, che prima di essere assassinati erano stati clamorosamente e rumorosamente isolati dai loro colleghi: per tutti, basti citare qui le vicende del Procuratore di Palermo Gaetano Costa, lasciato solo a firmare dei fermi particolarmente “impegnativi”, e del Consigliere Istruttore Rocco Chinnici, che lasciò un diario con le prove del suo isolamento da parte dei vertici degli uffici giudiziari di Palermo, diari che vennero “archiviati” dal C.S.M. con motivazioni davvero inadeguate. Ma certo è significativa anche la storia del Sostituto Procuratore della Repubblica Giangiacomo Ciaccio Montalto: all’indomani del suo assassinio un collega del suo stesso ufficio è stato arrestato perché accusato di essere legato al clan mafioso che aveva fatto l’omicidio e a casa gli sono stati trovati un’arma con la matricola abrasa e un mucchio di soldi incartati in un giornale. E il Procuratore Capo, vi chiederete? Promosso Presidente di Sezione in Cassazione!»


Una delle principali ragioni che ci ha spinti ad aprire questo blog è stata (come si può leggere nella “Presentazione”) la convinzione che i mali della giustizia sono in grandissima parte ascrivibili a responsabilità esterne alla magistratura e al suo autogoverno, ma, purtroppo, in una parte molto rilevante e sotto alcuni profili decisiva anche a responsabilità “interne”.

Per ragioni agevolmente individuabili da chiunque abbia un minimo di conoscenza degli ambienti giudiziari, per la perniciosa confusione di ruoli fra chi ha potere nell’Associazione Nazionale Magistrati e chi occupa cariche istituzionali nel Consiglio Superiore della Magistratura, per le modalità con le quali viene gestito il potere nell’A.N.M., per le opportunità di carriere personali dentro e fuori la magistratura che hanno coloro che stanno ai vertici dell’A.N.M. accade – si può dire “fisiologicamente” (perché tentazioni del genere andrebbero scongiurate con regole precise e non confidando con finta ingenuità nella rettitudine dei singoli) – che chi dovrebbe occuparsi con tutto se stesso delle esigenze e degli interessi della magistratura finisca per sovrapporre più o meno consapevolmente e più o meno in buona fede a quegli interessi altri suoi propri o di terzi con i quali abbia, speri di avere o possa avere rapporti individualmente proficui.

Per esemplificare (ma non è né l’unico né il più grave dei problemi), è difficile che chi deve confrontarsi con il Ministro della Giustizia a difesa delle ragioni della magistratura associata possa restare indifferente al condizionamento che deriva dalla prospettiva che il Ministro che gli fa da controparte “sindacale” possa chiamarlo (come accaduto enne volte e, anche di recente: qualcuno ha addirittura dato un nome alla cosa, chiamandola pax mastelliana) a ricoprire importantissime cariche apicali nel suo Ministero.

Rinviando lo sviluppo di questi concetti ad altri prossimi scritti, riportiamo qui oggi – in memoria di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino e di tanti altri – una testimonianza di inconfutabile attendibilità: quella di Paolo Borsellino.

La registrazione video che riportiamo qui sotto è del 25 giugno 1992, 33 giorni dopo l’uccisione di Giovanni e 24 giorni prima dell’uccisione dello stesso Paolo.

Le parole di Paolo pesano come macigni sulla cattiva coscienza di diversi nostri colleghi e devono indurci a riflettere molto su ciò che si deve assolutamente fare per cambiare lo stato delle cose.

Paolo afferma, fra l'altro, che «la magistratura forse ha più colpe di ogni altro».

Mentre il nostro Paese va avanti in una evidente deriva antidemocratica (e sottolineiamo con forza che questa considerazione non ha nulla a che fare con il colore politico degli uni e degli altri che stavano e/o stanno al governo, ma con la crisi di valori fondamentali come la libertà di stampa, come il diritto dei cittadini di indicare la propria preferenza per i candidati alle elezioni, come l’esistenza e l’efficienza di sistemi di controllo – amministrativo e giudiziario – sull’esercizio dei poteri amministrativi, come l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, e tanti altri) diventano sempre più urgenti e indifferibili cambiamenti concreti e tangibili del modo con cui viene gestito l’autogoverno della magistratura. Per un verso, per evitare che venga travolto dalla deriva testé detta e, per altro verso, perchè divenga più idoneo ai più impegnativi compiti che lo attendono.

E invece nessun segno di autocritica viene da chi per primo ha il dovere di promuovere quei cambiamenti, mentre accadono fatti che sono stati di recente lucidamente analizzati in un bell’articolo di Silvio Liotta su questo blog, dal significativo titolo “La preoccupante alleanza fra magistratura e politica”.

L’intervento di Paolo Borsellino ripreso nel video qui sotto fa anche giustizia di un pretestuoso espediente retorico con il quale viene stigmatizzato chi tenta di indurre – come può – dei cambiamenti.

Uno dei falsi slogan che continuamente ci vengono inflitti dai difensori dello status quo è quello per il quale i magistrati dovrebbero stare zitti e non dovrebbero rendere pubblico il proprio disagio né denunciare i gravi attentati alla possibilità stessa che vi sia una giustizia che costantemente chi è più forte, chi ha più potere compie.

Nel corso della trasmissione Annozero del 4 ottobre scorso il dr Luigi Scotti, già Presidente del Tribunale di Roma, allora Sottosegretario di Stato e poi anche Ministro della Giustizia è giunto al punto di affermare – contro il vero – che Paolo Borsellino, a differenza di Luigi De Magistris, mai aveva reso interviste pubbliche (su quella sorprendente presa di posizione del dr Scotti ci permettiamo di citare una riflessione sarcastica che si può leggere a questo link).

Nel video qui sotto Paolo Borsellino racconta come si determinò a prendere posizioni pubbliche anche clamorose in difesa del lavoro suo e di Giovanni Falcone, per costringere così il Consiglio Superiore della Magistratura ad assumersi le sue responsabilità.

Perché la commemorazione dei morti non suoni offesa alla loro memoria, è indispensabile, a nostro parere, che dalle loro storie si traggano conseguenze concrete e operose.

E, com’è scritto nel biglietto da visita del nostro blog, “nessuna riforma può essere efficace se non comincia da noi stessi”!







16 commenti:

Anonimo ha detto...

Segnalo, in caso possa esserVi utile, il link di questo discorso di Borsellino, in cui si parla delle gravi colpe della politica per il malfunzionamento della Giustizia e dell'importanza di una forte reazione da parte dellìopinione pubblica. Vi leggo sempre con rinnovato interesse.
Buon fine settimana a tutti,
Paola Risi

Anonimo ha detto...

Dimenticavo il link a you Tube con il discorso del Giudice Borsellino... :-)
Paola Risi


http://it.youtube.com/watch?v=SGX2FIDbnDg&feature=related

Anonimo ha detto...

Le Parole di Falcone e Borsellino riecheggiano come delle rasoiate nelle coscienze dei vili!!!L'opinione pubblica in Calabria si stava sollevando, per la prima volta, a sostegno di de Magistris, un Magistrato. E' stata immediatamente ridistesa per terra da ben dieci capi d'imputazione. Sostenete questo Magistrato affinché rimanga in Calabria, il Popolo Calabrese dei poveri e onesti sarà con Voi!!!
bartolo iamonte

Anonimo ha detto...

Illustre redazione
Quanto è riportato nel vostro articolo è ciò che abbiamo letto tante volte. E' ciò che abbiamo visto di continuo sia in dibattiti televisivi che in fiction ad effetto. Se non ricordo male per commemorare venne istituita la "Giornata della Legalità". Ma vorrei esprimere una riflessione:
Se ne parla, se ne discute, i rappresentanti istituzionali, di qualsiasi collocazione politica, si sono appropriati delle immagini per rappresentare una lotta alla criminalità. Hanno fatto proprio un simbolo. Si è potenziata l'antimafia proprio a seguito di tali eventi. Ma nulla è cambiato nel sistema istituzionale che ha comunque isolato quei magistrati e quel medesimo sistema ne sfrutta l'immagine......
Io mi chiedo: parlarne tanto e non poter far nulla, o non fare comunque nulla, non comporta un inquinamento storico dell'azione di tali martiri? Denunciare che sono state vittime anche di un sistema, che non li ha adeguatamente tutelati da una delinquenza certamente forte e ramificata, ma non fare nulla per modificare tale sistema non rende inutile discuterne?
Perchè invece non cerchiamo TUTTI di unirci per far sentire la nostra voce anzichè affidarci alla speranza di un qualche governo che rinnovi ?

....lo so....è utopia :°(
Mathilda
oppure no? se fosse no io ci sono!

Anonimo ha detto...

Della mia personale esperienza di quella sera, alla biblioteca comunale, ho già scritto. Ciò che ritorna alla mente, ri-ascoltando Paolo, è la domanda di sempre: chi sono le "menti raffinatissime" che decisero la loro sorte e che ancora oggi, operano influendo sulle nostre?

Lia G.

Anonimo ha detto...

Scusate, ho dimenticato di chiedere, se avete letto i messaggi che Reina manda a mezzo del suo avvocato? (a proposito di "menti raffinatissime")

Lia.G.

"Uguale per tutti" ha detto...

A Mathilda.

Carissima Mathilda,

condividiamo le Sue riflessioni.

Aggiungiamo due cose.

La prima è che la maggior parte di noi finiti qui (Lei compresa, se abbiamo ricostruito bene le Sue vicende) ha un passato e un presente di tante battaglie e di tanto impegno.

Dunque, è sicuro che non ci siamo limitati e non ci limitiamo a parlarne.

La seconda è che questo parlarne sul blog è, dal nostro punto di vista, un tentativo di fare proprio ciò che Lei suggerisce: provare a "unirci per far sentire la nostra voce".

Grazie di cuore, dunque, per "essere dei nostri", per la Sua partecipazione a questo nuovo impegno e a questo ennesimo tentativo di "fare ciascuno la nostra parte".

E, ovviamente, grazie a tutti coloro che leggendo e scrivendo qui e in tanti altri siti migliori del nostro danno il loro contributo a una battaglia civile.

La Redazione

Anonimo ha detto...

BRAVA Mathilda!!!
Ieri avevo postato la lettera quotidiana che voleva dire, senza successo, le stesse cose tue, la Redazione, giustamente, la ha censurata. Sarei felice se la riproponessero epurata della parte personale.
b

"Uguale per tutti" ha detto...

Per Bartolo, in risposta al commento delle 11.01.

Ecco il commento di ieri. Al posto delle parole rimosse ci sono tre puntini fra parentesi.

La Redazione

____________

Gentile De Luca,
ancora una volta, mi ero ripromesso di non scriverLe più, in quanto, inadempiente sulla promessa fattaLe!!! Devo spiegarLe, però, che tutta quella roba della convocazione per l'approvazione del bilancio 2007 della 'ndrangheta spa, era uno scherzo che mi hanno tirato miei colleghi di lavoro!
Intervengo, oggi invece, per chiarire al Professore Enzo Ciconte (Il rapporto Eurispes “'ndrangheta dai numeri dubbi e conferme”, prima pagina del Quotidiano di oggi) alcuni interrogativi che pone con riferimento a quanto reso pubblico dall'Eurispes sul fatturato della 'ndrangheta:
1)Per quanto riguarda quello sulla trasparenza dei bilanci, la cosa si è resa necessaria, per correggere l'errore fatto da Al Capone, il quale, rimasto sempre impunito per tutte le sue azioni criminali, alla fine è stato messo a tappeto per aver evaso il fisco;
2)Alla voce prostituzione, il nostro, non si spiega la fatturazione di due miliardi e 867 milioni di €. Ebbene, quella voce non sta ad indicare la mercificazione fisica del corpo Umano, bensì quella degli intellettuali e delle Istituzioni colluse, consapevoli o meno, al servizio della 'ndrangheta. Nulla contro il Professore Ciconte, la mia, purtroppo, non è ironia (quanto vorrei che lo fosse) ma verità: sono quindici anni che (…) vedo la nostra classe dirigente, politica e delle professioni, magistratura inclusa, ben proiettate ad alimentare questo sporco sistema!
Con la solita stima, bartolo iamonte.

Anonimo ha detto...

GRAZIE!!!
Siete una Redazione costituita, per intero, da Persone Illuminate!!!
Grazie di esistere!
b

Anonimo ha detto...

Facevo delle ricerche...e mi sono imbattuta in questo sito..

ho sentito l'intervista a Manfredi Borsellino e ho letto questo articolo...che dire?

L'altro giorno, come ogni anno, vado alla manifestazione tenuta in ricordo di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone..e mi chiedo: dove stanno i palermitani che 16 anni fa urlarono ai funerali "bastardo bastardo"??? Dov'è la città di Palermo che tanto si lamenta??...se la maggior parte dei partecipanti vengono da fuori?!?!? Non solo...la maggior parte sono giovanissimi..per carità..è un bene che li si educhi contro la mafia fin da piccoli..ma allo stesso tempo mi rendo conto che loro non conoscono i fatti, non hanno vissuto nella loro pelle quegli anni terribili.Ed è lì che mi chiedo: dove sono i giovani che dovrebbero guidare la nostra società?? che dovrebbero cambiare il volto di Palermo???

...e vedo ancora quella "cappa" sopra questa città...una cappa sempre più fitta..

Credo che la situazione sia cambiata di poco qui a Palermo..i giudici onesti e responsabili sono ancora lasciati soli, gli ufficiali corrotti e collusi sono tanti...e la città continua a chiudersi nel suo storico silenzio...la mafia c'è ed esiste ancora..si è solo modernizzata.

Mi ferisce sentire dire da giovani e meno giovani "non sconfiggeremo mai la Mafia, perchè è grazie ad essa che noi viviamo, è lei che ci protegge"...tutto questo è inconcepibile a 16 anni dai fatti di Capaci e di Via D'Amelio...perchè a guardare bene il volto di Palermo, sembra che il sacrificio di questi uomini sia valso a poco.

E allora qui faccio un appello a tutti i giovani..soprattutto i palermitani: non lasciate che la nostra bella isola sia ancora luogo di copertura per questo sistema corrotto, non lasciate che la morte di Paolo e di Giovanni siano vane..
perchè è grazie al loro sacrificio se oggi noi possiamo ancora sperare e credere nel significato della parola GIUSTIZIA

Giò

Anonimo ha detto...

Gentile De Luca,
...“Io penso che il mandato parlamentare debba ispessire il senso di responsabilità, l'amore per il vero, lo scrupolo a non diffamare gratuitamente chicchessia.”
Così l'avvocato Ernesto D'Ippolito conclude una pubblica replica ad Angela Napoli, impegnata nella sua attività parlamentare al contrasto della criminalità mafiosa in Calabria. Bene, ho cliccato su internet per carpire maggiori informazioni su Ernesto D'Ippolito: Presidente Emerito dell’Unione degli Ordine Forensi della Calabria; massone della Loggia Grande Oriente d'Italia di Palazzo Giustiniani. Si vergognino questi calabresi, e ce ne sono tanti, che hanno il coraggio di intervenire per dire la verità soltanto quando qualcuno si permette di mettere in discussione la loro inviolabile maestà. L'Avvocato D'Ippolito, certamente, sa che molti innocenti calabresi vengono torturati moralmente e fisicamente in nome della lotta alla 'ndrangheta; mai, però, ha risposto ai professionisti dell'Antimafia che si glorificano di cotanta ingiustizia. Lo fa adesso perché l'onorevole Napoli, che aveva interrogato il ministro della Giustizia sulla scarcerazione di un cliente dell'Avvocato D'Ippolito, ha risposto, ad una nota dello stesso avvocato tendente a chiarire la circostanza, che ella ha interrogato il Ministro ed è soltanto da questi che si attende risposte. Il vero guaio per una società civile è proprio questo: di fronte agli arresti di centinaia di persone accusate di 'ndrangheta... pensa: finalmente, era ora!!! Poi, ne arrestano altrettanti per concorso esterno ed ancora continua a pensare: chi se ne frega, chi glielo ha detto di concorrere esternamente? Poi, arriva il loro turno, perché quando tutto è 'ndrangheta, anche la società civile è 'ndrangheta, e allora si scopre che i parlamentari antimafia non sanno fare i parlamentari! Ci si chiede: perché non sei andato tu a farlo il parlamentare?
Con la solita stima, bartolo iamonte.

Anonimo ha detto...

Depressione ed euforia, sono direttamente proporzionali alle lettere:
Gentile De Luca,
Continuo la mia terapia! A Lei la facoltà di cestinare o, se vuole, rendere pubbliche le mie riflessioni.
Mi fanno ridere questi ragazzi cresciuti a “Pappa Reale” e omogenizzati di ogni tipo quando nelle Commemorazioni delle vittime delle mafie e nei mille Convegni antimafia stanno seduti come delle statue di marmo accanto agli attuali magistrati antimafia che, ad ogni costo, vogliono eguagliare le gesta di Falcone e Borsellino; eroi, questi sì, irripetibili nella lotta alla mafia per antonomasia, quella siciliana. A Reggio Calabria, i fratelli Pecora, a Napoli, Saviano, con la bocca appena svezzata dal latte fino a ieri servito in camera dalla mammina, credono di far conoscere al resto del mondo il vero volto del cancro mafioso che infetta la loro Terra. Così succede che, anziché chiedere ai magistrati che gli siedono accanto lumi sui verminai e zoo che allignano in tutte le Procure antimafia, si limitano, oltre che a fare le statue, ad aumentare il numero già elevato delle scorte di Stato. Adesso, reclamano l'impegno dei giovani! Bravi: sono i soli che vi credono, quelli un po più grandicelli ci sono già passati e al superamento della mafia non credono più. I cittadini grandi, vogliono conoscere chi sono i destinatari Istituzionali dei pizzini dei boss; vogliono sapere dei ricatti tra magistrati; vogliono sapere dei patrimoni degli investigatori antimafia; vogliono sapere del perché per i loro figli non ce futuro nella Terra in cui sono nati; vogliono sapere di una Sanità inesistente; vogliono sapere dell'immondizia che li sommerge; vogliono sapere perché ci hanno tolto persino il diritto di scegliere i nostri rappresentanti parlamentari. Infine, vogliono sapere come mai Marco Borriello, napoletano di San Giovanni a Teduccio e adolescenza nei suoi vicoli, divenuto famoso grazie al calcio, così dice della camorra: “la gente piuttosto che andare a rubare per mangiare, preferisce farsi aiutare dalla camorra”!!! Ecco, ragazzi antimafia, chiedete a chi vi sta accanto chi riduce la gente nelle condizioni di rubare, Falcone e Borsellino lo hanno fatto, anche loro avevano accanto i ragazzi. Però alle spalle, gli statisti traditori che servivano!!!
Con la solita stima, bartolo iamonte.

Anonimo ha detto...

Dopo gli arresti eccellenti della questione rifiuti a Napoli, la immediata reazione del presidente del consiglio: "adesso basta! facciamo subito la legge contro le intercettazioni telefoniche":
Allora mi è tornato alla mente un particolare, raccontato dalla sorella del GIUDICE Falcone dopo la sua morte.
Fra i tanti fatti e le sue affettuose preoccupazioni per il rischioso lavoro del fratello raccontò che le capitava di vedere il fratello, seduto sul pavimento di casa che faceva i "trenini" con gli assegni e atttraverso le girate cercava di ricostruire i vari passaggi e le destinazioni dei movimenti di denaro sporco.Senza intercettazioni, e l'informatica, quello era il sistema di lavoro, duro lavoro, del Magistrato che voleva capire.
E purtroppo, quando quei "trenini" sono giunti in "stazione" questa è saltata in aria con tonnellate di tritolo in nome della GIUSTIZIA.
Alessandra

Keep Gigin 'o caf ha detto...

Falcone e Borsellino, purtroppo, sono eroi solo per una parte troppo piccola della popolazione. Fino a quando malviventi e collusi continueranno ad occupare il potere politico non vedremo una vera rinascita del nostro paese.

Siete grandi!!!

Luigi Russo

giuseppe belcore ha detto...

L’amore è anche nell’ansia di giustizia del giustiziato e di chi l’ha amato

Falcone e il Poliziotto
Quando sei saltato in aria, tu c’eri ancora,
ma quando sei caduto giù, sulla tua carcassa,
non c’eri più.
Loro, invece, loro erano lì.
Ti erano accanto ma contro, crudeli.
La fiamma in un istante ha divorato l’aria
e come una bestia feroce ha sbranato te
e tuoi compagni di quell’ orribile pasto.
Ti sei perso nel volo.
Mille parti di te arano il cielo
e l’aria cattiva, di sangue e di pece,
ora è muta e sorda, ora scoppia nei clamori malvagi
e nell’ansia vinta dai loro cuori,
salvati da quelli che fosti tu.

Con la morte hai avuto ragione ancora di più
e questo loro lo sanno.
perciò ti ucciderebbero ancora una volta
fino a stancarsi la vita, la loro.
E tu poliziotto che guidi la carovana,
incauto cavaliere con gli speroni e le ray ban,
attento, ci sono gli indiani
che nascondono le bombe dentro la faccia,
invece dei denti.
Era destino, ci sperano i vivi.
Ma se così non fosse,
quanta sarebbe la colpa,
quanto il peso del nostro quotidiano silenzio?
E le vedove di quegli uomini infami,
che altre vedove di altri uomini hanno fatto,
lo sanno con chi dormono o fanno l’amore?
Perdonate la nostra paura rassegnata,
non la loro infamia mostruosa.
Tormentatici per riuscire, ma non loro,
ché avrebbero la scusa per pentirsi… prima o poi.
Raccogliete le ossa, fatene un mucchio,
ponetele le une accanto alle altre
ché non brucino nella solitudine della ragione.
Lo so, lo so, non si può vivere
nel dolore procurato dall’odio,
ma non si può perdonare se non si è Dio!