giovedì 4 settembre 2008

La lama del Lima (sull’inammissibilità del ricorso in Cassazione di Luigi De Magistris)


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Con riferimento a un articolo di Felice Lima in questo blog sulla “vicenda De Magistris” – “Grazie Luigi !” - pubblichiamo un intervento del Procuratore della Repubblica di Torino Marcello Maddalena.

Il titolo del post - “La lama del Lima” - è quello scelto dal Procuratore Maddalena. L’aggiunta tra parentesi, necessaria per consentire ai lettori di individuare fin dal titolo l’oggetto del post, è della Redazione.

In calce, la risposta di Felice.

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di Marcello Maddalena
(Procuratore della Repubblica di Torino)



Non sono né un abituale né un occasionale frequentatore di blog né sulla giustizia né su altri argomenti, in parte per la mia congenita incapacità di muovermi in mezzo a questi diabolici strumenti (memore che il ... silenzio è d’oro), in parte per ragioni diverse che mi riservo di esternare in altra occasione.

Ma la ragione di questo mio intervento - del tutto eccezionale - deriva dal fatto che mi sono stati segnalati alcuni durissimi interventi censori, per il ritardo nel deposito del ricorso De Magistris, nei confronti del prof. Gilberto Lozzi, della cui amicizia mi vanto e mi onoro, e che è il professionista a cui in genere - quale difensore di magistrati in moltissimi procedimenti disciplinari- mi sono rivolto per il ricorso in cassazione in caso di condanna (ovviamente, ritenuta ingiusta) da parte della Sezione disciplinare del C.S.M..

E’ infatti noto che il magistrato che esercita la difesa in sede disciplinare non può fare personalmente ricorso per Cassazione, che può essere proposto unicamente da un avvocato abilitato al patrocinio davanti alla Corte.

Tra l’altro, il prof. Lozzi - che ha sempre difeso (tranne che in un caso, sempre con successo) i magistrati più impegnati e più invisi al potere politico e alle lobbies di qualsiasi maggioranza e che anche per questo aveva accettato la difesa di Luigi De Magistris - ha il non lieve pregio di prestare gratuitamente la sua opera professionale per i magistrati: e posso testimoniare trattarsi di opera professionale di altissimo livello (come del resto credo che chiunque possa accertare leggendo i motivi da lui predisposti per il caso De Magistris e che si dovrebbero trovare in questo blog).

Sono pertanto rimasto assolutamente sconcertato dal leggere nel blog giudizi assolutamente perentori e, a mio avviso, infamanti, ingiusti ed ingenerosi sul suo conto, fino al punto della pubblicazione di anonimi che, in buona sostanza, insinuano abilmente una corruzione del legale diretta a far depositare in ritardo il ricorso.

Non solo; ma mi ha molto sorpreso il perentorio giudizio di assoluta inattacabilità della pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione. E ne spiegherò poi il perchè.

La principale ragione che mi ha mosso a questo intervento non è solo e non è tanto la solidarietà e l’amicizia con il prof. Lozzi (che non mi ha assolutamente sollecitato in tal senso) ma il dovere morale che sento di manifestare, innanzi tutto, che in questo “clamoroso errore”, in questo colossale infortunio etc. etc., sono incorsi altri, tra cui anche il sottoscritto che ha depositato, o, meglio, ha fatto depositare da un avvocato abilitato a difendere in Cassazione, entro i 45 giorni (anziché entro i 30 che hanno indicato le Sezioni Unite) il ricorso per Cassazione di un mio, a questo punto malcapitato, assistito, che era stato condannato (a mio avviso, in maniera assolutamente ingiusta) all’ammonimento; lo rivelo - nonostante che abbia avuto affettuosi consigli a non farlo - solo perchè - essendo abituato ad assumermi fino in fondo, anche pubblicamente, le mie responsabilità cercando di non rientrare nel novero dei dei tanti “esperti in doveri altrui” che costituiscono uno dei mali peggiori del nostro Paese - intendo porre anche io la testa sotto la immancabile scure o meglio, la affilata lama, del tagliente Felice Lima.

Perchè mi sembra profondamente ingiusto lasciare additato al pubblico ludibrio e disprezzo solo il prof. Lozzi e quindi voglio condividere la sua sorte, come la mia omonima fece accompagnando al supplizio Andrea Chenier.

In secondo luogo, per sottolineare che nello stesso “clamoroso errore”, è incorso anche il Ministero della Giustizia che ha visto pure il suo ricorso (contro il dr De Magistris) dichiarato inammissibile per tardività.

Lo dico non per invocare la lama del Lima anche sulla testa del ... malcapitato (e a me ignoto) collega che è incorso nell’infortunio, ma solo per spiegare come tutti, ma proprio tutti, fossero convinti, persino al Ministero che nella formazione della normativa ha avuto comunque un suo ruolo, che il termine per il ricorso alla Sezioni Unite della Cassazione fosse quello di 45 giorni indicato dal 3° comma dell’art. 544 c.p.p..

E posso assicurare, senza tema di smentita, che questa era l’opinione corrente sia negli ambienti del C.S.M. sia in alcuni abituali componenti delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione. E sul punto risparmio ulteriori considerazioni.

E vengo alle ragioni di tale convincimento, che mantengo tuttora e di cui sono profondamente convinto.

La sentenza delle Sezioni Unite Civili nel caso De Magistris (che, a quanto mi risulta, è la prima sentenza che abbia affrontato l’argomento, perchè le decisioni citate in motivazione si riferiscono a ricorsi contro ordinanze per cui il problema non si poneva negli stessi termini) partono da un presupposto assolutamente errato sia sul piano del diritto astratto sia sul piano del diritto vivente.

E cioè partono dal presupposto che “la sezione disciplinare, essendo la stesura di particolare complessità per il numero delle parti o il numero o la gravità delle impugnazioni, (possa avvalersi) della facoltà, prevista dall’art. 544, comma 3, c.p.p., di indicare nel dispositivo per il deposito un termine più lungo, non eccedente comunque il novantesimo giorno”.

Orbene: non solo questa facoltà non c’è (ovviamente, a mio avviso), ma l’art. 544 non è proprio applicabile, in nessuna sua parte, per quanto riguarda il deposito della decisione, al procedimento disciplinare davanti al C.S.M. per la semplicissima ragione che il d.lgs. 109/2006 contiene una esplicita e diversa disciplina sul punto che così recita: “La Sezione disciplinare provvede con sentenza, irrogando una sanzione disciplinare, dichiarando esclusa la sussistenza dell’addebito. I motivi della sentenza sono depositati nella segreteria della sezione disciplinare entro trenta giorni dalla deliberazione (art. 19 comma 2 d.lgs. 109/2006).

Punto e a capo.

Non si parla di redazione immediata dei motivi in camera di consiglio (art. 544 comma 1 c.p.p.), non si parla di redazione dei motivi “non oltre il quindicesimo giorno da quello della pronuncia” (art. 544 comma 2), non si parla né della motivazione particolarmente complessa né dell’indicazione da parte del giudice di un termine più lungo e comunque non superiore ai novanta giorni: art. 544 comma 3.

Insomma, la disciplina dei termini per il deposito dei motivi della sentenza del giudice penale non c’entra per nulla con la disciplina del deposito dei motivi della sentenza disciplinare, che non solo non richiama quella del codice di procedura penale ma ne prevede espressamente una tutta affatto diversa.

La riprova quale è? Che mai, neppure in un solo caso (dicesi uno, uno in 19 anni), la sezione disciplinare del Consiglio superiore ha ritenuto applicabile ed ha applicato il terzo comma dell’art. 544 (e neppure il primo e neppure il secondo).

Orbene: mi chiedo e vi chiedo. Poteva mai immaginarsi un povero Cristo di difensore che le Sezioni Unite civili della Cassazione scoprissero una facoltà dei giudici della sezione disciplinare che non solo non è stata prevista nella normativa relativa al processo disciplinare (perchè dispone in modo radicalmente diverso) ma che non è stata esercitata neppure una volta, neppure per sbaglio, dal giudice disciplinare che pure di motivazioni particolarmente complesse ne ha adottate centinaia e che pure di sforamenti dei termini (non dico dei quindici giorni previsti dal codice di procedura penale ma dei trenta previsti dal citato art. 19 comma 2) ne ha fatti all’infinito, anche di un anno ed oltre (come insegna la storia). Via, siamo seri!

Certo, il successivo articolo 24 d.lgs. 109/2006 (che nessuno ha mai contestato anche se sul piano della razionalità appare addirittura sconvolgente nel momento in cui la decisione sul ricorso è stata spostata, anzi riportata, dalle Sezioni penali alle Sezioni civili della Corte di Cassazione) prevede che il ricorso venga effettuato “nei termini e nelle forme previste dal codice di procedura penale”.

E nella indicazione dei termini per impugnare l’art. 585 c.p.p. attribuisce alle parti tre termini diversi a seconda che si verifichino l’ipotesi di cui ai primi tre commi dell’art. 544 (quindici, trenta, quarantacinque).

Peccato però tra i tre casi contemplati dall’art. 544 non vi sia, neppure per il processo penale, quello rappresentato dallo sforamento dei termini di deposito da parte del giudice, senza dichiarazione di complessità del procedimento e senza indicazione di un termine diverso comunque non superiore ai novanta giorni.

Si tratta di un caso non previsto.

Come è noto, dopo una serie veramente imponente di contrastanti decisioni sul punto, le Sezioni unite penali della Cassazione, nel 1997, decisero (con una decisione a mio avviso molto ma molto discutibile) che in questo caso si applicasse non il termine di 45 ma quello di 30 giorni.

Ma si era nel procedimento penale, non nel procedimento disciplinare. Nel quale i tre termini di deposito non ci sono e non c’è mai neppure stata (almeno fino alla sentenza delle Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione nel caso De Magistris) la possibilità di una dichiarazione di complessità della motivazione e la fissazione di termini diversi da parte del giudice disciplinare.

Tant’è che, come ho detto, non vi è mai stata, neppure per errore, una declaratoria del genere, che proprio non esiste in rerum natura.

E pur tuttavia, come è facile immaginare, vi sono stati i casi complessi (come quello De Magistris) e lo sforamento dei trenta giorni da parte del giudice disciplinare.

Ovvio pensare allora che, visto che i casi complessi ci sono anche se il giudice disciplinare non può dichiararli tali (salvo che, d’ora in poi, sulla base della sentenza delle Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione, non riscopra questa possibilità, come il borghese gentiluomo di Molière che ha scoperto di far prosa senza saperlo), il termine da applicare fosse quello di 45 giorni che era quello che si attagliava ai casi particolarmente difficili e complessi necessitanti di un termine superiore a quello ordinario.

Tale soluzione si fondava e si fonda anche sui seguenti ulteriori argomenti:

1) Diversamente opinando, non vi sarebbero più “i termini” (al plurale) di cui al codice di procedura penale; ma vi sarebbe solo un termine unico (di trenta giorni), al singolare, indipendentemente dalla complessità e difficoltà del caso e dal tempo impiegato dal giudice nella motivazione della sentenza disciplinare; ma la legge parla di “termini” al plurale e non di “termine” al singolare;

2) Il privare il magistrato incolpato disciplinarmente in un processo che può arrivare alla sua destituzione e che può comportare, come nel caso di specie, conseguenze gravissime, come il trasferimento coatto in altra sede e la perdita di determinate funzioni, di quegli stessi termini che dal richiamato codice di procedura penale sono concessi anche al peggior delinquente imputato del più efferato delitto è talmente contrario al buon senso, al principio di ragionevolezza e di eguaglianza da provocare seri dubbi di legittimità costituzionale di una norma del genere. E, come è noto, ammesso e non concesso che vi siano più intepretazioni possibili, è ovvio che si debba propendere per quella che salva la legittimità costituzionale della norma.

Ovviamente con tutto questo mi guardo bene non solo dall’accusare i giudici delle Sezioni Unite e coloro che trovano inattaccabili le sue decisioni di scarsa professionalità, colossale errore, corruzione, collusione con i poteri occulti e quant’altro.

Mi limito a ritenere sbagliata la loro decisione ed opinione e spero che in futuro cambino giurisprudenza (o, almeno, sollevino questione di legittimità costituizionale) e opinione.

L’unica cosa che mi sento di dire (e che ho detto nelle competenti sedi, ma mi rendo conto che la mia è una voce interessata) è che forse, visto che allo stesso Ministero la si pensava come il prof. Lozzi ed il sottoscritto e molti altri, e che probabilmente questo era l’intendimento del legislatore (anche alla luce di altre considerazione su cui qui non mi attardo), sarebbe il caso di pensare ad una piccola norma di intepretazione autentica con rimessione in termini per quei due o al massimo tre casi che nel frattempo si sono verificati.

O è chiedere troppo?

Visto che ci sono, due ulteriori osservazioni:

1) Perchè su questo tema non interviene, in questo stesso blog, il buon Luigi De Magistris senza che la rivelazione del suo pensiero sia affidato a portavoci, sia pure massimamente autorevoli?

2) Non trovo assolutamente concepibile che un blog gestito da magistrati ospiti scritti anonimi; ho letto la motivazione sul punto che compare sul sito.

Ma non mi pare accettabile, specie da parte di magistrati e ancor più quando gli anonimi contengono ingiurie, diffamazioni, o abili insinuazioni diffamatorie.

Ma non le troverei accettabili neppure se rivelassero la Verità o diffondessero il Vangelo di Domine Iddio (se c’è).

Mi limito a ricordare in proposito che, nella seduta in cui il C.S.M. si tolse la possibilità anche solo di leggere gli anonimi (relatore della pratica il mai abbastanza lodato e compianto cons. Giuseppe Borrè), un autorevolissimo componente del Consiglio poi divenuto Presidente della Corte costituzionale ebbe a citare un brano di Plinio il giovane, legato di Traiano in Bitinia (all’incirca nel 110 d.C.), in cui l’Imperatore gli dava istruzioni sul come comportarsi di fronte ai terroristi dell’epoca (che erano i cristiani) ed in cui vietava qualsiasi ingresso nel processo di qualsiasi tipo agli anonimi, per utili che potessero essere (sotto sotto Plinio era favorevole ad utilizzarli perchè gli avrebbero consentito di fare statistica di cristiani scoperti ed arrestati), con queste parole che cito a memoria: “sine nomine vero libelli in nullo crimine locum habere debent; non pessumi exempli nec nostri saeculi est”.

Che di pessimo esempio possano essere, e nel nostro secolo e non in quello di Traiano (che dimostrava ben altra concezione di civiltà giuridica), proprio i magistrati dando ingresso agli anonimi - e non ai fini di un processo penale ma di un dibattito che rischia di finire in chiacchericcio -, francamente mi par troppo.

Grato per l’ospitalità e con viva cordialità, porgo cordiali saluti.

Marcello Maddalena


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La risposta di Felice Lima.


Caro Marcello,

scrivo queste righe con molto imbarazzo, perché quando moltissimi anni fa, giovane solo “aspirante” magistrato, incominciai ad ammirarti leggendo sui giornali della rettitudine e professionalità con le quali svolgevi il Tuo lavoro (se non ricordo male, eri anche Tu fra i colleghi che da Torino conduceste una importantissima indagine che portò alla cattura di alcuni magistrati catanesi), mai avrei pensato di potermi trovare un giorno nella necessità di contraddirti.

Sappi, dunque, che lo faccio solo perché le Tue parole impongono una risposta. Dunque, solo «per dovere», che è la stessa ragione da Te addotta a motivo del Tuo intervento.

Come disse Aristotele (le cui citazioni infliggo ai lettori del blog in ogni occasione): “Amicus Plato, sed magis amica veritas”.

Nel Tuo scritto tratti diversi argomenti e, dunque, per chiarezza espositiva, articolo in punti distinti la mia risposta.


1. Il primo dei temi che affronti è il Tuo rammarico per il fatto che su questo blog sarebbero stati espressi giudizi «infamanti, ingiusti e ingenerosi» sul conto del prof. Lozzi.

A me pare che ciò non sia vero.

Nessuno ha mai inteso diffamare il prof. Lozzi, la cui statura professionale è talmente alta e talmente universalmente nota da non potere essere in alcun modo messa in discussione. Essa – peraltro e comunque – è stata da me espressamente affermata e sottolineata.

Ciò che è accaduto è che in una vicenda di estrema delicatezza una persona (Luigi De Magistris) ha perduto irrimediabilmente l’opportunità di sottoporre le proprie ragioni alla Corte di Cassazione perché il ricorso è stato depositato in ritardo, essendo così inammissibile. E se, come tanti di noi pensiamo e Tu anche (a quanto dici), il ricorso era fondato, ha perso la possibilità di continuare a fare il lavoro per cui si sentiva vocato (il pubblico ministero) ed è stato costretto a trasferirsi ad alcune centinaia di chilometri dalla sua famiglia. Non mi pare poco danno.

La vicenda, peraltro, non è per nulla solo privata, ma, per molte ragioni, di notevole interesse pubblico.

Lo sconcerto dell’opinione pubblica è stato grande e si è trattato di illustrare in maniera argomentata e convincente quanto è accaduto, ricostruendone la dinamica.

A fronte della tendenza di tanti cittadini a dubitare della correttezza della decisione della Cassazione e del sospetto adombrato da alcuni che fosse stato lo stesso De Magistris e chiedere che il ricorso fosse depositato tardivamente per sottrarlo alla verifica della Corte nel merito, io ho ritenuto di difendere l’onore della Corte, esponendo le ragioni per le quali quella decisione mi appare assolutamente corretta, e quello di Luigi, riferendo che non era stato lui a chiedere che il ricorso fosse depositato in ritardo.

La mia condotta è stata, in sostanza, del tutto simile alla Tua.

Tu intervieni qui in difesa dell’onore di un amico (onore che – scusami se lo ribadisco ancora – non è in alcun modo in discussione né viene leso da alcuno). Io sono intervenuto in difesa dell’onore di tanti colleghi: Luigi De Magistris e i componenti delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

Una cosa ci distingue e, in altra occasione, ce lo siamo anche detto a voce.

Tu, infatti, affermi di considerare «il silenzio d’oro». Io penso, al contrario, che in questi tempi parlare e testimoniare sia un dovere morale e civile.

Tu vorresti zittire i quisque de populo anche «se rivelassero la Verità o diffondessero il Vangelo di Domine Iddio (se c’è)», io penso che Domine Iddio c’è e che per diffondere il Suo Vangelo ha scelto pescatori e falegnami e non senatori e magistrati. Sicché guardo con meno diffidenza di Te i quisque de populo.

Tornando al punto, posta l’esigenza di ricostruire quanto accaduto in Cassazione per evitare che i “non addetti ai lavori” (cioè il 95% della popolazione!) ipotizzassero, come spesso accade in Italia, trame oscure e mistificazioni inconfessabili, nella mia ricostruzione della vicenda la declaratoria di inammissibilità è frutto di un errore (bada, “errore”: cioè una delle cose più umane che ci siano e in sé non infamante) del difensore del collega De Magistris.

Affermare questo ed esporne le ragioni non può essere ritenuto sotto alcun profilo né infamante, né ingiusto.

E’ solo la ricostruzione di un fatto.

Ovviamente, come tutte le ricostruzioni di tutti i fatti, è pienamente opinabile. Ma, in democrazia, pienamente legittima.

D’altra parte Tu hai scritto che «la sentenza delle Sezioni Unite Civili nel caso De Magistris parte da un presupposto assolutamente errato sia sul piano del diritto astratto sia sul piano del diritto vivente».

E io credo che se Tu puoi dire questo delle Sezioni Unite della Corte Suprema, io debbo poter dire che la decisione del prof. Lozzi di depositare il ricorso dopo 30 giorni è stata «assolutamente errata» (per usare le Tue stesse parole).

Il fatto che Tu dica che il prof. Lozzi è Tuo amico non Lo sottrae al legittimo esercizio della critica, così come il fatto che Tu dica di pensarla come Lui non è argomento sufficiente a sostegno delle Sue ragioni. L’argomento “di autorità”, come sai, è stato bandito da tempo dal pensiero moderno, che è un pensiero critico.

Aggiungo che questo errore appare tanto più doloroso proprio perché commesso da professionista assolutamente eccezionale e perché il ricorso – che abbiamo pubblicato integralmente sul blog a questo link - era di tale eccellente qualità da avere, secondo il punto di vista di molti e anche Tuo e mio, ottime speranze di essere accolto.

In sostanza, non solo non sono mai state in discussione le eccezionali qualità professionali del prof. Lozzi, ma solo le ragioni per le quali la Cassazione ne ha dichiarato inammissibile il ricorso, ma proprio le indiscutibili e indiscusse qualità professionali del prof. Lozzi rendono la vicenda particolarmente clamorosa e dolorosa.

D’altra parte, come ho testé detto, il caso De Magistris è certamente di rilevante interesse pubblico e, dunque, il professionista che ha scelto di prendervi una parte, come difensore, non può sottrarsi al confronto tecnico sulle Sue scelte.

Mille volte il prof. Lozzi avrà detto e scritto che la tale decisione di questa o quella Corte è con evidenza errata. Questa volta si sente dire che errata è stata la Sua scelta.

Questo può dispiacere, ma non è reato e non è sotto alcun profilo né vietato né deplorevole.

D’altra parte, caro Marcello, sapessi quanti dispiaceri mi sono preso io, per conto mio e per conto terzi.

Sai, per esempio, non è stato bello per niente sentire un Consigliere del C.S.M. (la prof. Vacca) dare a giornali unificati del “cattivo magistrato” a Luigi De Magistris e constatare che nessuno (neppure Tu), si indignava e si sentiva in dovere di scrivere a qualche giornale o a qualche blog per dire che quello non si poteva dire.

Vedi, Marcello, questa è la conseguenza del tacere fin quando non vengono coinvolti i nostri amici. Io, quando tutta questa storia è cominciata Luigi De Magistris neanche lo conoscevo (oggi lo conosco e gli sono amico). Ne ho difeso l’onore non perché fosse mio amico, ma perché ho questa forse errata convinzione che il criterio di scelta delle cause da difendere non debba essere quello dell’amicizia, ma quello della oggettiva giustezza.

Né il prestigio del prof. Lozzi può costituire argomento per inibirne la critica, perché, nella mia visione del mondo, il prestigio, le capacità, l’autorevolezza non sono privilegi, ma responsabilità.

Tu scrivi che «intendi porre la testa sotto la immancabile scure o meglio, la affilata lama del tagliente Felice Lima».

Nessuna scure e nessuna lama, Marcello, e neppure alcun piacere di criticare alcuno. Ti assicuro che anche scrivere queste righe mi è di enorme sofferenza.

Solo il desiderio di informare l’opinione pubblica, i lettori del blog. Di ricostruire per loro l’accaduto.

Perché vedi, la vicenda De Magistris ha destato molto clamore nell’opinione pubblica e tanto sconcerto.

Tante cose erano e sono rimaste difficili da capire.

L’inammissibilità del ricorso lo era sommamente.

Tanti “non addetti ai lavori” hanno pensato a un complotto contro De Magistris o a una posizione “ostile” o opportunistica della Corte.

Ricostruire i fatti in linguaggio comprensibile a tutti, chiarire i ruoli di ciascuno e illustrare le questioni di diritto mi è sembrato un dovere.


2. Nel Tuo scritto illustri le ragioni tecniche per le quali secondo Te avrebbe ragione il prof. Lozzi e torto la Cassazione. E devo segnalarTi che considerazioni analoghe alle Tue erano già state espresse in alcuni contributi pure pubblicati sul blog.

Permettimi di trovare i Tuoi argomenti forzati e poco convincenti.

Riassunta, la questione sta nei seguenti termini assai semplici (sotto il profilo che qui viene in gioco).

Come ricordi Tu stesso, l’art. 24 del D.L.vo 109/2006 dispone che «l’incolpato, il Ministro della giustizia e il Procuratore generale presso la Corte di cassazione possono proporre, contro i provvedimenti in materia di sospensione di cui agli articoli 21 e 22 e contro le sentenze della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, ricorso per cassazione, nei termini e con le forme previsti dal codice di procedura penale».

L’articolo del codice di procedura penale che disciplina i termini in questione è il 585, che prevede tre diverse fattispecie e tre corrispondenti termini:

«a) di quindici giorni, per i provvedimenti emessi in seguito a procedimento in camera di consiglio e nel caso previsto dall’articolo 544 comma 1;
b) di trenta giorni, nel caso previsto dall’articolo 544 comma 2;
c) di quarantacinque giorni, nel caso previsto dall’articolo 544 comma 3»
.

L’ipotesi di cui al punto a) non ricorre nel caso della sentenza della Sezione Disciplinare del C.S.M., perché essa non viene «emessa in seguito a procedimento in camera di consiglio».

La Corte di Cassazione ha spiegato in molte sentenze (diverse delle quali ho citato espressamente nel mio articolo che Tu contesti) le ragioni per le quali ritiene che il «caso previsto dall’articolo 544 comma 3» (di cui al punto c) ricorra SOLO quando il giudice indica nel dispositivo un termine per il deposito della sentenza più lungo di quello “normale” e anche Tu sei d’accordo che il caso in questione NON ricorre e NON PUÒ ricorrere (perché la legge non lo prevede) nel caso della Sezione Disciplinare del C.S.M..

Dunque, l’unica fattispecie che ricorre nel caso della sentenza della Sezione Disciplinare del C.S.M. è quella di cui al punto b) e il termine per il ricorso in Cassazione è quello di trenta giorni.

Ammettere che l’ipotesi di cui al punto c) non ricorre e non può ricorrere nel giudizio disciplinare dinanzi al C.S.M. e pretendere contemporaneamente che al ricorso avverso la sentenza emessa in quel giudizio si possa applicare il termine di cui al punto c) mi sembra, francamente, una illogicità assoluta, figlia più di una pretesa della volontà che di una riflessione della ragione. Pretesa della volontà che non può cambiare il testo della legge neppure se condivisa “negli ambienti del C.S.M.” (come li hai chiamati Tu), perché anche il C.S.M., nonostante troppe volte lo dimentichi, è soggetto alla legge.

Restano le Tue considerazioni sul fatto che l’art. 24 del D.L.vo 109/2006 parla di “termini” (al plurale) e non di “termine” (al singolare).

Ma, premesso che esse non potrebbero in ogni caso portare alla applicazione al nostro caso di un termine previsto per una ipotesi diversa e che non ricorre, va detto che esse sono con evidenza frutto di una errata ermeneutica di quella norma.

Si tratta, infatti, di una norma di rinvio cosiddetto “in bianco”, congegnata secondo una logica per la quale va letta come se dicesse: “si applicano a questa situazione i termini del codice di procedura penale, qualunque essi siano”. Uno o tanti.

Non a caso, non si fa rinvio a uno specifico articolo del codice o a una specifica norma, ma al codice di procedura penale complessivamente considerato.

E non a caso oltre che ai “termini” al plurale, si fa riferimento anche alle “forme” al plurale.

Se questo è vero – e a me, francamente, pare evidente – cercare nel riferimento ai “termini” argomento a favore della Tua tesi mi appare oggettivamente insostenibile.

Ma c’è qualcosa di ancor più decisivo, perché, in ogni caso, comunque stiano le cose e anche se avessi ragione Tu (e secondo me non ce l’hai), delle due l’una: o il prof. Lozzi ignorava la problematicità di questo aspetto della questione e allora non potrebbe che sottolinearsi come sia sorprendente e non lodevole che un professionista del Suo valore ignorasse questo snodo delicato della controversia (peraltro relativo proprio a una questione di procedura penale, che è la materia che insegna all’università) e non abbia fatto una ricerca di giurisprudenza sul punto, che l’avrebbe subito fatta emergere; oppure egli era a conoscenza della problematicità della questione e allora, in presenza di più orientamenti possibili, aveva il dovere di assumere la condotta professionale che con maggiore sicurezza tutelava il Suo assistito.

Nel dubbio, insomma, tenuto anche conto che quello alle Sezioni Unite era l’ultimo ricorso possibile, avrebbe dovuto depositare nel termine che sicuramente rendeva tempestivo il ricorso, qualunque fosse l’opinione dei magistrati dinanzi ai quali si presentava, non esponendo il suo assistito al rischio di una interpretazione diversa da quella da Te preferita.

Mi occupo specificamente, per lavoro, di responsabilità professionale degli avvocati.

Fra i tanti casi ricorrenti vi è quello in cui, in presenza di orientamenti diversi della Cassazione (per esempio, nella materia dei termini della prescrizione civile), l’avvocato abbia confidato in uno di essi, mentre avrebbe potuto e dovuto adottare una condotta difensiva che tutelasse il cliente in ogni caso. La giurisprudenza è costante nell’affermare che ciò non è prudente e costituisce colpa professionale. Mi limito a citare, per tutte, Cass. Civ. Sez. II, 18 luglio 2002, n. 10454, che si attaglia perfettamente al nostro caso e chiarisce anche che l’eventuale gratuità della prestazione professionale – alla quale Tu hai fatto riferimento – non incide sul regime della responsabilità del professionista. In sostanza, se un medico opera un paziente (immaginiamo suo amico) gratuitamente, ciò non lo autorizza ad ammazzarlo.


3. Tu adduci a fondamento delle Tue tesi il fatto che anche il Ministero sarebbe incorso nello stesso errore e aggiungi: «posso assicurare, senza tema di smentita, che questa era l’opinione corrente sia negli ambienti del C.S.M. sia in alcuni abituali componenti delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione. E sul punto risparmio ulteriori considerazioni».

Anche questo argomento, come quello “di autorità”, non è conducente.

Per un verso, infatti, avrai notato che il Ministero è incorso anche in un altro errore causa di inammissibilità (deposito del ricorso in ufficio diverso da quello a cui lo si doveva inviare), sicché non può essere indicato come esempio di “avvocato diligente”; mentre, per altro verso, ogni avvocato diligente sa di non dovere mai confidare sull’«opinione corrente» (come la chiami Tu) presso i giudici, men che meno su quella corrente «negli ambienti del C.S.M.» (vista anche la notevole mole di provvedimenti del C.S.M. ritenuti illegittimi e annullati dal giudice amministrativo).

E’ per questo confidare inopportunamente nelle «opinioni correnti» fra i giudici che i magistrati sono, ordinariamente, non buoni avvocati.

Un avvocato sa che non deve confidare in ciò che può apprendere da relazioni private con i giudici e deve difendere la causa mettendo in conto ogni ipotesi e ricordando che i giudici, quando decidono la causa, non sono minimamente vincolati a ciò che della stessa questione hanno pensato fino ad allora e men che meno a ciò che possono avere privatamente confidato, dovendosi formare un convincimento volta per volta secondo scienza e coscienza e nel confronto della camera di consiglio.

Dopo di che permettimi di dirTi che il Tuo argomento mi ricorda un aneddoto raccontatomi da un collega che era stato commissario in un esame di abilitazione alla professione forense. Venuto al giudizio della commissione un tema nel quale si sosteneva una cosa palesemente errata e orientatosi il giudizio verso la bocciatura, uno dei commissari pare abbia detto: «Non possiamo bocciarli per questo, perché questa cosa gliela abbiamo suggerita noi credendo che fosse giusta».


4. L’ultima Tua critica riguarda il fatto che su questo blog si è consentito ai lettori di intervenire anche in forma anonima.

Prima di illustrare le ragioni di questa scelta, permettimi di dirTi che l’argomento da Te addotto contro di essa è palesemente errato (e Ti prego di non considerare irriguardoso nei Tuoi confronti un dissenso manifestato in maniera sincera).

Tu, infatti, invochi le ragioni che hanno portato ad escludere gli anonimi dagli atti processuali.

Quelle ragioni sono assolutamente sacrosante, ma un blog non è un’aula di Tribunale e una discussione fra cittadini non è un processo.

La pretesa di applicare al confronto democratico fra cittadini le stesse regole del processo concorre a fare in modo che in Italia la formazione dell’opinione pubblica sia attività riservata agli “eletti” e controllata dal potere.

Ciò posto, quando abbiamo aperto questo blog abbiamo ritenuto – e secondo me i fatti ci hanno dato ragione – che la cosa migliore che con esso si poteva fare era promuovere un confronto sincero fra magistrati e cittadini. Cosa questa molto poco diffusa, così che la magistratura viene fondatamente ritenuta molto molto autoreferenziale.

Il nostro desiderio era, dunque, di avere più contributi possibili dai lettori.

Consentire anche gli interventi anonimi favoriva il perseguimento di questo obiettivo.

E d’altra parte:

1. Non essendo questo un processo e non apprezzando noi l’argomento “di autorità”, non è importante chi dice una cosa, ma il contenuto oggettivo della cosa detta; se un’idea è buona, essa contribuisce costruttivamente alla discussione indipendentemente da chi l’ha proposta;

2. Internet è uno strumento nuovo e peculiare. La rete si fonda su strumenti e valori del tutto diversi da quelli ai quali siamo abituati. Tu stesso la definisci «diabolico strumento». E anche io penso che si tratta di qualcosa di molto potente, che serve anche a fare del male. Ma che ha anche pregi immensi, ai quali non ci possiamo sognare di rinunciare (è, peraltro, oggi un poderoso strumento di democrazia). Se avessimo preteso che gli interventi provenissero da persone con nome e cognome, i lettori si sarebbero inventati nomi e cognomi di fantasia e ce li avrebbero messi. Noi avremmo “creduto” di avere a che fare con “noti” e, invece, si sarebbe trattato comunque di “ignoti”. Pretendere una identificazione certa impedirebbe materialmente il funzionamento del sito. Bada che si tratta di un problema affrontato dai magistrati anche con riferimento alle loro mailing list. Su quella di Magistratura Democratica si aprì tempo fa un dibattito su questo e i gestori fecero osservare proprio ciò che ho appena scritto io: che avere certezza dell’identità degli interlocutori è sostanzialmente impossibile nel quotidiano uso di questi strumenti.

3. Cosa diversa è, invece, per la Polizia e l’Autorità Giudiziaria. Ove, infatti, risalire all’identità di chi ha pubblicato qualcosa sia giudiziariamente rilevante, quelle Autorità hanno strumenti che noi non abbiamo per (provare a) risalire a quelle identità.

4. In ogni caso, a me pare che nessuno dei nostri lettori abbia scritto cose che violino in qualche modo la legge e/o i diritti di terzi. E una prova di questo la traggo dal tono cordiale del Tuo intervento, che, in presenza di reati o di lesioni di diritti di taluno, avrebbe avuto un contenuto e un tono diversi.


Concludo, Marcello da ciò da cui sono partito.

La mia stima – che ben conosci – per Te e per la Tua storia professionale e l’enorme disagio per questa replica. Credimi, dirmi in disaccordo con Te mi dispiace davvero tantissimo. Ma lo ritengo un dovere. E in questo permettimi di paragonarmi a Te: nel non fare calcolo di opportunità quando c’è di mezzo un dovere.

Concludi il Tuo scritto con un ringraziamento per l’ospitalità. Sappi che sono io che ringrazio Te per avere dato un contributo tanto prezioso e autorevole al nostro dibattito.

Considera, ovviamente, me e il blog a Tua completa disposizione: sarei lieto e onorato che Tu avessi l’ultima parola in questo nostro dialogo confutando i miei argomenti, ove lo meritino.

Un saluto caro.

Felice


P.S. - Dimenticavo. Marcello, Tu chiedi: "Perchè su questo tema non interviene, in questo stesso blog, il buon Luigi De Magistris senza che la rivelazione del suo pensiero sia affidato a portavoci, sia pure massimamente autorevoli?”. Ti confesso che non lo so. Dovendo immaginare una ragione, presumo che sia la stessa per la quale "non interviene in questo stesso blog il buon prof. Gilberto Lozzi”.



______________

La foto di Marcello Maddalena è tratta da Lastampa.it


58 commenti:

Anonimo ha detto...

Al di là degli aspetti tecnici, su cui ovviamente e rispettosamente non entro, mi sento in dovere di esprimere empatico accordo al Dott. Lima per la posizione assunta in merito all'importanza dell'informazione e del blog sotto l'aspetto della divulgazione di questi temi, così importanti per la vita democratica della nazione.
Indiscutibilmente influenzato dal clima avvelenato (che, sottolineo, non dipende assolutamente da Voi) che si respira confesso di aver pensato in modo malizioso anch'io ad un ritardo in parte "voluto". Me ne scuso.
Ringrazio entrambe per il contributo dato alla Verità. Credo che di questi contributi, in questo Paese, ci sia assoluto bisogno.

Anonimo ha detto...

"Un avvocato sa che non deve confidare in ciò che può apprendere da relazioni private con i giudici e deve difendere la causa mettendo in conto ogni ipotesi e ricordando che i giudici, quando decidono la causa, non sono minimamente vincolati a ciò che della stessa questione hanno pensato fino ad allora e men che meno a ciò che possono avere privatamente confidato, dovendosi formare un convincimento volta per volta secondo scienza e coscienza e nel confronto della camera di consiglio."
Da avvocato quale sono ritengo questa la sintesi dell'appropriata e da me condivisa risposta del dr. Lima.
Non inutili polemiche....nè interpretazioni normative.
Questa è la realtà oggettiva e punto.
Tutti possono sbagliare:è umano.
Nel caso che ci riguarda vi è stato un errore che ha inciso economicamente e sulla qualità del lavoro....magari comportando anche qualche conseguenza psicologica.
L'errore umano di un medico come viene valutato?
Nessuno è stato posto alla berlina. Il prof. Lozzi sarà certamente persona autorevole ma è un essere umano, di conseguenza si prende atto di quanto accaduto e qualsiasi persona equilibrata non riterrà il prof. Lozzi diverso da quello che è. Sinceramente, con tanti problemi istituzionali che affliggono il ns. povero Paese, mi sembra veramente superfluo il voler discutere dell'onorabilità e professionalità del prof. Lozzi.
Altrettanto superfluo mi sarebbe apparso l'intervento del dr. De Magistris e, francamente, mi appare eticamente corretto che non abbia preso parte ad una discussione che ha riguardato il suo caso.
Detto questo vorrei anche rilevare che in questo blog non sono permessi commenti, ancorchè provenienti da anonimi, che possano sfociare in frasi ingiuriose nei confronti di alcuno.
Vi è un moderatore che permette la pubblicazione previo vaglio del contenuto.
Naturalmente non vi è bavaglio....almeno qui si può dire ciò che si pensa e magari qualcuno legge e ne nascono una discussione ed un confronto.
Per quanto riguarda l'anonimato preciso che il mio nome e cognome, nonchè luogo di residenza, da persona educata, quale penso e spero di essere, sono stati comunicati via email. Non mi sembra di essere l'unica......
A volte firmo con il mio nome.....altre volte uso pseudonimo, anche questo comunicato, per ovvi motivi di sicurezza personale.....
Grazie
avv. Chiara Memoli

Anonimo ha detto...

Senplicemete Grazie ad entrambi.

Stefano

Pietro Gatto ha detto...

Io non ricordo frasi ingiuriose nei confronti del prof. Lozzi, al tempo della declaratoria di inammissibilità. Ricordo, anzi, che il nome di Lozzi fu addirittura omesso (almeno all'inizio, che io ricordi). Ricordo anche la mia curiosità nel cercare di capire chi fosse quel "noto" professore di procedura penale.

Vengo da quell'ambiente accademico e conosco quasi tutti i professori di procedura penale (ovviamente attraverso i loro scritti). Lozzi ha scritto cose molto profonde sul giudizio abbreviato, oltre ad un manuale che, per quanto "disordinato" (nasce infatti come una raccolta di lezioni e non è mai riuscito ad eliminare tale vizio di origine), è sicuramente il più brillante e originale - ovviamente dopo il Cordero, e a debita distanza da questo.

Detto questo, la sua è stata una leggerezza difficilmente perdonabile, avendo egli accettato il rischio, nonostante un quadro normativo tutt'altro che definito, di esporre il suo cliente ad un risultato negativo.
Nel dubbio avrebbe dovuto presentare il ricorso nei 30 giorni; e il ragionamento del dott. Lima a supporto di tale tesi è di una linearità e logicità tale da non ammettere obiezioni.

Lozzi ha sbagliato. Punto. Poi "sarà anche professore", come si usa dire al Sud, ma l'errore, sia pure solo di valutazione, ci sta tutto.

Non mi è piaciuto invece l'intervento di Maddalena, che prima trova la serenità d'animo (lui che ai tempi di tangentopoli interveniva ai convegni predicando la figura del pm come "angelo vendicatore" della legalità) per farsi i fatti suoi in un momento di così evidente crisi di sistema, per poi intervenire soltanto per difendere, a ben vedere, non una persona (cioè Lozzi), ma una tesi giuridica. Che, guarda caso, è anche la sua.

Come a dire: fate e dite quello che volete, di solito anzi non vi leggo neppure, ma dato che mi è giunta voce che avete criticato Lozzi, che non vi venga in mente di criticare anche me, visto che la penso uguale.

Dio mio, che caduta di stile....

Il dottor Lima è stato sin troppo generoso a qualificare l'invocazione dell'opinione di alcuni magistrati della cassazione o di non meglio qualificati "ambienti del CSM" come mera "indulgenza verso l'argomento di autorità". In realtà si tratta di vera e propria sciatteria argomentativa, del tutto sovrapponibile al "l'hanno detto alla televisione". E come e dove ha appresso Maddalena tali informazioni? Direttamente? Indirettamente? Al bar? Durante una partita di calcetto?
Ecco perché esistono le sentenze ed ecco a cosa serve la loro motivazione. Per garantire a noi poveri mortali, che non andiamo al bar con quelli della cassazione o non giochiamo a calcetto con i componenti del CSM, almeno la possibilità di discutere su ragionamenti giuridici messi nero su bianco.

A meno che Maddalena non voglia svelarci i nomi dei soggetti contrari alla decisione delle sezioni unite. Dovrebbe farlo, anzi, lui che è contro l'anonimato su questo sito.

Anonimo ha detto...

Intervengo d'Autorita!
Nomino miei precettori in Giurisprudenza Maddalena e Lima.
bartolo iamonte.
p.s.
Ovviamente, si è capito che sono uno delle tre persone più potenti al mondo: il signor nessuno!

Anonimo ha detto...

Trovo apprezzabile che Maddalena abbia inteso confrontarsi su di una tematica di indubbio interesse per chi segue il blog. Semmai, mi dispiace che questo tipo di contributo sia mancato in passato, per ragioni che rispetto ma non condivido. Il silenzio non sempre è la migliore strada, quando si avrebbe il dovere morale di far conoscere la realtà delle cose. E credo che in questo momento più che mai sia opportuno che i cittadini sappiano cosa accade davvero nel settore giustizia. Spero quindi che questo contributo prosegua.

Non entro nella questione tecnica, sulla quale non potrei probabilmente dire nulla più di quanto è stato già osservato.

Mi limito ad evidenziare che, se le cose stanno come dice Maddalena, questo conferma il pensiero che ho già espresso sulla inadeguatezza della garanzia giurisdizionale per il magistrato sotto il profilo disciplinare.

La garanzia infatti dovrebbe comprendere la previsione di rimedi all'errore (certamente possibile, per le ragioni già aliunde esposte) del CSM e la agevole e sicura praticabilità degli stessi.

Ma la tutela diventa ancor più barcollante, se soggetti così tecnicamente qualificati, e della cui buona fede credo non si possa minimamente dubitare, possono incorrere in simili ed irrimediabili incidenti di percorso. E, si badi, questo non è l'unico caso a mia conoscenza.

Solange Manfredi ha detto...

Egregio Dott. Lima,
grazie. Con profonda e sincera stima.

Vittorio Ferraro ha detto...

Le norme interessate sono: gli art. 19 e 24 del D. Lgs. 23/02/06 n. 109 (Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati...) e gli art. 544 e 585 del cpp.
Tali norme debbono essere lette in combinato disposto tra di loro.

Lart. 19 del detto D. Lgs. recita:
"La sezione disciplinare del CSM delibera immediatamente dopo l'assunzione delle prove..."
"La sezione disciplinare provvede con sentenza..." "...I motivi della sentenza sono depositati nella segreteria della sezione disciplinare ENTRO TRENTA GIORNI DALLA DELIBERAZIONE."

Lart. 24 del detto D. Lgs. prevede la possibilità di poter proporre ricorso per cassazione "nei termini e con le forme previsti dal codice di procedura penale".

L'art. 544 del cpp recita: 1° comma: "conclusa la deliberazione, il presidente redige e sottoscrive il dispositivo. Subito dopo è redatta una consica esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la sentenza è fondata.
2° comma: "qualora non sia possibile procedere alla redazione immediata dei motivi in camera di consiglio, vi si provvede NON OLTRE IL QUINDICESIMO GIORNO da quello della pronuncia."
3° comma: quando la stesura della motivazione è particolarmente complessa per il numero delle parti o per il numero e la gravità delle imputazioni, IL GIUDICE, se ritiene di non poter depositare la sentenza nel termine previsto dal comma 2, PUO' INDICARE NEL DISPOSITIVO UN TERMINE PIU' LUNGO, non eccedente comunque il novantesimo giorno da quello della pronuncia."

L'art. 585 del cpp recita: "il termine per proporre impugnazione, per ciascuna delle parti,è:
a) 15 gg per i provvedimenti emessi in seguito a procedimento in camera di consiglio e nel caso previsto dall'art. 544 comma 1;
b) di 30 gg. nel caso previsto dall'art. 544 comma 2;
c) di 45 gg. nel caso previsto dall'art. 544 comma 3."

La sentenza della Cassazione penale, sez. IV, del 14/03/96, n. 4217, recita:
"Il termine di 45 gg. per proporre impugnazione opera solo quando il giudice DICHIARI una particolare complessità delle questioni trattate nel dispositivo della sentenza, fissando un apposito termine per il deposito della sentenza. Il ritardo nel deposito dovuto alla complessità di cui sopra è un fatto giuridicamente irrilevante, poichè la legge facoltizza il giudice a stabilire un termine più lungo per esigenze motivazionali. Pertanto, in difetto di una statuizione espressa, si applicherà il termine di 15 gg. di cui all'art. 544 comma 2 cpp e, conseguentemente, ai fini dell'impugnazione, quello di 30 gg previsto dall'art. 585 lettera b) cpp."

Pertanto,l'interpretazione - autentica - che mi sento umilmente di condividere, è quella offerta dal dott. Lima. E che scaturisce dalla lettura del combinato disposto degli art. 19, comma 2, e 24 comma 1, del D. lgs. 23/02/06 n. 109, in riferimento agli art. 544, comma 2 e 585, comma 1 lettera b), del cpp.

Questa vicenda - ahimè, dolorosa - dimostra quando sia importante il confronto ed il dialogo tra soggetti diversi.

Anonimo ha detto...

Da cittadina comune non entrando nel merito della questione per ovvi motivi di incompetenza, mi sento di condividere profondamente e ringraziare il dott Lima per il suo coraggio. Significativa la citazione di Aristotele “Amicus Plato, sed magis amica veritas”.
La ricerca della verità nonostante le ingerenze dell’amiciza e dell’autorità che ne condizionano la meta mi conforta nella consapevolezza che ci sono nuovi magistrati come lei dott Lima che rappresentano il nuovo e il futuro rispetto al passato.
Grazie per aprire le porte di un mondo silente che è sempre stato per pochi. Solo la conoscenza rende liberi gli uomini. E per concludere con una citazione "
Pensate da uomini saggi, ma parlate da gente comune"

Grazie dott. Lima per quello che sta facendo
Eleonora

Vittorio Ferraro ha detto...

nel mio commento delle ore 12,13 mi sono accorto di avere scritto, alla fine: "quando sia importante" invece che quanto sia importante.

Anonimo ha detto...

Quando la legge NON è uguale per tutti....
Assegnarsi il CSM un termine più lungo senza farlo presente è una facoltà.
Per la parte indovinare quale sia la scelta giusta è un salto nel vuoto.
Se si è voluto spaccare il capello in quattro si poteva ritenere che anche il CSM avendo depositato dopo il termine equivaleva come esercitata tale facoltà.
Scusate la mia ingenua semplicità, non sono addetta ai lavori e continuo a ritenere che De Magistris sia più vittima del momento storico che della interpretazione dei termini nella presentazione del ricorso, fra l'altro nello stesso modo interpretata anche dal Ministero.
Alessandra

Rodja ha detto...

Da avvocato, anch'io sono convinto che fra il vantaggio di godere di 15 giorni in più per meglio predisporre il ricorso ed il pericolo di depositarlo in ritardo la scelta debba cadere su l'opzione meno pericolosa, anche se meno vantaggiosa.
Credo pero' che ammettere i propri errori sia molto difficile.
Sopratutto per i Principi del Foro ed i Magistrati.
Costoro spesso si comportano
come quel motociclista pazzo che vedendo due fari procedere in parallelo (era un'auto) scommise che sarebbe riuscito a passare indenne fra quelle due moto che procedevano in parallelo. Dopo l'inevitabile scontro, invece di rendersi conto dell'errore commesso, inveisce contro il motociclista che andava senza luce.
In alcune sentenze, soprattuto di appello e cassazione, si nota più la voglia di giustificare che quella di capire e motivare giacchè l'imperativo categorico è quello di limitare il contenziso. A prescindere...

Anonimo ha detto...

Rodja ha perfettamente ragione.

Non ho MAI ho visto un magistrato correggere, pur avendone la possibilità, una propria valutazione, se non ... gli errori materiali!

Chi avesse notizia del contrario, potrebbe farcelo sapere.

Anonimo ha detto...

prima ci hanno imposto di non poterci difendere da soli poi hanno varato tante ma così tante leggi, codici, articoli, commi, capoversi etc etc da far si di non essere difesi neanche dagli avvocati!
b

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Confesso di aver letto con il respiro sospeso l'intervento del dr. Maddalena (che ho conosciuto anni fa - correvano gli anni 1981-1982-1983 - quand'era G.I. a Torino ed io direttore delle carceri di Alessandria) e la replica de dr. Lima, del quale ho apprezzato e condiviso la difesa dell'ottimo magistrato Luigi De Magistris.
Un botta e risposta coi fiocchì, per me una vera delizia, di fronte al quale non posso che inchinarmi e non azzardare nemmemo un commento.
Però una domandina piccola piccola mi sentirei di porla al dr. Lima: da che cosa deduce che la presentazione del ricorso da parte del prof. avv. Gozzi nel termine di 45 giorni sia stata una 'decisione' e non, come a me pare, una 'svista' clamorosa quanto si vuole ma una svista.
Però anche in questo caso non può non pensarsi che si sia trattato di un caso di cattiva difesa.
Clamorosissimo perchè era l'ultima spiaggia per Luigi de Magistris per dimostrare la correttezza (della quale sono convinto) del proprio operato.
Grato se il giudice Lima vorrà dare una risposta alla mia modesta domanda.
Luigi Morsello

Anonimo ha detto...

Per Luigi Morsello.

Gentilissimo dr Morsello,

io non ho notizie su come sono andate le cose.

Ciò che ho scritto lo traggo dai dati obiettivi a disposizione di tutti.

Il ricorso è stato presentato al 43° giorno.

Fosse stato al 31° si sarebbe potuto pensare a un errore di calcolo del termine di trenta giorni.

Presentato al 43° è più verosimile che l'avvocato ritenesse di avere a disposizione 45 giorni.

In ogni caso, come Lei ha osservato correttamente, il "risultato" non cambia.

Depositare l'impugnazione tempestivamente è uno dei doveri del professionista e costituisce colpa professionale sia l'errore di diritto sulla lunghezza del termine a disposizione, sia quello di fatto che Lei definisce efficacemente come una "vista".

Un cordiale saluto.

Felice Lima

Anonimo ha detto...

Ai due avvocati delle 16.29 e delle 17.09 vorrei dire che la difficoltà ad autocorregersi non è legato alla professione, ma a una "forma mentis".

Io da giudice civile mi sono corretto diverse volte con provvedimenti "ad hoc" (sempre che i precedenti potessero essere da me revocati).
Così come qualche mese ho direttamente chiesto scusa in pubblica udienza penale quando mi sono accorto di aver mal valutato un calcolo di pena riguardante iun rito alternativo -precisamente un "patteggiamento"- proposto da P.M. e difesa (ovviamente potevo ancora modificare il mio provvedimento, non avendo letto il dispositivo di sentenza).

La cosa non mi è costata molto perchè, alla fine, vale di più un apprezzamento serio per l'onestà intellettuale dimostrata che essere oggetto di qualche pratica puramente adulatoria.

Devo dire però che le ultime parole di Rodja mi sembrano un po' forzate...specie se omette di riferire che la quantità del contenzioso di secondo e terzo gradi di giudizio ha fra le sue variabili anche quella delle impugnazioni palesemente infondate, e per il cui abuso la sanzione processuale è sostanzialmente inesistente.

Per ultimo desidero precisare che il dialogo telematico fra i colleghi Maddalena e Lima mi è sembrato importante, anche al di là del suo concreto contenuto giuridico.
E questo perchè esso mi è parso paradigmatico di un metodo dialogico corretto, circostanza sempre più rara negli usuali circuiti comunicativi.
D'altra parte io sono da tempo convinto (come penso sappia anche Felice Lima) che l'esigenza di una conoscenza "altra", rispetto a quella che oggi viene imposta dai media tradizionali, deve prevedere anche forme, modalità e strumenti di comunicazione diversi e nuovi.
La finalità è quella di riprendere un contatto con i cittadini che risulti più agile dal punto di vista relazionale e più completo rispetto alla complessità di questioni nodali che riguardano la vita democratica delle persone.

Naturalmente, come insegna Bobbio, nella storia del pensiero nulla è mai completamente nuovo come nulla è del tutto perento.
Si tratta, quindi, di recuperare i criteri metodologici forgiatisi nella Storia degli uomini, di diffidare da quelli legati solo al momento e solitamente imposti dall'interesse specifico di pochi, e di canalizzarli in spazi informativi non contaminati dalle mediocrità (se non dalla malafede) dilaganti nel nostro Paese.
Francesco Messina

Anonimo ha detto...

Dopo l'intervento completo sotto ogni profilo del Dott. Lima non rimane molto da dire.

Semplificando però segnalo che una delle regole basilari che si insegnano da subito ai praticanti è che nel dubbio bisogna comunque rispettare il termine più breve, in qualsiasi deposito di atti giudiziari, sono le basi della professione forense.
Come ben riportato dal Dott. Lima, il ricorso è stato depositato il 43° giorno, nella convinzione di essere nei termini dei 45 giorni, non credo ci sia altro da aggiungere a riguardo della colpa professionale già riportata dal Dott. Lima, se non perplessità poi riguardo allo svolgimento gratuito della difesa da parte del prof. Lozzi.

Rodja ha detto...

Dott. Messina,
la questione non è il singolo Magistrato, ma la massa.
Si. Proprio la "massa". La percezione visiva umana normalmente non si alza ai picchi nè cade sugli abissi, ma vede innanzi a sè ed al suo livello.
Ed a livello terreno e quotidiano troviamo sentenze prive di ogni logica ma che vengono confermate in secondo grado ed in Cassazione per dimostrare "statisticamente" l'inutilità dell'impugnazioni.
E ciò può tranquillamente passare inosservato, basti che i Giudici dell'impugnazione usino l'accortezza di dar conto nello svolgimento dei fatti di quei "soli" fatti che siano teleologicamnte funzionali alle tesi da loro prospettate in motivazione per modo che il lettore, non parte in causa, non percepisca alcuna discrasia fra i presupposti fattuali ed i predicati giuridizionali.

Anonimo ha detto...

Per Francesco Messina.

Carissimo Francesco,

altro che se conosco il Tuo pensiero in materia di comunicazione.

Sappi che le cose che hai scritto sulla mailing list di MD a proposito delle differenze fra la comunicazione "classica", affidata alle riviste, e il confronto telematico le considero tra le più interessanti che ho letto sul punto.

Ho sempre letto le Tue analisi e i Tuoi interventi con grandissimo interesse, perchè in molte occasioni mi hanno aperto orizzonti importanti.

Condivido il Tuo pensiero sulla importanza di adeguarsi alle nuove esigenze della comunicazione distinguendo l'essenziale dal circostanziale (scusa la sintesi un po' rozza del Tuo pensiero).

Temo che a tanti riesca difficile per due ordini di considerazioni.

Il primo è un istintivo conservatorismo che porta in genere a guardare con sospetto tutto ciò che è "nuovo".

C'è ancora chi si lamenta del fatto che la posta elettronica ci ha disabituati alle lettere scritte a penna.

E' vero che hanno un fascino speciale e, dunque, se vuoi parlare d'amore alla donna del tuo cuore la carta di Fabbriano e la penna stilografica sono gli strumenti perfetti. Ma davvero si può pensare che potremmo fare a meno della posta elettronica e tornare alle biro?

Il secondo riguarda il fatto che la comunicazione è potere e nuovi strumenti di comunicazione comportano modifiche degli equilibri del potere a cui ci si è abituati e nei cui schemi ci si è rassicurantemente collocati.

A tutto questo si sovrappone il fatto che perchè ci sia vera comunicazione è indispensabile accettare di mettersi in gioco.

E tantissimi non sono affatto disponibili a questo.

Grazie, Francesco, dei Tuoi preziosi contributi, qui e altrove.

Un abbraccio.

Felice

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Grazie per la sua gentile risposta, dr. Lima, concordo totalmente con le sue valutazioni, non sapevo della presentazione il 43° giorno, altrimenti non avrei fatto la domanda.
Buon lavoro da un pensionato dell'Amministrazione penitenziaria.

Anonimo ha detto...

Scrivo a Gramellini (su tennis e silezio, "I gestacci bianchi")"Noi difensori ossessivi del Silenzio,...")---

Proprio come l'8 % dei laureati, non sono riuscito a capire per elaborare un pensiero in merito; sarà perché non mi sono ancora ripreso dopo aver letto., stanotte, le lenzuolate dei dott. Maddalena-Lima ... su ragionamenti (dirimenti o...?) giuridici messi nero su "bianco" (sa, quanto si parla di toghe...): un mathc dove si evinge il vano tentativo del(la) Maddalena di limare la "lama tagliente" di(ella) Lima (attento Gram... alla concorrenza...) per meglio affilarla?: infatti...!-----
Scive il dottor Lima: "Tu, infatti, affermi di considerare «il silenzio d’oro». Io penso, al contrario, che in questi tempi parlare e testimoniare sia un dovere morale e civile".----E quindi, data l'occasione non era il caso di ricordare (visto che poi è caduto il silenzio totale) la polemica innescata 7 mesi fa dal dottor Maddalena con quella famosa e provocatoria circolare, dal sapore di un'amnistia mascherata, che invitava i sostituti ad "archiviare i processi a rischio indulto"? (diritto vivente?) Giudicata dal consigliere Csm dottor Fabio Roia "scelta legittima ma pericolosa", perché "lesiva al principio dell'obbligo dell'azione penale" (diritto astratto?). Con doverosa stima, Mauro C.

tanino ferri ha detto...

Dr. Lima,
ove Lei creda potrà censurare anche questo intervento: sia perché fa parte delle regole del gioco, sia perché ho troppa stima in Lei per sentirmene offeso.
Volevo solo dire che il Suo ragionamento fila, è, come si suol dire 'lapalissiano'.
LAPALISSIANO non per me, non saprei farlo tutto solo, ma sono convinto che un qualunque magistrato dalle normali capacità poteva benissimo percorrere quel sentiero da solo. Allora mi chiedo, perché si è scelta una strada diversa?
Perché qualcuno è accorso in difesa di una Casta.
Ed ora, io credo che le difese delle caste, qualunque esse siano, a prescindere, non sia cosa buona.
Con immutata stima
tanino ferri

Gennaro Giugliano ha detto...

dott lima la sua disamina non fa una piega,piuttosto avrei semplificato e sintetizzato verso il suo collega dicendogli di informarsi prima su cosa sia un blog di natura pubblica,aperto al pubblico,ed in certi casi ( anche se non approvo) recante una riservatezza verso gli utenti che mantengono l'anonimato. Sinceramente tutto questo formalismo e risposta cosi dettagliata ( manco ci trovassimo in un tribunale) ne avrei fatto a meno non per mancanza di rispetto verso l'interlocutore ma solo se non si comprendono determinati meccanismi innovati di comunicazione ci si perde in una specie di burocrazia dei contenuti della quale sicuramente il suo collega ci si ritrova bene. Cordialità e come sempre buon lavoro a tutta la redazione

Anonimo ha detto...

Gentile Luigi,
considerato il mal funzionamento dell'Amministrazione penitenziaria, t'invitiamo a ritornare in servizio!
b

Anonimo ha detto...

L'intervento del procuratore Maddalena è a mio parere importantissimo, perchè fuga qualsiasi dubbio sull'eventualità di una scelta concordata tra De Magistris e il suo avvocato per evitare di sottoporsi al giudizio.

A dire il vero una tale ipotesi a me appariva irragionevole perchè non riesco ad immaginare come un avvocato di altissimo livello professionale possa esporre se stesso ad una figuraccia per
sottrarre al giudizio il proprio assistito.

Penso che se Luigi De Magistris avesse voluto adottare una tale strategia (per insicurezza? per stanchezza? per convenienza?) non avrebbe scelto uno dei migliori avvocati, quale è il prof. Lozzi.

Che Luigi De Magistris avesse potuto piegare la schiena, scegliendo una scorciatoia, lo ritenevo, inoltre, lontano mille miglia dall'idea che mi sono fatto dell'uomo. Ma questo è un mio personale e profondo convincimento.

Non vi è dubbio invece che le parole del dott. Maddalena, proprio per la sua autorovolezza e per la stima ed amicizia che egli nutre nei confronti del prof. Lozzi, confermino l'ipotesi della scelta ragionata sui termini del ricorso (rivelatasi purtroppo errata).

Grazie quindi al dott. Maddalena per il suo intervento (si vede che piano piano il blog sta facendo breccia anche nelle coscienze di quei magistrati onesti e competenti, convinti però della regola"il silenzio è d'oro).

Penso, tuttavia, che a questo punto egli abbia il dovere oltre che il diritto dell'ultima parola e, qualora egli fosse davvero convinto delle sue tesi giuridiche di indicare e sostenere un percorso di giustizia (se possibile).

Perchè qui c'è in gioco l'onorabilità e la professionalità del prof. Lozzi (che nessuno ha messo in discussione), ma, non dimentichiamocelo, c'è in gioco l'onorabilità e la professionalità di Luigi De Magistris, che in tanti hanno messo in discussione: magistrati, avvocati, politici, giornalisti ed inquisiti.

Non è in gioco invece la Speranza con la maiuscola, quella che si alimenta delle testimonianze di uomini come Luigi De Magistris, ma anche della pulizia di pensiero e dell'onestà che traspare dal senso e dal tono dell'intervento del dott. Maddalena (ora che ha rotto il muro, non si rintani più nel silenzio).

Grazie infine al dott. Lima per la sua risposta, molto tecnica e,come sempre, molto carica di umanità.

Rosario Gigliotti

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

O.T.: @ b, commento 6/9 ore 10.18.
Grazie per l'invito, ma vorrei capire come fa a sapere che l'Amministrazione penitenziaria va male.
Inoltre, ha usato il 'plurale majestatis' oppure parla a nome di un gruppo?
In ogni caso, accogliere volentieri l'invito, ma non posso: ho 70 anni, in pensione dal 67° anno di età. Capito ?

Anonimo ha detto...

Non sono un addetto ai lavori ma solo laureato in giurisprudenza; ho letto con ammirazione sia il commento del Dr. Maddalena che la replica del Dr. Lima ed ho potuto constatare la loro vasta cultura umanistica citando l'uno brani latini a memoria, l'altro ricordando il Plinio giovane; tutto bene, anzi benissimo se non ci fosse stato quel clamoroso errore di calcolo per il deposito del ricorso da parte di un altro illustre, il Prof. Lozzi! La morale? Il povero De Magistris è rimasto fregato perchè, come diceva qualcuno: Summo ius summa iniuria!!! (l'ho scritto bene?). Cordialità.

Anonimo ha detto...

Caro Luigi,
l'invito derivava dalla circostanza che Lei mi sembra una persona veramente a modo.
Non vorrei essermi sbagliato: secondo Lei una Amministrazione penitenziaria che disattende quasi in toto il dettato costituzionale con riferimento al carattere che deve contraddistinguere la pena, è una Amministrazione efficiente?
Per quanto riguarda le domande che mi rivolge, sono direttamente interessato e l'invito deriva da una infinità di vittime che vengono vezzeggiate all'interno delle carceri italiane.
Grazie

Anonimo ha detto...

Forse in questo discorso torna un argomento su cui ho già scritto qui nel blog, anche se mi ero espressa in maniera alquanto goffa (perdonatemi ma io sono fuori dai giochi, non sono né avvocato né magistrato né niente!):
io parlavo di cavilli legali da eliminare perché spesso sono quelli che permettono di condannare innocenti (vedi De Magistris, anche se è in sede disciplinare ma vale lo stesso per altri casi in sede penale, immagino), ma soprattutto sono di solito quelli che permettono di mandare "fuori" i colpevoli ("fuori" è un termine errato, ne sono sicura, ma non so come intendere che non vengono puniti o non vengono puniti nella misura che sarebbe giusta per il reato che hanno commesso, non so se si dica "assolti" o ci siano altri termini più appropriati. Per il secondo dei due casi prospettati faccio l'esempio di Al Capone che è stato condannato per vicende fiscali -anche se non lo so immagino che abbia ricevuto una pena minore di quella che avrebbe ricevuto se fosse stato condannato per ciò che effettivamente era e faceva, ma ci sono sicuramente esempi più vicini a noi).

Come ha giustamente rilevato il signor "b" pochi commenti più in alto "prima ci hanno imposto di non poterci difendere da soli poi hanno varato tante ma così tante leggi, codici, articoli, commi, capoversi etc etc da far si di non essere difesi neanche dagli avvocati!"
Non ricordo più quante sono ma so che siamo uno dei paesi con più leggi al mondo, e per uno che voglia capirne qualcuna senza essere "del mestiere" è impossibile addentrarsi (tra rimandi ad altre innumerevoli leggi, abrogazioni e altro).
I cavilli, mi è stato risposto l'altra volta (più o meno), non sono altro che le garanzie che dobbiamo a tutti, altrimenti il giudice non rispetta più la legge ma il proprio libero arbitrio.
D'accordo.
Ma allora una soluzione non potrebbe essere quella di (ri-)scrivere le leggi in maniera "comprensibile"?
E' stato più volte detto che il confrontarsi solo fra pari con il linguaggio di vostra competenza vi ha condotto a costituire un'élite che oggi vi fa solo male, ma allora -per quanto consapevole del fatto che nel diritto la forma è più che mai sostanza- perché non vengono pubblicate "raccolte di leggi" prive di rimandi, ordinate, in cui il rimando viene sostituito dall'espressa citazione... perché non vengono eliminate un po' di leggi inutili e vecchie (saranno mica tutte necessarie quelle che abbiamo, se tanti paesi più civili di noi ne usano molte meno?), perché nel momento in cui riformula una legge il legislatore non elimina quella riformata, inglobandola in quella nuova?
Perché per difenderci a norma servono dei professionisti (sacrosanto, non si può semplificare tutto) ma per capire qualcosa dell'ordinamento italiano non basta comunque saper leggere???

Scusate per l'eccessiva semplificazione, datemi pure indirizzi più corretti, ma penso che uno dei tanti problemi di comunicazione di cui si parla si gioca anche qui.

Silvia.

ps: a proposito della mia ignoranza chiedo una cortesia a tutti gli utenti del blog e alla redazione: non è che potreste mettere la traduzione tra parentesi di tutte le citazioni in latino che fate? Io non lo conosco, non l'ho mai studiato, ed anche se mi piacerebbe (prima o poi troverò il tempo pure per questo) nel frattempo mi perdo sempre delle parti di discorso che invece potrei anche usare per formarmi ulteriormente... grazie fin d'ora a chi vorrà accordarmelo.

Silvio Liotta ha detto...

Bene! dal confronto di questo post si evince che il blog ha una funzione non banale, fa sorgere in capo alle persone il “dovere morale …..di manifestare” cose scomode anche per se stessi. Ma anche se scomode, anche se si condivide, da un certo punto di vista, la sorte di una interpretazione giuridica soccombente di fronte al giudice (Cassazione), i fatti e le opinioni vengono “manifestati” comunque, in quanto il blog suscita un “dovere morale”………quanto meno di confronto, per la maggiore comprensione di fatti controversi.

Ed io che pensavo si facesse un po’ di chiacchiericcio tra anonimi. Forse ha ragione Felice Lima quando dice “che i fatti gli hanno dato ragione”, sulla funzione di confronto che il blog svolge tra cittadini e magistrati in relazione all’interpretazione di fatti giuridici, e più in generale, inevitabilmente sociali. Io penso che i fatti gli abbiano dato più ragione di quanto egli potesse pensare.

Si fa ospite chez nous, onorandoci davvero grandemente, il Procuratore della Repubblica di Torino Dott. Maddalena. Che voglio ringraziare di cuore per averci dato l’opportunità di apprezzare le sue valutazioni tecniche e di averci messo a parte di sue opinioni su un particolare aspetto della travagliata vicenda del Sostituto Procuratore della Repubblica di Catanzaro De Magistris, e anche su di noi in quanto frequentatori di “questi diabolici strumenti” (immemori, noi, di quanto possa essere d’oro il silenzio).

Sulla questione dibattuta nel presente post, penso che solo marginalmente sia importante la difesa dell’onorabilità di Lozzi, dei membri della Cassazione che si sono occupati della questione o di De Magistris. Ciò che a mio avviso dovrebbe interessare è la ricostruzione delle responsabilità per ciascuno degli attori richiamati. Non una responsabilità caratterizzata da colpa, una responsabilità misurata dalla maggiore o minore influenza esercitata sui fatti dagli attori.

Certo avere un quadro chiaro delle responsabilità degli attori e dell’influenza che essi hanno esercitato sugli accadimenti, se proprio lo vogliamo ritenere un evento possibile, dobbiamo considerarlo altamente improbabile, soprattutto nel breve periodo. Ma ciò non ci esime dal tentativo di comprendere i fatti e di confrontare le differenti interpretazioni che di essi si danno. Come avvenuto magistralmente nel presente post, attraverso la discussione tra i due magistrati.

Io personalmente cerco di dare il mio piccolo contributo alla ricostruzione dei fatti, sperando che esso sia utile a qualcosa. Innanzitutto propongo all’attenzione dei lettori la tempistica del caso “ricorso De Magistris” (purtroppo ogni questione che riguarda Luigi De Magistris, prima o poi inevitabilmente diventa un caso). E poi mi pongo delle domande, forse banali, ma che mi tormentano. Sperando che qualcuno allevi i miei tormenti notturni.

Ipotesi di tempistica:

- avvio del procedimento disciplinare nei confronti di De Magistris: 14 dicembre del 2007
- pronuncia del dispositivo da parte del CSM: 18 gennaio 2008;
- deposito della motivazione da parte del CSM: 19 febbraio 2008;
- notifica della sentenza al difensore (avv. Lozzi): 20 febbraio 2008;
- notifica della sentenza all’incolpato Dr. De Magistris): 28 febbraio 2008;
- presentazione del ricorso di De Magistris avverso sentenza CSM: 11 aprile 2008
- presentazione ricorso Ministero: 2 marzo 2008.

Deduzioni basate sulla tempistica:

Si desume che il procedimento disciplinare contro De Magistris ha avuto una durata di 36 giorni, concludendosi il 18 gennaio giorno della pronunzia della sentenza in udienza. E qui mi chiedo: è possibile che una questione disciplinare che si svolge in così poco tempo possa essere interpretata come “complessa”?

Il 19 febbraio, 32 giorni dopo la pronuncia della sentenza, il CSM deposita la motivazione, “sforando” di 2 giorni, in riferimento all’art. 19 del D.Lgs 109/2006 (che prescrive – come ben riassuntoci da Vittorio Ferraro - il termine dei 30 giorni per il deposito della sentenza in ordine alle procedure disciplinari).

Facendo data dal 28 febbraio, giorno in cui si comunica l’avvenuto deposito della motivazione all’incolpato, trascorrono 43 giorni prima della proposizione del ricorso in Cassazione. Infatti l’avv. Lozzi propone il ricorso in data 11 aprile 2008.

Trasmettendo il ricorso il 2 marzo 2008, anche il Ministero incorre nell’inammissibilità, sforando il termine di 30 giorni stabilito posteriormente dalla sentenza delle Sezioni Unite Civile della Cassazione. Nel caso del Ministero il problema è: da quando decorre il termine dei trenta giorni? Considerato che il 2 marzo, giorno di trasmissione del ricorso, il termine è già scaduto, non si può che dedurre che il termine decorre dal 18 gennaio, data di pronunzia della sentenza. Allora ci si chiede: perché per il Ministero l’inizio della decorrenza dei termini fa data dal 18 gennaio, mentre per l’incolpato il termine decorre dalla comunicazione (28 febbraio) del deposito della sentenza? Purtroppo non ho le conoscenze tecniche per rispondermi.

Ma la domanda più importante è: su quali basi il Ministero desume il maggiore termine dei 45 giorni? Infatti è notorio che Lozzi, in quanto il CSM disattende il termine dei 30 giorni previsto dalla normativa relativa al deposito della sentenza disciplinare sforando come visto di 2 giorni, ritiene di avere a disposizione il termine di 45 giorni come previsto dal cpp art. 585 c.1° lett. c (anche se non vi è alcuna norma esplicita che corrobori ciò che non possiamo non considerare come una supposizione, e mi sembra troppo imprudente affidarsi ad una supposizione su un caso di così grande delicatezza). Non riesco tuttavia a capire, evidentemente per carenze tecniche, perché il Ministro ritenga di avere 45 giorni se il termine per la proposizione del proprio ricorso decorre da una data precedente al deposito della motivazione (anche lui è stato “depistato” dal chiacchiericcio nei corridoi del CSM o della cassazione?). Il ministero infatti può pensare di avere a propria disposizione il maggiore termine di 45 giorni solo dopo la deposizione della motivazione della sentenza del CSM, che disattende di 2 giorni la previsione normativa. Ma il termine per la presentazione del ricorso del Ministero si conclude prima della deposizione della sentenza del CSM. Come si può allora pensare di avere il maggiore termine? Questa questione non riesco a comprenderla con le sole mie forze.

Infine due considerazioni personali.

Vorrei avvertire sul fatto che occorre stare molto attenti a disattendere il proverbio “il silenzio è d’oro” quando ci si trova nei palazzi governativi (Ministero) o nei corridoi delle istituzioni giudiziarie (CSM, Cassazione); lì il chiacchiericcio produce effetti che potrebbero risultare infine molto spiacevoli (come abbiamo visto).

Concludendo sul caso specifico del ricorso, mi sembra chiaro che la fattispecie concreta non trovi riscontro in alcuna fattispecie astratta, talchè la Cassazione ricorre allo strumento dell’analogia per decidere sulla questione, individuando peraltro come ordinario il termine dei 30 giorni attraverso un ragionamento che sembra vada per esclusione. Ritengo per questo non si chieda troppo se si chiede “una piccola norma di interpretazione autentica………..“. Penso ci si limiti a chiedere il giusto.

Ringrazio i due Magistrati (in particolare il dr. Maddalena per la sua partecipazione, con la speranza di poter leggere ancora le sue interessanti considerazioni), che ci hanno voluto rendere partecipi del loro dialogo.

Un saluto a tutti
Silvio

Vincenzo Scavello ha detto...

Grazie Dott. Lima!

Quello che conta, alla fine, sono i risultati!

Com'è finita la partita?

I detrattori di De Magistris avevano annunciato la fine che gli avebbero fatto fare. Ci sono ampiamente riusciti e adesso se la godono occupando posti di prestigio che il Dott. Lima e il Dott. Maddalena possono solo sognare.

Il caso De Magistris è una ferita inferta alla verità: quella che sottende al mancato sviluppo della Calabria, alla distrazione di Fondi Comunitari, ai comitati d'affari e alle Società più o meno Segrete che, inevitabilmente, ritroviamo, SEMPRE, nelle grandi inchieste messe in campo da grandissimi Magistrati!

Il silenzio è d'oro? DIO NON VOGLIA, MAI!

Il silenzio è dei PAVIDI!

Parlare, invece, di fatti CALABRESI, richiede molto CORAGGIO!

Grazie a quanti, a diverso titolo, con opinioni diverse, hanno difeso e continuano a difendere il Dott. Luigi De Magistris.

Grazie, soprattutto, a questo Blog, che raramente censura e quando lo fa è solo per tutela dei suoi iscritti; è successo anche a me e sono grato del gesto.

Il Silenzio, mi perdoni Dott. Maddalena, non è mai d'oro, specialmente in una terra come la mia, dove la Ndrangheta è diventata una delle Holding finanziarie più potenti al mondo. Quì, da noi, non bisogna disturbare i manovratori e chi lo fa, soltanto con la parola, viene zittito! E' di una disarmante evidenza constatare cosa succede a chi lo fa con le inchieste!

Un abbraccio

p.s. Il Dott. De Magistris poteva scegliere di fare una luminosa carriera, di garantirsi un futuro sereno lontano dai clamori mediatici, frequentando i salotti buoni della "buona" società. Gli sarebbe bastato "soltanto" volgere altrove lo sguardo, turarsi il naso e la bocca, tapparsi le orecchie.
Non lo ha fatto, ricordandosi di essere un Magistrato e, per questo, gli serbiamo incondizionata gratitudine.

ppss: Mi correggo: Il Silenzio è d'oro quasi sempre, tranne quando si calpestano i DIRITTI e la VERITA'! In quel caso, URLARE, diventa un imperativo categorico per ogni uomo LIBERO e ONESTO!

tanino ferri ha detto...

Silvia,
Lei è così dolce, semplice... simpatica.
Ma è vera?

Anonimo ha detto...

Leggendo l’ultimo intervento del Procuratore Maddalena colpisce molto che, in un certo senso, si miri neanche troppo velatamente a screditare l’attività di informazione e di confronto democratico che attraverso questo (ed altri) blog (e più in generale attraverso la rete) viene portata avanti, fino ad arrivare a parlare addirittura di chiacchiericcio. Questo si desume dal fatto che si poteva dire: non sono d’accordo con le idee che avete espresso, o che Tizio o Caio hanno espresso, ma apprezzo molto il lavoro che fate, di informare, di aprire un dibattito su temi di pubblico interesse. Invece si dice: non sono d’accordo su ciò che si è detto e, francamente, era meglio se stavate zitti tutti quanti, perché il silenzio è d’oro ed è meglio che i panni sporchi si lavino in famiglia. Tra l’altro, a quanto sembra, i panni sporchi del caso De Magistris non sono stati lavati neanche in famiglia, dato che sembra che un silenzio di tomba abbia avvolto la questione anche negli ambienti degli addetti ai lavori.

Tornando a noi… sembra proprio che non sia apprezzato che dei magistrati possano rompere una becera solidarietà di casta, aprirsi al dialogo e alla critica, a mettere in discussione certi equilibri. E sembra che non sia apprezzato il fatto che “il popolino” possa discutere di simili argomenti.
E invece guarda un po’, grazie a questi diabolici strumenti, “il popolino” non solo riesce a informarsi adeguatamente su diverse questioni molto rilevanti, ma a volte (addirittura!!) riesce a farsi un’idea propria e ad esprimerla. Certo, questo può essere un rischio, a volte si può sbagliare, ma i cittadini ( e non il popolino) hanno il diritto-dovere di farlo nei limiti della legalità e dell’educazione ovviamente.

Ora, il fatto che si preferisca il silenzio, vuol dire che l’opinione dei cittadini non interessa e dà fastidio, e perciò si vuole credere o far credere che determinate questioni siano meramente tecniche e come tali vadano affrontate solo dagli addetti ai lavori, mentre si omette che in realtà, queste questioni sono di interesse di TUTTI i cittadini (in una democrazia) anche perchè hanno un impatto diretto sulla vita di ciascuno, in qualche modo.

Se non avessimo una serie di strumenti comunicativi nuovi, probabilmente non sapremmo un sacco di cose, non avremmo avuto accesso a diversi documenti di pubblico interesse e una serie di fatti molto gravi accadrebbero lontano dagli occhi dei cittadini. I diabolici strumenti, ci permettono di conoscere quello che ci si vuole tener nascosto.

Quali sono i motivi di opportunità che dovrebbero indurre al silenzio su queste questioni? A chi giova un certo silenzio? Agli interessi di chi?

Dico infine che non occorre essere giurisperiti per accorgersi di certe cose, per capire quello che succede, per pretendere che la legge sia uguale per tutti. Anzi, che persone “non del mestiere” partecipino con tanto interesse a questo blog, ed anche ad altri che affrontano diversi argomenti, la deve dire lunga sulla sete di informazione e di partecipazione che c’è e sulle infinite possibilità che derivano dall’uso responsabile di nuovi strumenti di comunicazione.

salvatore d'urso ha detto...

Son tornato...

Bellissimo l'articolo...

Sarò brevissimo... quoto la risposta di F. Lima... ed in particolare questo passaggio:

"Vedi, Marcello, questa è la conseguenza del tacere fin quando non vengono coinvolti i nostri amici. Io, quando tutta questa storia è cominciata Luigi De Magistris neanche lo conoscevo (oggi lo conosco e gli sono amico). Ne ho difeso l’onore non perché fosse mio amico, ma perché ho questa forse errata convinzione che il criterio di scelta delle cause da difendere non debba essere quello dell’amicizia, ma quello della oggettiva giustezza."

Credo sia fondamentale... ed è uno dei motivi fondamentali che impediscono alla giustizia di funzionare...

Condivido anche il richiamo al Vangelo dove il buon Gesù ha scelto degli umili affinchè predichino il suo verbo...

In una democrazia rappresentativa... il potere spetta al popolo... che lo delega a coloro che si propongono di rappresentare il popolo tramite elezioni democratiche... il popolo per eleggere dei buoni rappresentanti deve essere ben informato e libero da costrizioni di vario genere... (sociali, economiche, clientelari, ecc...)

Con la vicenda di De Magistris... che fine hanno fatto tutti i famosi garantisti?... E' chiaro a tutti... che il dott. De Magistris è innocente dalle accuse per le quali è stato ingiustamente sanzionato... e che per colpa di un ritardo di un ricorso questo debba comunque essere pesantemente sanzionato... il CSM ha il potere di riesaminare il caso se sussistono dubbi sulla colpevolezza di un magistrato... e nel caso di De Magistris neanche la stampa ha dato rilievo a tali errori e soprattutto a riportare realmente i fatti che hanno portato alla sua condanna...

Il silenzio è d'oro... lo pensano anche i mafiosi... e gli effetti si son visti... io dovrei forse restare in silenzio?... un magistrato dovrebbe forse rimanere in silenzio?... un politico dovrebbe forse rimanere in silenzio?... e chi dovrebbe parlare?... Con quale criterio si decide chi ha diritto di parola... e forse anche di pensiero... e chi no?...

La democrazia... è così difficile capire davvero cosa significa?... per noi italiani... forse... o meglio, per alcuni italiani... a quelli a cui piace dare delle sfumature liberticide per tutelare la coservazione della loro piccola o grande quota di potere...

Ma... il potere... deve essere di tutti... e di nessuno...

1, 10, 100, 1000 Luigi... x un'Italia migliore...

Grazie ancora... anche a tutti coloro che hanno sete di verità... di giustizia... di democrazia...

Anonimo ha detto...

"Il silenzio è d'oro" ed io mi ostino a non volerlo rispettare!
il fatto è che non so stare senza comprare il Corriere così poco fa mi ha assalito un attacco di scrittura:
Gentile De Luca,
il coraggio è una prerogativa dei giovani (non certo di alcuni giornalisti del Corriere della Sera)! Forse perché, ancora, incoscienti rispetto ai genitori!
Così è successo, ci da notizia il Corriere della Sera in prima pagina, che a Catania alcuni genitori hanno imposto ai loro figli che frequentano scuole di ballo di non partecipare alla ballata antimafia in programma al Teatro Bellini. Apriti cielo, il presidente della Provincia, della Regione etc etc hanno gridato subito allo scandalo: “è stato un atto di codardia da parte dei genitori”. Persino Carla Fracci, famosa ballerina, è stata intervistata per dire la sua rivolgendosi ai ragazzi: “il ballo è libertà, non fatevi incatenare”. Che dire! Innanzi tutto c'è da chiedersi, ma che coraggio ci vuole a ballare e parlare contro la mafia? Lo fanno tutti! Piuttosto, ci vorrebbe coraggio, qui si, veramente, a fare una ballata contro Schifani, Dell'Utri, Cuffaro tanto per rimanere in Sicilia. Perché dico questo? Alcuni giorni fa il Presidente Berlusconi ha detto di ispirarsi a Falcone nel suo programma di riforma della giustizia. Sarebbe stato, forse, utile ricordare, anche, che il “fratello gemello” di Falcone, Borsellino, così diceva in tema di lotta alla mafia: “C’è un equivoco di fondo. Si dice che il politico che ha avuto frequentazioni mafiose, se non viene giudicato colpevole dalla magistratura, è un uomo onesto. No! La magistratura può fare solo accertamenti di carattere giudiziale. Le istituzioni hanno il dovere di estromettere gli uomini politici vicini alla mafia, per essere oneste e apparire tali”.
Nello stesso occhiello della prima pagina di oggi del Corsera, un'altra notizia esempio di coraggio. Questa volta si da voce all'eroe antimafia, Saviano: “Al teatro di Mantova lo scrittore punta il dito contro i legali di Bidognetti e Iovine (quest'ultimi due camorristi) seduti tra il pubblico: «Pensate che io abbia paura?» Io non so chi siano questi due legali, ma se non saranno in grado, qualora non siano in organico alla camorra, di farsi valere, rispetto ad una accusa pubblica così infamante vuol proprio dire che questo Paese è fuori di senno, in tema di lotta alle mafie!
Con la solita stima bartolo iamonte.

"Uguale per tutti" ha detto...

Per Silvia (commento delle 9.11)

Carissima Silvia,

ha perfettamente ragione. Ci scusi.

Ciò che Lei suggerisce è doveroso. Mettere sempre le traduzioni delle cose scritte in lingue diverse dall’italiano.

Con riferimento alle due citazioni in latino contenute in questo post, la citazione del Procuratore Maddalena è tratta di Plinio Il Giovane.

A questo link si trova il brano dal quale è tratta e la traduzione.

Il testo latino corretto è «Sine auctore vero propositi libelli [in] nullo crimine locum habere debent. Nam et pessimi exempli nec nostri saeculi est».

La traduzione è: «Lettere anonime non vanno però prese in esame nei procedimenti legali: sono infatti un pessimo esempio e non sono proprie del nostro tempo».


La citazione di Felice Lima è una frase di Aristotele.

La traduzione è: «Mi è amico Platone ma mi è più amica la verità».

A questo link si trova la spiegazione del senso che a questa frase attribuiva Aristotele.

La Redazione

Anonimo ha detto...

Per la Readazine:
Se non fosse veramente che per quello che fate vi si debba perdonare tutto, ci sarebbe da domandarVi: ma dove eravate fin'ora?
Grazie.
b

Anonimo ha detto...

Complimenti. Indirettamente questo tipo di dibattito è una lezione, per i cittadini, di come ci si possa confrontare seriamente.

Al di là delle questioni tecniche desidererei fare due osservazioni.

La prima.
La pratica del diritto abitua ad affrontare in parte la complessità che spesso e volentieri si cela nella realtà. Perciò mi sorprende quando vengono enunciate massime in modo un po'assoluto (di solito poi un successivo dibattimento, fa meglio sceverare le diverse possibilità implicite nell'enunciato semplficatore). Tipo se il silenzio sia d'oro o meno. In realtà di cose di questo tipo non se ne può fare un precetto assoluto (come molti commentatori hanno anche rimarcato). A volte il silenzio è d'oro a volte no.
Dipende. E' una verità contestuale (come molte, la necessità dell'esistenza stessa della giurisprudenza ci insegna al riguardo).
L'altra considerazione che vorrei fare, connessa anche alla precedente, è quella a proposito del paralogismo che oggigiorno si pretende di far passare: che in assoluto il magistrato non debba avere né manifestare opinioni o idee, anche politiche (come se potesse mai essere un asettico robot). A differenza di un programma di intelligenza artificiale o di un calcolatore, la capacità di contestualizzazione, sensibilità e di interpretazione del mondo sono essenziali per poter giudicare giustamente e, se si hanno queste qualità, diventa forse impossibile come conseguenza, non avere poi delle opinioni o delle idee in generale.
E' solo che le opinioni o le idee che un magistrato può avere devono essere inderogabilmente subordinate a dei determinati metaprincipi: come ad esempio l'amore della verità e della giustizia e il principio che non si condanna mai una persona che è innocente secondo lo spirito del corpus di leggi vigente.
Fermo inderogabilmente quanto sopra, il magistrato può avere delle idee, eccome, e può anche manifestarle (ci mancherebbe che diventasse un cittadino di seconda classe e che non potesse apportare il suo contributo a migliorare la società che serve).
Il problema è che anche la politica dovrebbe avere tale imparzialità (ricercare il bene dei cittadini come scopo), mentre invece spesso politica vuol dire soltanto faziosità, parzialità ed opposizione, costi quel che costi ed usando mezzi un po' diversi dai fini e non un'opposizione legittima ed in buona fede,. Insomma, siamo in un paradosso: i magistrati avrebbero in teoria le qualità di imparzialità giuste per far della buona politica, ma ovviamente non possono farlo, se non a livello di opinioni, suggerimenti ed, al massimo, voto, per l'ovvia necessità della separazione dei poteri.
Sono i politici che non vedrei molto bene a fare i giudici (meno male che c'è la separazione dei poteri!).
Naturalmente stiamo parlando di sensazioni e verità valide al livello statistico (ci saranno pessimi magistrati ed ottimi politici, ma questo rientra nella variabilità umana)...
Concludendo, grazie ancora per l'esempio di civile e costruttivo confronto.

Cinzia ha detto...

http://www.canisciolti.info/articoli_dettaglio.php?id=15450

Mi permetto di consigliarVi la lettura di questo interessante articolo sul "caso Italia".

Quest'altro su come il "caso Italia" viene descritto all'estero

http://www.internazionale.it/home/primopiano.php?id=19360

E quest'ultimo che è scritto da un italiano che ci guarda da fuori

http://www.internazionale.it/home/primopiano.php?id=19797

E' bello poter vedere che tutte
le sfaccettature di uno stesso problema sono così assimilabili una all'altra da creare un'unica articolata e disastrosa analisi.

La consolazione che danno certe soddisfazioni non te la ripaga nessuno, altro che ori alle olimpiadi...

Saluti a tutti

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Anonimo ha detto...
"Caro Luigi,
l'invito derivava dalla circostanza che Lei mi sembra una persona veramente a modo.
Non vorrei essermi sbagliato: secondo Lei una Amministrazione penitenziaria che disattende quasi in toto il dettato costituzionale con riferimento al carattere che deve contraddistinguere la pena, è una Amministrazione efficiente?
Per quanto riguarda le domande che mi rivolge, sono direttamente interessato e l'invito deriva da una infinità di vittime che vengono vezzeggiate all'interno delle carceri italiane.
Grazie
7 settembre 2008 23.45"
Rispondo: Caro b,
non so dire se io mi giudico una persona a modo, non sta a me dirlo.
Certo è che sono una persona competente, avendo diretto carceri per 40 anni.
Capisco che Lei è 'direttamente interessato', ma non capisco perché.
Ha diretto carceri ? E' stato in galera ?
Non se Lei se n'è reso conto, ma scrivere " l'invito deriva da una infinità di vittime che vengono vezzeggiate all'interno delle carceri italiane" lo sa che è un ossimoro ?
Concludo.
Va bene conservare l'anonimato ma io non l'ho fatto nè lo farò mai.
Lei perchè resta anonimo, limitandosi a tranciare giudizi come il seguente " Per la Readazine:
Se non fosse veramente che per quello che fate vi si debba perdonare tutto, ci sarebbe da domandarVi: ma dove eravate fin'ora?
Grazie.
b
8 settembre 2008 22.45" ?.
Per contro io sono molto contento di avere trovato questo sito, nel quale si scrivono interventi estremammente interessanti.
Sono quasi intimorito nel constatare quanta cultura vi è in esso e quanta ed altrettanto non v'è in me.
Quanto alla Sua domanda, suggerisco di rivolgerla più alto, molto più in alto, "...dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare"!

Anonimo ha detto...

..."Quanto alla Sua domanda, suggerisco di rivolgerla più alto, molto più in alto, "...dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare"!
Caro Luigi,
avevo capito bene, Lei è una persona a modo!
(in quanto alla mia conoscenza in materia, sono stato in carcere)
Per la Redazione, invece, era solo un modo un po spiritoso per ringraziarLi della traduzione dal latino di alcune frasi contenute negli scritti di Maddalena e Lima e che Silvia aveva cortesemente chiesto.
bartolo iamonte

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Sai Bartolo, ho dove abito un amico, freschissimo di amicizia, torinese, ingegnere della IBM, di poco più giovane di me, che nei messaggi si firma "f".
Mi incuriosiva che tu (permetti il tu vero, ovviamente reciproco) firmassi allo stesso modo.
Non so dove sei stato nè mi interessa saperlo, mi interessa invece capire il perchè di quella frase che io ho giudicato un ossimoro.
Comunque grazie.
luigi morsello

tanino ferri ha detto...

Il "carteggio" tra Luigi Morsello e "anonimo" b, bartolo iamonte, è una lezione di etica a chi non crede all'utilità di questi nuovi sistemi di comunicazione, e chiuso nelle proprie stanze filosofeggia sul disvalore dell'anonimato.
Grazie Luigi,
grazie Bartolo.

Anonimo ha detto...

Quando si dice che al peggio non c'è mai fine.

Giusto per sottolineare la pericolosità del losco figuro che risponde al nome di De Magistris Luigi, vi informo che lo stesso è stato raggiunto da provvedimento di trasferimento urgente con cui si ingiunge al Dr. De Magistris di prendere servizio a Napoli, presso il Tribunale Civile lunedì 15 settembre in modo tassativo.

Evidentemente faceva ancora paura a qualcuno...

All'indirizzo

http://firmiamo.it/togheindegne

è stata attivata una petizione per protestare contro il trasferimento di De Magistris e il "mantenimento in servizio" dei suoi indagati.

Qualcuno aiuti l'Italia a liberarsi dai mostri che la stanno divorando.

Luciana

Anonimo ha detto...

Tecnicismi, teorie e suggestioni, fantasie corporative, quale verità?
Il popolino ha condiviso per la prima volta la difesa di un Magistrato, di un giusto, poche persone, oltre ai giornalisti prezzolati, hanno raccontato la controversa storia di un giovane magistrato impegnato a sconfiggere il mostro che attanaglia la nostra sporca società, sul blog di Grillo, nel vostro blog, nei blog di ragazzi che svegliati oggi parlano. Quanti giorni davanti al CSM, quanti striscioni, cortei che partivano da piazza della Repubblica e finivano a piazza dell'indipendenza.
Semplici cittadini, come li chiama Marcello, anonimi, sempliciotti, ma hanno capito per la prima volta che oltre la democrazia non v'è giustizia, si sono organizzati per non dimenticare Luigi e grazie al nostro Lima oggi di nuovo lo onorano, è ben poca cosa se vediamo però che l'ingiustizia è stata comunque perpetrata a danno di tutti, non per il solo vil danaro rubato dei fondi europei ma per vedere che il meccanismo creato ad arte dalle leggi oggi più che mai coinvolge e mette in discussione l'indipendenza della magistratura e del CSM che si è fatto karakiri.
Vulca dei Grilli di Roma

Anonimo ha detto...

Per Luciana (commento delle 6.47).

In concreto, a causa di questa anticipazione del trasferimento, Luigi De Magistris non potrà chiedere il rinvio a giudizio degli indagati di "Toghe Lucane".

Questo perchè prima di farlo bisogna attendere la scadenza del termine di cui all'art. 415 bis c.p.p.. Se il trasferimento di Luigi fosse avvenuto nei termini ordinari, egli avrebbe fatto in tempo a "chiudere" "Toghe Lucane".

Grazie a questa anticipazione, invece, non farà in tempo.

Chi gli succederà nella trattazione del procedimento dovrà studiarsi nuovamente alcune centinaia di migliaia di pagine (impiegando mesi) e potrà decidere anche diversamente da Luigi.

Nella migliore ipotesi, questa anticipazione del trasferimento costituisce uno spreco irragionevole di energie lavorative: lasciando pochi giorni in più al suo posto De Magistris - che già conosce bene quegli atti - non sarebbe stato necessario che un altro magistrato impiegasse mesi a studiarli di nuovo.

Nella peggiore ipotesi ...

Felice Lima

Anonimo ha detto...

Grazie Luciana,
già firmato. Ho cercato decine di volte di postarlo sul blog di Grillo ma forse temporaneamente qualcosa non funziona proverò più tardi.
b
per Felice Lima
(dal blog di Grillo) "loro non mollano (noi) Voi neanche"

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
tanino ferri ha detto...

Siamo vivendo la... peggiore ipotesi, dr. Lima.
Ho firmato, pur non sapendo chi sia http://firmiamo.it/togheindegne
Se qualcuno sa cosa rappresenti, lo invito a spiegarlo a tutti, perché in tanti si possa protestare - f i r m a n d o - contro questo ulteriore abuso.
Oggi su Repubblica, D'Avanzo parla di uno scellerato patto Ghedini-Violante: "Giustizia, ecco il patto per fermare i pm".
La redazione può confermare quanto sia verosimile?

Anonimo ha detto...

Sul tradurre il latino

Molto garbatamente è stata fatta questa richiesta. Io però mi permetto di dissentire. Intanto perché non è vero che l’uso del latino limiti in modo irreparabile la comprensione. Non siamo cinesi, e ho davanti agli occhi mia nonna che, con la sua sesta elementare, capiva perfettamente il latino che le serviva, quello della Messa. E poi tradurre il latino è diseducativo, perché se anche c’è una parola o un’espressione non ben compresa questo, per chi ci tiene, diventa un incentivo a sforzarsi di capirla, con suo profitto. E infine perché togliere persino il latinorum ai magistrati, nel momento in cui gli tolgono tutto, dallo stipendio alla polizia giudiziaria, mi pare esagerato….

Anonimo ha detto...

mi rendo conto che siete sospesi su un filo sottile.
mi asterrò dal commentare ancora, per non periclitare l'esistenza di questo preziosissimo spazio.

inutile aggiungere che tutta la faccenda, compresa la forzata censura, mi disgusta profondamente.

e il disgusto non è causato dal vostro meritevole impegno, ma proprio da quanto col vostro impegno cercate di far emergere.

con stima immutata, baron litron

Anonimo ha detto...

Prima di tutto, a proposito di corruzione, offro lauta mazzetta a chiunque sia disposto ad andare dal dentista al mio posto... @_@
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Risposte varie

X Felice Lima

In concreto, a causa di questa anticipazione del trasferimento, Luigi De Magistris non potrà chiedere il rinvio a giudizio degli indagati di "Toghe Lucane".


Suppongo che a domanda, il nostro Min"e"stro della Giustizia risponderebbe che "trattasi di coincidenza"... e_é


Se il trasferimento di Luigi fosse avvenuto nei termini ordinari, egli avrebbe fatto in tempo a "chiudere" "Toghe Lucane".


Dott. Lima, mi crede se le dico che me l'aspettavo?
Mi pareva strano che lo lasciassero lì a far danni senza batter ciglio.


Grazie a questa anticipazione, invece, non farà in tempo.


Ma quando si dice il caso, eh?



Nella peggiore ipotesi ...


Stia tranquillo, glielo dico già da adesso: nella peggiore ipotesi e amen.



X tanino ferri

Siamo vivendo la... peggiore ipotesi, dr. Lima.
Ho firmato, pur non sapendo chi sia http://firmiamo.it/togheindegne


La petizione è stata creata da Nicola Piccenna, giornalista de "Il Resto", l'unico giornale che in Basilicata abbia seguito tutta la vicenda e si sia schierato apertamente dalla parte di De Magistris.
Pagando un caro prezzo.

E' una petizione per chiedere la rimozione dei magistrati sospettati di corruzione e indagati nell'inchiesta "Toghe lucane".

Praticamente è quello il vero motivo per cui De Magistris si trova nella bufera.


Luciana

Anonimo ha detto...

Ringrazio la Redazione per aver accolto la mia richiesta di traduzione, e -rispondendo a Tanino Ferri- la prego, non infierisca! So di essere una persona di bassissimo profilo ma a volte esagero anch'io, mi sfogo soprattutto su questo blog (vogliate perdonarmi) perché è uno dei pochissimi spazi aperti al dialogo (ehm... che brutta parola in questo periodo), quello vero.

So perfettamente di essere molto utopistica in molte delle mie convinzioni, proposte, ecc. ma -come ho tra l'altro già scritto- a volte bisogna puntare un po' più in alto per riuscire ad affrontare il primo gradino, e al di là della semplificazione (che comunque, in certi termini, ritengo necessaria) la cosa più importante che volevo sottolineare è il nostro congenito bulimico disordine normativo. Cioè una situazione in cui è difficile per gli stessi addetti ai lavori destreggiarsi affinché giustizia prevalga.

Per Pulicane: senza volerla convincere a forza le faccio presente solo un paio di appunti:

1- lungi da me il voler limitare in qualunque modo l'espressione di chiunque, non solo dei magistrati oggi tanto tartassati; ho solo chiesto di AGGIUNGERE una traduzione, non di SOSTITUIRE il latino. Peraltro a chi volesse accordarmelo, come forma di gentilezza, non certo come pretesa.

2- a me piacciono molto le lingue, e di solito preferisco leggere nella lingua originale anziché le traduzioni, perché convinta della presenza di sensazioni intraducibili, peculiari di ogni lingua. Tuttavia stiamo parlando di una lingua che non conosco (il latino) e che scommetto farebbe fatica pure sua nonna a capire dalle citazioni qui riportate, per quanto sia indubbiamente ferrata nella comprensione delle formule religiose (di rito, sempre uguali a se stesse sia nella dizione che nel significato, del quale dubito abbia comunque più che una percezione, se è vero che non conosce il latino). Specifico che la traduzione non mi convincerà mai a desistere dall'impegno di studiare il latino (l'ho scritto anche lì sopra), cosa per la quale occorre anche tempo, che se lo dovessi fare solo per il latino potrei anche trovarlo ma chi -per altre materie- la pensa come lei mi chiederebbe di informarmi su tutti gli argomenti che man mano tocchiamo, anziché chiedergli spiegazioni.
Inoltre le dirò che l'uso nel linguaggio quotidiano di molte frasi in altre lingue (non solo latino) mi permette anche di capirne delle altre simili, di quelle stesse lingue, di formarmi ulteriormente... a patto di riuscire a trovarne prima la traduzione!
Le chiedo se lei capirebbe citazioni in russo, o in una lingua a scelta che lei non conosca...

Cordialmente, Silvia.

Anonimo ha detto...

"Il ministero della Giustizia ha dato il via libera al trasferimento del pm di Catanzaro, Luigi De Magistris, al Tribunale di Napoli. De Magistris, secondo quanto si è appreso, dovrà prendere possesso del nuovo incarico di giudice tra l'11 ed il 20 settembre prossimi.

Viene così resa esecutiva la decisione della sezione disciplinare del Csm, confermata nel luglio scorso dalla Cassazione, che aveva disposto per De Magistris la censura, la perdita di funzioni di pm ed il trasferimento da Catanzaro per "gravi anomalie" nella gestione dell'inchiesta "Toghe lucane".

Il magistrato, stamani, era nel suo ufficio, al secondo piano della Procura di Catanzaro, per quello che potrebbe essere stato l'ultimo giorno di servizio nel capoluogo calabrese. Una cancelliere della Procura, Ida Annamaria Rotella, ha inviato al pm una lettera aperta in cui lo ringrazia "per avere riscattato i calabresi facendo emergere e rendendo consapevoli molti che fingevano di ignorarlo, che anche chi vive in questa terra ama ed aspira alla giustizia vera".

La Calabria, la città di Catanzaro, i suoi abitanti, ma anche tutti gli italiani che in lei, si sono sentiti osteggiati - ha sostenuto Ida Rotella - non la dimenticheranno e, a dispetto di ogni apparenza e di ogni realtà contingente, aspetteremo il suo ritorno in questa terra e fra quella gente onesta che vede in tutti quelli come lei la garanzia incondizionata della legalità".

"Da parte mia - ha proseguito - la ringrazio per aver dato lustro all'ufficio nel quale quotidianamente opero unitamente a tante altre persone e desidero manifestarle con coraggio e sincera convinzione i sensi della mia stima e della mia incondizionata ammirazione. Qualcuno ha sostenuto che ella ha creato attorno a sé delle 'tifoserie', e poiché le tifoserie si formano allo stadio, quel qualcuno, evidentemente, ha della società civile un'idea da stadio, ignorando che è solo e proprio da quella società civile composta da uomini e donne consapevoli, che provengono la capacità di pensare e di esprimersi in libertà".

"Ella - ha concluso - con il suo operato trasparente, non ha imposto o inventato l'idea di giustizia ma l'ha sciolta dal qualunquismo, dal superficialismo, dal pressapochismo, dal buio dell'omertà. E le idee non si uccidono". (ANSA)

Anonimo ha detto...

http://www.antimafiaduemila.com/content/view/8894/48/

leggere per credere.

e poi firmare

Anonimo ha detto...

Grazie a Francesca per la bella lettera che ha riportato sul blog.
C'è da dire che De Magistris non è stato l'unica vittima di questo che è un vero "sistema calabro-lucano".
Prima di lui ci hanno rimesso il posto il capitano dei carabinieri di Policoro Zaccheo (stretto collaboratore di De Magistris), trasferito in silenzio in Groenlandia (scherzo, credo lo abbiano confinato a Fermo) e anche Mons. Bregantini ha dovuto obbedire all'ordine di trasferimento.

Solidaietà a loro e a tutti quelli che malgrado le avversità e gli ostacoli vanno avanti.

E' vero, loro, gli zombies non mollano, ma noi neppure.

Luciana