mercoledì 17 settembre 2008

Su Clementina Forleo e Luigi De Magistris è calato il silenzio totale globale


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Pubblichiamo alcune riflessioni, inedite, di Carlo Vulpio, che interviene nel dibattito in corso sul nostro blog sui casi Forleo e De Magistris.

Carlo Vulpio è giornalista del Corriere della Sera. Firma autorevole di quella testata. Autore del documentatissimo libro “Roba nostra. Storia di soldi, politica, giustizia nel sistema del malaffare”.

L’avere affidato al nostro blog queste sue considerazioni è per noi ad un tempo motivo di gratitudine, ma anche di amarezza.

L’amarezza sta nel dovere prendere atto per l’ennesima volta che fatti oggettivamente gravi e importanti per la vita democratica del nostro paese vengono – si deve ritenere volutamente – taciuti dalla “stampa che conta”.


I fatti commentati da Carlo Vulpio sono noti a chi fa informazione, ma misteriosamente non vengono raccontati e di essi si trovano solo frammenti fra la ventesima e la trentaduesima pagina di uno o due quotidiani.

Carlo Vulpio che scrive sul blog ciò che dovrebbe scrivere sul Corriere della Sera ci fa pensare al bravo Monteiro Rossi, il giornalista di “Sostiene Pereira“impegnato” a scrivere necrologi.

______________



di Carlo Vulpio
(Giornalista)

Su Clementina Forleo e Luigi de Magistris è calato il silenzio totale.

Eppure ciò che sta accadendo in questi giorni non ha precedenti nella storia repubblicana.

In questi mesi e in queste settimane, e prima ancora che il Csm decidesse (il 22 luglio scorso) di trasferire da Milano il gip Clementina Forleo con la fantasiosa motivazione della “incompatibilità ambientale”, la procura e l’ufficio gip di Milano hanno fatto di tutto per fare “melina” sulla storiaccia delle scalate Unipol-Bnl-Antonveneta-Rcs: in pratica, hanno preso tempo e non hanno iscritto sul registro degli indagati (come potevano fare) il senatore Nicola Latorre.

Invece di fare ciò che potevano (e forse dovevano) fare, quegli stessi magistrati hanno solo dato a vedere di volerlo fare con urgenza.

E così, con una sottigliezza degna di un gesuita del Seicento, hanno scippato il caso delle scalate bancarie dalle mani del gip Forleo, che era ed è (visto che il trasferimento non è ancora scattato) il giudice competente.

La vicenda è gravissima, ripetiamolo, non soltanto perché è stato scippato un caso al giudice che lo stava trattando, ma soprattutto perché dimostra che davanti alla legge non tutti sono uguali e che invece ci sono soggetti, come scrive George Orwell, più uguali degli altri.

Vediamo come sono andate le cose, mettendo assieme date e documenti.

Dopo la nota ordinanza del gip Forleo (quella dei “complici e non semplici tifosi”) sull’operazione Unipol-Bnl-Antonveneta-Rcs, la Camera dei deputati aveva dato il nulla osta all’iscrizione dei parlamentari sul registro degli indagati, affermando che non era necessaria l’autorizzazione del Parlamento.

Restava da decidere solo il caso di Latorre, per il quale si doveva esprimere la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato.

Nella sua ultima seduta del 22 gennaio 2008, la Giunta propone al Senato di restituire gli atti all’autorità giudiziaria perché – sostiene la Giunta - la questione rientra nell’ambito di applicazione del terzo comma dell’articolo 68 della Costituzione.

In altri termini – questo è il senso della decisione della Giunta –, poiché in questo caso non si sta chiedendo di intercettare un parlamentare, ma di utilizzare le sue conversazioni con altri indagati in quanto si ritiene di poter ricavare a carico di quel parlamentare elementi utili all’indagine, quel parlamentare può essere iscritto sul registro degli indagati.

Quindi Latorre (proprio come aveva stabilito la Camera dei deputati anche per D’Alema, Comincioli e gli altri parlamentari indagati) era “iscrivibile” e la procura di Milano poteva farlo già all’indomani del 22 gennaio 2008.

Si dirà: ma il procedimento di autorizzazione del Senato doveva essere completato da una relazione in Aula e dal voto dei senatori. Poco cambia.

Il fatto che relazione e voto in Aula non ci siano stati (a causa dello scioglimento anticipato delle Camere, il 6 febbraio successivo) non modifica i connotati di questa brutta storia: se il procedimento si interrompe, “la richiesta di autorizzazione – dice la legge - perde efficacia e può (può, non deve – ndr) essere rinnovata”.

Un mese dopo l’insediamento del nuovo Parlamento, il 29 maggio scorso, la Giunta delle immunità parlamentari restituisce gli atti riguardanti Latorre al presidente del tribunale di Milano, Livia Pomodoro. La quale avrebbe dovuto trasmetterli, come aveva fatto in precedenza per gli atti della Camera, al gip competente, e cioè alla Forleo.

Invece quegli atti alla Forleo non sono mai arrivati.

Facile immaginare che se le fossero pervenuti, il gip avrebbe fatto l’unica cosa da fare, e cioè li avrebbe inviati subito alla procura, ponendo i pm di Milano davanti a una scelta: decidete che fare, se iscrivere o no Latorre tra gli indagati, perché la questione è chiara.

E a quel punto la procura avrebbe avuto poche possibilità di fare “melina”.

Ora, è vero che la Pomodoro e il capo “reggente” dei gip di Milano, Filippo Grisolia, nei giorni in cui si stavano impegnando alla ricerca di argomenti per fare massacrare la Forleo l’hanno accusata di protagonismo, mancanza di equilibrio e persino di “scarsa produttività”.

Ma nemmeno questa avversione a comando dei capi ufficio nei confronti della Forleo poteva autorizzarli a non trasmettere gli atti al gip naturale.

E tuttavia, nel cristallino palazzo di Giustizia di Milano gli atti giunti dal Senato il 29 maggio vengono trasmessi direttamente alla procura, dove rimangono chiusi nel cassetto fino al 27 luglio.

Saranno tirati fuori, “per l’urgenza a provvedere” (!) due mesi dopo, quando è di turno il gip supplente Piero Gamacchio.

E proprio quando la Forleo si assenta per malattia per alcuni giorni, a causa di una botta al ginocchio (rientrerà il 2 agosto).

E’ evidente anche a un bambino che gli atti dovevano rimanere sotto chiave finché la Forleo non fosse andata in ferie, tant’è che saltano fuori “in tempo reale” appena la Forleo si ammala …

Ma non è finita. Sempre in “tempo reale”, il gip supplente Piero Gamacchio studia gli atti del caso in questione, un caso complesso che non conosce, e deposita l’ordinanza con cui reitera la richiesta di autorizzazione al Senato il 1° agosto (proprio il giorno prima del rientro della Forleo) senza fare alcuna udienza (come nemmeno per un incidente stradale).

La richiesta di Gamacchio, sostenuta dalla procura di Milano (la firmano in cinque: il capo Minale, l’aggiunto Bruti Liberati, e i pm Orsi, Perrotti e Fusco) non si discosta granché da quella della Forleo, salvo in un paio di righe in cui si dice che le intercettazioni per cui si sta chiedendo l’autorizzazione “rimangono la sola fonte di innesco di una investigazione”, ossia l’unico elemento per iscrivere Latorre tra gli indagati.

Ma allora, se è così, perché tutta questa perdita di tempo?

Perché quest’altro balletto, proprio come per la stessa vicenda è avvenuto con D’Alema, beneficiato di una inutile richiesta al Parlamento europeo (per il quale valgono le stesse regole del Parlamento italiano)?

Perché reiterare una richiesta che, quando è stata fatta dalla Forleo, le ha procurato davanti al Csm l’accusa (poi caduta) di “interpretazione legislativa errata”?

“Errava” forse la Forleo, nel sostenere che il parlamentare può essere iscritto sul registro degli indagati anche senza autorizzazione delle Camere?

Perché trattenere le carte per due mesi e poi sventolare l’urgenza a provvedere?

Perché togliere il caso al suo giudice prima ancora che se ne decida il trasferimento?

Trasferimento.

Pronunci la parola e accanto a Clementina Forleo si materializza Luigi de Magistris.

Anche per lui, un’altra, l’ennesima, decisione scandalosa.

Prima, gli hanno scippato due inchieste (Why Not e Poseidone).

Adesso, non potendogli togliere la terza (Toghe Lucane), hanno tolto lui dall’inchiesta.

Proprio un attimo dopo che de Magistris aveva concluso Toghe Lucane e un attimo prima che trascorresse il termine di venti giorni previsto per le eventuali memorie delle parti, dopo il quale il pm avrebbe valutato la formulazione delle richieste di rinvio a giudizio.

Com’è noto, per de Magistris il Csm ha deciso il trasferimento da Catanzaro a Napoli e il mutamento delle funzioni (non farà più il pm, ma il giudice del Riesame).

Poiché però il trasferimento non era ancora “operativo”, de Magistris ha potuto concludere l’inchiesta Toghe Lucane.

Ma all’improvviso, e proprio un attimo prima che spirasse il termine dei venti giorni, ecco il fulmine scagliato dal ministro della Giustizia, Angelino Alfano, che invece di sostenere de Magistris nel condurre a termine gli ultimi atti d’inchiesta (se non altro per la sempre declamata necessità di una giustizia efficiente), gli intima, come fosse un pericoloso figuro, di abbandonare Catanzaro e di andare subito a Napoli per esigenze di servizio in quella sede.

Sembra che Alfano abbia fatto sloggiare de Magistris senza che i magistrati di Napoli (il presidente del tribunale, il capo dell’ufficio di destinazione) abbiano prospettato al ministro il cosiddetto “anticipato possesso”, ossia l’urgente necessità di inviare de Magistris a Napoli per esigenze di servizio.

Se è così, Alfano ha commesso una cosa gravissima.

Se non c’è stata la richiesta da parte dei magistrati di Napoli, quello di Alfano – dopo “l’editto” di Mastella contro de Magistris - sarebbe un altro atto senza precedenti, di cui il ministro dovrebbe dare conto al Parlamento e ai cittadini.

Poiché con una mossa del genere Alfano non solo mette a repentaglio un procedimento delicato qual è Toghe Lucane, ma sferra un altro colpo micidiale alla credibilità della giustizia, o di ciò che ne resta.

Eppure nessuno dice niente.

Dobbiamo parlarne qui, su un blog, nemmeno fossimo esuli o clandestini.



43 commenti:

Anonimo ha detto...

E allora, Carlo e tutti gli altri, parliamone qui, adesso.
Prima che sia troppo tardi.

Anonimo ha detto...

E' VERGOGNOSO.....
Come uscire fuori da questa spirale che mina ogni giorno la nostra democrazia, o meglio, quello che resta della nostra democrazia?
Possibile che tutti i magistrati d'Italia accettino passivamente che un loro collega venga messo alla gogna e trasferito solo per aver avuto il coraggio di perseguire, facendo il proprio dovere, i policiti e magistrati corrotti?

Anonimo ha detto...

Credo che ormai non sia più nemmeno una questione di censura o di autocensura dei media.
Ho paura che la cosa sia più disperante.

Ho l'impressione che i mezzi di informazione non parlino di certi argomenti perchè tanto non fregherebbe niente a nessuno.

Sono andata alla presentazione del libro di Vulpio a Matera.
Eravamo pochi.
Matera fa 60.000 abitanti, noi eravamo davvero pochi.

Vabbè che nessuno ne aveva parlato nei giorni precedenti, che non c'era uno straccio di manifesto in giro, che eravamo in un cinema asfissiante senza aria condizionata, ma eravamo pochi lo stesso.

Sono pessimista, la gente, anche se di certe cose e di certe persone non sente più parlare, non è che si chiede "ma che sarà successo?", "ma dove sarà finito questo magistrato?"

No, non si chiedono niente, trangugiano tutto, cambiano canale, si vedono l'isola dei famosi e vanno a dormire felici e contenti.

Siamo noi quelli strani, i rompipa//e, quelli che infastidiscono come e peggio di Paolini (che a questo punto è la parte migliore dei servizi giornalistici televisivi).

Siamo noi quelli fuori posto, il granello di sabbia nell'ingranaggio, il pazzo che urla alla luna.

Io personalmente non mi stancherò di urlare e di ingrippare, ma mi rendo conto che, per adesso, è fiato sprecato.

Luciana

LUIGI A. MORSELLO ha detto...


Sconvolgenti le denunce di Carlo Volpio, che sceglie un blog, seppure autorevole, per formularle con estrema chiarezza.
Ciò che sorprende ancor più del fatto che queste cose il giornalista non le scrive sul Corriere della Sera, il quotidiano per cui scrive abitualmente, è che le sue denunce rispecchiavano, in una sola persona, le due anime del Corriere, una che palpita (?) per la sinistra e la seconda che pende a destra.
Ciò significa, a mio giudizio, che v’è una tendenza trasversale, alle forze politiche e alla stessa magistratura, di ‘vedersela ognuno in casa propria’.
C’è poco da stare allegri.
Si coinvolgono alti magistrati di Milano, nomi famosi o noti, uomini politici di sinistra e di destra.
Ma c’è di peggio.
Contemporaneamente giunte e termine anche la vicenda De Magistris, il,P.M. che si è occupato di vicenda che coinvolgevano politici anch’essi di sinistra o alleati con la sinistra, ma anche (alla Veltroni) magistrati di Potenza. E qui l’ineffabile ministro di Giustizia Angelino Alfano diventa improvvisamente ‘zelante’ per giunta senza la richiesta di urgenza per la copertura della sede napoletana assegnata dal CSM.
È legittimo il,dubbio che vi sia una restaurazione trasversale a tutte le forze politiche, cioè un intesa anche tacita a togliere di mezzo magistrati scomodi per tutti, eccetto che per Di Pietro ? E Carlo Vulpio perché denuncia su un blog, perché non ne può più ? Se si ce ne ha messo di tempo.
Se, come credo, è in buona fede, allora dobbiamo davvero pensare che solo in Internet c’è libertà di opinioni ?

Anonimo ha detto...

Non sono addentro al sistema e potrei postare una gran schifezza, ma mi auguro mi venga riconosciuta lecita la domanda:
ma perché un giornalista così non propone questo pezzo per il suo giornale? Glielo bocciano? E lui non ne proponga altri! Dica "o quello o niente!" Possibile che non se ne trovino abbastanza di giornalisti in grado di fare una cosa del genere al punto da condizionare i giornali a raccontarle certe cose?

Povero Falcone, lui che diceva una cosa (l'ho scoperto da meno di un anno) che a me è stata insegnata e ripetuta fin da quando ho avuto la capacità di capire l'italiano: "perché una società vada bene, perché prosperi senza contrasti tra i vari consociati, per avviarsi verso un domani migliore, basta che ognuno faccia il suo dovere".

Silvia.

Cinzia ha detto...

Ma noi SIAMO esuli e clandestini a tutti gli effetti, confinati in uno spazio (anche troppo immenso) come la rete e l'affermazione ultima di Vulpio non può che essere retorica.
Lavora in un giornale come il Corriere mica a Gardland e non credo che se ne possa esser reso conto oggi di come effettivamente stanno le cose. La verità è che abbiamo tutti paura di ammetterlo, ma questa democrazia è bella che spacciata e noi con lei.
Sopravviviamo e questa è l'unica cosa che ci rimane da fare in tutta comodità.
Le altre chance non le prendiamo neanche in considerazione, richiedono troppo impegno, rinunce, fatica, sacrificio e soprattutto ci getterebbero in uno scenario di profonda incertezza.
Come accade per le nevrosi più radicate e consolidate, troviamo più facile continuare a sopravvivere in uno stato di sofferenza certa, conosciuta e sperimentata che affrontare con coraggio l'incertezza di un’incognita tutta da costruire.
Viviamo un male che fa male ma che è riconoscibile. Il bene non sappiamo proprio cosa sia, se non nei sogni e quelli nessuno può toglierceli.
Così invece di costruire un mondo migliore continuiamo a sognarlo.
Siamo solo noi i responsabili del nostro destino, inutile continuare a proiettare colpe su A. B. o C.
E se non accettiamo questa verità non verremo mai fuori da questa realtà da incubo.

Anonimo ha detto...

Non credo sia questo il primo caso di trasferimento di ufficio attuato secondo questa procedura, io personalmente conosco una vicenda simile.
Anche quella passata in silenzio, come sostanzialmente in silenzio è passata la riforma sul trasferimento di ufficio.

Anonimo ha detto...

Sono perfettamente d’accordo con Carlo Vulpio: questa è l’Italia dei “polveroni mediatici pilotati” e se un giornalista vuole scrivere la verità dei fatti, e questa non coincide con l’opinione che le persone si devo fare su determinate situazioni, allora viene censurato ed internet rimane l’unica sede per esprimere le proprie opinioni e scrivere ciò che la gente comune non può e non deve sapere.

Forleo e De Magistris sono solo i più recenti avvenimenti sui quali è calato il silenzio… Il nostro Paese è famoso per “i misteri”, “le coincidenze”, “gli omicidi-suicidi” e “le stragi irrisolte”.
Ribadisco ciò che ho sempre pensato: i poteri forti ci sono e controllano la vita di ognuno di noi, minando la democrazia e la libertà di parola!
Sono poteri che rappresentano un meccanismo marcio che si innesca quando potere e soldi si incontrano. Questa unione rappresenta “un nuovo governo mondiale”, che non ha colore politico, moralità e cittadinanza… E’ ovunque intorno a noi! Guida il nostro Paese (e molti altri) come un burattinaio con le sue marionette, intento solo a raggiungere i propri scopi.

E’ una sorta di mafia che non uccide più … Non ne ha bisogno… Controlla la stampa, i media e le banche…. Quando qualcuno si ribella essa interviene per distruggerlo psicologicamente, materialmente e pubblicamente.

Credete veramente che la verità su Forleo e De Magistris sia quella che ci è stata propinata dai giornali? C’è molto di più! Dietro a tutto ciò che ci è stato fatto credere, c’è una verità nascosta ancora più sconvolgente, che non può e non deve essere rivelata, perché la gente potrebbe capire, pensare e… reagire! E i “poteri forti” non se lo possono permettere! E i giornalisti possono scrivere solo ciò di cui vengono messi a conoscenza.

E poi diciamoci la verità: quante sono le persone che sacrificherebbero se stessi e la propria famiglia per “un mondo migliore?”
Certo, ce ne sono! Forse più di quanto io possa immaginare… Ma chi lo fa veramente? Solo i più coraggiosi, proprio come questi due magistrati… Che alla fine sono costretti a pagare un prezzo veramente alto per aver fatto il loro dovere! Dovremmo prendere esempio da loro… Credo che ognuno di noi possa fare qualcosa per loro; non importa cosa! Anche due righe di solidarietà possono alleviare il peso che queste persone stanno ingiustamente portando!

Allora iniziamo ad agire! Facciamo qualcosa! Qualunque cosa! Anche scrivere su un blog come questo! Non facciamo sentire sole le persone che, come il Dott. Lima ed i suoi colleghi magistrati meritevoli (Forleo e De Magistris, ma anche Borsellino e Falcone e molti altri), dedicano la loro vita e sacrificano i loro affetti per “il mondo migliore” che tutti noi vorremmo!

Cordiali saluti.
Stefania – Reggio Emilia

Anonimo ha detto...

Splendida Redazione,
abbiamo capito che per il Vostro compleanno ci avete voluto Onorare con la presenza di Carlo Vulpio.
Grazie a Voi, e a Lui, veramente un esempio di Giornalista Coraggioso e Onesto.
bartolo iamonte

tanino ferri ha detto...

Ma c'é sempre Internet!
Facciamo una catena di S. Antonio.


Molti lettori di questo sito, come me peraltro, avranno un sito o un blog, allora Li invito a fare questo:
pubblichino, almeno nella parte iniziale, l'articolo di Carlo Vulpio (aggiungendo il link a "Uguale per tutti", per chi vorrà leggere tutto l'articolo) e vedrete che se non arriveremo ai 50.000 lettori del Corriere, ci mancherà poco.
Per Luigi Morsello.
L'anima del Corriere che palpita per la sinistra è storicamente stata sempre molto piccola, fino ad arrivare, nelle ultime elezione, ad un'animella.

Anonimo ha detto...

Grazie a Carlo Vulpio e a UGUALE PER TUTTI per l'informazione che ci dà e assicuro che cercherò di diffondere queste (pessime)notizie.
E voglio sottolineare l'ipocrisia della “stampa che conta” che non molto tempo fa si interrogava sul dilemma: "Ma in Italia si può parlare di regime ?".

Cinzia ha detto...

Cara Silvia,
mi sembra chiaro che non siamo tutti disposti a pagare prezzi così alti come hanno fatto Forleo e De Magistris in magistratura, come ha fatto Paolo Barnard nel giornalismo o come altre persone che perdono il proprio lavoro per questioni di principio (per non parlare di quelli che perdono addirittua la vita!).
Io stessa ho bruciato diversi lavori in questo modo e ne ho pagato il prezzo, non me ne pento, ma ti assicuro che è dura essere fuori e comunque la verità è che te lo devi anche poter permettere. Perché se sei un professionista forse riesci pure a riciclarti, con fatica ma qualche chance ce l'hai, ma se sei un dipendente sei bollato, marchiato e hai chiuso!
Il mondo del lavoro ruota in ambienti stagni che vivono e si muovono con la stessa logica delle piccole provincie anche se vivi in grandi città. E il merito, la correttezza non sono valori utili soprattutto se pretendi anche di riceverli oltre che di darli. Almeno in Italia.

Anonimo ha detto...

Quanti giudici nel passato si sono trovati a fare i conti con indagini scippate, con CSM pallonari, processi taroccati e accuse infamanti? Queste vicende semplicemente ci raccontano che il potere è fuori controllo e può fare quello che vuole. Fa; disfa; rifà strafà; e sopratutto nasconde.
Molti giudici in passato hanno dovuto abbozzare; questa volta le vicende sono sono salite agli onori della cronaca semplicemente grazie alla schiena dritta del Sig. De Magistris e della Sig.ra Forleo. Il potere giudiziario in Italia è anche questo ma la maggioranza di quel potere non sempre è al servizio dei cittadini. Non mancherà molto che per poter scrivere, pensare, parlare e postare bisognerà avere il benestare di questa classe politica. Forse serve anche a noi un po' di schiena dritta.

Vanna Lora ha detto...

grande pubblicità a questo articolo su un sito molto frequentato, specialmente dai giornalisti: dagospia.
http://dagospia.excite.it/articolo_index_43666.html
Lo leggeranno molti. Bene!
vanna

Anonimo ha detto...

Credo che l'italia possa essere tranquillamente definita "il paese delle banane" nel senso peggiore del termine, senza per questo essere offensivi nei confronti di paesi definiti tali da comunità cosiddette "civilizzate" , ma che ancora oggi dimostrano di quanto la mobilitazione civile sia indispensabile per cambiare le cose.
E' facile prendersela con il politico,la magistratura, o con l'ormai logoro termine "sistema". Parliamo invece di "coscienza civile", parliamo di comunità, parliamo di ognuno di noi che non siamo certo così vittime come vogliamo apparire. Parliamo del fatto che la politica, così come tutte le istituzioni, ci rappresentano, perchè volenti o nolenti, sono persone comuni, che per strane combinazioni (simili piuttosto a giochi di prestigio)vengono "investiti" di ruoli e competenze su criteri da fantascienza.
C'è qualcosa che non torna allora, forse la nostra società non è poi cosi meritevole come si vuol credere.
Quanto a Vulpio, che seguo da anni, ne ammiro la professionalità, la passione con la quale racconta storie, difficili, scomode, ma anche dimenticate. La sua penna dà voce a chi non ha fiato per urlare. Queste ultime vicende lo faranno conoscere al "grande pubblico" ma lui era già grande, in tempi in cui scrivere per il Corriere era motivo d'orgoglio.

Anonimo ha detto...

X Luigi Morsello

I magistrati coinvolti nelle inchieste di De Magistris sono in massima parte della Procura di Matera, non di Potenza.

Però il vero problema nostro (di chi vive in Basilicata) è che questo intreccio tra potere politico, imprenditoriale, massonico e malavitoso è talmente forte e stretto da non lasciar passare nemmeno una virgola di quello che succede.

De Magistris ha fatto lo sgambetto ai potenti locali, non a Mastella o Prodi.
E' per i poteri locali che gli hanno rovinato la vita e la carriera.

Questo dovrebbe far riflettere sulla pericolosità di certe inchieste "periferiche", nate in una regione della quale raramente si sente parlare ma che in maniera sotterranea viene svuotata di tutto: risorse, ambiente, coscienza civile, futuro.


Luciana

Anonimo ha detto...

@ Cinzia:
d'accordo con tutto quello che scrivi tu ma, come in qualche modo accennato anche dall'altra "Silvia", la mia domanda era (un po' difficile spiegarsi per me, scusa): se la maggior parte dei giornalisti, come dipendenti, non possono permettersi di rischiare, ce la faranno mai (loro come tutte le altre categorie) a capire che se invece si mettessero tutti insieme non rischierebbero proprio nulla? Se il giornale il giorno dopo deve andare in stampa, e alla sera tutti i giornalisti (anche quelli di cronaca sportiva, spettacoli, ecc.) si rifiutano in blocco di consegnare gli articoli finché non viene accettato dal direttore o dall'editore la pubblicazione di quello considerato importante, il giornale che fa? Chiude? No, fa un po' di braccio di ferro e dopo tre giorni cede. Si chiama sciopero.
O comunque è una forma di protesta che può portare a molto di buono e far perdere veramente poco a chi lotta, a patto di essere compatti però.
I francesi quando vogliono qualcosa per la scuola scendono in piazza per tre settimane di fila, ma tutti però! Insegnanti, studenti, genitori, giornalisti, financo i camionisti e i bottegai se ritengono giusta la cosa per il Paese! Noi in Italia pensiamo prima di tutto a stupide lotte corporativiste: cioè se il problema riguarda i giornalisti, o i magistrati, o i camionisti, si arrangino, che non mi riguarda. Riusciamo a litigare perfino all'interno della stessa categoria o dello stesso gruppo (mai visto negli ultimi anni scendere in piazza studenti, insegnanti e genitori insieme, per dire, per argomenti scolastici. Anzi: se protestano gli insegnanti i genitori e gli studenti gli danno contro, se protestano gli studenti sono insegnanti e genitori a dargli contro, ecc. O al limite se non si danno contro l'uno all'altro le due categorie che non hanno promosso la protesta si astengono).
Questa è mancanza di senso civico, e ignoranza delle proprie possibilità.
Se si invoca lo sciopero per una categoria (peggio che peggio quando la categoria è quella dei consumatori) ciascuno pensa che tanto lo fanno gli altri "io preferisco prendermi un giorno di paga di più, e con questo gli ci pago il regalo di compleanno d mio figlio".
Per carità, capisco chi non può fare a meno di un giorno di paga, ma se arrivassimo a capire l'importanza dell'attività civica (perché questo è, non attività politica) e ad essere un minimo più solidali potremmo anche darci una mano, e chi può farlo aiuterebbe il collega in difficoltà perché questi possa protestare insieme per un ingiustizia sociale o economica.
Se no come ne usciamo? Attendiamo che arrivi un messia dall'alto a migliorarci la vita? O impariamo a rimboccarci le maniche...
Silvia.

salvatore d'urso ha detto...

Anche se non pertinente ai temi trattati dal blog... chiedo se sia possibile aprire un post sulla delicata situazione dell'alitalia...

Anche perchè bisogna fare chiarezza su quanto sta accadendo e sui presumibili rischi che si sarebbero corsi se fosse finita in mano ai nuovi e vecchi capitani coraggiosi... si fa per dire...

Spero che i lavoratori costituiscano una cooperativa e che provino a comprarsela loro... e che il governo appoggi e aiuti questo tentativo...

Frank ha detto...

Il silenzio è anche dell'informazione a tal proposito abbiamo scritto una lettera, che ne pensate?



Viviamo in un paese che si è arreso alla sua inesorabile deriva. Scandali quotidiani, sequenze di vergogne che cedono il passo ad accadimenti tanto conclamati quanto deprecabili. Un paese afflitto dalla piaga dell'adesione acritica. Una piaga che investe a 360 gradi tutta la società civile moderna.
Talmente devastante da obbligare a passare dallo strumento della visibilità di qualcuno, delegando ai VIP, per avanzare una qualsiasi istanza sociale .

Siamo impegnati in una lotta contro ogni forma di censura che, nelle sue varie accezioni e metodologie, è ancora più diffusa e tangibile di quanto si possa credere e presumere. La censura come forma di annullamento delle coscienze, subita non solo dai giornalisti, ma anche dai fruitori dell'informazione e comuni cittadini nell'ambito della loro esperienza sociale e di vita, privati del proprio diritto inviolabile di informarsi.

Crediamo che la libertà d'informazione possa essere un buon presupposto da cui poter ripartire. Un piccolissimo tassello verso un cambiamento della società civile che speriamo radicale e profondo.

Diciamo basta censura, basta manleva (la clausola in cui ci si impegna a sollevare l´editore da qualunque responsabilità legale in solido e che un giornalista freelance è spesso costretto a firmare per lavorare), basta chiudere blog scomodi, basta acriticità, basta giornalisti sfruttati e malpagati. Basta perquisizioni inquisitorie (dovere del giornalista è informare. Non esiste alcuna rivelazione di segreto d'ufficio che tenga. Le fughe di notizie non le compiono i giornalisti, che hanno il dovere di pubblicare qualsiasi notizia di interesse pubblico). Basta ad un sistema che sta trascinando, ogni giorno sempre più, il nostro paese verso un destino di declino inesorabile.

Riprendiamo nelle nostre mani la delega che per troppo tempo abbiamo ceduto ad altri.

Crediamo che ogni considerazione rimanga sterile senza il dovuto sforzo propositivo per trasformare una giusta critica in un'opportunità di miglioramento. Abbiamo pensato, discusso e ragionato su cosa potesse davvero risultare incisivo per questo scopo.
Chiediamo quindi:

1. SCUOLE DI GIORNALISMO PUBBLICHE
Ogni cittadino deve avere il diritto alla frequenza. Iscrizioni più economiche, tasse più basse, borse di studio per i meno abbienti, frequenza obbligatoria. Sarà il merito a stabilire se la strada intrapresa è quella giusta.

2. CORSI DI AGGIORNAMENTO E SPECIALIZZAZIONE
Ogni giornalista deve potersi occupare solo di un settore dell'informazione, specializzarsi in una materia particolare preferibilmente scegliendo mediante appositi corsi di specializzazione. Non può essere la specializzazione a scegliere il giornalista in base agli articoli e/o servizi che egli pubblica e alle varie situazioni che gli vengono imposte durante le sue esperienze lavorative, ma viceversa è il giornalista stesso a dover scegliere la materia da trattare. Frequenza obbligatoria di corsi di aggiornamento sulla materia e sulle questioni giuridiche, in modo da poterne salvaguardare la professionalità.

3. REGOLAMENTAZIONE DELLE ASSUNZIONI E DEL PRATICANTATO.
Obbligo per gli editori di mantenere una percentuale di assunti pari al 40%, di praticanti pari al 20%.

4. STAGE E TIROCINI RETRIBUITI.
Il mondo dell'informazione resta uno degli ultimi settori in cui stage e tirocini non vengono retribuiti. Come accade per ingegneri, architetti, avvocati, notai, medici (la cui specializzazione può essere considerata alla stregua di uno stage), [...], anche gli apprendisti dell'informazione hanno diritto a una retribuzione.

5. NO ALLA CLAUSOLA DI MANLEVA NEI CONTRATTI E DIFESA A CARICO DELL'EDITORE SIA IN AMBITO CIVILE CHE PENALE.
Per ogni servizio o pezzo pubblicato entrano in gioco le responsabilità in primis dell'autore, poi quella del redattore capo e dell'editore, i quali devono verificarne i contenuti prima della pubblicazione e/o messa in onda.
Troppo spesso in Italia i giornalisti (soprattutto i freelance) sono costretti, per poter lavorare, a firmare un contratto con annessa clausola di manleva. Questa clausola prevede l'impegno a sollevare l´editore da qualunque responsabilità legale in solido, permettendogli di poter scaricare tutte le incombenze sul giornalista, l'anello debole della catena che non può permettersi di sostenere il costo di reiterate cause. Un contratto capestro che spinge il giornalista, volente o nolente, ad auto-censurarsi per cercare di evitare ulteriori problemi legali. In qualsiasi caso, a trarne maggior profitto economico sarebbe l'editore: ha tutti i diritti sul pezzo o servizio, la possibilità di replicarlo e quindi anche i ricavi.

6. RISPETTO DEL TARIFFARIO MINIMO.
Capita troppo frequentemente che il tariffario minimo non venga rispettato. A volte si arriva a pagare anche un euro per ogni singolo pezzo, senza contare che i mass media si avvalgono spesso e volentieri di stagisti (non pagati). Come si può pretendere di avere un'informazione quantomeno decente a queste condizioni?

7. FINANZIAMENTI.
Si parla spesso di finanziamenti ai giornali, si parla spesso di abolirli. In pochi sottolineano che, così facendo, si rischia di favorire le testate più grandi, quelle che hanno risorse economiche sufficienti per potersi difendere dalle cause, fonte primaria della morte del giornalismo. Sarebbe opportuna un ridistribuzione in base alla qualità, all'efficienza e al rapporto numerico di praticanti e assunti. Il che metterebbe in una posizione di comodo anche i professionisti dell'informazione: spalle maggiormente coperte e quindi possibilità di lavorare in maggiore autonomia.
Inoltre, altro canone in base al quale elargire finanziamenti, il rapporto copie stampate / copie vendute (minore è la differenza tra i due valori, più alto sarà il finanziamento), in modo da incentivare l'efficienza organizzativa del giornale e la riduzione degli sprechi di carta.

8. ELEZIONE DEI DIRETTORI DI TESTATA.
I direttori delle singole testate dovrebbero essere eletti dai giornalisti che compongono la redazione e non nominati dagli editori; mantenuti in carica al massimo per cinque anni consecutivi (non rieleggibili), in modo da favorire un ricambio dal basso e impedire che giornali, tv e radio diventino lo specchio degli editori e dei gruppi di potere che li controllano.

9. ARCHIVIO RAI PUBBLICO E ACCESSIBILE.
La RAI è un servizio pubblico pagato a spese dei cittadini. Chiediamo quindi che si adottino le misure che consentano a tutti di accedere ai contenuti dell'archivio RAI (tenendo naturalmente conto dei legittimi diritti di terzi).

10. NESSUN VINCOLO PER I BLOG.
Il web non deve essere soggetto alle regolamentazioni che riguardano l'informazione, in quanto luogo d'incontro e di scambio. I blog non sono testate giornalistiche e ad essi non vanno applicate le leggi riservate ai mezzi di comunicazione di massa. Serve una regolamentazione che non vada ad intaccare quella che è la libertà d'espressione del singolo cittadino anche nella rete.

11. MAGGIOR IMPEGNO DI ODG E FNSI ALLA TUTELA DEL MONDO DELL'INFORMAZIONE.
Spingere per ottenere leggi a tutela del settore e dei giornalisti stessi, per fare in modo che possano esercitare il loro diritto/dovere di informare indipendentemente dalla protezione politico-economico-sociale di cui si possono avvalere. Sono quindi necessarie iniziative atte a migliorare e garantire l'indipendenza della categoria nel rispetto del codice deontologico.



Francesco Beato
Silvia Innocenzi
Salvatore Marcello




Per adesioni o info: censurae@hotmail.it

Anonimo ha detto...

Tornando a quanto detto prima, la grande certezza in un paese che non è piu' alla frutta, ma ha chiesto il conto da un pezzo, è l'assoluta apatia che regola il "quieto vivere". Un'apatia fatta di cittadini esperti a coltivare il proprio giardino e ad infischiarsene del mondo che c'è al di là della staccionata; di silenzio che stordisce e inquieta piu' di qualunque rumore assordante. De Magistris e la Forleo sono paradossalmente due vittime rese tali per aver svolto il loro dovere; per aver assolto al giuramento che ha consacrato la loro professione. Il paradosso sta nella " associazione a delinquere a mezzo stampa" per un giornalista, che svolge il proprio mestiere, per il dovere di cronaca. Il paradosso è che un libro come "roba nostra" non è considerato affatto "nostro". Ma la "roba" c'è, ed è talmente tanta che decidere di scriverne è è un dovere morale per un giornalista che possa definirsi tale. Il paradosso è trovarsi su un blog e discutere di qualcosa che oggi riguarda la magistratura, domani riguarderà Alitalia e dopodomani chissà... quando fuori, oltre lo schermo del nostro pc,i fatti scorrono, inesorabilmente, impunentemente, con la sprezzante certezza che nn vinceranno i "buoni", ancora una volta. Il nostro è un paese fatto di "martiri" semplicemente dediti al proprio dovere professionale e resi tali da un'informazione presbite e fantasiosa.
Per chi come me vive una realtà complessa come quella calabrese, pagine come quelle di "roba nostra" sono un invito a non smettere di crederci, aiutano a leggere oltre le righe e a prendere coscienza che chiunque, nel suo piccolo, deve alzare la testa, deve, e dico deve, perchè nessuno possa avere alibi di sorta, e non possa dare ai propri figli la speranza.
Grazie Carlo!

Anonimo ha detto...

Meno male che c'è internet.....

Anonimo ha detto...

Questa vicenda è tutto uno schifo (e sta parlando uno di sx). Ne ho scritto anch'io sul mio blog fin dall'inizio. Ciao. Qohelet

Anonimo ha detto...

Gentile De Luca,
il Corriere della Sera pare abbia rifiutato di pubblicare un articolo di un suo giornalista sugli scottanti casi Forleo-de Magistris. La Forleo - ci informa Vulpio attraverso un Blog (UGUALE PER TUTTI)- Gip milanese, è stata boicottata per mezzo di un sottile stratagemma escogitato, addirittura, dal Presidente e dal Capo dei Gip del Tribunale della stessa città; de Magistris, a pochi giorni dalla chiusura dell'ultima delle inchieste, dopo avergliene già scippate due, è stato rimosso d'imperio dal Ministro della Giustizia in persona, nel mentre si accingeva alla conclusione dell'importante indagine che riguardava giudici e politici lucani.
Queste, evidentemente, anche per i nostri quotidiani a carattere regionale, sono notizie spazzatura! Importante, invece, è riportare, in tutta evidenza, nelle prime pagine, la notizia dell'arresto di Ciccio Pakistan, 32enne fuggiasco che risulta essere paralitico, bisognoso di cure continue presso strutture ospedaliere dove, in effetti, è stato sorpreso; ed ancora, la brillante operazione contro i narcos locresi che, a seguito di approfondita lettura, appaiono più “morti di fame” che professionisti del traffico internazionale di droga.
bartolo iamonte

Anonimo ha detto...

Rischio di far la figura del novellino ma io questa storia l'ho approfondita solo in questi giorni, leggendo il libro di Antonio Massari: Il caso del Magistris (casualmente trovato in libreria).

Francamente mi vergogno un po' per non essere riuscito ad afferrare la pienezza del contesto all'epoca.

Da calabrese trapiantato in Piemonte mi vergogno di non aver colto all'epoca i sintomi salutari della primavera calabrese, ma allo stesso tempo devo constatare come nella stessa clabria il fenomeno sarebbe potuto essere più vasto e così non è stato. Vuoi per le diffidenze di molta gente nei confronti della magistratura, diffidenza che si alimenta soprattutto nelle realtà piccole come quella da cui proveniamo io e la mia famiglia. Diffidenza che poi diventa avversione nei confronti di singoli magistrati (ma non mi riferisco a De Magistris).

Certo rimasi interdetto, deluso dal comportamento della classe politica (di sx si intende, poiché finora mi sono riconosciuto in quella corrente), ma mai avrei immaginato uno scenario simile. Mai avrei pensato potesse esistere davvero: lo consideravo fantapoliltica. Sarà che la maggior parte degli articoli letti (e che leggo ancvora) sapevano di delirio complottista... Restava sempre il dubbio di leggere cose studiate per pubblicizzare libri d'argomento dietrologista.

Adesso mi sento francamente schiacciato da un simile scenario e la fiducia che potevo avere in una parte della classe politica sta inesorabilmente evaporando.

Mi vien da pensare se almeno Di Pietro sia al riparo da simili vergognose "cordate" bi-partisan.

Mi vien da pensare se il "sistema" non sia ancora più pericoloso: perché limitare l'analisi solo all'Italia? Mi sembra più realistico considerare anche gli altri paesi (in primis quelli europei, poi l'America) dove forse la situazione è molto simile (non sembra un teatrino anche il tam tam mediatico delle elezioni americane? Tanto fumo, molto più fumo del modello italiano, ma alla fine poco arrosto, pure lì).

Potrei continuare all'infinito, ma credo che chi partecipa a questo blog sia già sensibile a questi temi. Per intenderci sottoscrivo in pieno la lettera di frank.

Persino quando ne parlo con gli amici mi sembra di affrontare un muro di gomma, ma questo per adesso non basta per farmi dichiarare resa.

Tuttavia mi domando, quali azioni siano possibili ed efficaci in questa società civile, azioni che abbiano efficacia e che allo stesso tempo siano rispettose delle regole di convivenza civile che non possano essere strumentalizzate dai corrotti e dai potenti di ogni risma?

In che modo é possibile aiutare persone nobilissime come De Magistris, la Forleo, Woodcock o almeno difendere ciò per cui si battono?

Andrea, da Venaria Reale

Anonimo ha detto...

RESISTERE RESISTERE RESISTERE

Per chi si trovasse nei pressi di Fano (Marche, PU), ci viene data l'opportunità di sentire la viva voce di Carlo Vulpio e Clementina Forleo il 24 e di Luigi De Magistis e Salvatore Borsellino il 26 Settembre. Ad entrambi gli incontri interverrà in collegamento telefonico anche Felice Lima.

Magistrati e giornalisti coraggiosi che ci onorano della loro presenza ed ai quali non faremo mancare il nostro caloroso sostegno.

Noi non ci arrenderemo

RESISTERE RESISTERE RESISTERE

Angelo

Cinzia ha detto...

Benvenuto Andrea,
hai già aiutato te stesso ingoiando la "pillola rossa" e guardando finalmente in faccia la realtà e non è poco.
La consapevolezza è l'unica strada da percorrere e non credere che sia facile, ci vuole tempo, dedizione, volontà e voglia di tenere gli occhi aperti, sempre.
Comunque non sei solo, cerca in rete e vedrai... chi ha occhi per guardare trova, chi ha volontà di conoscere finisce per riconoscersi.
Auguri e buon viaggio!

Vanna Lora ha detto...

oggi il pezzo di Vulpio è anche sul sito di Micromega:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/su-forleo-e-de-magistris-e-calato-il-silenzio/

Anonimo ha detto...

X Bartolo Iamonte

Il fatto che le bestie (senza offesa per le bestie) responsabili di alcuni dei più feroci massacri delle guerre di 'ndrangheta, finiscano finalmente dove devono stare, in galera, e il fatto che se ne parli, per me è cosa buona.

Paralitico il "buon" Ciccio Pakistan?

Nella mia infinita cattiveria dico che è troppo poco, la natura con lui è stata fin troppo generosa.

E detto tra noi, vorrei anche avere il conto in banca di certi "morti di fame" della locride.

Detto questo, il non parlare delle vicende importanti è una porcata che nulla toglie all'importanza di un arresto eccellente.

Non si può tacere l'arresto del boss solo perchè non si parla delle vicende dei giudici silurati.

Bisogna PRETENDERE che si parli dell'una e dell'altra cosa.

Secondo me

Luciana

Anonimo ha detto...

Io spero che qualcuno si decida a rendere pubblico cosa e' emerso nella indagine Toghe Lucane, visto che gli atti non sono piu' secretati e consistono in tonnellate di documenti di non equivoco significato.
Nessun giornale ne ha parlato, nemmeno a livello locale, nella dimensione che la gravita' della cosa imponeva.
Si tratta di capire come e' stata - e da chi - gestita la giustizia in Basilicata negli ultimi decenni, almeno in parte, perche' chi c'e' stato sa bene che anche illustri personaggi non "nominati" nella indagine hanno fatto la loro parte sin da epoche piu' lontane.
Ed in questa gestione locale "addomesticata" ad interessi di pochi sono coinvolti anche apporti decisivi di politici nazionali di primissimo livello, per cui concordo solo in parte con la informatissima Luciana.
Il livello superiore e centrale si e' mosso, eccome, per proteggere se stesso e le fruttuose ramificazioni locali quando queste ultime sono state lambite da De Magistris!
Si puo' pensare infatti che i poteri forti siano racchiusi in specie di riserve locali, senza far riferimento al vertice?
A tal proposito, cogliendo il suggerimento di qualcuno sul blog, ho letto di Pamparana "Gli impuniti", riconoscendovi una serie di similitudini con noti fatti di Calabria e Basilicata rimasti inattaccati, e pure dannosissimi per le due regioni.
Il potere forte, anche politico, si e' a lungo alimentato con la spoliazione del territorio e delle risorse destinate alle popolazioni, contando su una atavica tendenza di queste ultime a mettersi in posizione subordinata, quasi feudale, rispetto ai potenti, ad un immobilismo che e' misto di rassegnazione ed ignavia (purtroppo). Su questo terreno fertile si sono costruite sfavillanti carriere politiche e professionali di personaggi senza scrupoli e senza coscienza, che in questa condizione di intoccabilita' sono diventati anche senza freno e controllo da parte di alcuno.
Gli spiriti liberi, gli amanti della legalita' e della liberta' - che e' dignita' di vita ed autonomia da qualunque giogo clientelare - sono stati piu' facilmente "dissuasi" e ridotti ai margini ed al silenzio.
Solo cosi' puo' spiegarsi la circostanza che una vicenda come quella di De Magistris, che da un anno occupa tanta parte delle energie anche dei veri cattivoni (e meno male, cosi' si distolgono almeno un po' da altri cattivi affari...), non abbia finora avuto alcuna diffusione mediatica nei luoghi maggiormente interessati, quanto meno perche' vi si tratta di sindaci, governanti, giudici, politici del posto che hanno inciso assai sulle vite di ciascuno.
Ci si sarebbe aspettato un furore giornalistico alimentato dalla curiosita' della gente; ed invece nulla, silenzio totale, proprio come per Clementina.
M forse proprio questo andava scongiurato, che qualcuno, sapendo, ricollegasse i suoi casi sfortunati a certi scellerati intrecci e si decidesse a parlare, prima uno, poi un altro, poi molti, in modo da non lasciare isolati quelli che hanno avuto il coraggio di denunciare in una condizione di assoluta solitudine.
Non sara' che ha davvero ragione Vincenzo Calcara nei suoi agghiaccianti memoriali (ne consiglio la lettura a tutti, si trovano sul blog di Salvatore Borsellino)?
C'e' una grande mano, un livello ignoto ai piu' (che tale deve rimanere, se si considera la reazione violenta e subitanea suscitata dalle indagini di Woodcock sulla massoneria ed il silenzio che poi vi e' calato) che domina i grandi affari e che da una reazione generalizzata, consapevole e forte della popolazione "dominata" ha molto da temere.
Riusciremo a farcela?

Anonimo ha detto...

Gentile Luciana,
"E detto tra noi, vorrei anche avere il conto in banca di certi "morti di fame" della locride."
Nulla di straordinario, semplicemente, saresti una morta di fame anche tu!
bartolo iamonte

Anonimo ha detto...

Mi complimento con l'analisi fatta da Francesca.
Comunque vi informo che c'è un coraggioso giornalista lucano che, pagando sulla propria pelle, tra querele, intercettazioni e perquisizioni, sta cercando di divulgare l'inchiesta "Toghe Lucane". Si tratta di Nicola Piccenna, caporedattore del settimanale Il Resto. Per saperne di più cliccare sul sito de Il Resto http://www.ilresto.info/home.htm
e sul sito http://toghelucane.blogspot.com/

Anonimo ha detto...

X bartolo iamonte

"Nulla di straordinario, semplicemente, saresti una morta di fame anche tu!"

Può giurarci che ci metterei la firma.

Luciana

Anonimo ha detto...

Povero Mieli,come si e' ridotto,se non riesce (in quanto direttore)a far pubblicare inchieste cosi'impotrtanti e vitali per la democrazia(se esiste ancora nel nostro paese)su uno dei primi quotidiani italiani;fa prima a dimettersi dal "corriere della sera" tanto risulta piu' simpatico quando lo si vede(su BLOB)cazzeggiare tra veline e champagne.
Certi argomenti e certe inchieste non vengono pubblicate,non perche'non interessino nessuno,non si pubblicano perche' i mezzi di informazione in italia(tra cui il corriere della sera)sono assoggettati alle proprieta',ai vari personaggi politici di ambedue gli schieramenti,a tanti giornalisti che non hanno "SPINA DORSALE",a tante situazioni che risultano essere in pieno conflitto di interesse;motivo per cui certi panni sporchi si devono necessariamente lavare solo in famiglia e per fare i progressisti,oggi si lavano in "famiglie allargate".
L'informazione deve essere filtrata,tagliata,spezzettata,censurata,servita ben cotta e innaffiata con un buon vino d'annata cosidetto"DOC" cioe' di origine controllata.
Alcuni anni fa ci fu un periodo chiamato tangentopoli,allora successe che il RE' sacrifico'il vitello grasso e lo uso' come capro espiatorio salvando alcune verginelle.
Pudiche e ancora ben inserite nel castello,poco tempo fa, le stesse che allora furono salvate,(temendo che potesse scoppiare un nuovo scandalo simile a quel periodo)sono corse questa volta in anticipo ad avvertire il RE'e tutti i suoi sodali.
Cio' che resta delle inchieste della Forleo e di DE Magistris e' inqietante, perche'tutto il loro lavoro e' stato intercettato in tempo e subito bloccato;hanno messo di nuovo a nudo il RE' e scoperto le verginelle nel castello che si ostinano a dichiararsi illibate,continuando ad affligersi con cinture di castita' rimovibili,piangendo di giorno e fottendo di notte.
Il RE'offeso e ferito nel suo orgoglio questa volta ha giocato di anticipo avvertendo tutti i suoi sodali prima di essere travolto dagli scandali ha scippato le inchieste,gridando vendetta e trasferendo la Forleo a Cremona e De Magistris a Napoli.
Carissimo direttore Paolo Mieli sono vent'anni che leggo il suo giornale e negli ultimi anni mi sono reso conto che sulle notizie essenziali e di interesse pubblico prevale la disinformazione e la pubblicita'.
Ostacolando e censurando(le inchieste fatte su soggetti pubblici o su politici che ci amministrano)giornalisti che vogliono fare bene il proprio mestiere,Lei si rende complice della privazione di un elementare diritto sancito dalla Costituzione:il diritto di informazione dei cittadini.
Non so se andro' ancora a comprare il giornale;ma il pensiero che si possa tornare a discutere e riaprire un dibattito vero sul caso Forleo De Magistris,(sulla stampa o sui mezzi di comunicazione)fa sperare che ci siano spazi per una democrazia matura,che affermi(oggi piu' che mai)i principi della COSTITUZIONE e la certezza che la LEGGE SIA UGUALE PER TUTTI.....dico ma VERAMENTE UGUALE PER TUTTI.....CONCRETAMENTE UGUALE PER TUTTI.....
UUUUUUUUUUUUUUUGUALE PER TUTTI.

Anonimo ha detto...

Si, Luciana, Piccenna e' il "pazzo" che assieme ai colleghi Vulpio e a Gianloreto Carbone di "Chi l'ha visto", benche' nemmeno si conoscessero fra loro, e' stato indagato, e da un anno e' intercettato dalla Procura della sua citta', per una presunta associazione a delinquere finalizzata alla diffamazione a mezzo stampa di una persona assai in vista del suo paese (e della Nazione intera), che e' anche uno dei maggiori indagati nella inchiesta "Toghe Lucane".
Il giornalista ed i suoi presunti "associati" in verita' sono sotto minacciose pressioni da moltissimi mesi, eppure non hanno taciuto. E consiglio a tutti di seguire, come me, l'invito a visionare il sito segnalato da Luciana.
Cio' che e' scandaloso davvero e' che il CSM e l'ANM, che ben sanno la gravita' delle ipotesi di reato a carico dei magistrati indagati a Catanzaro e poi a Salerno, non abbiano ritenuto di intervenire con la necessaria tempestivita' ed efficacia per applicare il principio costituzionale, che ricordo con le parole usate da Borsellino, secondo cui "il giudice non solo deve essere terzo, ma deve apparire anche tale".
Come puo' apparirlo un magistrato pesantemente e documentatamente sospettato di far parte del presunto comitato affaristico scoperto da De Magistris?
Come puo' il cittadino comune sentirsi garantito, sicuro e indotto ad affidarsi ad una istituzione i cui uomini sono per lo meno imbarazzati dalla presenza di accuse cosi' forti a loro carico?
Cio' e' tanto piu' vero se si considera che un importante esponente della Polizia, rimosso da Potenza perche' implicato in quell'indagine come partecipe all'asserita associazione, e' stato poi trasferito a Matera, dove esisterebbe un altro consistente pezzo di quella stessa presunta associazione a delinquere.
La funzione giurisdizionale si nutre e consiste in una relazione di fiducia che si instaura fra il cittadino e la istituzione : come puo' pensarsi che questa relazione sia salva in una condizione come quella che la Basilicata e la Calabria vivono ormai scopertamente da molti mesi a questa parte?
Il silenzio delle istituzioni di garanzia e controllo e' agghiacciante, come lo e' quello della informazione - che in America e' il cane da guardia del potere, in Italia si comporta come il suo cane da compagnia....
L'avviso di conclusione delle indagini di Toghe Lucane, cosi' come la richiesta di archiviazione di Salerno nei confronti di De Magistris per la gragnuola di denunce che indagati e colleghi gli hanno mosso, pur nella loro mole ponderosissima, andrebbero letti per capire fino in fondo cosa accade; la loro lettura e' anche utile a capire molto di quanto scrivono Vulpio e Massari nei loro rispettivi libri e articoli.
Alcuni di questi documenti sono disponibili sul sito del settimanale per cui scrive Piccenna, ma bisogna aver tempo - e stomaco - per sostenerne la lettura integrale.
Ma non e' mai fatica sprecata, ne' mai troppo tardi per avventurarsi in una corretta informazione, che parta dalle fonti.
Specie se serve a non alzare bandiera bianca nei confronti di controllori che non controllano, di autorita' che hanno perso ogni autorevolezza, di sepolcri imbiancati che si impalcano a censori, ma che nascondono nefandezze inenarrabili.
Per i nostri figli, ed anche un po' per noi, che non abbiamo messo in vendita la nostra dignita'.

Anonimo ha detto...

C'è anche da dire che siamo stati poco generosi nei confronti del Corriere della Sera:
In Val D'Agri si estrae l'80% della produzione italiana. Nei 47 pozzi 500 milioni di barili
Quel petrolio che non porta ricchezza
La Basilicata e l'«oro nero»: aumenta l'inquinamento, ma non i benefici. Pochi i lucani assunti nel comparto

DAL NOSTRO INVIATO
VAL D'AGRI (Potenza) — Texas o Lucania Saudita, ormai i luoghi comuni si sprecano, per la Basilicata che galleggia sul più grande giacimento di petrolio dell'Europa continentale e sul gas. Qui, nel parco nazionale della Val d'Agri, dove non c'è la sabbia del deserto ma il verde degli orti e dei boschi, tutto è di primissima qualità: olio, vino, carne, fagioli, miele, nocciole. E anche il petrolio, che si estrae da quindici anni, è di ottima qualità. I 47 pozzi del giacimento della Val d'Agri custodiscono, dicono le stime ufficiali, circa 465 milioni di barili (finora ne sono stati estratti quasi 11 milioni), che al valore corrente di 90-100 dollari al barile formano un tesoro da quasi 50 miliardi di dollari.

Ma la Basilicata, che produce l'ottanta per cento del petrolio estratto in Italia, non si fermerà a quello della Val d'Agri, estratto dall'Eni. Dal 2011 comincerà a sfruttare — con Total, Esso e Shell — i giacimenti di Tempa Rossa, poco più a nord: altri 480 milioni di barili, altri 50 miliardi di dollari. Ed è pronta a far trivellare anche Monte Grosso, proprio a due passi da Potenza, dove c'è altro petrolio per 100 milioni di barili. E poi farà scavare nel Mare Jonio, nelle acque di Metaponto e di Scanzano, dove dai templi greci si vedranno spuntare piattaforme petrolifere come nel Mare del Nord.
Nessuno, ancora fino a qualche anno fa, e nonostante i giacimenti della Val d'Agri, avrebbe scommesso che nel sottosuolo lucano e nei fondali jonici fosse nascosta tutta questa ricchezza. Dopo l'intuizione di Enrico Mattei, che tra gli anni 50 e 60 venne qui a cercare petrolio e trovò «soltanto» gas, l'idea che la Basilicata potesse davvero essere un enorme serbatoio di petrolio era per lo più giudicata un volo della fantasia.

Invece i sondaggi e le trivelle si sono spinti fino nelle viscere della terra, a tre-quattromila
metri di profondità, e hanno trovato il mare nero che cercavano. Come non essere contenti? Sembrava l'annuncio dell'inizio di una nuova era, per la Basilicata e per il Mezzogiorno d'Italia, per la questione meridionale e per il federalismo fiscale, per il lavoro ai giovani e per la fine dell'emigrazione.
E infatti, all'inizio, tutti erano contenti.

Dicevano: «Pagheremo meno la benzina, come in Valle d'Aosta, dove costa la metà senza che si produca una goccia di petrolio. E pagheremo meno anche le bollette della luce e del gas». Dicevano: «Con le royalties del petrolio avremo strade e ferrovie, che qui sono ancora quelle di un secolo fa». Dicevano: «Finalmente non saremo più costretti a emigrare, avremo il lavoro a casa nostra». Dicevano: «Si metterà in moto un meccanismo virtuoso, da cui tutti trarremo vantaggi. Il petrolio è la nostra grande occasione». Dicevano tutte queste cose, i lucani. Che oggi non dicono più. La delusione ha frantumato i sogni, lo scetticismo ha svuotato la speranza. E il petrolio, da grande risorsa per la grande occasione, sta diventando sempre di più una maledizione.

E infatti. Il lavoro manca come prima. Le opere infrastrutturali nessuno le ha ancora viste. Mancano i fondi per i prestiti agevolati agli imprenditori, anche stranieri, che volessero investire in Basilicata. Il costo della benzina non ha subìto sconti. Il risparmio sulla bolletta del gas è solo apparente. La gente, soprattutto i più giovani, continua a emigrare: negli ultimi quindici anni a Grumento Nova, 2.500 abitanti, la popolazione è diminuita di un quarto, mentre da tutta la regione — che ha poco più di 570 mila abitanti — si continua a emigrare al ritmo di quattromila persone all'anno. E l'aria, l'acqua e persino il rinomato miele della Val d'Agri sono sempre più a rischio perché sempre più «ricchi» di idrocarburi.

Il petrolio puzza, e in tutta l'area del Centro olii di Viggiano l'odore è forte e si sente: è normale, sono gli idrocarburi policiclici aromatici e l'idrogeno solforato dovuti alla produzione e al trasporto del petrolio (che però adesso avviene attraverso un oleodotto di oltre cento chilometri che porta il greggio alle raffinerie di Taranto). Ciò che non è normale è che in Italia i limiti di emissione di idrogeno solforato siano diecimila volte superiori a quelli degli Stati Uniti e che il monitoraggio di queste sostanze in Val d'Agri avvenga solo due o tre volte l'anno. Ciò che non è normale è il valore altissimo delle «fragranze pericolose per l'uomo» (benzeni e alcoli) trovate nel miele prodotto dalle api della Val d'Agri, come sostiene una ricerca dell'università della Basilicata pubblicata dall'International
Journal of Food Science and Technology. Ciò che non è normale è che all'Arpab, l'Agenzia regionale di protezione ambientale, non crede più nessuno, tanto che c'è chi ha deciso di fare da solo. Come il Comune di Corleto Perticara, che l'anno scorso ha ceduto a Total per 99 anni, e per 1,4 milioni di euro, il diritto di superficie su un'area di 555 mila metri quadrati in cui realizzare il Centro olii, ma che si è dotato (finora unico comune fra i 30 interessati all'estrazione di petrolio) di un proprio sistema di monitoraggio ambientale.

L'accordo tra Eni e Basilicata prevede ben 11 progetti «compensativi», del valore di 180 milioni di euro, per la sostenibilità ambientale, la formazione e lo sviluppo culturale. E il vicedirettore generale dell'Eni, Claudio De Scalzi, vanta i seguenti risultati: «Royalties per 500 milioni di euro già versati, con un potenziale di 2 miliardi per i prossimi anni se si riuscirà ad arrivare a uno sviluppo completo dei campi della Vald'Agri. Centotrenta tecnici lucani assunti e altre 30 assunzioni in corso. Trecento ditte lucane dell'indotto in rapporto con l'Eni, di queste 60 lavorano in modo continuativo con la società».
Ma a guardare bene i numeri si fa presto a capire che si tratta di «piccoli numeri». A cominciare dalle royalties, il 7% (il 4% se il petrolio è estratto in mare), tra le più basse del mondo. Quando già nel 1958 Enrico Mattei considerava «un insulto» il 15% che le Sette Sorelle versavano ai Paesi produttori e parlava di «reminiscenze imperialistiche e colonialistiche della politica energetica». Tanto è vero che oggi — in Venezuela, Bolivia, Ecuador — i contratti vengono rinegoziati per portare le royalties oltre il 50%.
Più «vantaggioso», almeno in apparenza, l'accordo stipulato nel 2006 dalla Regione Basilicata con Total, Esso e Shell per i giacimenti di Tempa Rossa, che, tra le altre cose, dovrebbe consentire alla Regione di dotarsi di un sistema di monitoraggio ambientale da 33 milioni di euro (a riprova che finora su questo fronte non s'è fatto nulla) e di fornire gratuitamente tutto il gas naturale estratto (con un minimo garantito di 750 milioni di metri cubi) alla Società energetica lucana, interamente a capitale regionale. L'effetto immediato sarà una bolletta del gas meno cara, almeno di un buon 10%. Ma non per tutti lucani. Ne beneficeranno solo i pochi allacciati alla rete del metano. Già, perché il gas c'è, ma dove va se non ci sono le condotte?


Carlo Vulpio
22 settembre 2008

Anonimo ha detto...

Sullo stesso argomento:

"TERRA: A QUALCUNO PIACE CALDA"
di Sabrina Giannini

La puntata di report e' del 18-10-2001 (riproposta poi il 28-8-2002)
Sono anni che cercano di informarci e noi facciamo orecchie da mercanti salvo poi indignarci quando sara' troppo tardi.

http://www.report.rai.it/R2_popup_articolofoglia/0,7246,243%255E90084,00.html

Buona giornata
Consuelo

Anonimo ha detto...

Salve ogni tanto riesco a tornare a trovarvi e leggervi molto volentiri.

Volevo segnalarvi una notizia che ho tovato in giro per il web, magari ne avete già parlato ma magari no.

riguarda il processo di diffamazione della famiglia Tortora che coinvolge il gip Clementina Forleo.

mi aiutate ha capire per cortesia la notizia?
nel senso, mi spiegate meglio e in modo comprensile la cosa per favore?

ecco la notizia:

Erano passati ormai 6 anni dalla morte di Enzo Tortora, vittima di uno dei più clamorosi errori giudiziari del secolo scorso.
Il processo di primo grado, come chiaramente aveva stabilito la sentenza di appello, era stato costellato di superficialità e di veri e propri errori materiali, come dimostrava la lunga teoria di persone che eranoo state arrestate per un semplice problema di omonimia.

Lo stesso Tortora era stato arrestato per un problema di omonimia.

Solo al processo d'appello emerse che l'agendina di un noto camorrista in cui figurava il suo nome non era del camorrista, ma della fidanzata dello stesso, che il nome scritto nell'agenda non era quello di Tortora, ma di un certo Tortona, che il numero telefonico accanto a quel nome non era quello di Tortora ( che mai aveva avuto in assegnazione un numero simile).

Tutte informazioni che avrebbero potuto essere acquisite con estrema facilità in quell'estate del 1983 in cui magistrati superficiali e negligenti avevano preferito precipitarsi a far arrestare con clamore il presentatore televisivo.

Ebbene sei anni dopo la morte di Tortora ( per "crepacuore" come ascientificamente, ma di sicuro avvicinandosi moltissimo alla realtà, scrisse Giorgio Bocca), uno dei suoi implacabili accusatori, Gianni Melluso, detto Gianni il Bello, tornò a parlare di Tortora per accusarlo in un'intervista al settimanale "Gente".

Le figlie di Totora. ovviamente e giustamente, lo querelarono, forti della sentenza di assoluzione del padre, sentenza con formula piena, per non aver commesso il fatto.

Ma il giudice assolse Melluso sostenendo che ‘L’assoluzione di Enzo Tortora rappresenta in realtà soltanto la verità processuale e non anche la verità reale del fatto storicamente accaduto’.

Inutile aggiungere commenti.

Ma un'informazione vale la pena di darla. Sul nome del giudice che sostenne questa tesi : Clementina Forleo.

Due mesi dopo l'allora sostituto procuratore generale della repubblica a Milano espresse parere negativo sull'istanza di riapertura del procedimento con queste parole:

"L'assoluzione di Enzo Tortora con formula piena non è conseguenza della ritenuta falsità delle dichiarazioni di Giovanni Melluso e di altri chiamanti in correità, ma della ritenuta inidoneità delle stesse a costituire valida prova di accusa."

Anche qui nessun commento, solo un'informazione sul nome di quel sostituto procuratore: Elena Paciotti.

Grazie Nicola

Anonimo ha detto...

Per Nicola (commento delle 15.52).

Gentile Nicola,

non so chi e dove abbia scritto le cose che Lei ci ha riportato. Ciò che posso dirLe è che chi le ha scritte non sa nulla del "caso Tortora" e, come purtroppo succede ormai sistematicamente, parla o in malafede o senza informarsi su ciò di cui parla.

Fermo restando il più grande rispetto per Enzo Tortora e per la sua dolorosa vicenda processuale, basterà a chiunque leggere la sentenza delle Corte di Cassazione che ha sancito definitivamente la sua assoluzione per verificare che il suo arresto e la sua condanna non furono affatto frutto di errori clamorosi e macroscopici (la storia che vi sarebbe stato un errore di persona con riferimento al nome su un agendina è semplicemente una BUFALA che ha girato ed evidentemente gira ancora su quell'immondizia che sono troppi giornali italiani).

Ferma restando l'innocenza di Tortora per come sancita in maniera definitiva, per esporre le ragioni che sostengono l'assoluzione si sono dovute scrivere decine di pagine di motivazione della sentenza che, come la maggior parte delle sentenze di assoluzione, non dimostrano che si ha la prova certa dell'innocenza dell'imputato, ma che manca quella della sua colpevolezza.

Ciò non toglie nulla all'innocenza e alla dignità di Enzo Tortora, ma rende le considerazioni che Lei ci ha riportato chiacchiere da bar (di un bar decisamente malfrequentato).

Felice Lima

Anonimo ha detto...

Da Nicola:
Grazie dottor Lima,
vi segnalerò dove ho reperito quella notizia, in un casa inoltre citano, mi consenta, il "nostro blog".

Ma aldilà di come è riportata la notizia, poichè in realtà ho fatto io delle ricerche, sono due differenti procedimenti:

1) il cosiddetto processo Tortora terminato con l'assoluzione, e per fortuna, di Enzo Tortora.

2) è un procedimento "mai nato?" per una accusa di diffamazione da parte dei famigliari di Tortora, a seguito di una intervista di Melluso del 1992, apparsa su Gente.
Dove il GIP di quella "inchiesta" era Clementina Forleo.

Io vi chiedevo se era possibile aiutare a comprendere "tecnicamente" l'assoluzione (o non invio a giudizio?) di Melluso, poichè se ricorda io non sono "del settore", eh eh eh

E quindi appariva grossolana la cosa, io ve l'ho segnalata, solo perchè mi sembrava in parte grossolana, (difatti quando vedrà come è postata e non tanto dove l'ho trovata).

Questo non modifica la mia stima per la Dottoressa Forleo, mi piace solo chiarire al meglio.

comunque dottor Lima, le mando i link, e poi attendo (se possibile) chiarimenti migliori di quelli che sono riuscito a reperire.

Grazie ancora
Nicola

Anonimo ha detto...

Per Nicola (commento delle 16.04).

Gentile Nicola,

provo a chiarire la questione.

Devo fare, però, una premessa: non riesco a discutere di cose che non conosco.

Dunque, Le risponderò con riferimento alla questione generale e non al caso concreto, perchè del "caso Melluso" del quale Lei ci parla non ho letto nessun atto e, dunque, non so nulla.

Accade da tempo in Italia questa cosa che trovo davvero demenziale: ognuno esprime giudizi con un elevato grado di certezza e di arroganza su cose che non conosce per nulla.

Su questo si è sviluppato un dibattito abbastanza ricco in calce al post “La giustizia a proprio uso e consumo”, al quale La rinvio.

E' come se io, che non sono medico, sentendo al telegiornale la notizia "Anziana signora azzannata da un cane. I parenti la soccorrono agonizzante, ma, giunta in ospedale, muore nel corso dell'operazione". dicessi: "Io non capisco come questi medici possano essersela fatta morire sotto i ferri. Sono davvero dei macellai".

Ma come si fa a giudicare l'operato di quei medici senza conoscere neppure la cartella clinica e senza capirne nulla di medicina?

E, analogamente, come si fa a insultare un giudice per una sentenza senza avere letto né il fascicolo processuale e addirittura neppure la motivazione della sentenza e senza capirne niente di diritto?

In uno dei siti dai quali Lei ha attinto la notizia che ho riportato si fa l'elogio del "buon senso". Si tratta di affermazione pericolosa, profondamente contraria a uno stato di diritto e con un sacco di altri gravi difetti.

Dire che la terra era rotonda e che girava intorno al sole quando fu detto per la prima volta in pubblico contraddiceva il "buon senso". Ma era vero.

Quando un aereo precipita in vite, non bisogna cercare di tirare su il muso, come vorrebbe il "buon senso", perchè questo peggiora di molto la situazione. Bisogna, invece, contro l'evidenza e il "buon senso", puntare il muso verso il suolo in modo che accadeano una serie di cose indispensabili perchè l'aereo possa essere nuovamente governato.

Di tanti mali stiamo morendo noi italiani: uno dei tanti è il mix di ignoranza e arroganza che ci contraddistingue.

Vengo alla questione tecnico-giuridica che Lei pone.

Immagini che un alto magistrato venga nella mia stanza e mi chieda di assolvere un colpevole perchè suo amico o perchè uomo potente o per qualche altro deplorevole motivo (promessa di denaro, minacce di morte, ecc.).

E immagini che io faccia il mio dovere e corra a denunziare la cosa.

Immagini ancora che dalla mia denuncia nasca una inchiesta prima e un processo poi e che l'alto magistrato che mi ha "raccomandato" un malavitoso venga infine processato.

Immagini che egli si difenda sostenendo che io sono una pessima persona e porti prove sul fatto che anni fa io e lui abbiamo avuto un grave motivo di confronto e sostanga che la mia testimonianza è inattendibile perchè io ho motivi di rancore nei suoi confronti. E immagini ancora che dica che è vero che mi aveva "segnalato" il caso, ma che sono io che ho frainteso, perchè lui non voleva che io agissi contro la legge, ma solo che "prestassi molta attenzione" alla cosa.

Immagini che io insista nella mia denuncia.

Immagini infine che il giudice, all'esito del dibattimento, assolva l'alto magistrato, sostenendo che è altamente probabile che le cose siano andate come ho denunciato io, ma che su questo ritiene non si possa esprimere un giudizio certo, "al di là di ogni ragionevole dubbio" (come vuole la legge), perchè un dubbio forte c'è ed è che io - in buona fede, perchè potrei aver capito male, o in malafede, a causa dei rancori che nutro per quella persona (è ovvio che si tratta di un esempio didascalico, perchè personalmente non nutro mai rancore per nessuno) - non sono completamente attendibile o comunque non tanto da fondare sulla mia sola testimonianza una condanna.

E ora immagini un altro caso che si verifica MOLTO frequentemente.

Immagini una rapina con omicidio e che l'unica prova a carico di un indiziato sia il riconoscimento fotografico fatto da una anziana cliente della banca che, vedendo le foto di tanti pregiudicati su un album della Questura, sostiene di riconoscerlo come l'autore della rapina.

E immagini o che al dibattimento la signora non si dimostri del tutto certa nel riconoscere di persona l'imputato o che il giudice (come accade a me personalmente) abbia esperienza del fatto che i riconoscimenti fotografici o anche personali sono un tipo di prova molto poco attendibile (quante volte ognuno di noi ha giurato in buona fede di avere visto quell'amico in quel posto quella volta e quello neghi di essere lui!).

E immagini, dunque, che l'alto magistrato nel primo caso e l'imputato di rapina e omicidio nel secondo vengano assolti.

In entrambi i casi la loro assoluzione NON significa che c'è la prova del fatto che sono innocenti, ma che manca la prova del fatto che sono colpevoli.

Così stando le cose, ora immagini che, in entrambi gli esempi che ho fatto, un giornalista chieda ai protagonisti di raccontare la storia che gli è capitata.

Io la racconterò come l'ho raccontata al processo, insistendo nel dire che ciò che ho detto lì era vero. E l'anziana cliente della banca insisterà nel dire di essere stupita dell'assoluzione dell'uomo che lei ha riconosciuto come rapinatore.

Secondo Lei, negli esempi che ho fatto, io e la vecchina ci beccheremmo una condanna per diffamazione?

Ovviamente no.

La "verità processuale" è, appunto, la verità "processuale" e dunque bisogna conoscerla e capirla per ciò che è.

Altrimenti si fanno e si dicono cose prive di ogni fondamento.

Fra i tanti esempi, è abituale sentire dire che Andreotti è stato "assolto", mentre, invece, si è dichiarato non doversi procedere per prescrizione. Che è una cosa diversissima, anche se il "buon senso" la prescrizione non la capisce proprio.

Così come il "buon senso" non capisce, per esempio, il "ne bis in idem". Ricordo un assassino che, dopo essere stato assolto, ammise pubblicamente di essere l'assassino. Com'è possibile che non lo si possa più processare? E' possibile per ottime ragioni legali che chi fa il salumiere o il professore di fisica non capisce, come io non capisco perchè i neutrini, se accelerati a Ginevra, ci danno notizie sul big bang.

Prima di concludere, aggiungo un'altra considerazione: in uno dei siti dai quali Lei ha tratto le notizie di cui discutiamo, si insulta gratuitamente Clementina Forleo per l'assoluzione da lei pronunciata di alcune persone accusate di terrorismo e che lei ha ritenuto non essere terroriste.

La mia personale posizione è che quella sentenza di Clementina, che ho letto, diversamente da chi ne blatera senza conoscerla, è una sentenza eccellente, che, nel merito, condivido pienamente (dico "nel merito", perchè ho invece perplessità sul profilo della competenza per territorio). Essa è stata condivisa dalla Corte di Appello. La Cassazione ha annullato, poi, la sentenza d'appello.

Spero di avere dato un contributo utile, almeno un po', a capire "come possono accadere certe cose" e invito tutti a riflettere sul fatto che così come fare il chirurgo o fare il farmacista o il salumiere o l'autotrasportatore o il piastrellista sono lavori che richiedono specifiche competenze e hanno specifiche regole proprie, così è anche per il lavoro dei giudici, anche se, invece, ormai, l'esperienza "culturale" di Porta a Porta induce tutti a pensare che chiunque può fare benissimo il giudice anche senza avere mai studiato un libro di diritto e soprattutto senza avere letto alcuna pagina del processo, avendo sentito solo l'opinione di UNO degli interessati.

Un caro saluto.

Felice Lima

Anonimo ha detto...

Grazie Dottor Lima,
è stato molto esaustivo e direi "azzecati" gli esempi di aggancio.

Perdoni il ritardo, nei ringraziamenti ma io sono spesso in giro per lavoro, e mi collego quandoe appena posso, faccio l'agente di commercio.

Ma ci tenevo che sapesse che ho letto il suo chiarimento.

Poi un'altra cosa
Dottor Lima, se io volessi scrivere un intervento (attinente a quelli già esposti) chiaramente inviandoglielo prima, è possibile?

intendo,
non come commento, ma come intervento.
Chiarisco, io non so nemmeno se riuscirò a scriverlo (e quando) ma mi piacerebbe, sarebbe una voce in più, o un punto di vista differente.

Ad ogni modo, per intanto grazie e tornerò a leggervi TUTTE le volte che mi è possibile.

Nicola

Anonimo ha detto...

imparato molto

Anonimo ha detto...

Si, probabilmente lo e