lunedì 19 gennaio 2009

Csm, eliminare il dilettantismo



di Stefano Zan
(Docente di Teoria delle organizzazioni Università di Bologna)


da Corriere della Sera del 19 gennaio 2009


La deriva correntizia, che alcune recenti ipotesi di riforma del Consiglio superiore della magistratura vorrebbero eliminare, non è la causa (principale) bensì la conseguenza di un problema ben più profondo e radicato che potremmo definire (con Max Weber) il dilettantismo.

I compiti principali del Csm sono di gestione e organizzazione della componente togata del sistema giudiziario.

Il Csm cioè si occupa dell’ organizzazione degli uffici, della valutazione dei magistrati, della loro carriera, della nomina dei direttivi e dei semi direttivi, di formazione, di permessi e autorizzazioni di varia natura, oltre che di provvedimenti disciplinari avendo a riferimento, i 27 consiglieri, circa 20.000 «dipendenti» tra magistrati ordinari, onorari e giudici di pace.

In altri termini una vera e propria direzione «sviluppo organizzativo e risorse umane» che nelle organizzazioni normali è presidiata da specialisti appositamente formati.

Chi sono, in termini idealtipici, i componenti del Csm, togati e non (esclusi i membri di diritto)?

I magistrati eletti nel Csm di norma sono figure relativamente giovani, a metà carriera, che non ricoprivano incarichi direttivi (presidente di tribunale o di sezione), quindi senza alcuna esperienza-capacità riconosciuta di gestione degli uffici giudiziari, però attivi prima nella propria corrente e poi nell’Associazione nazionale e che, dopo una lunga e impegnativa campagna elettorale, hanno ottenuto i voti sufficienti.

I membri laici si distinguono in due categorie fondamentali: avvocati-professori esperti di materie giuridiche, e politici momentaneamente senza posto.

Anche i laici quindi arrivano al Csm senza alcuna specifica competenza «gestionale» e senza particolari skill sulla valutazione, sulla formazione, sulla organizzazione degli uffici, etc.

Tutti (laici e togati) tecnicamente dilettanti, direbbe Weber, che però devono decidere su come si organizzano uffici giudiziari che non hanno mai gestito, devono decidere chi andrà a fare il capo degli uffici selezionando sempre persone più anziane ed esperte di loro (cosa che non avviene in nessuna organizzazione al mondo), devono definire i criteri di valutazione per la carriera di tutti i magistrati.

Ma il dilettantismo è talmente radicato che si riverbera in mille altre direzioni.

Lo ritroviamo nell’organizzazione interna del Consiglio.

Le presidenze delle Commissioni consiliari (e in gran parte anche la loro composizione) cambiano ogni anno per essere certi che non si sviluppi alcun processo di apprendimento organizzativo.

Ogni 4 anni il Consiglio viene ricostituito in toto per essere sicuri che il processo di apprendimento ricominci da zero e che non vi sia alcuna forma di valorizzazione di quanto fatto dal Consiglio precedente.

D’altra parte non può essere certo la tecnostruttura a mantenere la «memoria storica» dell’ente perché su un centinaio di dipendenti «amministrativi» ci sono 28 autisti e una settantina di impiegati.

Mi pare di avere dimostrato a sufficienza che il dilettantismo sia la caratteristica dominante del sistema che trova le sue radici nel principio che qualsiasi magistrato in quanto tale può sempre svolgere al meglio qualsiasi compito (non giudiziario) che si trovi a dover affrontare.

Le conseguenze di questo assunto dominante sono molteplici.

Intanto moltissimi magistrati fanno sforzi sovrumani per acquisire rapidamente quelle competenze (gestionali, organizzative, statistiche, informatiche, formative, etc.) che non hanno, ma che capiscono essere utili per la loro attività. Ovviamente anche questo lo fanno da dilettanti.

I componenti del Consiglio lavorano moltissimo, ma, lavorando male e avendo un supporto dalla tecnostruttura esclusivamente segretariale, producono poco.

Quando proprio non ce la fanno ad affrontare un problema nominano una commissione composta da altri magistrati che, per quanto si impegnino con coscienza, sono e restano dei dilettanti.

Infine, e qui torniamo al punto di partenza, avendo il potere, ma anche il dovere di assumere decisioni importanti, non potendo ancorare le loro decisioni a specifici sistemi di competenza nel merito assumono, come parametro di riferimento, l’appartenenza e, quindi, oggi, la corrente.

La conseguenza più grave è che il principio costituzionale sacrosanto dell’autogoverno rischia in questo modo di degenerare in semplice autogestione della cosa pubblica.

Il dibattito politico sulla riforma del Csm non si occupa di queste cose e le soluzioni proposte rischiano di non risolvere in alcun modo il problema.

Ammesso e non concesso che si riescano a eliminare le correnti con qualche nuovo meccanismo elettorale, l’assenza di competenze porterà comunque a privilegiare appartenenze claniche che non avranno nemmeno il pregio attuale della trasparenza e della pubblicità.

Con la riforma alcune indicazioni di massima andrebbero comunque perseguite.

Intanto un forte decentramento delle attività routinarie del Csm. Non si possono gestire 20.000 fascicoli personali da Roma.

In secondo luogo la costruzione di una qualificata e professionale tecnostruttura permanente del Csm.

Una diversa organizzazione delle commissioni, del loro lavoro e del loro rapporto con il plenum.

Una scadenza parziale dei consiglieri in tempi diversi.

L’immissione di competenze altre: non solo giuridiche ma anche «gestionali» da ricercare sia tra professionisti ed esperti ma, soprattutto, tra magistrati che hanno dimostrato sul campo le loro capacità.

Per intenderci figure come il procuratore di Bolzano, il presidente di Torino, l’ex capo dipartimento dell’organizzazione oggi, con le logiche vigenti, non potrebbero entrare nel Csm.

Il paradosso è che qualcuno di loro ci è stato, ma tanti anni fa, quando era … un dilettante.



7 commenti:

salvatore d'urso ha detto...

E'possibile avere la risposta del CSM al non rendere pubblico il processo disciplinare nei confornti del PG Luigi Apicella?...

Vorremmo sapere la motivazione del rigetto.

Sharon ha detto...

solidarietà alla procura di salerno.
attendo le motivazioni del csm.

Anonimo ha detto...

Condivido in pieno l'articolo, anche perchè intravedo una precisa accusa alle migliori espressioni della Magistratura che restano fuori dalla competizione per concorrere alla elezione dei membri.
Alla luce della puntuale analisi credo che l'esclusione abbia basi volontarie.
Traduco: non frega nulla a queste espressioni del CSM. Sbaglio?
Se le cose dovessero, malauguratamente, essere in questo senso,credo che nessuno abbia il diritto di lamentarsi, specie le migliori espressioni..

Cinzia ha detto...

per Salvatore D'Urso

sembrerebbe che quando ad un procedimento viene applicata la modalità dell'urgenza può (o deve?) non essere pubblico ... ma chiedo conferma a chi ne sa più di me che potrei aver frainteso la dialettica un po' sfuggente di un personaggio piuttosto oscuro(!) incontrato davanti ad un palazzo del potere in una gelida e assolata giornata d'inverno.

...a buon intenditori...

Cinzia ha detto...

per l'Anonimo del 19 gennaio 2009 22.19

"Alla luce della puntuale analisi credo che l'esclusione abbia basi volontarie.
Traduco: non frega nulla a queste espressioni del CSM. Sbaglio?
Se le cose dovessero, malauguratamente, essere in questo senso,credo che nessuno abbia il diritto di lamentarsi, specie le migliori espressioni.."

Ma scusi, alla luce abbagliante dei fatti a me sembra chiarissimo che le elezioni risultano essere truccate da un sistema che gestisce i posti di potere, non riesco proprio a capire la Sua polemica tenendo conto di questa realtà. L'esclusione volontaria credo sia l'unica risposta possibile oltre che eticamente praticabile.
Inoltre questa "intravisione" che ha Lei verso "...una precisa accusa alle migliori espressioni della Magistratura che restano fuori dalla competizione..." io sinceramente non la vedo proprio in un'articolo dove l'autore, anche se con estrema eleganza, mi sembra sia molto chiaro in proposito quando scrive:

"Infine, e qui torniamo al punto di partenza, avendo il potere, ma anche il dovere di assumere decisioni importanti, non potendo ancorare le loro decisioni a specifici sistemi di competenza nel merito assumono, come parametro di riferimento, l’appartenenza e, quindi, oggi, la corrente."

eleganza non è sinonimo d'ingenuità
e non potendo non significa non averne le capacità, ma, in questo caso, non averne precisa volontà, dal mio punto di vista.
Il dilettantismo di cui parla il prof. Zan è assolutamente fazioso.
Non a caso l'articolo chiude in questo modo... non crede?

"Per intenderci figure come il procuratore di Bolzano, il presidente di Torino, l’ex capo dipartimento dell’organizzazione oggi, con le logiche vigenti, non potrebbero entrare nel Csm."

...il condizionale è d'obbligo all'eleganza di cui sopra, ma la chiusa ci spiega anche meglio

"Il paradosso è che qualcuno di loro ci è stato, ma tanti anni fa, quando era … un dilettante."

...volendo capire...

Anonimo ha detto...

Dilettantismo.
Dopo aver passato una notte insonne, stamani leggo nei giornali, in conclusione, dal CSM (alla politica: ecco fatto:) la riforma non serve. Idem Palamara.
Stamani mi sento anche calabrese.
Da anche calabrese vorrei aver conto da ogni sindaco della Calabria di ogni soldo speso in quelle opere e quali opere con i fondi pubblici nazionali e europei, vorrei (uso il condizionale perchè il tempo presente IO VOGLIO è prerogativa di qualcun altro)che fossero pubblicati gli atti dell'inchiesta a cui sembra apposto il segreto di stato.
Al Dr. Apicella, entrato nella lista degli INGIUSTIZIATI vorrei dire vada avanti, Cassazione, Consiglio di Stato, Corte Costituzionale. Lei lo può e lo deve in nome della Giustizia uguale per tutti. I politici di oggi dovranno essere sostituiti dalle nuove generazioni alle quali tutti noi dobbiamo un esempio di legalità perchè la Giustizia è un bene irrinunciabile.
Alessandra

Dario ha detto...

Il CSM, “organo di autogoverno”, è in realtà una figura ibrida che assomma tre poteri, normalmente separati: è un parlamentino, che emana atti latamente normativi, è un organo di gestione amministrativa, ed anche di giustizia, attraverso la sezione disciplinare.
Se per la funzione latamente ‘giudiziaria’ si spera che un consesso di giudici sia pienamente qualificato, per la funzione rappresentativa il dilettantismo è più che normale. Ogni parlamento di questo mondo è costituito da persone non specificamente preparate. Il problema dunque è nella funzione gestionale.

E qui bisognerebbe dire per onestà che il CSM soffre di quello che gli americani chiamano ‘overstretching’, avendo assunto troppi compiti, spesso invadendo il campo che spetterebbe al Ministero della Giustizia. Mi riferisco, per esempio, alla formazione, all’informatica, alle statistiche, dove ci sono frequenti interferenze e non di rado conflitti.

Zan sottolinea che la struttura del CSM è esigua. Eppure è già sensibilmente più ampia di quella dell’omologo organismo francese. Inoltre il CSM, ed i Consigli Giudiziari, sul territorio si avvalgono - non ho mai capito bene a che titolo, solo che è più “igienico” non approfondire – delle strutture degli Uffici Giudiziari, che a rigore dipendono dal Ministero della Giustizia.

Ho spesso avuto l’impressione che il CSM tenda a duplicare le strutture del Ministero, e quando non può, a condizionarle.
Questa tensione è probabilmente il frutto della singolare diarchia gestionale prevista già in Costituzione tra Ministero e CSM: in altri paesi la si è risolta trasferendo il controllo dell’Organizzazione Giudiziaria o direttamente al Consiglio Superiore della Magistratura (in Romania), ovvero (come in Ucraina, dove sono stato di recente per una consulenza) a un’agenzia ad hoc, sotto il controllo della Magistratura.
Senza guardare lontano, del resto, anche in Italia tutte le giurisdizioni, diverse da quella ordinaria (amministrativa, militare, contabile, costituzionale), godono di piena autonomia organizzativa e gestionale, talché il Ministero “della Giustizia” è in realtà competente per la sola giustizia civile e penale.

Quanto sia logico tutto ciò lo lascio stabilire ad altri. Mi limito a suggerire che forse il rimedio non sta in una ulteriore strutturazione del CSM – che finirebbe per farlo diventare inevitabilmente un secondo Ministero - ma semmai nella riduzione del suo ‘overstretching’, eliminando le duplicazioni con la struttura ministeriale.