mercoledì 3 marzo 2021

Dimenticate Donatella!



di Massimo Vaccari - Magistrato 

Domenica scorsa “Il Fatto Quotidiano” ha  pubblicato la notizia che Donatella Ferranti, già segretario generale del Csm, per numerosi anni, già ex presidente della commissione giustizia della camera, in quota PD, e dal 2017, concluso il mandato parlamentare, consigliere di cassazione, ha comunicato all’associazione nazionale magistrati le proprie dimissioni dal sindacato delle toghe.

La decisione, secondo quanto riportato dal quotidiano, è finalizzata ad evitare il giudizio del collegio dei probiviri dell’A.N.M. , al quale la consigliera di cassazione sarebbe stata probabilmente sottoposta, al pari di altri magistrati che, secondo quanto risulta piuttosto chiaramente dalle chat acquisite nell’indagine penale su Luca Palamara, avevano raccomandato a quest’ultimo nominativi di colleghi per la loro nomina ad incarichi direttivi.

In un precedente articolo di questo blog avevamo illustrato nel dettaglio i messaggi tra la dott.ssa Ferranti e l'ex presidente della ANM, che davano conto del pressante interessamento della prima alla nomina di almeno due colleghi, il dott. Turco e il dott. Salzano, rispettivamente a presidente del Tribunale di Viterbo e a sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione, nomine poi puntualmente avvenute, seppure in date successive alla scadenza del mandato consiliare di Luca Palamara.

Ora giunge la notizia delle dimissioni della Ferranti dalla Anm.

La scelta non può né deve sorprendere più di tanto i nostri lettori  poiché costituisce una exit strategy che viene spesso utilizzata da magistrati che intendono sottrarsi ad un giudizio disciplinare (in sede di Csm o di Anm)  e, del resto, è stata già adottata anche da Cosimo Ferri, sottoposto a procedimento disciplinare in relazione alla vicenda della nomina del Procuratore di Roma.

Sempre il Fatto quotidiano ha riferito anche che la Ferranti avrebbe richiesto alla magistratura di Perugia di cancellare le chat che la riguardano, in quanto violerebbero la sua privacy.

Questa pretesa appare davvero sorprendente, sia “in fatto che in diritto”, come usa dire tra i giuristi.

Infatti le chat in questione sono ormai di pubblico dominio da mesi, essendo state pubblicate e commentate su diversi quotidiani, anche dalla stessa Ferranti che ha tentato di darne pubblicamente (http://www.tusciaweb.eu/2020/06/tutti-sanno-ceno-casa) una spiegazione, invero alquanto inconsistente, come avevamo già evidenziato nel precedente articolo.

Per di più esse sono state rilanciate e diffuse sul web, cosicchè, quand’anche la dott.ssa Ferranti ottenesse la cancellazione della copia delle chat acquisita nel procedimento penale, il loro contenuto rimarrebbe pubblicato negli articoli sopra citati e invocare un diritto all’oblio appare estremamente prematuro.

A prescindere da tali considerazioni di fatto non va poi dimenticato  che la pubblicazione delle chat in questione è avvenuta in attuazione di un diritto costituzionale, quale quello all’informazione,  che prevale sicuramente su quello alla privacy quando le notizie, anche di carattere privato, siano di interesse pubblico e nel caso di specie non è dubbio che esista un simile interesse se si considera che le conversazioni sono intercorse tra due soggetti che, all’epoca dei fatti, ricoprivano incarichi istituzionali, (Palamara, ex presidente dell’Anm, quello di membro togato del Csm e la Ferranti quello di presidente della commissione giustizia della Camera dei deputati (si veda il provvedimento del Garante della privacy n. 29 del 27 gennaio 2016, sulla liceità della pubblicazione su un blog  di notizie e commenti che comportano un trattamento di dati personali, riguardanti un personaggio pubblico).

Ancora, occorre evidenziare che le conversazioni saranno sicuramente state trasmesse alla Procura Generale e al Csm per le valutazioni di rispettiva competenza

E invero la condotta da esse desumibile pare avere rilievo disciplinare sebbene non sia espressamente contemplata nella casistica esemplificativa di cui alla direttiva del procuratore generale della Cassazione sui criteri di valutazione delle condotte emergenti dalle chat.

E’ difficile infatti contestare che essa integri la grave scorrettezza nei confronti di altri magistrati, di cui all’art. 3 lett. a) d.lgs. 109/2006, perché l’etero promozione in questo caso ha prodotto un accordo che ha portato al risultato richiesto ovvero alla nomina dei due segnalati.

Siamo quindi ben lontani da semplici espressioni di manifestazione del pensiero.

A ben vedere può ritenersi realizzata una fattispecie di illecito anche più grave, quella della lett. d) dell’art. 3, lett. i) d. lgs. 109/2006, ad aderire alla valutazione espressa dalla Gec della stessa Anm che, in  un comunicato del 19 maggio del 2020, proprio in relazione alle chat in questione, aveva giudicato “ingiustificabile e pericolosa ogni iniziativa assunta da membri del Parlamento o da appartenenti ad altri organi dello Stato - ancor più   se magistrati -  volta ad orientare le scelte compiute dal Consiglio Superiore nell’ambito dei propri  compiti istituzionali, ciò risolvendosi in una lesione delle prerogative del Governo Autonomo della magistratura, previste dalla Costituzione a tutela dell'autonomia e indipendenza della magistratura e, dunque, a presidio di valori essenziali nell'assetto democratico del nostro Paese si astiene da ogni intervento che non corrisponda ad esigenze istituzionali sulle decisioni concernenti promozioni, trasferimenti, assegnazioni di sede e conferimento di incarichi”.

Allo stato non è dato sapere se sia stata esercitata l’azione disciplinare nei confronti della dott.ssa Ferranti.

Ad un simile iniziativa non pare possa essere di ostacolo la circostanza che ella rivestisse la qualità di parlamentare all’epoca dei fatti poiché analoga situazione non ha impedito alla Procura Generale di avviare l’azione disciplinare nei confronti di Cosimo Ferri, per i fatti che lo riguardano.

A questo punto un chiarimento sul punto è doveroso dal momento che la pubblicazione della notizia della eccentrica richiesta della dott.ssa Ferranti ha riacceso i riflettori mediatici su questa vicenda già di per sé indubbiamente rilevante.

 


3 commenti:

bartolo ha detto...

della serie: sarebbe stato meglio lasciar friggere la privacy. a meno che, non si faccia parte del nutrito esercito (armata rossa) di cittadini che si possono permettere di dire: io sono io, e voi non siete come me.

ROSARIO RUSSO ha detto...


Il diavolo si nasconde nei dettagli.
La «mossa del cavallo» della dott.sa Donatella Ferranti, in atto consigliere della Suprema Corte, è tanto deprecabile quanto efficace.
Se si sia dimessa dall’A.N.M., ella non è più perseguibile ai sensi dell’art. 10 del codice deontologico.
È vero che teoricamente potrebbe essere soggetta a giudizio disciplinare ad opera della P.G. presso la Suprema Corte, perché le sue sono (non autopromozioni) ma raccomandazioni vere e proprie, disciplinarmente rilevanti ai sensi dell’art. 2, 1° lett. d) del D. lgs. n. 109/ 2006.
Ma non potremo sapere se sia intervenuta l’archiviazione predisciplinare del P.G., con il tacito assenso del Ministro della Giustizia, perché le archiviazioni sono rigorosamente segrete: cfr. R. Russo, Un’inquietante sentenza in tema di trasparenza. L’archiviazione disciplinare del P.G. presso la S.C., in Judicium.it, 28 gennaio 2021.
L’A.N.M. avrebbe avuto titolo per conoscere l’eventuale archiviazione del P.G., ma la sua legittimazione è cessata proprio con le dimissioni della dott.sa Ferranti.
Allo stato soltanto il C.S.M. potrebbe accedere all’archiviazione della dott.sa Ferranti ovvero avviare il procedimento per incompatibilità ambientale (art. 2 L. Guarentigie).
Ma è più probabile che... un cammello passi per la cruna di un ago!

francesco Grasso ha detto...

E si! E' più facile che l'intero cammello, anziché la sola coda, passi dalla cruna di un ago.